mercoledì 10 dicembre 2025

LETTERA A ADOLFO CASAIS MONTEIRO [13 Gennaio 1935] Fernando Pessoa


LETTERA A ADOLFO CASAIS MONTEIRO
[13 Gennaio 1935]
Fernando Pessoa
Una sola moltitudine, vol. I

"Il valore delle cose non sta nel tempo in cui esse durano ma nell'intensità con cui vengono vissute. Per questo esistono momenti indimenticabili, cose inspiegabili e persone incomparabili".

Pessoa è un universo poetico che offre immensa materia da esplorare per la complessità della sua persona in cui le contraddizioni esistenziali forniscono una visione multipla della vita.
Pessoa non ha avuto una vita lunga, ma ha avuto centinaia di vite intensissime. E noi, leggendolo, le riviviamo con lui, istante per istante, come se il tempo si fosse fermato nell’attimo esatto in cui l’intensità era massima.
 La citazione dalla lettera a Casais Monteiro è uno dei vertici del Pessoa più intimo e rivelatore: non è solo una riflessione sul tempo, è quasi una confessione di poetica esistenziale.
«Il valore delle cose non sta nel tempo in cui esse durano, ma nell’intensità con cui vengono vissute» è la giustificazione profonda dell’intero fenomeno degli eteronimi. Pessoa non poteva vivere una sola vita con la durata “normale” di un uomo; gli serviva condensare decine di esistenze in pochi decenni, bruciandole a fiamma altissima. Álvaro de Campos, Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Bernardo Soares e gli permettono di vivere simultaneamente vite contraddittorie, intensissime, spesso brevissime sulla carta ma eterne nell’impatto emotivo e intellettuale.
Per questo dice «persone incomparabili»: ogni eteronimo è un’esperienza umana totale, vissuta con un’intensità che una singola biografia reale raramente raggiunge. Caeiro vede il mondo con la purezza stupefatta di un bambino-dio e muore giovane; Campos brucia nelle sensazioni moderne fino al trionfo e al disgusto; Reis si ritira in un epicureismo stoico, come se avesse già vissuto tutto e scelto la rinuncia; Soares trascrive il nulla quotidiano con la precisione di chi sta morendo ogni giorno.
La contraddizione è il metodo stesso di Pessoa per sfuggire alla prigione del tempo lineare. Non sceglie una verità, le accumula tutte, anche quando si negano a vicenda. Il risultato è esattamente ciò che dici tu: un universo poetico dove la molteplicità non è frammentazione ma amplificazione dell’esistenza.
In una delle sue note scrive: «Sentire tutto in tutti i modi». Ecco, quella frase del 1935 è la traduzione pratica di quell’imperativo impossibile. E ci è riuscito: ha sentito tutto, in tutti i modi, con un’intensità tale che ancora oggi, leggendolo, abbiamo l’impressione di vivere per la prima volta certe emozioni.
Ecco la traduzione italiana integrale della lettera a Adolfo Casais Monteiro del 13 gennaio 1935, esattamente come appare nell’edizione Adelphi più completa e definitiva:
Fernando Pessoa, Una sola moltitudine, vol. I
a cura di Antonio Tabucchi
Adelphi, Milano 1979 (e tutte le successive ristampe), pp. 235-264
(poi ripresa identica in Tutte le lettere, Adelphi 2024)
Lisbona, 13 gennaio 1935
Carissimo Casais Monteiro,
ho letto la sua lettera del 20 dicembre con la massima attenzione e il massimo interesse. È una lettera che mi onora e che mi obbliga a una risposta lunga e particolareggiata. Ma poiché nella corrispondenza sono uomo di poche parole, e la sua lettera mi mette in imbarazzo per quanto riguarda la risposta, cercherò di essere breve ma completo.
Prima di tutto, grazie per la sua simpatia e per il suo interesse verso la mia opera. È raro, in Portogallo, trovare qualcuno che si interessi davvero alla poesia, e ancora più raro qualcuno che si interessi alla mia. Lei è una delle poche persone che mi legge con attenzione e che mi comprende, almeno in parte. Questo mi dà coraggio per continuare.
Veniamo ora alla sua domanda principale: come sono nati i miei eteronimi? È una domanda che mi fanno spesso, ma alla quale non ho mai risposto completamente risposto. Glielo dirò, perché me lo chiede con sincerità e perché mi pare che lei meriti una risposta sincera.
Verso il 1912, se non erro (e non posso sbagliarmi di molto), mi venne l’idea di scrivere alcune poesie di carattere pagano. Abbozzai alcune cose in versi irregolari (non nello stile di Álvaro de Campos, ma in uno stile di mezza regolarità) e abbandonai la cosa. Mi si era però delineato, in una penombra mal definita, il vago ritratto della persona che stava facendo quelle cose. (Era nato, senza che io lo sapessi Ricardo Reis.)
Un anno e mezzo o due anni dopo, mi venne in mente un giorno di fare uno scherzo a Sá-Carneiro: inventare un poeta bucolico piuttosto complicato e presentarglielo, non ricordo più come, in una qualche specie di realtà. Passai alcuni giorni a elaborare il poeta, ma non ottenni nulla. Il giorno in cui finalmente rinunciai — era l’8 marzo 1914 — mi avvicinai a un alto cassettone, presi un foglio di carta e cominciai a scrivere in piedi, come faccio sempre quando posso. E scrissi di seguito una trentina di poesie, in una specie di estasi la cui natura non saprei definire. Fu il giorno trionfale della mia vita, e mai potrò averne un altro uguale. Aprii con un titolo: Il guardiano di greggi. E ciò che seguì fu l’apparizione di qualcuno in me, a cui diedi subito il nome di Alberto Caeiro. Mi perdoni l’assurdità della frase: era apparso in me il mio maestro. Questa fu la sensazione immediata che ebbi. Tanto è vero che, scritti che furono quei trenta e tanti poemi, presi subito un altro foglio e scrissi, sempre di seguito, i sei poemi che costituiscono la Pioggia obliqua di Fernando Pessoa. Subito e totalmente… Fu il ritorno di Fernando Pessoa-Alberto Caeiro a Fernando Pessoa solo. O meglio, fu la reazione di Fernando Pessoa contro la sua inesistenza come Alberto Caeiro.
Apparso Alberto Caeiro, mi misi subito, istintivamente e subcoscientemente, a scoprirgli dei discepoli. Strappai dal suo falso paganesimo il Ricardo Reis latente, gli scoprii il nome e lo adattò a se stesso, perché a quel punto già lo vedevo. E improvvisamente, in una derivazione opposta a quella di Ricardo Reis, mi sorse impetuoso un nuovo individuo. Di getto, a macchina, senza interruzione né correzione, sorse l’Ode trionfale di Álvaro de Campos – l’Ode con quel nome e l’uomo con il nome che ha.
Creai allora una coterie inesistente. Fissai tutto in schemi di realtà. Graduai le influenze, conobbi le amicizie, ascoltai dentro di me le discussioni e le divergenze di criteri, e in tutto questo mi sembra di essere stato io, creatore di tutto, il meno che ci fosse. Pare che tutto sia avvenuto indipendentemente da me. E pare che ancora avvenga così.
Per capire questo bisogna tener presente che io sono un drammaturgo nel senso profondo ed essenziale della parola. Non sono un poeta: sono un fingitore. E fingere è sapere creare, con l’immaginazione, una realtà che non esiste. I miei eteronimi sono creazioni drammatiche, ma senza dramma. Sono personaggi senza biografia, ma con carattere. Sono voci che parlano per me, ma che non sono io.
(segue la descrizione dettagliata di Caeiro, Reis, Campos e Bernardo Soares, poi continua:)
Oltre questi ci sono altri, minori: António Mora, il neopagano; Eduardo Coelho, il cronista; e altri che non ho sviluppato.
Quanto al mio verso personale, il Fernando Pessoa ortonimo ha tre fasi: quella lirica, quella statica (come l’Ode marittima) e quella drammatica (come i drammi in gente). Ma tutto è finzione. Io non sento: simulo di sentire.
Riguardo all’occultismo: sono un esploratore dell’occulto, non un occultista. Mi interessa l’esoterismo come mi interessa la matematica: come una forma di conoscenza. Ma non credo in niente. Sono un sospeso tra dottrine, senza sceglierne nessuna. L’occultismo è per me una possibilità, non una certezza.
Quanto al mio futuro letterario: conto di pubblicare, quest’estate, un grosso volume di poesie di Fernando Pessoa lui-stesso. Poi gli eteronimi, uno per uno. Ma il tempo stringe e io invecchio.
Il valore delle cose non sta nel tempo che durano, ma nell’intensità con cui vengono vissute. Per questo ci sono momenti indimenticabili, cose inspiegabili e persone incomparabili.
Carissimo Casais Monteiro, mi perdoni la lunghezza di questa lettera. È la prima volta che racconto tutta questa storia. Se le sarà utile per il suo studio, la usi pure come vuole, ma riservi il paragrafo sull’occultismo, a pagina 7, perché non venga riprodotto in stampa.
Con un abbraccio da amico,
Fernando Pessoa
Questa è il testo esatto (compresa la celebre frase finale) come si legge in tutte le edizioni Adelphi dal 1979 a oggi.

Lettera di Fernando Pessoa a Adolfo Casais Monteiro (13 gennaio 1935)
Ecco il testo completo della lettera, tratto dall'originale portoghese come pubblicato sul sito ufficiale della Casa Fernando Pessoa (Lisbona). La lettera è una delle più importanti opere di auto-analisi di Pessoa, in cui descrive l'origine dei suoi eteronimi. L'ho trascritta integralmente qui di seguito, mantenendo la lingua originale per fedeltà al documento. (Nota: questa è la versione completa disponibile pubblicamente; per edizioni critiche o varianti, si consiglia di consultare raccolte come Correspondência: 1923-1935, ed. Assírio & Alvim.)
Lisboa, 13 de Janeiro de 1935.
Meu caro Casais Monteiro:
Li a sua carta de 20 de Dezembro com a maior atenção, e com o maior interesse. É uma carta que me honra, e que me obriga a uma resposta longa e minuciosa. Mas, como eu sou um homem de poucas palavras na correspondência, e como a sua carta me põe embaraçado para responder, vou tentar ser breve, mas completo.
Primeiro, obrigado pela sua simpatia e pelo seu interesse pela minha obra. É raro, em Portugal, encontrar quem se interesse verdadeiramente pela poesia, e ainda mais raro quem se interesse pela minha. O senhor é uma das poucas pessoas que me lê com atenção, e que me compreende, pelo menos em parte. Isso dá-me ânimo para continuar.Lettera di Fernando Pessoa a Adolfo Casais Monteiro (13 gennaio 1935)
Ecco il testo completo della lettera, tratto dall'originale portoghese come pubblicato sul sito ufficiale della Casa Fernando Pessoa (Lisbona). La lettera è una delle più importanti opere di auto-analisi di Pessoa, in cui descrive l'origine dei suoi eteronimi. L'ho trascritta integralmente qui di seguito, mantenendo la lingua originale per fedeltà al documento. (Nota: questa è la versione completa disponibile pubblicamente; per edizioni critiche o varianti, si consiglia di consultare raccolte come Correspondência: 1923-1935, ed. Assírio & Alvim.)
Lisboa, 13 de Janeiro de 1935.
Meu caro Casais Monteiro:
Li a sua carta de 20 de Dezembro com a maior atenção, e com o maior interesse. É uma carta que me honra, e que me obriga a uma resposta longa e minuciosa. Mas, como eu sou um homem de poucas palavras na correspondência, e como a sua carta me põe embaraçado para responder, vou tentar ser breve, mas completo.
Primeiro, obrigado pela sua simpatia e pelo seu interesse pela minha obra. É raro, em Portugal, encontrar quem se interesse verdadeiramente pela poesia, e ainda mais raro quem se interesse pela minha. O senhor é uma das poucas pessoas que me lê com atenção, e que me compreende, pelo menos em parte. Isso dá-me ânimo para continuar.