mercoledì 8 ottobre 2025

Fenomenologia di Francesca Albanese, idolo della confusionaria sinistra pro Pal Di Andrea Venanzoni



Fenomenologia di Francesca Albanese, idolo della confusionaria sinistra pro Pal

Di Andrea Venanzoni

08 Ottobre 2025

Sacerdotessa della nuova religione laica della Palestina, la "special rapporteur" dell'Onu che difende Hamas e critica la Segre occupa tv, giornali, festival e università spinta da un Pd senza proposta politica.

Nell’elevare qualcuno a idolo, scriveva Nietzsche in Aurora, non si fa altro che giustificarsi davanti a sé. E c’è in questo la tragedia di una sinistra alla disperata, disperatissima ricerca di nuove figure, di nuove Madonne laiche da esibire in processione, mentre si traversa l’incandescente deserto della proposta politica e si sperimenta sulle proprie carni l’incubo di una Meloni che continua inesorabile a crescere nei consensi e nei sondaggi.

Caso più unico che raro, si direbbe consultando gli annali della Repubblica, ma spiegabilissimo proprio attraverso l’assenza di un’opposizione; una assenza roboante testimoniata da questo mélange politico che va sotto forma di un campo largo anti-imperialista, che parla come il Frantz Fanon de I dannati della terra e invece che ai territori regionali dove si votava è sembrato rivolgersi a Gaza e a Portland, dimenticandosi di sicurezza interna, questioni sociali altrettanto interne e politica italiana.

Le Marche, la Calabria e la Palestina

Così, abbiamo avuto candidati alla Ricci e alla Tridico che si sono sbracciati fasciati in vessilli palestinesi e rincuorando marchigiani e calabresi: se vinceremo, hanno promesso col tono delle migliori occasioni, riconosceremo lo Stato di Palestina. Infatti hanno perso, tutti e due.

La Palestina è divenuta centrale, ma non per genocidio, diritti umani o altro, ma solo perché è stata stiracchiata, estesa, trasformata in un dispositivo funzionale a mascherare la totale assenza di un disegno politico unitario e coerente di una coalizione che tutto è fuorché coalizione.

E se le piazze e i relativi cortei, popolosi e popolati anche dai partiti dell’opposizione, vanno colorandosi con slogan osceni e peana al 7 ottobre, e a Bologna si annunciava pure la manifestazione giubilante per la carneficina del 7 ottobre, visto e riguardato come atto resistenziale, ecco che in questo contesto non poteva che emergere il nuovo idolo di questa sinistra sempre più anti-occidentale e confusionaria: Francesca Albanese.

Francesca Albanese e la religione laica della Palestina

Come ci ha insegnato Baudrillard, ormai il reale non è altro che una copia perfetta di qualcosa che non esiste. Un po’ come il programma politico del centrosinistra. Non stupisce quindi che in questa spirale di nullificazione politica, la sinistra italiana, in tutte le sue ramificazioni, comprese quelle mediatiche, sia accorsa ad elevare sul piedistallo della celebrazione votiva la Special Rapporteur ONU sui diritti umani nei territori palestinesi Francesca Albanese.

E con special rapporteur risolviamo anche l’annosa questione dei titoli da riferirle, brillantemente e geologicamente posta dal professor Riccardo Puglisi che primo tra tutti è andato a scavare, costringendo pure qualche organizzatore di eventi o giornale a riverniciare le qualifiche.

In un arco temporale relativamente breve, la Albanese si è trovata catapultata ovunque: televisioni, giornali, università, scuole, sagre di paese, festival di giornali, consigli comunali che hanno inanellato una sequenza industriale di riconoscimenti di cittadinanza onoraria, tra cui Fabriano e Bologna, una sequenza come non se ne vedeva dai tempi del Cavalier Benito che riceveva cittadinanze a raffica.

Bologna però una menzione al merito la merita sempre, d’altronde è la stessa città in cui il prefetto ha vietato la manifestazione elogiativa del massacro del 7 ottobre e dove ogni tanto appare pure Judith Butler, quella per cui Hamas e Hezbollah sono movimenti sociali progressisti. Bologna è il Pd attuale fatto città.

Il “perdono” al sindaco di Reggio Emilia

Il riconoscimento più gramo e ingrato, però, è stato senza dubbio quello di Reggio Emilia, col sindaco di sinistra che dal palco del teatro le stava conferendo un premio e si è azzardato a evocare la necessità che Hamas liberi gli ostaggi: mal gliene incolse al poveretto, sommerso di fischi, ululati e buuuu da parte di una platea terzomondista, e con la Albanese superstar che ha intimato di non ripetere una simile frase. «Io la perdono» ha comunque aggiunto magnanima, in perfetta linea con la santità medievale, non prima però di essersi lasciata andare a una mimica facciale e testuale da Mistero Buffo, alla Dario Fo. D’altronde stavano a teatro.

Qualche giorno dopo, ospite di Peter Gomez in tv, ha ammesso di aver sbagliato e che avrebbe “dovuto proteggerlo”. Un mea culpa parziale che però rimane, semanticamente, sempre in questo cono di luce metafisica. Perdono, protezione. Santa Patrona del campo largo.


Gaza eterna: la televisione nell’epoca di Francesca Albanese

Francesca Albanese piace alla gente che piace. Agli engagé che spostano ascolti ma azzerano i voti. Andrea Scanzi. Zoro, di Propaganda. Lilli Gruber, naturalmente. Alessandro Di Battista, Marianna Aprile. E proprio nel salotto della Aprile, in quella estensione ologrammatica di Gaza che è divenuta La7, è andato in onda un curioso siparietto che ha visto la Albanese protagonista assoluta.

Dopo mezza frase pronunciata da Francesco Giubilei, la Relatrice ONU si è alzata di scatto e se ne è andata. Nemmeno mezza parola. Impeto da centometrista e fuori dal campo visivo. E che aveva detto di tanto osceno Giubilei? Niente, si era semplicemente detto d’accordo con la senatrice a vita Liliana Segre quando parla di massacro ma non di genocidio a Gaza.

Naturalmente a fronte del repentino allontanamento, si è scatenata una ridda di giustificazioni, perché come in ogni religione che si rispetti i fedeli non possono cadere nel torto teologico di concepire errori da parte del loro idolo.

Aveva un altro impegno, lo aveva annunciato, ha dichiarato l’altro conduttore, Luca Telese. Fermo restando che quando si è in ritardo e si ha un altro impegno, si stia in tv, in un convegno universitario, in una riunione di condominio, si interrompe il discorso, ci si scusa con qualche piccola formalità rituale e ci si allontana; non ci si alza di scatto scomparendo all’orizzonte in una frazione di secondo.

Francesca Albanese, “oncologa”

E dato che la parola “scusa” non sembra essere una delle preferite del vocabolario della Albanese, il cui ego nutrito dalla popolarità va significativamente accrescendosi e non si sa se prossimamente possa entrarci tutto negli studi televisivi, è lei stessa a fornire l’interpretazione autentica dell’accaduto.

Sì, era in ritardo, sì, aveva un altro impegno, ma comunque non si sarebbe certo potuta trattenere per sentire le argomentazioni non-tecniche di Giubilei e dell’altro ospite, Federico Fubini, i quali mancano della necessitata conoscenza della materia che lei invece padroneggia. Deve essere per questo che ha preferito confrontarsi in altra sede, e in altro momento, con reincarnazioni di Hans Kelsen e Carl Schmitt quali Zoro e Gomez.

E dato che non poteva certo ritenersi paga nel liquidare i due ospiti per mancanza di expertise, ne ha avuto per la stessa Segre.«C’è chiaramente un condizionamento emotivo che non la rende imparziale e lucida davanti a questa cosa», ha sentenziato la Relatrice parlando della superstite ai campi di sterminio, sottolineando come «se una persona ha un tumore, non va a farsi fare la diagnosi da un sopravvissuto a quella malattia ma da un oncologo». Per chi non lo avesse capito, lei, Francesca Albanese, sarebbe l’oncologa. Una metafora che sarebbe piaciuta al Ballard de La mostra delle atrocità.

E probabilmente avrà mandato in sollucchero la segreteria anti-imperialista del Pd e qualche altro sindaco di centrosinistra che invece di pensare a decoro, degrado e strade bucate avrà dato mandato ai suoi uffici amministrativi di avviare le pratiche affinché il consiglio comunale possa deliberare e insignire la Albanese della cittadinanza e affinché il Pd possa continuare a perdere le elezioni politiche per i prossimi decenni.