lunedì 18 agosto 2025

Dostoevskij alla Casa Bianca. Il trumpismo è il più pericoloso nichilismo anti-occidentale Carmelo Palma

 


Dostoevskij alla Casa Bianca. 

Il trumpismo è il più pericoloso nichilismo anti-occidentale

 Carmelo Palma  

04/07/2025 

Un anno dopo l’attentato alle Torri Gemelle, André Glucksmann pubblicò il libro “Dostoevskij a Manhattan”, in cui spiegò l’attentato dell’11 settembre come la manifestazione di un male metafisico e la violenza nichilista non come il mezzo, ma come il fine del terrorismo jihadista. Dietro l’immagine apparentemente ieratica di Bin Laden e dei suoi martiri sguinzagliati nel cuore dell’impero americano, Glucksmann – di qui il titolo del volume – vedeva emergere tutti i demoni della letteratura dostoevskijana e la passione mostruosa per la morte come trionfo e come trofeo di molti suoi personaggi.

Dopo il 2001, in molti hanno pensato, spinti da altre ripetute stragi nel nome di Allah, che l’islamismo fosse la vera e soprattutto la sola faccia del nichilismo contemporaneo e che l’Occidente, moralmente e psicologicamente disarmato, non fosse in grado di sostenere questa sfida impari – “noi amiamo la morte come voi amate la vita”, dicevano gli uomini di Al Qaida intimandoci la resa – e avrebbe finito per sottomettersi al dominio islamista.

Inoltre i fenomeni di separatismo civile, quando non di auto-organizzazione criminale di molte comunità islamiche nel mondo europeo e americano suggerirono il rischio che l’immigrazione non rappresentasse solo un problema sociale difficile governare, ma una vera strategia di allargamento geo-politico della umma islamica. Questo ha portato molti quanti denunciavano il rischio (e la tentazione) della sottomissione e proclamavano la necessità di difendere l’identità politica e civile del mondo libero a concludere che in questo scontro esistenziale l’Occidente avrebbe dovuto sacrificare la zavorra dei suoi principi: primum vivere, deinde philosophari.

Così l’islamismo divenne l’alibi di un nuovo fascismo globale, con un fenomeno analogo a quello che in Italia negli anni ’20 aveva visto i disordini rossi propiziare l’avvento dell’ordine nero.

Partendo da Bin Laden si arrivò rapidamente, per fare due nomi molto conosciuti, a gente come Bannon e Houellebecq, cioè a intellettuali che giudicavano il fondamento stesso dell’ordine liberale – società aperta, stato di diritto, uguaglianza giuridica, libertà personali, multilateralismo, cooperazione politica e economica, integrazione euro-atlantica – la ragione della vulnerabilità del “nostro mondo” e liquidavano le infrastrutture istituzionali internazionali della libertà occidentale come un intralcio alla potenza e una sfida ai diritti sovrani degli stati.

Questo neo-legittimismo nazionalista determinato a sgombrare il campo da tutte le posticce alleanze e fedeltà transnazionali – dall’Unione europea alla Nato – è divenuto la base teorica dell’internazionale sovranista e ha ovviamente trovato un terreno di contatto e di intesa con la Russia putiniana, che nasce da un identico humus culturale totalitario e dalla medesima inclinazione a pervertire il principio democratico e a trasformarlo in una formula di legittimazione elettorale dell’autocrazia plebiscitaria.

Così il nazionalismo è diventata una forma di vero e proprio nichilismo anti-occidentale – uguale e contrario a quello islamista – la cui verità e finalità consiste appunto nella distruzione di tutto ciò che è stato per ottant’anni l’essenziale dell’ordine politico euro-atlantico e delle sue proiezioni globalizzate. Il trionfo di Trump sono le macerie dell’America “di prima”.

Il trumpismo è la manifestazione più eloquente e oggi più pericolosa di questo nichilismo materiale e spirituale, della distruzione sistematica di interi pezzi di civiltà politica e giuridica (dalla manomissione dell’habeas corpus, alla dichiarazione quotidiana della guerra civile americana che intende portare fino in fondo) e dello scardinamento dello stesso alfabeto morale del potere democratico (dagli avvertimenti da capo-mafia contro gli ex sodali traditori, alla pirateria commerciale contro i concorrenti economici, al bullismo strategico verso Paesi amici e alleati, minacciati ora di invasione, ora di consegna alle mire del nemico).


Tutti i nichilisti accusano di nichilismo le proprie vittime. Lo faceva Bin Laden accusando gli infedeli d’Occidente di corruzione morale e di tradimento all’ordine di Dio (ovviamente, da lui rappresentato) e anche il nichilismo nazionalista – la gigantesca Vandea anti-illuminista della post-modernità democratica – fa lo stesso accusando il “vecchio” Occidente di apostasia politico-religiosa, di decadenza e di empietà.

Perché tutta questa premessa? Per dire che se Trump ha deciso l’altro ieri di sospendere la fornitura dei sistemi di difesa antiaerea all’Ucraina e ieri è tornato a prestarsi come complice dei ricatti di Putin – in una telefonata, utile solo al Cremlino, di minaccia contro ucraini e europei – non lo ha fatto sulla base di un capriccio, e neppure di un interesse affaristico immediato, ma proprio sulla base di una filosofia politica e della storia fondata su una razionalità primitiva: non esistono relazioni che non siano di potere, non esistono transazioni se non a saldo zero (cfr. L’Europeista), non esiste alcuna razionalità politica che non sia quella del far torto o patirlo, non esiste alcuna forza della legittimità, ma esclusivamente la legittimità della forza.


A unire Trump e Putin non è tanto la pure analoga abiezione morale, quanto un patto strategico globale fondato su un’idea comune, che nessuno dei due partner si preoccupa nemmeno di dissimulare, ma semmai di rivendicare come strategia di pressione verso alleati o avversari riluttanti ad accettare il deal russo-americano: la nuova globalizzazione è questa, fatevene una ragione.


L’Ucraina è una merce di scambio tra due capi tribù che si occupano di allargare le proprie aree di influenza e di abbattere il principale ostacolo a questo disegno, che è per entrambi l’Europa, di cui l’Ucraina oggi costituisce la vera “frontiera di sicurezza”, come scrivono Michele Chiaruzzi e Sofia Ventura in “Perché l’Ucraina combatte” (Cfr. Stradeonline).

Il tradimento dell’Ucraina però è in primo luogo il simbolo del ripudio dell’Occidente. I demoni di Dostoevskij sono sbarcati alla Casa Bianca direttamente dalla Russia – dobbiamo ammettere parafrasando Glucksmann.