domenica 31 agosto 2014

RICORDANDO RANIERO PANZIERI





RICORDANDO RANIERO PANZIERI

NOSTALGIE, NOSTALGIE. AVEVO VENT'ANNI nei primi anni sessanta.....A Raniero Panzieri, a cinquant'anni dalla scomparsa, Cesare Pianciola dedicò un breve libro: “Il marxismo militante di Raniero Panzieri” (Centro di Documentazione di Pistoia, 88 pp., 10 euro). Avevo vent'anni nei primi anni Sessanta, frequentavo l'Universita' a Bologna,la riscoperta di Marx, la classe operaia, la Fiat, l'operaio massa, le idee della “nuova sinistra” italiana prima del ’68. In cantina dentro qualche scatolone ci deve essere qualche copia ingiallita del giornalino universitario dove scrivevamo di tutto questo.... nostalgie...Per uno studente di Economia la critica dell’economia politica di Marx appariva come non un’ ‘economia’ nel senso di Smith e Ricardo, ma una ‘scienza filosofica’ nel senso di Ficthe e di Hegel, che forniva strumenti di analisi "scientifica" della societa' capitalistica nel suo insieme, con i suoi vari aspetti religioso, politico, sociologico, culturale, eccetera, organicamente interconnessi. Marx del Capitale, visto non come “contributo” di sinistra all’economia politica come critica complessiva della società capitalistica (di cui l’economia politica era la nuova religione globale di legittimazione). La critica dell’economia politica esplorata come teoria generale della società, e non semplicemente come "economia", perche' pone al centro la connessione organica tra il piano filosofico della teoria dell’alienazione ed il piano economico della teoria del valore. Panzieri mi stimolava a leggere Marx. Ma Panzieri e' stato importante perche' ha contribuito a modificare il pensiero di una sinistra che faticava ad uscire dalle rigidità dogmatiche dello stalinismo e della guerra fredda... Purtroppo rimase pensiero minoritario. Quando, nel 1956, a seguito della repressione sovietica della rivolta popolare ungherese, che rivelava  il volto dello stalinismo, Panzieri visse la crisi del comunismo stalinista come una grande opportunità: «l’affermazione del processo attuale come rottura costituisce il solo modo di affermare la continuità storica del movimento» R. Panzieri, L’alternativa socialista. Scritti scelti 1944-1956, Einaudi, Torino 1982.pag.183. La sinistra italiana, secondo Panzieri, doveva trarre una immediata lezione dagli eventi del 1956: ribaltare la concezione del partito-guida, superare le forme di organizzazione autoritaria e gerarchica delle masse, uscire dal sonno dogmatico e aprirsi ad una analisi concreta dei grandi mutamenti sociali. In direzione opposta andò invece la risposta di Togliatti. Egli tese a filtrare, attenuare, governare le conseguenze degli eventi che esplodevano nell’Est al fine di conservare intatto il «partito d’acciaio» di stampo stalinista. 

A seguito della rivolta de luglio 1960 Panzieri scriveva:" .... feticismo costituzionale, che esasperando il valore dell’attività a livello parlamentare, finisce proprio per aggravare lo svuotamento delle stesse istituzioni di democrazia borghese, mentre si estendono e si rafforzano i controlli di potere nelle strutture e nello Stato delle grandi concentrazioni industriali e finanziarie, e per questa via si tiene sempre il Paese sull’orlo dell’avventura reazionaria aperta." Pubblicato in "Per sconfiggere il fascismo alle radici. Sorga dalla Fabbrica la Democrazia per tutto il Paese", in “La Città”, periodico della Federazione torinese del PSI, 25 luglio 1960.




sabato 30 agosto 2014




ISLAM CONTRO ISLAM 

Sunniti contro sciiti, sunniti contro sunniti, Al-Nusra (Al Qaeda) che in Siria combatte contro l’ISIS (sempre Al Qaeda) ma che in nord Africa ci si allea. Autobombe e attentati a raffica dal Medio Oriente alla Nigeria. L’Arabia Saudita che rinnega i Fratelli Musulmani sostenuti dal Qatar (entrambe potenze sunnite), il Qatar che fa l’occhiolino all’Iran ma finanzia l’ISIS che sta radendo al suolo il regime sciita in Iraq. I Fratelli Musulmani, sunniti, che si alleano con l’Iran per sopravvivere.
L’islam contre l’islam- L'interminable guerre des chiites et des sunnites - Antoine Sfeir Editions Grasset 


JIDAISTI DI CASA NOSTRA 

Parla Roger Scruton: “I terroristi islamici vengono dal nostro vuoto che fa sbadigliare....e' come se l'occidente avesse nulla da offrire...."
Secondo il filosofo dietro a quella lama c’è “una politica che ha portato alla frammentazione sociale. E’ questo il multiculturalismo. L’islam non accetta il dominio laico della legge e per questo germoglia nell’Europa ultra secolarista. I killer di Iraq e Siria sono musulmani che credono che Dio li abbia autorizzati a uccidere e la loro religione non dà a nessuno l’autorità di fermarli. Tutto quello che il multiculturalismo ha ottenuto è distruggere una cultura pubblica condivisa, e al suo posto ci ha messo un vuoto che fa sbadigliare. Il più grande bisogno umano non è la libertà, come pensano i liberal, ma l’obbedienza, come hanno capito i musulmani. Giovani delle minoranze islamiche, come quelli che nell’estate del 2005 uccisero cinquanta persone innocenti a Londra, sono i prodotti della follia multiculturale. E’ come se il Vecchio continente non avesse nulla da offrire loro” 

Even if it may appear, to the skeptical modernist, as a medieval fossil, Islam has an unrivalled ability to compensate for what is lacking in modern experience. It rationalizes and validates the condition of exile: the condition in which we all find ourselves, severed by the hectic motion of mechanized life from the archaic need for membership.” ROGER SCRUTON, “The Political Problem of Islam.” THE INTERCOLLEGIATE REVIEW—Fall 2002

lunedì 11 agosto 2014



I DISASTRI DI OBAMA
E' ora che ci domandiamo quali danni abbia prodotto Obama, con i suoi illusori obbiettivi di creare un ordine mondiale fondato sull'armonia fra potenze rivali. In realta' quello che vediamo non e' una strategia coerente con l'obiettivo, ma solo un agitarsi opportunisticamente, che produce danni. Nel 2008, con la Russia, Obama ha azzerato lo schema sanzionatorio (peraltro molto limitato) messo in piedi da Bush dopo l’invasione della Georgia. Lo ha fatto nel nome del “reset” delle relazioni, per incoraggiare il perseguimento di obiettivi "comuni", che non ci sono mai stati, e che anzi hanno incoraggiato l’atteggiamento aggressivo di Putin. Ora gli Usa devono approvare ben piu' pesanti sanzioni, se vogliono recuperare qualche credibilita' a fronte della vicenda Ucraina. Obama cerca un intesa con la Turchia   assumendo, cinicamente e furbescamente una posizione critica verso la politica di Israele. Allenta i rapporti con Israele e di fatto da mano libera all'Iran di finanziare, fornire armi, e addestramento, in Siria, Libano e Palestina, in funzione di risultati nella trattativa con l'Iran sul nucleare;  questo fa seguito al mancato sostegno Usa della piazza in rivolta nel 2009. In Egitto molla l'alleato Mubarak per affidarsi al governo dei Fratelli musulmani e ora storce il naso verso al Sisi. Ogni scelta è stata dettata dalla convenienza del momento, anche spesso con la decisione di non fare niente, senza badare al fatto che nel tempo ci sarebbero stati disastri strategici e una generale perdita d’influenza.  E quando, come in Libia, decide di contraddire la sua politica di stare a vedere, sceglie la soluzione piu' facile e popolare:  la rimozione di Gheddafi manu militari, per poi disinteressarsi del seguito disastroso che porta al fallimento di ogni soluzione di stabilizzazione dello Stato. In Siria Obama ha oscillato per poi non intervenire in una guerra civile che finora ha fatto 170 mila morti oltre che aver prodotto  la proclamazione del Califfato a cavallo fra Iraq e Siria. Per non parlare del ritiro affrettato dall'Irak, di cui oggi vediamo le conseguenze. E questo e' il Presidente che avrebbe dovuto voltare pagina e riparare i disastri dell'interventismo di Bush. Mai dal dopoguerra cosi' tanti scenari di guerra e stragi etniche: Ucraina, Libia, Sahara e dintorni, Nigeria, Somalia e Kenya, Grandi Laghi e Zaire, Gaza, Siria e Iraq, Afghanistan. 

martedì 5 agosto 2014


Nel conflitto di Israele contro Hamas e in Ucraina l’occidente non riesce a schierarsi. E’ un problema di valori

di Leon Aron | 05 Agosto 2014 
Leon Aron è Direttore del dipartimento di Russian Studies all’American Enterprise Institute
Copyright American Enterprise Institute
Due guerre – una a Gaza e una nell’est dell’Ucraina – stanno avendo luogo simultaneamente. Le due guerre non hanno niente in comune eccetto una cosa: su entrambe non ci dovrebbero essere dubbi su quale parte è nel giusto e quale nel torto. In secondo luogo, entrambe probabilmente finiranno (sul lungo termine) con una sconfitta per la parte nel giusto a causa dell’attitudine che definisce l’atteggiamento dell’occidente nei confronti di entrambe. I fatti non sono in discussione. In Ucraina, il governo di Kiev sta cercando di ripristinare la sovranità ucraina sul suo territorio, di cui la Russia si è praticamente impadronita grazie a una guerra per procura fatta con truppe speciali professionali, funzionari di intelligence e mercenari (“kontraktniki”) che addestrano bande di guerriglieri definiti nel loro insieme “ribelli” o “separatisti”, armati e riforniti dalla Russia. A Gaza, Israele sta combattendo contro una organizzazione terroristica fondamentalista che ha come scopo quello di uccidere gli ebrei, i cristiani e i gay e opprimere le donne. Come in Ucraina, Hamas ha attaccato per prima, lanciando centinaia di razzi alle città e ai paesi di Israele.

Tuttavia in nessuno dei due casi la giustezza della guerra ha spinto l’occidente a sperare nella vittoria della parte “giusta”, piuttosto che per una “tregua” o per un “cessate il fuoco” che, come tutti sanno, la parte “sbagliata” violerà non appena sarà in grado di riprendersi, riorganizzarsi e rifornirsi. Per quale ragione? Due motivazioni nel canone postmoderno possono fornire una spiegazione. Primo, mentre la vittoria di qualcuno implica la sconfitta di qualcun altro, la “pace” – non importa quanto falsa o di breve durata – a livello superficiale non ha sconfitti, e per questa ragione è di gran lunga preferibile. Secondo, le nozioni di “giusto” e “sbagliato”, di “giustizia” e “ingiustizia”, di “bene e male” sono intrinsecamente sospetti perché i valori in sé sono diventati sospetti. Gli opinion maker occidentali sembrano aver imparato dalle élite universitarie che i “valori” sono “individuali” e “soggettivi”. Di conseguenza, devono essere tirati fuori dal discorso pubblico e dal processo decisionale. Anche la copertura dei grandi media occidentali mostra entrambe le guerre come “conflitti” in cui la parola “giusto” o suoi sinonimi non appaiono nemmeno una volta, in cui entrambe le parti condividono la stessa porzione di colpa, e pertanto la vittoria di una parte non è più auspicabile moralmente dell’altra. Questi imperativi ideologici sono così forti che nemmeno una tragedia può modificarli. Né l’abbattimento del volo Mh17, quasi sicuramente provocato da un missile terra-aria fornito ai separatisti dalla Russia, né l’assassinio di tre ragazzi israeliani né la ripugnanza del sacrificio deliberato di civili da parte di Hamas può introdurre un elemento di moralità in queste guerre e rendere la vittoria sul male preferibile alla pace.
La morte delle guerre giuste non è solo la conseguenza della mentalità prevalente in occidente. Quando una tragedia non è riconosciuta come un fenomeno morale, che attribuisce una colpa e che provoca la punizione del colpevole, seguono altre tragedie e altre morti. Nelle due guerre che ho menzionato, le conseguenze “operative” di questo spirito del tempo sono ovvie. Quando l’Ucraina riprenderà la sua offensiva vittoriosa contro i separatisti, che aveva sospeso unilateralmente dopo l’abbattimento dell’Mh17 per facilitare l’accesso al sito del disastro, e che ha sospeso ancora per un giorno la scorsa settimana per le stesse ragioni, il Cremlino – che per ragioni dipolitica interna non può permettersi una sconfitta in Ucraina – inizierà a gridare contro la “guerra civile fratricida”. A quel punto chiederà un cessate il fuoco immediato (che ovviamente lascia le forze sotto il suo controllo con quello che hanno conquistato finora) e potrebbe minacciare di muovere le sue truppe regolari oltre i confini per “proteggere le vite di civili innocenti”. Per evitare una aggressione diretta della Russia (e dunque la necessità di imporre nuove sanzioni che potrebbero essere politicamente difficili da affrontare per i paesi membri dell’Unione europea) l’occidente dovrà mettere pressione sull’Ucraina che, come è già avvenuto, annuncerà un cessate il fuoco unilaterale. Potrebbero perfino seguire negoziati diretti tra un governo eletto democraticamente di un grande paese europeo e bande di mercenari violenti. Questo fino a che i “ribelli” non attaccheranno di nuovo un obiettivo di alto valore simbolico – come hanno fatto con l’aeroporto di Donetsk – e il “ciclo della violenza” (un termine sterile, libero da accezioni di valore) inizierà di nuovo.

A Gerusalemme, come a Kiev, Israele sarà costretto dalla diplomazia statunitense ad accettare un cessate il fuoco, che di fatto mette sullo stesso piano una grande democrazia e una dittatura teocratica di terroristi fanatici. Hamas ricostruirà i tunnel, riempirà di nuovo gli arsenali di missili, e ricomincerà a rapire o assassinare altri civili e soldati israeliani e a sparare missili sui cittadini di Israele.

sabato 2 agosto 2014





Non c’è giudeo, né greco; non c’è schiavo o libero

Non c’è giudeo, né greco; non c’è schiavo o libero; non c’è più uomo o donna, poiché siete uno in Cristo Gesù”. Paolo afferma la novità assoluta del cristianesimo: il superamento delle divisioni,  che riguardano i popoli, le classi sociali e le famiglie, che determinano situazioni di violenza e di predominio gli uni sugli altri. Parlando di divisione tra Giudei e Greci, Paolo esprime cio' che esiste oggi come allora: le differenze religiose, culturali e sociali alimentano paura, rifiuto, odio, che producono violenze e guerre fratricide. Per la prima volta col cristianesimo viene affermato  che i diritti di ogni persona sono inalienabili e fondati sulla stessa natura umana.