martedì 22 dicembre 2015

IL BOSCO INCANTATO 
Teatro Sociale dal 20 al 27 dicembre 2015 






sabato 19 dicembre 2015

PAROLE SENZA FATTI: APPLICARE IL RASOIO DI OCKHAM?


"entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem" oppure "frustra fit per plura quod per pauciora" ("Il rasoio di Ockham") 
Non è soltanto regola fondamentale di ogni scienza. Quello che ci dice è, anche, che bisogna metter confini tra le parole e le cose, per evitare di far passare per cose esistenti quelle che sono solamente chiacchiere, e per non credere che tutte le nostre parole si riferiscono a cose esistenti. Spesso pensiamo che ci sia una corrispondenza reale alle parole, mentre dovremmo chiederci se  le parole poggino  soltanto su altre parole e non su cose. 

venerdì 18 dicembre 2015



LIBERTA' NELLA SOLITUDINE

....each in the cell of himself is almost convinced of his freedom...
"But in the importance and noise of to-morrow
When the brokers are roaring like beasts on the floor of the Bourse,
And the poor have the sufferings to which they are fairly accustomed,
And each in the cell of himself is almost convinced of his freedom,
A few thousand will think of this day
As one thinks of a day when one did something slightly unusual."
From Another Time by W. H. Auden
'A ZUPPA 'E LATTE

Luca ~Tummasì, Tummasì, scétate songh' 'e nnove! Io lo so che stai sveglio, è inutile che fai finta di dormire.  Tommasì, scétate songh' 'e nnove.  E questo vuoi fare!  Vedete se è possibile; nu cetrulo luongo luongo che dorme fino a quest'ora!  Io, all'età tua, alle sette e mezza saltavo dal letto come un grillo per accompagnare mio padre che andava a lavorare.  Lo accompagnavo fino alla porta, ci baciavo la mano… perché allora si baciava la mano al genitore… poi me ne tornavo e mi coricavo un'altra volta. Hai capito, svegliati? È meglio ca nun te dongo retta, se no ci facciamo la croce a prima matina.
Tommasino ~ 'A zuppa 'e latte!
Luca  ~ E questa è la sola cosa che pensi: 'A zuppa 'e latte, 'a cena, 'a culazione, 'o pranzo”…  alzati, 'a zuppa 'e latte te la vai a prendere in cucina perché non tieni i servitori.
Tommasino ~ Se non me la portate dentro il letto non mi soso.
Luca ~ No, tu ti sosi, se no ti faccio andare a coricare all'ospedale.
Concetta ~ 'A colla… Io nun capisco che 'o faie a ffà, stu Presebbio.  Na casa nguaiata, denare ca se ne vanno… e almeno venisse bbuono!
Tommasino ~ Non viene neanche bene.
Luca ~ E già come se fosse la prima volta che lo faccio! Io sono stato il padre dei Presepi… venivano da me a chiedere consigli… mo viene lui e dice che non viene bene.
Tommasino  A me non mi piace.
Luca ~ questo lo dici perché vuoi fare il giovane moderno che non ci piace il Presepio… il superuomo. Il Presepio che è una cosa commovente, che piace a tutti quanti…
Tommasino ~A me non mi piace.  Ma guardate un poco, mi deve piacere per forza?
Luca ~ Sùsete! Hai capito sùsete?
Tommasino ~  'A zuppa 'e latte!
Concetta ~ Alzati, bello di mammà, alzati!
Luca ~ Embè, si le porte 'a zuppa 'e latte dint' 'o lietto ve mengo 'a coppa abbascio a tutte e due!   Lo stai crescendo per la galera!
Concetta ~ Quello mo si alza!
Luca ~ È incominciato il telegrafo senza fili.
Tommasino ~  'A zuppa 'e latte!
Luca ~ Embè, mo te mengo 'a colla nfaccia.
Concetta  ~ Alzati, bello 'e mammà. Ti lavi tanto bello, e mammà intanto ti prepara nu bello zuppone.
Luca  ~ Niente affatto. 'O zuppone s''o va a piglià in cucina. Che l'hai presa per una serva, a tua madre? Eh? Tua madre non serve!  Pasqualino si è alzato?
Concetta ~ Sì, sì, si è alzato quello scocciante di tuo fratello!  Cu' nu raffreddore che ha tenuto, è stato capace di stare una settimana a letto.

LE SORPRESE DELLA STORIA


Ma forse dovremmo  provare ad analizzare il jihadismo islamista dell’Isis come uno dei molti movimenti rivoluzionari che fanno parte del percorso della storia umana... La storia, come sempre, continuera' a sorprenderci, e, come sempre, scopriremo di essere "impreparati". Ma questo perche' la storia non dipende quasi mai dai calcoli degli uomini, ma dall’evolversi di realtà e situazioni che portano inevitabilmente a nuovi scenari.

giovedì 17 dicembre 2015




LA VITA È BELLEZZA ( ZWEIG) 

 La vita è bellezza, ma solo nella sofferenza trova un senso (Stefan Zweig "Dostoevskij",  pagg. 118, euro 14,50 Castelvecchi). Zweig, scrittore austriaco ebreo e' morto suicida in Brasile. Zweig coglie l'essenza tragica, la vicinanza con l'abisso, la dimestichezza con i demoni, l'esperienza di Dio come tormento, il male e la perdizione come occasione di salvezza e redenzione, l'oscillazione tra generosità e dissolutezza, la centralità assoluta dell'anima. Kirillov, Satov, Raskol'nikov, Karamazov: i suoi personaggi, per Zweig, vivono nell'agitazione, intorno all'anima si forma il loro corpo, le passioni plasmano le loro figure. 
SINISTRA: È ORA DI FINIRLA CON LE QUESTIONI IDENTITARIE 

Ho l'impressione che la sinistra abbia una sola strada: finirla con le questioni identitarie e non fare la sinistra. Domandarsi perché nelle fabbriche non fa più presa sugli operai, smetterla di cullarsi nell’illusione che la Cgil possa ancora portare consensi elettorali, capire una volta per tutte che il voto degli operai, anche dei metalmeccanici, è andato al centrodestra in alcune zone, alla Lega in altre e ora ai grillini. E che l’emorragia non si ferma...
ON CROIT QUE SELON LE DÉSIR...

On croit que selon son désir on changera autour de soi les choses, on le croit parce que, hors de là, on ne voit aucune solution favorable. On ne pense pas à celle qui se produit le plus souvent et qui est favorable aussi : nous n’arrivons pas à changer les choses selon notre désir, mais peu à peu notre désir change. La situation que nous espérions changer parce qu’elle nous était insupportable nous devient indifférente. Nous n’avons pas pu surmonter l’obstacle, comme nous le voulions absolument, mais la vie nous l’a fait tourner, dépasser, et c’est à peine alors si en nous retournant vers le lointain du passé nous pouvons l’apercevoir, tant il est devenu imperceptible.
— 
Marcel Proust, Albertine disparue ou La fugitive (La fuggitiva o Albertine scomparsa, Alla ricerca del tempo perduto, VI, p.38):
“Si crede che si potranno mutare a piacere le cose intorno a noi; lo si crede perché, fuori di questa, non si scorge nessun’altra soluzione favorevole. Non si pensa a quella che più spesso si avvera e che è, anch’essa, favorevole: noi non riusciamo a mutare le cose conforme al nostro desiderio, ma poco a poco il nostro desiderio muta. La situazione che desideravamo mutare perché insopportabile ci diviene indifferente. Non abbiamo potuto sormontare l’ostacolo, come volevamo assolutamente, ma la vita ce lo ha fatto aggirare, oltrepassare; e facciamo fatica allora, se, volgendoci verso le lontananze del passato, riusciamo a scorgerlo, tanto è diventato impercettibile”.

mercoledì 16 dicembre 2015



MINISTERO DELLE CIRCONLOCUZIONI

Leggendo  il Capitolo X  di Charles Dickens "La piccola Dorrit",  mi sono accorto  di aver sbagliato a considerare questa opera  un pò  "romanzo d'appendice", lunghissimo, complicatissimo con intrecci di numerosi personaggi. 
Rileggendolo possiamo scoprire diverse altre chiavi di  lettura. Questa per esempio: Dickens fa, nel capitolo decimo, un mirabile efficacissimo attacco alle istituzioni ed alla pubblica amministrazione, malate di burocratismo, il cui funzionamento è orientato sul “non-fare”. Stupenda minuziosa descrizione del "Ministero delle Circonlocuzioni",   anticipazione della descrizione del funzionamento organizzativo de "Il castello" di Kafka.

"....È vero che l'arte di non far le cose è l'oggetto e lo studio principale di tutte le pubbliche amministrazioni e di tutti gli uomini politici che circondano il lodato Ministero. È vero che ogni nuovo presidente del Consiglio ed ogni nuovo governo, venuti al potere per avere sostenuto che la tal cosa si debba fare, si danno subito a tutt'uomo per trovare il mezzo di non farla. È vero che, compiute appena la elezioni generali, tutti quei deputati che si sono sgolati e slogati e dimenati perchè la tal cosa non si è fatta, e che hanno interpellati gli amici dell'onor avversario di dichiarare perchè non l'hanno fatta, e che hanno asserito che bisogna farla, e che si son obbligati di farla, incominciano subito a ricercare in qual modo si possa non farla. È vero che le discussioni di ambo i rami del Parlamento, durante tutta la sessione, tendono uniformemente alla deliberazione finale di non farla.”
Estratto di: Dickens, Charles. “La piccola Dorrit.” 1857

giovedì 3 dicembre 2015

LA STORIA AL DI LÀ DELLE INTENZIONI

LA STORIA DA SEMPRE SI SVILUPPA AL DI LÀ DELLE NOSTRE (BUONE) INTENZIONI. 
Per quelli che tutti i giorni, per posa "corretta", ci dicono di amare una società multiculturale, multireligiosa e multietnica e dicono con orrore “non vorremmo mica credere allo scontro di civiltà di Huntington” hanno mai letto una riga del suo libro? Si sono mai posti la domanda se, per lo studioso, tale scontro fosse lo scenario desiderato e non una sua ipotesi di studio, una previsione sul possibile, un caveat, e, in ogni caso non un incitamento allo scontro. Allora si scoprirebbe che, in realtà, nella visione di Samuel P. Huntington lo scontro di civiltà è , in parte, una descrizione di ciò che succede, e soprattutto una previsione non irragionevole di ciò che potrebbe essere, mai ma, proprio mai, non un auspicio. Uno studioso sociale o di geopolitica, come è nel suo caso, ha il diritto/dovere di enucleare e porre in evidenza alla comunità scientifica come a chiunque sia interessato a conoscere, anche attraverso gli scenari predittivi, il nostro futuro prossimo venturo. Huntington sostiene nel libro che se prima della caduta del Muro il divisorio dei conflitti planetari era la classe e quindi il conflitto Est-Ovest (capitalismo contro comunismo) dopo la caduta, la frizione, la linea di potenziale scontro si sposta sui popoli e prevalentemente sul confine Nord-Sud, e verso la Cina. «Gli scontri più pericolosi del futuro – sintetizza Huntington – nasceranno probabilmente tra l’arroganza occidentale, l’intolleranza islamica e l’intraprendenza sinica». Come dargli torto.


domenica 29 novembre 2015



LA GUERRA È IN CORSO DA ANNI

La guerra è in corso da anni, anche se noi fingiamo che non ci sia. Il non pronunciare la parola non vuol dire scongiurarla. Gli esorcismi non servono a niente. Noi siamo quelli delle bandiere della pace fuori dalle finestre e sul profilo fb. Ma è bene ricordare le immagini di Papa Francesco e dei due bambini che lanciavano le colombe in piazza San Pietro: le colombe liberate furono ghermite in volo da cornacchie e gabbiani. Le fecero fuori in pochi secondi. Ecco. Aspettiamo il prossimo attentato per la celebrazione del lutto di Michele Serra.

sabato 28 novembre 2015




PIÙ SICUREZZA?

Cosa significa più sicurezza e meno libertà?. Vuol dire dichiarare uno stato di emergenza (sta avvenendo in Francia). Vuol dire autorizzare i servizi segreti e le polizie ad intercettare, pedinare, arrestare e violare domicili senza vincoli, uccidere i presunti terroristi che spesso sono cittadini europei (come in queste ore in Francia). Il confine tra autorità e libertà, tra sicurezza e diritti individuali, è sempre labile ed elastico. Le intercettazioni delle NSA, con lo Stato che monitora gran parte dei suoi cittadini, originano proprio dalle normative antiterrorismo. Dare ai  servizi segreti e alle polizie più risorse e maggior possibilità di azione sarà una strada obbligata, ma andrà parallelamente rafforzato il controllo di Parlamento e opinione pubblica.
LA NOSTRA BREVE VITA DURA IL TEMPO DI UN SONNO 

La tempesta atto IV, scena 1 Prospero:" We are such stuff As dreams are made on, and our little life Is rounded with a sleep." 

IL SOTTOSUOLO DELLA NOSTRA COSCIENZA

«Vi giuro, signori, che l'esser troppo consapevoli è una malattia, un'autentica, assoluta malattia». Fëdor Dostoevskij," Memorie del sottosuolo"
L'uomo di Dostoevskji, prigioniero nel labirinto della coscienza, è "naturalmente" inerte: gli esseri attivi sono quelli limitati; in loro trionfa la ragione, con le sue rigide leggi. Ma essi ignorano la vera natura umana, con il suo caotico divenire, cosciente e incosciente. L'uomo autentico dostoevskijano non è l’uomo esteriore, ma quello interiore, che si nasconde e si rifugia nella propria tana. Il "sottosuolo" è la nostra vita psichica con le sue libere irrazionalità, con la sua assenza di ogni legge, in contrasto con il mondo esterno, con le sue convenienze e regole. 

martedì 24 novembre 2015

COSA SUCCEDE ALLA CULTURA LAICA E A QUELLA CRISTIANA? 

"La moderna cultura laica è fondata sulla dialettica, che risolve i conflitti nati entro la storia in una linea ascendente, che di superamento in superamento corre sul filo del progresso. La cultura cristiana è invece fondata sulla compresenza, eroica e immutabile, di verità e inautenticità, di contingente e di eterno, di terreno e di divino, una lacerazione esistenziale che occupa l’intera storia e sarà sanata misteriosamente solo al compimento del tempo" Geno Pampaloni, Prefazione a Divo Barsotti, Cor ad cor, 1982 (La Locusta, Vicenza).
Mi chiedo che ne è stato della dialettica alla base della cultura laica? Che ne è stato della nozione di progresso che vedeva un rapporto sinergico, necessario tra quello tecnico-scientifico e quello sociale?. Che ne è dell’intellettuale cristiano, che ormai  non si sente di affermare alcunchè e pensa solo a mimetizzarsi tra le voci del mondo?

lunedì 23 novembre 2015




NOTE DI LETTURA: METAFISICA?

Occorre tornare a occuparsi attivamente di metafisica, cercando di portare alla luce quali nuove concezioni della realtà siano adeguate ai risultati odierni delle scienze e agli sviluppi recenti delle vicende umane. La vera questione non è se la realtà esista o no, né se sia modificabile da noi solo in parte o totalmente. Le vere questioni sono: che cosa c’è? Ci sono le cose che sembrano non esistere? Com’è fatta la realtà? È ordinata? Ha senso? Ha valore in sé? È solo la scienza che può rispondere a queste domande o anche la filosofia, accanto e insieme alla scienza, ha voce in capitolo? Dalla visione scientifica della realtà cosa emerge? Emerge un senso, un valore delle cose? La visione scientifica della realtà è unitaria o no? È compito della filosofia collegare le varie parti della scienza o è la scienza stessa a doverlo fare? 
Nel suo libro Introduzione alla verità (Bollati Boringhieri, Torino 2011) FRANCA D'AGOSTINI invita  i filosofi contemporanei a tornare a pronunciarsi sulla realtà, perché la rinuncia a farlo non è stata la scomparsa della metafisica, bensì “la persistenza ostinata e implicita di una sua versione antica, settecentesca. Dunque il punto è che la metafisica, ossia la nostra concezione di ‘fatto’ e ‘realtà', è rimasta molto indietro: al Settecento, o forse all’Ottocento, mentre alla luce delle nuove evidenze della scienza e della vita forse abbiamo altri ‘fatti’ con cui fare i conti. [...] ampliate la vostra ontologia, rendete duttile la vostra logica, e non avrete più molte ragioni di scetticismo riguardo alla verità.” L'autrice vede come causa del blocco della riflessione metafisica un’errata interpretazione di Kant presente nella filosofia di Nietzsche. Franca D'Agostini  immagina un dialogo virtuale con Nietzsche, dove lei attacca la famosa posizione nietzscheana non ci sono fatti, solo interpretazioni e gli risponde: “è un fatto che non esistono fatti? Se non lo è, come mai dici che le cose stanno così? Inoltre, posto che non sia un fatto bensì un’interpretazione, è un fatto che è un’interpretazione?”. Prosegue D’Agostini, “È chiaro che non ci intendiamo: usiamo ‘fatto’ in modi diversi. Più precisamente: io uso ‘fatto’ in modo mobile e leggero, per riferirmi a una qualsiasi occorrenza, evento, o azione e situazione. Nietzsche usa ‘fatto’ in modo molto pesante, presumibilmente per riferirsi a fattualità dure, nude e crude. Ma attenzione: io non ho preso nessuna decisione riguardo a come sono fatti i fatti: potrebbero essere interpretazioni o sciami di microparticelle, oggetti del senso comune o astrazioni. Invece si direbbe che Nietzsche abbia già preso questa decisione (se no non direbbe che ‘non esistono’) Visibilmente, Nietzsche usa qui una metafisica (una concezione della realtà) molto restrittiva, ed è nella luce di questa metafisica che preferisce i fatti-interpretazioni ai fatti-fatti. [...] occorre una metafisica per sbarazzarsi della metafisica [...] la ‘rinuncia’ alla metafisica è in verità l’adesione a una metafisica dogmatica, non problematizzata. E più propriamente [...] questa metafisica non problematizzata è [...] un kantismo interpretato in senso iperempirista, con relativo svilimento del realismo, e potenziale deriva costruzionista”.
 



P B 

venerdì 20 novembre 2015




MORTE DELLE IDEOLOGIE??? 

Abbiamo, chi più chi meno, celebrato come progresso dell'umanità il superamento delle ideologie e delle loro false certezze. Ed ora ci troviamo ad affrontare una delle ideologie più pervicaci e mortifere, mascherata dentro un messaggio religioso, e ci troviamo nudi e spogli con il nostro relativismo nichilista. Facciamo fatica a capire quali siano i valori da difendere. Le nostre armi culturali si manifestano deboli. Ci chiediamo quale sia la nostra identità.  È solo riconoscendo tutto questo in modo chiaro e netto che possiamo ripartire. Basta che lo vogliamo.




CI VOGLIONO ARMI CULTURALI.

Bisogna porsi le domande e non accettare le certezze di chi ha facili risposte. Il mondo è diventato più complesso e più difficile rispetto alla nostra capacità di spiegazione. Però non dobbiamo fermarci nel porci le domande e nel cercare risposte. L'orrore non deve paralizzarci. È quello che vogliono i nemici della vita che ci troviamo di fronte.
Abbiamo, chi più chi meno, celebrato come progresso dell'umanità il superamento delle ideologie e delle loro false certezze. Ed ora ci troviamo ad affrontare una delle ideologie più pervicaci e mortifere, mascherata dentro un messaggio religioso, e ci troviamo nudi e spogli con il nostro relativismo nichilista. Facciamo fatica a capire quali siano i valori da difendere. Le nostre armi culturali si manifestano deboli. Ci chiediamo quale sia la nostra identità.  È solo riconoscendo tutto questo in modo chiaro e netto che possiamo ripartire. Basta che lo vogliamo.
È LA POLITICA CHE HA SMARRITO LA PROPRIA MISSIONE

Le civiltà non muoiono sotto l'urto di "barbarie esterne", ma a causa di una fatale progressiva decomposizione interna. Non è che dobbiamo rileggere Toynbee e il suo pessimismo, che ha origine in Spengler, per recitare la solfa del declino dell'Occidente. Certo ha un certo valore la sua osservazione che quando una civiltà  si universalizza (oggi diciamo globalizza) si avvicina al tramonto. Ma io credo che la causa più profonda della crisi sia d'ordine politico. D'accordo sul fatto che le cose non possano andare sempre bene, che l'uomo invecchi,  che le civiltà siano mortali (come dice Toynbee, che non vengano assassinate, ma si suicidino). Ma il tema più importante è di vedere come una buona politica possa proteggerci o almeno ridurre l'impatto delle tempeste che  mettono in discussione esistenza quell'insieme di valori  che si chiamiamo civiltà. Una buona politica deve vigilare continuamente e favorire con tutte le forze il mantenimento dell'unità organica (vita) contro la dispersione (morte). In altri termini la politica deve avere capacità di scelta  fra quei  cambiamenti della società che la consolidano e quelli che invece la compromettono. La politica, oggi, ha smarrito questa missione.

lunedì 16 novembre 2015






STRAGE A PARIGI....MA CI CHIEDIAMO QUALE SIGNIFICATO?

Ci troviamo di fronte a un risveglio da un  sogno in cui a tutto davamo senso e ragione. Scopriamo che il reale resta lì, colla durezza delle sue resistenze e delle contraddizioni irrisolte. 
"L'illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l'obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all'insegna di trionfale sventura" (M. Horkheimer, T.W. Adorno, Dialettica dell'Illuminismo, Torino 1967, p. 11).
Abbiamo creduto che la ragione della modernità avesse soluzioni nette e sicure. Ma i fatti di ogni giorno ci spiazzano perchè ci fanno  riscoprire, attraverso l'evidenza della nostra finitudine e della morte, la totale mancanza  di ogni "senso" ideale. È questo il risultato della perdita  delle  sicurezze, attraverso l'incontro con  la morte, con il nulla, con l'assenza di  fondamento. Ci troviamo a navigare verso l'ignoto, "senza senso".  Avevamo abbandonato da tempo la sicurezza che veniva dalle risposte totalizzanti della ragione moderna, ma ora il disinteresse a porsi la domanda sul senso, più ancora che la sua  mancanza, rischia di diventare una malattia letale  dell'Occidente nel XXI Secolo.

sabato 7 novembre 2015

MA LA SUA OMBRA PUÒ MOLTO

[...] Allora potete passare di sera sull'ombra del gigante.
- Come si fa?
- Il grande gigante, che abita non lontano da qui, non è in grado di fare niente con il suo corpo; le sue mani non sollevano neppure un filo di paglia; le sue spalle non potrebbero portare nemmeno un fagotto; ma la sua ombra può molto, anzi tutto. Perciò al sorgere e al calare del sole è molto potente, e così di sera ci si può sedere sul collo della sua ombra, il gigante si avvia lentamente verso la riva e la 

sua ombra porta il viandante al di là dell'acqua. Ma se a mezzogiorno volete trovarvi in quell'angolo del bosco dove fitti cespugli costeggiano la riva, potrò traghettarvi io stesso e presentarvi alla bella Lilie; se invece temete il caldo di mezzogiorno potrete cercare il gigante verso sera in quell'insenatura di rocce; si mostrerà di sicuro cortese.[...] citazione da LA FIABA
di Johann Wolfgang Goethe

martedì 6 ottobre 2015




ALTERIAMO L'AMORE CON LA MEMORIA

Come dice Marcel Proust (Dalla parte di Swann): "A quell'epoca della vita l'amore ci ha già colpiti parecchie volte; la sua evoluzione non segue più soltanto le proprie leggi ignote e fatali davanti al nostro cuore stupefatto e passivo. Noi gli andiamo in aiuto, lo alteriamo con la memoria, con la suggestione. Riconoscendo uno dei suoi sintomi ricordiamo, facciamo rinascere gli altri. Dal momento che la sua canzone, incisa per intero dentro di noi, ci è familiare, non occorre che una donna ce ne suggerisca l'attacco - pieno dell'ammirazione suscitata dalla bellezza - per recuperarne il seguito. E se comincia a metà [la canzone] - là dove i cuori si avvicinano, dove si parla di non vivere più che l'uno per l'altra - siamo abbastanza esperti di questa musica per poter subito raggiungere la nostra partner al punto esatto in cui ci aspetta."




COLLINE COME ELEFANTI BIANCHI 

Ho riletto  "Colline come elefanti bianchi " di Ernest Hemingway. 
Questo racconto di Hemingway credo porti innanzitutto  a riflettere sul valore della libertà e a chiederci se sia il valore più importante. Spesso intendiamo liberta' come "io voglio vivere nella leggerezza, nella irresponsabilita' della ricerca della mie voglie"  dei diritti per fare cio' che mi pare. In questo caso parliamo di sopprimere la vita, perche' poi facciamo la vita di prima, perche' questa creatura e' concepita per leggerezza in un rapporto che vale poco. Poi c'e' il ruolo dell'uomo, orrendo, "dai cara che e' facile, che poi starai bene" . Ma anche ci costringe a guardare in generale dentro alle piccole e grandi scelte che abbiamo fatto  in passato, a come abbiamo dato priorita' a cio' che in quel momento ci sembrava piu' importante, non valutando abbastanza alle conseguenze non solo per noi stessi, ma per gli altri. 
[Lei «E potremmo avere tutto questo» disse la ragazza. «E potremmo avere tutto e ogni
giorno lo rendiamo più impossibile.
Lui «Che hai detto?»
Lei «Ho detto che potremmo avere tutto.»
Lui «Possiamo avere tutto.»
Lei «No che non possiamo.»
Lui «Possiamo avere il mondo intero.»
Lei «No che non possiamo.»
Lui «Possiamo andare dappertutto.»
Lei «No che non possiamo. Non è più nostro.»
Lui « È nostro.»
Lei «No, non lo è. E quando te l'hanno portato via, non riesci a riaverlo mai più.»
Lui «Ma non ce l'hanno portato via.»
Lei «Aspettiamo e vedremo.»]

[Le colline che attraversano la valle dell'Ebro erano lunghe e bianche. Di qua non c'era ombra né alberi, e la stazione era tra due file di binari sotto il sole. Contro il fianco della stazione c'era l'ombra calda dell'edificio e una tenda, fatta di filze di tubetti di bambù, appesa davanti alla porta aperta del bar, per tener fuori le mosche. L'americano e la ragazza che era con lui sedevano a un tavolo all'ombra, fuori dall'edificio. Faceva molto caldo e il direttissimo da Barcellona doveva arrivare di lì a quaranta minuti. Si fermava due minuti in quella stazione e proseguiva per Madrid.
«Cosa prendiamo?» chiese la ragazza. Si era tolta il cappello e lo aveva messo sul tavolo.
«Fa piuttosto caldo» disse l'uomo.
«Beviamo una birra.»
«Dos cervezas» disse l'uomo verso la tenda.
«Grandi?» chiese una donna dalla soglia.
«Sì. Due grandi.»
La donna portò due bicchieri di birra e due sottocoppe di feltro. Mise sul tavolo le sottocoppe di feltro e i bicchieri di birra e guardò l'uomo e la ragazza. La ragazza stava guardando verso la fila lontana di colline. Sotto il sole erano bianche, e i campi erano bruni e riarsi.
«Sembrano elefanti bianchi» disse.
«Non ne ho mai visto uno» disse l'uomo bevendo la sua birra.
«No, non potresti averlo fatto.»
«Potrei sì» disse l'uomo. «Il semplice fatto che tu lo dica non prova nulla.»
La ragazza guardò la tenda di bambù. «Ci hanno dipinto qualcosa sopra» disse,
«Cosa dice?»
«Anis del Toro. È una bibita.»
«Perché non l'assaggiamo?»
L'uomo gridò: «Senta» attraverso la tenda. La donna uscì dal bar.
«Quattro reales.»
«Vogliamo due Anis del Toro.»
«Con acqua?»
«Lo vuoi con l'acqua?»
«Non so» disse la ragazza. «È buono con l'acqua?»
«Buonissimo.»
«Li volete con l'acqua?» chiese la donna.
«Sì, con l'acqua.»
«Sa di liquirizia» disse la ragazza, e depose il bicchiere.
«È così per tutto.»
«Sì» disse la ragazza. «Tutto sa di liquirizia. Tutte le cose, in particolare, che si sono aspettate tanto. Come l'assenzio.»
«Oh, smettila.»
«Hai cominciato tu» disse la ragazza, «lo mi divertivo. Me la spassavo.»
«Be', cerchiamo di spassarcela.»
«Ci stavo provando. Dicevo che i monti sembravano elefanti bianchi. Non è stata un'osservazione intelligente?»
«È stata un'osservazione intelligente.»
«Volevo assaggiare questa nuova bibita. È tutto quello che facciamo, no? Guardare cose e assaggiare nuove bibite.»
«Credo di sì.»
La ragazza guardò le colline.
«Sono belle» disse. «Veramente non sembrano elefanti bianchi. Alludevo solo al colore della pelle tra gli alberi.»
«Un altro bicchiere?»
«D'accordo.»
Il vento caldo spinse contro il tavolo la tenda di bambù.
«La birra è bella fresca» disse l'uomo.
«Deliziosa» disse la ragazza.
«È davvero un'operazione semplicissima, Jig» disse l'uomo. «Veramente non la si può neanche chiamare un'operazione.»
La ragazza guardò il terreno sul quale poggiavano le gambe del tavolo.
«So che non ci faresti neanche caso, Jig. È una cosa da nulla, veramente. Serve solo a far passare l'aria.»
La ragazza non disse niente.
«Verrò con te e starò sempre con te. Fanno solo entrare l'aria e poi è tutto
perfettamente naturale.»
«E cosa faremo, dopo?»
«Staremo benissimo, dopo. Come stavamo prima.»
«Cosa te lo fa credere?»
«È l'unica cosa che ci preoccupa. È l'unica cosa che ci ha reso infelici.»
La ragazza guardò la tenda di bambù, tese la mano e s'impadronì di due filze di tubetti.
«E tu pensi che dopo staremo bene e saremo felici?»
«Lo so. Non devi aver paura. Conosco un sacco di gente che l'ha fatto.»
«Anch'io» disse la ragazza. «E dopo erano tutte così felici!»
«Be'» disse l'uomo «se non vuoi, nessuno ti obbliga. Non vorrei che lo facessi, se non vuoi. Ma so che è semplicissimo.»
«E tu lo vuoi davvero?»
«Credo che sia la cosa migliore. Ma non voglio che tu lo faccia, se davvero non vuoi.»
«E se lo faccio tu sarai felice e le cose torneranno come prima e tu mi vorrai bene?»
«Ti voglio bene anche adesso. Lo sai che ti voglio bene.»
«Lo so. Ma se lo faccio, poi sarà di nuovo bello se dico che le cose sono come elefanti bianchi, e ti farà piacere?»
«Mi farà molto piacere. Anche adesso mi fa piacere, ma non riesco a pensarci, tutto qui. Sai come divento quando sono preoccupato.»
«Se lo faccio, non sarai più preoccupato?»
«Non sarò preoccupato per questo perché è una cosa semplicissima.»
«Allora lo farò. Perché di me non m'importa nulla.»
«Come sarebbe?»
«Di me non m'importa nulla.»
«Be', importa a me.»
«Oh, sì. Ma a me no. E lo farò e poi tutto andrà bene.»
«Non voglio che tu lo faccia se la pensi così.»
La ragazza si alzò in piedi e camminò fino in fondo alla stazione. Dall'altra parte, di là dai binari, c'erano dei campi di grano e degli alberi sulle rive dell'Ebro. Lontano, oltre il fiume, c'erano delle montagne. L'ombra di una nuvola passava sul campo di grano e tra gli alberi si vedeva il fiume.
«E potremmo avere tutto questo» disse la ragazza. «E potremmo avere tutto e ogni giorno lo rendiamo più impossibile.»
«Che hai detto?»
«Ho detto che potremmo avere tutto.»
«Possiamo avere tutto.»
«No che non possiamo.»
«Possiamo avere il mondo intero.»
«No che non possiamo.»
«Possiamo andare dappertutto.»
«No che non possiamo. Non è più nostro.»
« È nostro.»
«No, non lo è. E quando te l'hanno portato via, non riesci a riaverlo mai più.»
«Ma non ce l'hanno portato via.»
«Aspettiamo e vedremo.»
«Vieni all'ombra» disse lui. «Non devi sentirti così.»
«Non mi sento in nessun modo» disse la ragazza. «So come stanno le cose, tutto qui.»
«Non voglio che tu faccia nulla che tu non voglia fare...»
«E che non mi faccia bene» disse lei. «Lo so. Non potremmo ordinare un'altra birra?»
«Certo. Ma tu devi capire...»
«Capisco. Non potremmo stare zitti per un po'?»
Si sedettero al tavolo e la ragazza guardò verso la collina dalla parte riarsa della valle e l'uomo guardava lei e il tavolo.
«Devi capire» disse «che non voglio che tu lo faccia, se non vuoi. Sono prontissimo ad andare fino in fondo, se per te significa qualcosa.»
«E per te significa qualcosa? Ce la potremmo cavare.»
«Certo che significa qualcosa. Ma io voglio solo te. Non voglio nessun altro. E so che è una cosa semplicissima.»
«Sì, tu sai che è semplicissima.»
«Hai ragione di parlare così, ma lo so.»
«Adesso faresti qualcosa per me?»
«Per te farei qualunque cosa.»
«Vorresti per piacere per piacere per piacere per piacere per piacere per piacere per piacere smettere di parlare?»
Lui non disse nulla ma guardò le valigie contro il muro della stazione. C'erano attaccate le etichette di tutti gli alberghi dove avevano passato la notte.
«Ma io non voglio che tu lo faccia» disse «non me ne importa niente.»
«Adesso grido» disse la ragazza.
La donna uscì dal bar con due bicchieri di birra e li depose sui sottocoppa di feltro umido. «Il treno arriva fra cinque minuti» disse.
«Cos'ha detto?» chiese la ragazza.
«Che il treno arriva fra cinque minuti.»
La ragazza rivolse alla donna un sorriso raggiante, per ringraziarla.
«Sarà meglio che io porti le valigie dall'altra parte della stazione» disse l'uomo. La ragazza sorrise anche a lui.
«D'accordo. Poi torna qui e finiamo la birra.»
Lui raccolse le due pesanti borse e girando intorno alla stazione le portò sugli altri binari.
Guardò in fondo ai binari ma non riuscì a scorgere il treno. Tornando indietro passò attraverso il bar, dove stavano bevendo i passeggeri in attesa del treno. Bevve un Anis al bar e guardò i passeggeri. Aspettavano tranquillamente il treno. L'uomo uscì attraverso la tenda di bambù. La ragazza era seduta al tavolo e gli sorrise.
«Ti senti meglio?» domandò lui.
«Mi sento bene» disse lei. «Non ho niente. Mi sento bene.»]





P B 



NOI VIVIAMO DI EMOZIONI

Noi viviamo di emozioni, senza di esse la nostra esistenza non avrebbe senso. Noi vogliamo le passioni, l'amore, per dare un senso alla nostra esistenza. Senza aver osato, senza aver vissuto con un pizzico di follia, non c'è vita. Non sono le grandi cose, ma le piccole scosse che fanno la differenza.


LEVIN NON HA CONVINZIONI

Levin, più di ogni altro personaggio, è uno strumento che Tolstoj utilizza per sollevare una serie di argomentazioni circa le idee che circolano nella politica russa nel 1870. Dopo tutto, la Russia nella seconda metà del 19 ° secolo è un paese in una fase di cambiamento caotico. Ora come allora c'era una differenza enorme tra ricchi e poveri. Nel 1861 era stata abolita la servitu' della gleba...cosi' lo zar favoriva la nascita del proletariato per i bisogni della nascente industria. Ma Tolstoj non è un rivoluzionario. Lui è d'accordo che  i servi siano  liberati, certo, ma tutto questo movimento per le città (di nobili e contadini), sembra a lui che portino all'ozio, al gioco d'azzardo, e alla vita "peccaminosa". Certo, non é un "rivoluzionario", infatti fa dire a Levin  che é e rimarrà un aristocratico fiero della sua origine, ma è innegabile che vi sia una volontà di miglioramento delle condizioni dei contadini, che dimostra una certa apertura verso idealità che potremmo definire, passami il termie, "socialisteggianti".
Levin si chiede perché ci si dovrebbe preoccupare di costruire scuole a cui i contadini non vogliono  andare o migliorare le strade nessuno vorra' percorrere. Levin non vede il punto di "fare del bene", solo per il gusto di una "causa comune".
Levin é figlio del suo tempo...ma non si può certo dire che sia un "padrone" ottuso e cattivo
Levin vuole rimanere sulla sua terra e migliorare le condizioni. Vuole lavorare con persone che conosce per migliorare la loro vita su base individuale.
No certo! Non e' ottuso e cattivo. Ma non vuole seguire le idee della "modernita'"
Non e' per le idee socialiste che incominciano a scuotere le coscienze...
Come fa rimarcare Isaiah Berlin [citando Il critico russo Boris Eykhenbaum nel saggio THE HEDGEHOG AND THE FOX, su Tolstoy] , il fratello, nella discussione sul comunismo, dice a Levin che non ha convinzioni...Pag 301 “— Là — diceva Nikolaj con gli occhi scintillanti di cattiveria e sorridendo ironicamente — là almeno vi è il fascino, per così dire, geometrico della chiarezza, della certezza. Può darsi che sia un’utopia. Ma ammettiamo che di tutto il passato si possa fare tabula rasa: non c’è proprietà, non c’è famiglia, e allora anche il lavoro si organizza. Ma da te non c’è nulla....” .... “— Tu non avevi e non hai convinzioni, ma vuoi solo soddisfare il tuo amor proprio.”
Dice Berlin "The Russian critic, Boris Eykhenbaum, who has written the best critical work on Tolstoy in any language,' in the course of it develops the thesis that what oppressed Tolstoy most was his lack of positive convictions: and that the famous passage in Anna Karenina in which Levin's brother tells him that he - Levin- had no positive beliefs, that even communism, with its artificial, 'geometrical', symmetry, is better than total scepticism of his-Levin's-kind, in fact refers to Lev Nikolaevich himself, and to the attacks on him by his brother Nikolai Nikolaevich. "

giovedì 27 agosto 2015

Le picconate delle statue  dell’Isis come quelle di Maometto con gli idoli alla Mecca

La distruzione del tempio a Palmira si inserisce in una lunga tradizione di attacchi contro l’arte pre-islamica (e, in misura minore, cristiana e musulmana) da parte dell’Isis. Mi chiedo se gli episodi di Palmira, Mosul e Nimrod siano da liquidare come semplici «atti di barbarie», come gesto che dimostrerebbe come lo Stato Islamico detesti l’umanità, e sia nemico di tutto ciò che è bello. Mi chiedo però se questa interpretazione non nasca dalla reticenza a considerare la vera natura ed origine di questi gesti. Cerchiamo di non vedere cioè la solida  base teologica che rappresenta  uno dei punti di forza del gruppo jihadista, e di ignorare che proprio questa potrebbe essere una delle ragioni per cui continua ad attirare volontari da tutto il mondo islamico e non solo.  Con quelle picconate i terroristi dell’Isis vogliono ripercorrere le orme di Maometto, quando il profeta distrusse gli idoli alla Mecca. Con la dichiarazione della nascita del “Califfato”,  si intendeva annunciare la creazione di un equivalente contemporaneo del regno dei cosiddetti “Califfi ben guidati”, i quattro successori di Maometto che guidarono la comunità musulmana tra il 632 e 661.Come possiamo sconfiggere l’Isis senza avere il coraggio di comprendere tutto questo? 

lunedì 17 agosto 2015



Vogliamo parlare del disastro di Obama in Libia? 

Vi faccio vedere io come si fa in Libia, altro che i disastri di Bush in Afganistan e Iraq, diceva Obama. Il Washington Post del 5 agosto ha pubblicato una ricostruzione del fallimento dei piani di Obama  in Libia dopo la morte di Gheddafi (2011).  La giornalista Missy Ryan ricorda che il presidente Barack Obama aveva scelto proprio la Libia come una “priorità personale” per mostrare la capacità (sua e) dell’America di ricostruire un paese dopo un intervento militare – e quindi per marcare la differenza con le due guerre volute dal predecessore George W. Bush in Iraq e in Afghanistan. La Libia doveva essere un caso modello: prima intervento militare leggero, soltanto con aerei e logistica (il cosiddetto “leading from behind”), poi stabilizzazione del paese, a partire dall’economia e dalla politica. Purtroppo su Obama incombe una grande maledizione. Vediamo il fallimento dei tentativi di Obama di creare alleati locali, di crearsi amici nei paesi arabi. Nascono accordi  storti che finiscono male. Tutto finisce in delusione reciproca combinata con irrilevanza e disastro finale. 

venerdì 14 agosto 2015




MA QUANTI GIOVANI HOLDEN, SIGNORA MIA...
Ma quanti Giovani Holden nelle chiacchere di ogni giorno!!!!!. Mi chiedo come un libro del 1951 possa essere così attuale. Quanti Holden ci sono che hanno una parola per criticare tutto, ai quali  fanno schifo un sacco di cose, per i quali un sacco di persone sono sbagliate. Quanti Holden ci sono che hanno la dote speciale che permette loro di vedere  (nessuno può farlo meglio di loro) ciò che sta dietro l’apparenza e ciò che sta dietro quello che sta dietro l’apparenza. Quanti si sentono di aver il punto di vista inattaccabile del giovane Holden: quello di avere sempre e comunque ragione?. La parola "phony" ricorre nel testo in  inglese decine di volte: "phony" come falso, posticcio, menzognero, per tutto quello che nel mondo Holden vede negativamente.  È così che il giovane Holden nasconde la propria incapacità psicologica di crescere mascherandola con la barriera protettiva della presunzione morale: il vuoto di valore che egli vede tutto intorno non è altro che lo specchio della sua contorta condizione interiore. Il distacco, il disprezzo e  il cinismo verso il mondo degli adulti, diventa un modo di negare una corresponsabilità che nei fatti non può che esserci. L'ipocrisia (phoniness) che Holden denuncia negli altri è quella stessa che si porta dentro.

giovedì 13 agosto 2015


  • Secondo il ricercatore, molti palestinesi catturati dalle milizie sciite in Iraq sono stati brutalmente torturati e costretti a "confessare" il loro presunto coinvolgimento nel terrorismo. Dal 2003, il numero dei palestinesi lì presenti è sceso da 25.000 a 6.000.
  • La cosa più interessante è la totale indifferenza mostrata dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani, dai media e dall'Autorità palestinese (Ap) verso il maltrattamento dei palestinesi nei paesi arabi. I giornalisti internazionali non si preoccupano dei palestinesi del mondo arabo perché non si può incolpare Israele della loro condizione.
  • Le Nazioni Unite e altri organismi internazionali ovviamente non sentono parlare della pulizia etnica dei palestinesi nel mondo arabo. Essi sono talmente ossessionati da Israele che preferiscono ignorare le sofferenze dei palestinesi sotto i regimi arabi.
  • I dirigenti dell'Ap vogliono denunciare alla Corte penale internazionale "i crimini di guerra" commessi da Israele. Tuttavia, quando si tratta di pulizia etnica e delle torture cui sono sottoposti i palestinesi in paesi come l'Iraq, la Siria e il Libano, essi preferiscono fare finta di niente.
  • La notizia che un arabo viene ucciso o torturato non merita alcuna menzione in un importante quotidiano occidentale. Ma quando un palestinese si lamenta delle autorità israeliane o dei coloni ebraici, molti giornalisti si precipitano a coprire questo sviluppo "di rilievo".
  • Non solo i paesi arabi disprezzano i palestinesi, ma vogliono anche che essi siano un problema esclusivamente di Israele. Dal 1948, i governi arabi si rifiutano di permettere ai palestinesi di risiedere in modo permanente nei loro paesi e diventare cittadini con pari diritti. Ora, questi paesi arabi li uccidono, li torturano e li sottopongono a pulizia etnica, e fanno questo mentre i leader di tutto il mondo continuano a nascondere la testa sotto la sabbia e a stigmatizzare Israele.

http://it.gatestoneinstitute.org/6336/pulizia-etnica-palestinesi

mercoledì 12 agosto 2015



IL PAPA E GLI IMMIGRATI
Per Papa Francesco respingere in mare gli immigrati è un atto di guerra. Lo ha affermato il 7 agosto  nel dialogo a braccio con i ragazzi del Movimento Eucaristico Giovanile, prendendo spunto dal dramma che si sta consumando in Asia dove i «boat people» in fuga dal Myanmar sono respinti nell’Oceano.Mi domando quale sia il senso che debba essere attribuito a questo duro pronunciamento del Papa? Mi chiedo cosa significhi dire che ”i respingimenti sono veri e propri atti di guerra”? il Papa ci sta chiedendo di aprire le nostre case e lasciarci investire da tutte queste masse disperate?. Ciò che mi sembra di capire è che Papa Francesco faccia innanzitutto un collegamento fra flussi migratori e il tema antropologico della conflittualità, intesa come situazione di tensione ricorrente a cui dobbiamo necessariamente far fronte. Ma una interpretazione buonista delle sue parole mi sembra fuorviante.  Non credo che il Papa sostenga uno spirito di accoglienza irresponsabile. Il richiamo mi sembra sia duplice: il primo si riferisce al concetto che un uomo dotato di buon senso non può pensare che sia meglio stare in guerra piuttosto che in pace con gli altri; il secondo è che tale punto di arrivo non possa essere raggiunto senza lottare, senza battersi e senza impegnarsi direttamente. Per questo interpreto il discorso del Papa ben diverso dal buonismo pacifista che nasconde falsità e sbocchi ben più disastrosi.  La strada indicata credo sia quella di non rassegnarsi al male e di non  fermarsi a soluzioni apparentemente più  comode, in quanto è il conflitto che  costituisce l’essenza  del percorso di tutti noi, incluso quello  dell'accoglienza e della  ricerca della convivenza con i diversi. Purchè, io credo, non ci nascondiamo che  tutto questo assume  caratteristiche problematiche e conflittuali molto difficili da gestire.

martedì 14 luglio 2015

ACCORDO PER "SALVATAGGIO" DELLA GRECIA?

L'accordo lascia la Grecia in mano a dei ciarlatani. Come ha ben capito Spd questi sono nazionalisti di destra populista (altro che sinistra). Sicuro che faranno poco o niente e tireranno la corda in una trattativa fino al fallimento della Grecia. Il "progresso" fatto è che hanno ottenuto liquidità per sopravvivere alcuni mesi. La trattativa è appena cominciata. La sceneggiata continua...



BENEDETTO XVI E TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

Dopo il viaggio in America Latina di Papa Francesco. Preferisco le parole di Benedetto XVI che aprono il libro "Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici & i collaboratori raccontano" (Ares) "La prima grande sfida che affrontammo fu la Teologia della liberazione che si stava diffondendo in America latina. Sia in Europa che in America del Nord era opinione comune che si trattasse di un sostegno ai poveri e dunque di una causa che si doveva approvare senz'altro. Ma era un errore. La povertà e i poveri erano senza dubbio posti a tema dalla Teologia della liberazione e tuttavia in una prospettiva molto specifica. (…) Non era questione di aiuti e di riforme, si diceva, ma del grande rivolgimento dal quale doveva scaturire un mondo nuovo. La fede cristiana veniva usata come motore per questo movimento rivoluzionario, trasformandola così in una forza di tipo politico. (…) Naturalmente, queste idee si presentavano con diverse varianti e non sempre si affacciavano con assoluta nettezza, ma, nel complesso, questa era la direzione. A una simile falsificazione della fede cristiana bisognava opporsi anche proprio per  amore dei poveri e a pro del servizio che va reso loro". (…) Giovanni Paolo II "ci guidò da un lato a smascherare una falsa idea di liberazione, dall'altro a esporre l'autentica vocazione della chiesa alla liberazione dell'uomo".

martedì 7 luglio 2015




FATIMA

Ma riusciamo a capire le motivazioni che spingono a unirsi ai jihadisti dell'Isis?. Non c’è un unico percorso, così come non esiste un retroterra culturale o economico comune ai jihadisti stranieri. Non condivido il punto di vista di chi attribuisce un peso alla situazione socioeconomica svantaggiata o il tipo di educazione ricevuta. Penso molto di più alla motivazione che deriva dalla ricerca di riconoscimento in un gruppo che ti fa sentire importante, o dal desiderio di costruirsi una nuova identità, e ancora dalla “voglia di avventura”. Penso anche a quale impatto possa avere la propaganda che chiede di diventare jihadista per "salvare il mondo" e l’Islam dalla distruzione dei valori della cultura islamica. Nel caso dei foreign fighter dell’ISIS però cosa pesa di più?.Difficile dirlo,. Ma certo funziona un processo di emulazione delle gesta dei jihadisti più famosi. Ma basta questo per spingere le ragazze a convertirsi all'Islam e scappare di casa e a sposare un terrorista, e diventare terrorista?. Anche il fattore radicalizzazione non è così scontato. Alcuni sono già radicalizzati prima di partire alla volta della Siria, ma altri, forse i più, subiscono il processo di avvicinamento all’Islam radicale durante l’addestramento impartito nei campi militari dell’ISIS. Ho molte domande. Non ho risposte che mi convincano fino in fondo.

http://www.corriere.it/esteri/15_luglio_06/parla-fatima-jihadista-italiana-decapitiamo-nome-allah-612672f2-2421-11e5-a98d-32629d3b799b.shtml