lunedì 29 settembre 2014


IL DOGMATISMO DEL RELATIVISMO

Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo.
"La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada, diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli."
 G.K. Chesterton “Eretici”
“The great march of mental destruction will go on. Everything will be denied. Everything will become a creed. It is a reasonable position to deny the stones in the street; it will be a religious dogma to assert them. It is a rational thesis that we are all in a dream; it will be a mystical sanity to say that we are all awake. Fires will be kindled to testify that two and two make four. Swords will be drawn to prove that leaves are green in summer. We shall be left defending, not only the incredible virtues and sanities of human life, but something more incredible still, this huge impossible universe which stares us in the face. We shall fight for visible prodigies as if they were invisible. We shall look on the impossible grass and the skies with a strange courage. We shall be of those who have seen and yet have believed.”
G. K. Chesterton. “Heretics.” 

domenica 28 settembre 2014

BERSANI, D'ALEMA (e BINDI) TRA GLI IGNAVI??

 ".....dissi: «Maestro, che è quel ch’i’ odo? 
e che gent’è che par nel duol sì vinta?». 
Ed elli a me: «Questo misero modo 
tegnon l’anime triste di coloro 
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo. 
Mischiate sono a quel cattivo coro 
de li angeli che non furon ribelli 
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. 
Caccianli i ciel per non esser men belli, 
né lo profondo inferno li riceve, 
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli». 
E io: «Maestro, che è tanto greve 
a lor, che lamentar li fa sì forte?». 
Rispuose: «Dicerolti molto breve. 
Questi non hanno speranza di morte 
e la lor cieca vita è tanto bassa, 
che ’nvidiosi son d’ogne altra sorte. 
Fama di loro il mondo esser non lassa; 
misericordia e giustizia li sdegna: 
non ragioniam di lor, ma guarda e passa».


    giovedì 25 settembre 2014



    L'ULTIMA CARICA DELLO SQUADRONE BERSANI.
    I manuali di storia militare la ricordano come l'ultima carica della cavalleria italiana, quella avvenuta settanta anni fa, durante l'invasione dell'Unione Sovietica. Esattamente il 24 agosto 1942 aIsbuschenskij da parte del reggimento Savoia Cavalleria. 
    Ed ecco ora l'ultima carica dello squadrone, guidato da Bersani, che eroicamente vuole liberare il Partito (come dice lui la Ditta). Allo squadrone dell'articolo 18 non interessa niente. L'obiettivo e' far fuori Renzi. Non importa che non abbiano nessuna idea su cosa fare dopo, se non quella di sperare che l’Italia possa andare avanti, a bassa velocità, quasi ferma, per dieci o vent’anni, con una lenta agonia. L'importante e salvaguardare rendite e privilegi attuali, senza nulla toccare, chiudendo ora la sciagurata "avventura rivoluzionaria" di Renzi. Ma ben guardare diverse insidie non possono che portare al fallimento di questa "ultima carica di cavalleria". Innanzitutto Renzi si dimostra ogni giorno un osso duro a fronte di nemici (quasi tutti ex-protagonisti della vecchia fallita politica della sinistra) che si distinguono per essere uniti solo dall'interesse di far fuori Renzi, mentre per tutto il resto si odiano a vicenda: il giorno dopo riprenderebbero a litigare come hanno fatto da sempre, e quando ci fossero le elezioni sarebbero, come sempre e' successo, sconfitti pesantemente. Inoltre di fronte non hanno spade e fucilini ma a fiancheggiare Renzi si trovano il Quirinale, e soprattutto, la Bce, le autorita' Ue tutte, e i mercati.....allora non e' meglio accordarsi con il ragazzino di Firenze? Il cambiamento, signori miei (come dice il mocciosetto) e' inevitabile.



    Contro la coazione a ripetere: salviamo il soldato Renzi

    - Gianfranco Giudice La borghesia italiana ha già scaricato Renzi
    IL NEMICO ALLO SPECCHIO di FERRUCCIO DE BORTOLI Il Corriere.it 24 settembre 2014
    Devo essere sincero: Renzi non mi convince. Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro. Quanto per come gestisce il potere. Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso. Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader. Quella del presidente del Consiglio è ipertrofica. Ora, avendo un uomo solo al comando del Paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante. Renzi ha energia leonina, tuttavia non può pensare di far tutto da solo. La sua squadra di governo è in qualche caso di una debolezza disarmante. Si faranno, si dice. Il sospetto diffuso è che alcuni ministri siano stati scelti per non far ombra al premier. La competenza appare un criterio secondario. L’esperienza un intralcio, non una necessità. Persino il ruolo del ministro dell’Economia, l’ottimo Padoan, è svilito dai troppi consulenti di Palazzo Chigi. Il dissenso (Delrio?) è guardato con sospetto. L’irruenza può essere una virtù, scuote la palude, ma non sempre è preferibile alla saggezza negoziale. La muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan. Un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto. Circondarsi di forze giovanili è un grande merito. Lo è meno se la fedeltà (diversa dalla lealtà) fa premio sulla preparazione, sulla conoscenza dei dossier. E se addirittura a prevalere è la toscanità, il dubbio è fondato.L’oratoria del premier è straordinaria, nondimeno il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa. Il marketing della politica se è sostanza è utile, se è solo cosmesi è dannoso. In Europa, meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti. Le controfigure renziane abbondano anche nella nuova segreteria del Pd, quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere. E qui sorge l’interrogativo più spinoso. Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria. Auguriamo a Renzi di farcela e di correggere in corsa i propri errori. Non può fallire perché falliremmo anche noi. Un consiglio: quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un Paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi troika). E tantomeno quella bianca. Buon lavoro, di squadra.
        - Paolo Bolzani Ma che p...e De Bortoli...un uomo solo al comando. Aspettiamo che torni Bersani!!!
        - Paolo Bolzani Non credo ne' al giochino solito del " governo tecnico" per fare le leggi che vanno bene all'europa... Ne' alle elezioni. Sarebbe il segnale per la speculazione che punterebbe al default. E questo sarebbe una "patrimoniale" su tutti i patrimoni del 40% minimo. Renzi e Napolitano forzeranno anche con decreti. Il problema e' solo all'interno del Pd, per far fuori Renzi. De Bortoli non rappresenta la borghesia che scarica Renzi. I " patrimoni" non scaricano Renzi, perche' Napolitano non incarica Visco.
        - Gianfranco Giudice Il segnale è eloquente, già si vedevano da tempo...non credo attendano Pierluigi, piuttosto qualcuno tipo Ignazio, credo andrebbe bene anche a Pierluigi per far fuori Matteo, ma al di là di tutto, sine ira ac studio, credo davvero che siamo di fronte ad un misto di giovanilismo ed inadeguatezza, oggi ho visto il Presidente del consiglio all'Onu, vabbè dai...
        - Paolo Bolzani Ma io non mi auguro una fine cosi' miserevole...masochismo masochismo estremo il tuo, caro Gianfranco!!!
        - Marco Mondelli Povero popolo .... e povera Italia ... come si può desiderare a tal punto la disfatta ? Sai Gianfranco qual'é la fortuna ? che la gente normale ha sentito che questo giovane inadeguato ( come lo definisci tu e gli esperti ) magari non sa stare all'ONU , ma almeno ci prova ... a rompere con i soliti giri di parole degli addetti ai lavori e la gente semplice sai cosa pensa ? Nel culo lo prendiamo sempre noi , ma almeno ci siamo tolti dal cazzo i politici di professione , gli scassaminchia della sinistra puri e duri che ci hanno preso per il culo per 40 anni , mangiando sopra alle nostre spalle infarcendoci il cervello con stronzate buone solo a far passare il tempo galleggiando .... questo giovanotto , per inesperienza, per goffaggine e/o per presunzione creerà gli stessi problemi ? Per inesperienza scontenterà tutti DeBortoli del pianeta , ma era ora !!!!! e chi se ne fotte se DeBortoli si masturba la mente davanti allo specchio per sostituire le leccate di culo che gli hanno sempre fatto D'Alema Bersani e compagnia bella ........... i nessuno che tirano la carretta tutti i giorni sono così esausti che ragionano per esclusione , se sto minchietto di Renzi da così fastidio ai burocrati che ci hanno succhiato il sangue sino a ieri allora teniamolo li , danno per danno , almeno vediamo rodersi il fegato quelli che ci hanno rovinato la vita .........
    Queste sono le cose che avverti caro Gianfranco , quotidianamente parlando con i nessuno che vivono nelle nostre città e nei nostri paesi e non sopportano più gli esperti o gli addetti ai lavori .... nauseati esasperati sfiniti .... ma finalmente con qualcuno che li fa sentire rivolti verso qualcosa che puzza di nuovo , qualcosa che per qualche giorno ancora odora di fresco .... l'ennesima illusione / disillusione ???? ma tanto cosa cambia ? quante sciocchezze siamo stati costretti sentire da quelli che oggi friggono solo perché sto stronzetto gli ha rubato la scena ??? Buonanotte
        - Gianfranco Giudice Marco le mie sensazioni sono quelle di un signor nessuno che tira la sua piccola carretta per vivere, proprio come quei signor nessuno che vivono nelle nostte città di cui parli tu, detto questo, volesse iddio che il giovanotto riuscisse a fare quello che promette, magari smettendola di tirare la croce addosso a quelli che chiama privilegiati e garantiti, la cui unica garanzia e privilegio è quello di guadagnarsi da vivere col proprio lavoro, certo guadagnando non 400 euro al mese, ma la fantasmagorica cifra di 1400 euro, e magari hanno le ferie e la malattia pagata, una cosa odiosa da sporchi privilegiati. Buona notte.
        - Marco Mondelli Come e grazie a chi un onesto lavoratore della scuola si trova a dover campare ( perché di questo si tratta ) con 1400 € al mese ? chi é stato l'inadeguato che per primo é tornato a parlare del ruolo e della considerazione sociale che devono tornare ad avere nella società coloro che "formano" ? io sento in giro tanta ipocrisia e infinito pregiudizio , so che hai altri gusti , ma é come se uno preferisse prenderlo in quel posto sempre dagli stessi per abitudine........ così, per non cambiare :-)))) un abbraccio
        - Gianfranco Giudice Io vorrei potermi fidare, ma come sai la fiducia non è a comando, è qualcosa che funziona anche di pelle...e poi io sono troppo stagionato per credere ancora che la bravura, finora presunta, di qualcuno, possa cambiare verso a qualcosa che sembra un destino ineluttabile. Comunque sarò felicissimo di essere smentito dai fatti. Un abraccio a te!
        - Paolo Bolzani Grazie Marco, anch'io cerco e spero di essere positivo... Non vorrei vedere le facce ghignanti dei Bersani e D'alema prevalere ancora per gestire il potere del nulla. E caro Gianfranco: " volesse iddio che il giovanotto riuscisse a fare quello che promette, magari smettendola di tirare la croce addosso a quelli che chiama privilegiati e garantiti".Amen

    martedì 23 settembre 2014





    ANCORA ART. 18 



    22-23 Settembre, 2014
    L'articolo 18 è solo un simbolo, un totem, si dice, ma di che cosa? È il simbolo della forza lavoro che non è solo una variabile dipendente del capitale che valorizza se stesso. Questo simbolo non può più esistere, perché l'unico orizzonte dell'economia globale è esattamente il capitale che valorizza se stesso, col lavoro come sua variabile dipendente. Naturalmente questo non risolve automaticamente il problema di tutti gli altri fattori di valorizzazione del capitale che mancano in Italia, in assenza dei quali il paese sarà comunque condannato al declino. La cancellazione del simbolo è la questione più semplice, non ha costi e può assicurare un consenso immediato, agitando la bandiera propagandistica che contrappone garantiti e non garantiti, strano che nessuno abbia ancora parlato di aristocrazia operaia, un bel boccone per la politica.
    • Testori Gian Pietro s........ ti prego,non dar suggerimenti che già di cazzate si riempion le stolte bocche

    • Simona Convenga Qualcuno, prima o poi, dovrebbe pubblicare una statistica dei licenziamenti illegittimi, i soli, regolati dall'art. 18: sarà sorprendente vedere quanto pochi essi siano. La questione è inautentica. La sola cosa che si intende eliminare con questa polemica è che un giudice intervenga nella relazione industriale. Diciamolo e facciamola finita.
    • Paolo Bolzani Ma io so una cosa soltanto, che il ragionamento di Landini e Camusso, e della "minoranza" Pd (quest'ultima che quando era al governo non ha fatto un cavolo) non porta da nessuna parte. Nella legislazione sul lavoro e negli ammortizzatori ci sono molte cose che non vanno. L'art. 18 e' l'argomento al 99% politico. Il sindacato che non ha una proposta di riforma da contrapporre, affinche' la discussione si sposti su temi rilevanti, usa il no all'art. 18 per combattere il destino di irrilevanza. I Bersani i Fassina i Civati e (oddio) persino la Bindi, a cui non frega niente 

      dei "diritti", vogliono far fuori Renzi. Renzi, che usa il tema e i toni per affermare che lui vuole fare e non farsi ingabbiare, come tutti i governi precedenti, nelle sabbie mobili della solita politica... Ma Renzi ha fatto con il famoso emendamento una proposta vera...ispirata dal progetto Ichino, che sara' criticabile, ma tocca molti punti rilevanti della riforma del lavoro, e fornisce una risposta che puo' essere diretta nella giusta direzione, da forze riformiste che lo sono a parole, ma nei fatti nei momenti cruciali se la squagliano, per gridare slogan.

    • Franco Cazzaniga  Che cosa vuol dire “il capitale che valorizza se stesso”? E “il lavoro è una variabile dipendente”?  Io non credo che che le relazioni sociali si comprendano attraverso il ricorso ad astrazioni. Il lavoro è semplicemente ciò che facciamo di utile per gli altri, scambiandolo con qualcosa di utile per noi. Senza utilità reciproca il lavoro non esiste: esiste la schiavitù. E il mercato è dove si incontrano le persone, non un luogo astratto di rapporti fra capitali.
      • Gianfranco Giudice Nell'economia capitalistica il capitale deve realizzare profitti, in tal senso deve valorizzare se stesso indefinitamente, il lavoro è un fattore dipendente di questa valorizzazione. La concretezza dello scambio di utilità reciproca sul mercato, ha dietro di sé dei rapporti astratti, come una concretissima pietra che cade ha dietro di sé la astratta legge di gravità.
      • Franco Cazzaniga I profitti provengono dal surplus materiale prodotto, e sono semplicemente il risultante in varie forme del lavoro e dei fattori materiali immessi nel processo di produzione. 
        Il surplus assume la forma di profitto perché l’economia è un gioco cooperat
        ivo (nel senso della Teoria dei Giochi) che deve remunerare i suoi partecipanti. Però il surplus prodotto non viene assegnato alla sola parte di capitale, ma a tutti i partecipanti, ivi compresi quelli che vi apportano solo lavoro. Il mercato è il meccanismo che permette di distribuire il surplus ottenuto ottimizzando gli incentivi. Senza questi non ci sarebbe l’economia, e la controprova sono i lavoratori che viaggiano in auto, vanno in vacanza, risparmiano, eccetera. Per non parlare dei dipendenti milionari dei media, anch’essi protetti dall’art. 18. 
        Quanto alla gravità (e non la sua “legge”, che è ne è l’espressione matematica), è cosa altrettanto reale e materiale della concretissima pietra che ci cade su un piede. Sono entrambe espressioni della stessa “sostanza” fatta di spazio, tempo e materia-energia.
    • Gianfranco Giudice Il lavoro può essere anche solo retribuito col minimo necessario, spesso anche meno, alla sopravvivenza, la logica del profitto non lo vieta, anzi lo impone se questo serve a garantire il profitto stesso. In tal senso il lavoro è una variabile dipendente dal profitto, poi certo molti lavori vengono retribuiti con un quota assai più elevata della sopravvivenza, ma questo dipende sempre dalla possibilità di valorizzare il capitale investito. Per questo oggi, in mancanza di altri fattori che garantiscano profitti, la compressione dei salari è l'unica strada che si percorre, oppure quella dei diritti, così da rendere ancora più flessibile il lavoro, pura variabile dipendente del capitale. Anche queste dinamiche sono concretissime come la gravità espressa dalla legge matematica, talmente concrete che oggi in Italia un giovane può dichiararsi fortunato se lavora ogni tanto e per poche centinaia di euro al mese parecchie ore al giorno. Il mio non vuole essere un discorso morale, bensì di osservazione della realtà.
    • Paolo Bolzani Comprimere i salari, unica strada possibile, dici Gianfranco. Schematizzo troppo, e mi scuso, per dissentire, sulla spinta a comprimere il salario, come soluzione per l'Italia. Non contesto la validita' in generale della tua analisi di ispirazione "marxiana". Ma nel nostro italico concreto, i 23mila euro lordi medi annui a testa, in Italia, sono quasi la metà rispetto alla cifra che si registra in Germania (41.800 euro) e molto meno rispetto a quella di Francia e Gran Bretagna (34-35mila euro). La situazione non cambia per gli stipendi di un addetto del terziario, che sono mediamente pari a 24.800 euro all'anno nel nostro paese, contro i 38.800 euro di quelli tedeschi e i 31-33mila euro degli inglesi e dei francesi. Ma questo svantaggio per il lavoratore italiano nei confronti degli altri paesi, diventa un enorme svantaggio per l'impresa in termini di costo del lavoro, perche' tasse e contributi lo fanno diventare quasi il 200% rispetto al netto in tasca. 
      Abbiamo salari netti vergognosamente bassi, e costo del lavoro alto...CUNEO FISCALE CUNEO FISCALE. ALLORA, GIANFRANCO, LA COMPRESSIONE SALARIALE SERVE A POCO. Quindi la combinazione di due svantaggi. Va detto anche che comunque il costo del lavoro, grazie alla composizione a forte presenza delle tecnologie, ha una incidenza, sul totale costo, molto ridotta e sempre piu' ridotta. Se ragioniamo sul recupero della competivita' e quindi sulla legittima piu' alta valorizzazione del capitale, nelle nostre condizioni concrete, il ribasso dei salari, vale, secondo me, ben poca cosa. Anche se comunque il costo del lavoro, per quello che incide, agisce in termini di svantaggio competitivo.
    • Franco Cazzaniga “Il lavoro può essere anche solo retribuito col minimo necessario, spesso anche meno, alla sopravvivenza, la logica del profitto non lo vieta,”
      Anche il capitale. Infatti c’è anche chi ce lo rimette, qualche volta tutto. 
      Quella che tu chiami “valorizz
      azione” non è una faccenda del solo capitale, ma dell'intero processo produttivo. 
      Non puoi lamentare il fatto che, se la torta si riduce, il conflitto fra i partecipanti per la divisione del surplus si inasprisca. È nella logica delle cose. Ma pretendere che chi mette il capitale ce lo rimetta pure (fosse anche lo Stato) è economicamente assurdo. 
      Quelli che vengono - a mio avviso spesso erroneamente - chiamati “diritti” e che verrebbero ridotti dalle riforme sono solo il prodotto di condizioni di mercato che oggi non ci sono più. In parte perché alcuni lavori sono stati resi superflui dall’informatizzazione, in parte perché i consumatori oggi sono più esigenti e volubili di una volta proprio perché più ricchi e sofisticati.
      La mia critica di fondo è rivolta proprio a una concezione del lavoro distinta da quella di capitale. Il capitale non è solo denaro, ma anche conoscenza, e il mercato del lavoro è molto meno omogeneo oggi di un tempo, quando anche chi non era qualificato poteva trovare lavoro. 
      In Italia il declino non è dovuto alle caratteristiche “perverse” del capitale, ma a una serie di fattori sia esterni sia interni. All’interno scontiamo l’invecchiamento della popolazione (i pensionati, comunque la si rigiri, vivono di rendita, e questa rendita viene sottratta al lavoro di qualcun altro); un eccesso di giovani mal qualificati per colpa (anche) di una scuola troppo orientata verso discipline con poco mercato o con specializzazioni obsolete; una iperregolamentazione burocratica di troppe attività, con conseguente esplosione dei costi, si veda, a mo’ di esempio, la 626 (e il fatto che questa iperregolamentazione abbia creato nuovi lavori nel privato aggiunge solo la beffa al danno provocato a noi tutti come consumatori); e molte altre cose di cui si dibatte ad libitum.
      Se a tutto questo aggiungi una cultura di fondo pervicacemente anti-impresa a me pare che il dibattito sul job act sia davvero di retroguardia.
      Come scrisse Paul Èluard, l’homme entre dans le futur à reculons. Sarebbe il caso di fare un mezzo giro su di noi.
    • Franco Cazzaniga Come fa notare giustamente Paolo, nella dinamica salari-profitti siede un convitato di pietra, ovvero lo Stato tramite il fisco e la previdenza. Se non si affronta questo nodo non si va da nessuna parte.
    • Gianfranco Giudice Paolo io non ho detto che l'unica strada possibile deve essere la compressione dei salari, ho detto che di fatto è, in mancanza di politiche industriali, investimenti nella ricerca e nella formazione ecc. ecc. ovvero in altri fattori che possono con più qualità e prospettiva valorizzare il capitale e dunque anche il lavoro, perchè certo, capitale e lavoro si implicano reciprocamente Franco, lo so bene. Io proprio da marxista non vorrei che il capitale, sic rebus stantibus, si valorizzasse al meglio dei suoi fattori, e certo che anche il capitale, qualora fosse di Stato, dovrebbe valorizzarsi, URSS docet... Il caso italiano non è dovuto alla perversione del capitale, ma semmai alla perversione del capitalismo italiano. Da un punto di vista strutturale certo non esiste una misura giusta o morale nella ripartizione tra capitale e lavoro, in linea di principio, fatto salvo ciò che consente la riproduzione di ciascuno, la sopravvivenza appunto, tutto il resto è dal punto di vista di cisacuno dei due fattori (capitale e lavoro) una sottrazione, il punto è incrementare appunto la torta e dunque ciò che c'è da suddividere. Oggi questo è più complesso rispetto all'epoca keynesiana contraddistinta dalle politiche socialdemocratiche. Il punto è che fino a che si insiste su temi come l'articolo 18, proprio da un punto di vista capitalistico, non si fa ciò che sarebbe meglio fare e che anche un marxista auspicherebbe, perchè il marxista non è un pauperista.
      • Franco Cazzaniga Il paradosso è che è vero che oggi l’art 18, con il lavoro in contrazione, non è molto importante. Però resta un ostacolo oggettivo (perché crea una soglia) alla auspicabile crescita occupazionale futura. E il danno che fa non è tanto causato dal diritto oggettivo che offre ai dipendenti, quanto dall’incertezza che crea nei rapporti di lavoro. Incertezza a sua volta dovuta all’intervento della magistratura in un’area che è squisitamente di rapporti sindacali. In termini più banali: se io, da imprenditore, dovessi passare da 14 a 15 dipendenti, non lo farei, a costo di perdere del lavoro. E se “io” qui sono solo un imprenditore ipotetico, so di imprese che in passato hanno preferito creare nuove società piuttosto di assumere. Un altro dei motivi per cui il nostro paese soffre di una deindustrializzazione più profonda di altri è la ridotta dimensione delle nostre imprese. Dovuta non solo e non tanto all’art. 18 (qui torni ad avere ragione), ma a motivi più generali di inefficienza delle leggi dello Stato e del mercato del credito. Però io credo che anche un piccolo passo avanti sia meglio di nulla. A costo di abbattere un totem che, in fin dei conti, viene chiamato in causa di rado.
    • Franco Cazzaniga Ti faccio un altro esempio, questa volta reale. Un imprenditore che conosco ha subito una condanna (penale) a 800€ di multa perché, per un disguido, era saltata una - una! - delle visite mediche fiscali. Il giudice ha capito la sua buona fede, e, infatti, ha comminato il minimo della pena, ma non ti pare il caso che per quella che è una sciocchezza si spenda tempo e denaro da parte dello Stato e si faccia perdere lo stesso all'impresa per sanzionare qualcosa che andrebbe semmai solo contato a futura memoria (in caso di reiterata recidiva)? E tutto questo a causa di leggi e regolamenti che il nostro Parlamento sforna allegramente senza mai soffermarsi sui loro effetti, visto che i parlamentari dedicano in altre faccende affaccendati.
    • Paolo Bolzani Ma e' il "di fatto e' " riferito alla compressione dei salari, che mi trova perplesso. Il tema per me prevalente e' , piu'che la spinta alla riduzione dei salari, la lotta per conquistare flessibilita' dell'impresa, nel governo di tutti i fattori oggi intralciati se non bloccati da mille confusionarie norme. Si pensi oltre al lavoro, alle autorizzazioni per fare qualsiasi cosa. Sul peso del salario nel composizione reale di oggi dobbiamo distinguere innanzitutto fra manifattura e servizi. Nel secondo, anche se la tecnologia sta operando in accelerazione a ridurre l'incidenza del lavoro, vi e' una alta incidenza del lavoro: i mini jobs alla tedesca e i contratti dei "precari" italiani anche, sono funzionali alla redditivita' dell'impresa. Ma l'art. 18 opera nella manifattura, soprattutto, dove vale la qualificazione del lavoro, e la efficienza ed efficacia di tutte le altre risorse ( intelligenza incorporata nelle macchine) e poco vale un contributo da parte della compressione dei salari. Allora il problema non e' tanto l'art. 18 in se', come chiave per attaccare i diritti, ma e' la battaglia perche', insieme all'art. 18, si modifichino le regole del vecchio Statuto, e le norme sul lavoro in generale, che ingabbiano in mille fili la necessita' di mobilita' dell'impresa. Per citare il sistema di contrattazione nazionale, che prevale sulle contrattazioni aziendali, il tema della negoziazione sulla organizzazione del lavoro ecc.
    • Gianfranco Giudice Concordo su tante cose che dite, a partire dalla necessità di disboscare la burocrazia, a patto però di non smantellare diritti reali, dopodiché se non si fanno politiche industrali serie, se non si investe sulla ricerca e la formazione a livelli che non sono quelli italiani attuali, non abbiamo futuro, perchè sul costo del lavoro la partita è persa con i nostri competitori globali. Il sindacato va coinvolto e sfidato su questo, non va preso a pugni in faccia ad ogni giro di valzer, perchè come ho già detto, la cultura riformista è della tradizione maggioritaria del sindacato italiano. Anche un comunista come me vorrebbe vedere affermarsi questa prospettiva. Paolo i salari italiani come tu hai riciordato, sono tra i più bassi d'Europa, e i nuovi assunti sono ancora più in basso, oltre che precari, dove vogliamo andare in questo modo? Come fai a dire che nei fatti da anni l'unica politica non sia quella della compressione salariale, anche causata dalla enorme pressione fiscale aggravata dalla inefficienza dello Stato? Questa è la realtà,anche se non è quella giusta.

    • Paolo Bolzani Hai ragione, Gianfranco, che la compressione salariale ha operato alla grande negli anni passati. Ma questa dinamica ha sempre meno peso e importanza, e non e' il fattore che muove lo scontro in atto. Sui salari bassi e precarizzazione in ogni caso ci batte la germania che con Schoerder ha inventato i mini job da 400-500 euro.

    • Gianfranco Giudice Inoltre comprimere i salari significa uccidere la domanda interna senza la quale l'economia è ferma, perchè tutto si tiene. Il mio stipendio da fortunato e garantito e fermo da otto anni e lo sarà almeno per altri due...