mercoledì 10 settembre 2014

LE LACRIME DI MIO PADRE


" Ho visto piangere mio padre solo una volta. Fu alla stazione ferroviaria di Alton, quando ancora ci passavano i treni. Io stavo andando a Filadelfia: un viaggio di un'ora fino al terminal della Trentesima strada, per poi prendere, dalla stazione di Market Street, il treno che mi avrebbe riportato a Boston, all'università. Ero ansioso di partire, perché la mia casa e i miei genitori mi sembravano già in qualche modo irreali, mentre Harvard, con i suoi corsi pieni di speranze per il futuro e la ragazza con cui mi ero messo a partire dal secondo anno, diventava a ogni semestre più reale; rimasi sconvolto (uscii dai binari, per così dire) nel notare che mio padre, stringendomi la mano per salutarmi, aveva gli occhi lucidi di lacrime. “Diedi la colpa alla stretta di mano: in diciotto anni non ci era maicapitata l'occasione di scambiarci un gesto simile, di indulgere in quel genere di contatto virile, cui eravamo arrivati con un po' d'incertezza solo di recente. Papà era più alto di me, sebbene io non fossi basso di statura, e tenendo la sua mano calda nella mia, mentre lui si sforzava di sorridere, mi resi conto che vedeva le cose da una prospettiva diversa. Io ero quello che se ne andava; lui mi guardava andar via. Io crescevo nella mia idea di me stesso; e per lui diventavo più piccolo. Mi aveva voluto bene, mi fu chiaro come non mai. Prima di allora non c'era mai stato bisogno di dirlo, e ora me lo dicevano le sue lacrime. “In precedenza, in tutti gli anni e in tutte le modeste avventure che avevamo condiviso, dominava la sensazione, nata da lui, che la vita fosse un imbroglio, un imbroglio nel quale, per un certo periodo, ci eravamo trovati insieme” (Estratto da: Updike, John. “Le lacrime di mio padre.”)