domenica 14 settembre 2014




NON E' VERO CHE SIAMO A "ZERO RIFORME" IN ITALIA


Riforme strutturali, bisogna fare le riforme strutturali siamo in ritardo.... Ma e' proprio vero? Non mi sembra. Portare le pensioni d’un colpo a 67 anni l’età pensionabile non è riuscito a nessuno e la Germania sta tornando indietro. Quanto al mercato del lavoro, l’Italia fin dal 2002 con il governo Berlusconi, ha introdotto un sistema di contratti a tempo determinato che ha creato tre milioni di posti di lavoro. Precari? E allora che cosa sono i 7 (sette!) milioni di mini jobs a 450 euro al mese del modello tedesco che tanti decantano senza conoscerlo? Cassa integrazione? Secondo quanto dice il capo dell’Agenzia del lavoro Frank-Jurgen Weise Berlino ha adottato la cassa integrazione dopo la crisi del 2008, adattando il modello italiano; inoltre l’agenzia prende in carico i disoccupati e ne gestisce l’impiego. Bisogna pero' affrontare l’articolo 18 per togliere di mezzo un inutile ostacolo che crea solo immensi alibi,e una grande ingiustizia perche' proteggendo sette milioni di lavoratori ne esclude altrettanti, non copre i precari né le aziende sotto i 15 dipendenti cioè la stragrande maggioranza delle imprese italiane. Come dice Weise anche in Germania esiste la giusta (anzi "giustissima") causa per il licenziamento; la vera differenza è che i giudici non decidono il reintegro, come in Italia, bensì l’ammontare dell’indennizzo. Quest’ultima, del resto, è la strada imboccata da Elsa Fornero e dal Jobs act (ammesso che venga approvato). E nella pubblica amministrazione niente risparmi? Non e' proprio vero. I dipendenti pubblici, dal 2010 sono diminuiti di 300mila unità grazie al blocco del turnover e i loro stipendi sono bloccati ormai da 5 anni (considerando la decisione di estendere la misura al 2015). La spending review britannica è arrivata a tagliare 400mila statali, ma in un arco di tempo più lungo.
La spesa sanitaria in rapporto al prodotto lordo è già sotto la media Ocse. Certo bisogna agire su sprechi: però una riduzione della spesa significativa implicherebbe un ripensamento dell’intero sistema sanitario, che nessuno ci dice quale sia. Questo non vuol dire che non ci troviamo di fronte a una grande crisi fiscale dello Stato, che, del resto, è esplosa ovunque. Anche se in in Italia si manifesta con livelli piu' elevati rispetto agli altri paesi europei, siamo riusciti a difenderci grazie all'elevato livello di risparmio e di ricchezza. Le ultime indagini della Banca d’Italia dimostrano che i patrimoni degli italiani dall’introduzione dell’euro in poi sono saliti da seimila a ottomila 500 miliardi (quasi sei volte il prodotto lordo dello scorso anno) per lo più grazie agli immobili, ma anche agli impieghi finanziari (soprattutto buoni del tesoro). Quindi il problema dell’Italia non è il debito in sé, visto che ormai per il 75% sta nelle tasche degli italiani, ma la crescita. Questa dipende dalla competitività che dipende a sua volta dagli investimenti. E questi dipendono da tutti i soggetti non solo in Italia: serve una politica monetaria piu' aggressiva, una revisione della politica fiscale in Europa che crei espansione nei Paesi con i conti in ordine (Germania prima di tutto), eliminate la stretta creditizia e aumento degli investimenti (con capitali propri) nelle imprese manifatturiere e nei servizi.