lunedì 23 novembre 2015




NOTE DI LETTURA: METAFISICA?

Occorre tornare a occuparsi attivamente di metafisica, cercando di portare alla luce quali nuove concezioni della realtà siano adeguate ai risultati odierni delle scienze e agli sviluppi recenti delle vicende umane. La vera questione non è se la realtà esista o no, né se sia modificabile da noi solo in parte o totalmente. Le vere questioni sono: che cosa c’è? Ci sono le cose che sembrano non esistere? Com’è fatta la realtà? È ordinata? Ha senso? Ha valore in sé? È solo la scienza che può rispondere a queste domande o anche la filosofia, accanto e insieme alla scienza, ha voce in capitolo? Dalla visione scientifica della realtà cosa emerge? Emerge un senso, un valore delle cose? La visione scientifica della realtà è unitaria o no? È compito della filosofia collegare le varie parti della scienza o è la scienza stessa a doverlo fare? 
Nel suo libro Introduzione alla verità (Bollati Boringhieri, Torino 2011) FRANCA D'AGOSTINI invita  i filosofi contemporanei a tornare a pronunciarsi sulla realtà, perché la rinuncia a farlo non è stata la scomparsa della metafisica, bensì “la persistenza ostinata e implicita di una sua versione antica, settecentesca. Dunque il punto è che la metafisica, ossia la nostra concezione di ‘fatto’ e ‘realtà', è rimasta molto indietro: al Settecento, o forse all’Ottocento, mentre alla luce delle nuove evidenze della scienza e della vita forse abbiamo altri ‘fatti’ con cui fare i conti. [...] ampliate la vostra ontologia, rendete duttile la vostra logica, e non avrete più molte ragioni di scetticismo riguardo alla verità.” L'autrice vede come causa del blocco della riflessione metafisica un’errata interpretazione di Kant presente nella filosofia di Nietzsche. Franca D'Agostini  immagina un dialogo virtuale con Nietzsche, dove lei attacca la famosa posizione nietzscheana non ci sono fatti, solo interpretazioni e gli risponde: “è un fatto che non esistono fatti? Se non lo è, come mai dici che le cose stanno così? Inoltre, posto che non sia un fatto bensì un’interpretazione, è un fatto che è un’interpretazione?”. Prosegue D’Agostini, “È chiaro che non ci intendiamo: usiamo ‘fatto’ in modi diversi. Più precisamente: io uso ‘fatto’ in modo mobile e leggero, per riferirmi a una qualsiasi occorrenza, evento, o azione e situazione. Nietzsche usa ‘fatto’ in modo molto pesante, presumibilmente per riferirsi a fattualità dure, nude e crude. Ma attenzione: io non ho preso nessuna decisione riguardo a come sono fatti i fatti: potrebbero essere interpretazioni o sciami di microparticelle, oggetti del senso comune o astrazioni. Invece si direbbe che Nietzsche abbia già preso questa decisione (se no non direbbe che ‘non esistono’) Visibilmente, Nietzsche usa qui una metafisica (una concezione della realtà) molto restrittiva, ed è nella luce di questa metafisica che preferisce i fatti-interpretazioni ai fatti-fatti. [...] occorre una metafisica per sbarazzarsi della metafisica [...] la ‘rinuncia’ alla metafisica è in verità l’adesione a una metafisica dogmatica, non problematizzata. E più propriamente [...] questa metafisica non problematizzata è [...] un kantismo interpretato in senso iperempirista, con relativo svilimento del realismo, e potenziale deriva costruzionista”.
 



P B