martedì 22 novembre 2016


IMPOSSIBILE AMARE
...impossibile amare proprio quelli che ti stanno vicino....
(Fëdor Michajlovic Dostoevskij, I fratelli Karamàzov, Garzanti)
"Devo farti una confessione", esordì Ivan, "non ho mai potuto capire come si possa amare il prossimo. Secondo me, è impossibile amare proprio quelli che ti stanno vicino, mentre si potrebbe amare chi ci sta lontano. Una volta ho letto da qualche parte la storia di "Giovanni il misericordioso", un santo: un viandante affamato e infreddolito andò da lui e gli chiese di riscaldarlo e quello lo fece coricare nel letto insieme a lui, lo abbracciò e prese a soffiargli nella bocca, putrida e puzzolente a causa di una terribile malattia. Io sono convinto che egli lo facesse per una lacerazione piena di falsità, per il dovere di amare che gli era stato imposto, per una penitenza che si era inflitto. Perché si possa amare una persona, è necessario che essa si celi alla vista, perché non appena essa mostrerà il suo viso, l'amore verrà meno"."Più di una volta, lo starec Zosima ha parlato di questo", osservò Alëša; "ha anche detto che spesso il viso di un uomo, per chi è inesperto in amore, diventa un ostacolo per l'amore. Tuttavia, c'è anche molto amore nell'umanità, amore quasi comparabile a quello di Cristo, questo l'ho visto io stesso, Ivan...
"Be', io non ne so niente di questo per ora e non posso capire, e, come me, una moltitudine innumerevole di uomini. La questione è se questo è dovuto alle cattive qualità degli uomini o se tale è la loro natura. Secondo me, l'amore di Cristo per gli uomini è una specie di miracolo impossibile sulla terra. Vero è che egli era Dio. Ma noi non siamo dèi. Supponiamo, per esempio, che io soffra profondamente: un'altra persona non potrà mai sapere fino a che punto io soffra, perché lui è un'altra persona e non è me, e, soprattutto, è raro che un uomo sia disposto a riconoscere in un altro un uomo che soffre (come se si trattasse di un'onorificenza). Perché non è disposto a farlo, tu che ne pensi? Perché, ad esempio, ho un cattivo odore, perché ho una faccia stupida, o perché una volta gli ho pestato un piede. E poi c'è sofferenza e sofferenza: una sofferenza degradante, umiliante come la fame, per esempio, il mio benefattore me la può ancora concedere, forse, ma quando la sofferenza è a uno stadio superiore, quando, per esempio, si soffre per un'idea, quella non me la accetterà, perché, diciamo, dandomi un'occhiata, ha visto che non ho affatto la faccia che, secondo la sua immaginazione, dovrebbe avere una persona che soffre per un'idea. E quindi egli mi priva immediatamente dei suoi favori, e non si può dire che lo faccia per cattiveria. I mendicanti, soprattutto quelli nobili, non dovrebbero mai mostrarsi, ma dovrebbero chiedere l'elemosina rimanendo nascosti dietro i giornali. Si può amare il prossimo in astratto, a volte anche da lontano, ma da vicino è quasi sempre impossibile. Se tutto fosse come a teatro, nei balletti, dove, quando appaiono mendicanti, essi indossano stracci di seta e pizzi lacerati e chiedono l'elemosina danzando leggiadramente, be', in tal caso, li si potrebbe ancora ammirare. Ammirare, ma non amare."


lunedì 21 novembre 2016




POST-VERITÀ

Non sopporto questa mania "post-moderna" di inventare parole per mascherare un significato. Menzogna è una menzogna, è una menzogna, è una menzogna e ancora una menzogna. Ma che cavolo è la post-verità?.

domenica 20 novembre 2016



DALLA PARTE GIUSTA

Noi abbiamo sempre più informazioni, per capire sempre meno la realtà che ci circonda. Noi capiamo poco e quindi ci fa comodo dar ragione a chi rappresenta “la nostra parte”, sia esso il politico o chi si autoproclama "esperto" (il più dannoso) di turno. In genere ci fidiamo del politico che già abbiamo deciso di votare o dell'esperto che conferma le nostre idee, mentre pensiamo che dicano solo menzogne ( che adesso va di moda chiamare "post-verità")il politico o l'esperto che abbiamo sempre avversato. Siamo riluttanti a cambiare idea su questioni rilevanti, o giudizio su fatti che ci disturbano. Ci poniamo poche domande, e a quelle che ci poniamo diamo quasi sempre le stesse rassicuranti risposte.
Siamo ferreamente convinti di essere dalla "parte giusta" in quanto biologicamente nelle condizioni di ragionare con la "nostra testa". Anche se questo vuol dire che ci limitiamo a considerare le nostre opinioni “giuste”, a priori, solo perchè, fermamente, sono le nostre, nascondendo a noi stessi quanto siano frutto di arbitrariarietà, casualità, e scarsa dimostrabilità. Siamo ad esse legati tanto fermamente da difenderle come verità assolute disprezzando coloro che hanno opinioni differenti.
Da qui, io credo, possiamo capire quale siano le difficoltà di un approccio razionale applicato ai temi della politica e dell’analisi sociale.
Allora forse, in tempi di grandi incertezze e di grandi cambiamenti, per cercare di calmare o quantomeno ingannare l’ansia della vita, l’emotività diventa un valore strategico delle narrazioni. E compaiono e vincono i personaggi tipo Trump.


IL FATTO NON È PIÙ NULLA

"...il fatto non è più nulla in sé e per sé, è tutto nell'idea che gli altri se ne fanno....." così scrive Balzac in "Le illusioni perdute"...
"“In Francia, dunque, tanto la legge politica quanto quella morale, la collettività e i singoli, hanno smentito gli inizi con la conclusione, le opinioni con la condotta, o la condotta con le opinioni. Non c'è stata logica né nel governo né negli individui. Così voi non avete più morale. Attualmente, da voi, il successo è la ragione suprema di tutte le azioni, quali che siano. Perciò il fatto non è più nulla in sé e per sé, è tutto nell'idea che gli altri se ne fanno. Di qui, giovanotto, una seconda norma: abbiate un bell'aspetto! Nascondete il lato negativo della vostra vita, e presentate quello più brillante. La discrezione, che è la divisa degli ambiziosi, è anche quella del nostro Ordine: fatene la vostra divisa. I grandi commettono press'a poco tante vigliaccherie quante ne commettono i miserabili, ma le commettono nell'ombra ed esibiscono solo le loro virtù: perciò restano grandi. I piccoli invece professano le loro virtù nell'ombra ed espongono le miserie alla piena luce del giorno: perciò sono disprezzati. Voi avete nascosto le vostre grandezze e avete lasciato che si vedessero le vostre piaghe."

sabato 19 novembre 2016

Labbra contro labbra Vladimir Nabokov


...Scrivere per lui significava una lotta impari ..

“Le sue inclinazioni erano rigorosamente liriche, le descrizioni della natura e delle emozioni gli venivano con sorprendente facilità, ma gli erano invece molto ostici i dettagli quotidiani come, per esempio, aprire o chiudere le porte o scambiare strette di mano se in una stanza c'erano numerosi personaggi e una o due persone dovevano salutarne molte altre. Inoltre Il'ja Borisovic lottava costantemente con i pronomi, come nel caso di «lei», che aveva un modo dispettoso di riferirsi, nella medesima frase, non solo alla protagonista ma anche a sua madre e a sua sorella, cosicché per evitare di ripetere un nome proprio si trovava costretto a scrivere «quella signora» o «la sua interlocutrice» benché di colloqui non ci fosse nemmeno l'ombra.
Scrivere per lui significava una lotta impari contro oggetti indispensabili; i beni di lusso sembravano molto più docili, ma di quando in quando perfino loro si ribellavano, si inceppavano, ostacolavano la libertà di movimento – e ora che aveva laboriosamente messo fine al trambusto del guardaroba ed era in procinto di donare al suo protagonista un elegante bastone, Il'ja Borisovic si dilettava con innocente candore del luccichio del massiccio pomello, senza prevedere, ahimè!, quali pretese avrebbe avanzato quell'articolo di valore, con quanta molesta insistenza avrebbe chiesto di essere menzionato quando Dolinin si fosse risolto a portare in braccio Irina attraverso un ruscello primaverile, avvertendo sotto le sue mani le curve sinuose di quel giovane, agile corpo.”
........
“Già quando il protagonista, Dolinin, triste e stanco del mondo, udiva gli squilli di tromba di una nuova vita e (dopo quella sosta quasi fatale al guardaroba) scortava la sua giovane compagna fuori, nella notte di aprile, il romanzo aveva trovato il suo titolo: Labbra contro labbra. Dolinin fece traslocare Irina nel suo appartamento, ma non era ancora successo nulla in senso amatorio, perché lui desiderava che lei venisse nel suo letto spontaneamente, esclamando:
«Prendimi, prendi la mia purezza, prendi il mio tormento. La tua solitudine è la mia solitudine, e, per breve o lungo che sia il tuo amore, sono pronta a tutto perché intorno a noi la primavera ci chiama all'umanità e al bene, perché il cielo e il firmamento irradiano bellezza divina, e perché ti amo».
«Un brano forte» osservò Eufratskij. «Firmamento» presumo «è un gioco su terra firma, vero? Molto forte».”

'Labbra contro labbra' racconto tratto daVladimir Nabokov, “Una bellezza russa e altri racconti.” Adelphi.

martedì 15 novembre 2016




VOTO USA. RISPOSTA DELLE MASSE AL TRADIMENTO DELLE ÉLITES?. 

Capire Trump. Ortega Y Gasset scrive in un libro del 1920 che l'emergere delle masse ha creato una minaccia della democrazia minando gli ideali di virtù civile che hanno caratterizzato le vecchie classi dirigenti. Ma alla fine del XX secolo, secondo Lasch, non sono tanto le masse quanto le élites di tipo professionale e manageriale che costituiscono la maggiore minaccia per la democrazia ("La rivolta delle élite e il tradimento della democrazia" Christopher Lasch, 1995). Le nuove "élites cognitive", formate da professionisti come avvocati, accademici, giornalisti, analisti di sistemi, broker, banchieri, ecc, maneggiano le informazioni e manipolano le parole e numeri della nostra vita. Vivono in un mondo astratto in cui le informazioni e le competenze sono le materie prime più preziose. Poiché il mercato di questi beni è internazionale, la classe privilegiata è più connessa con il sistema globale che con le comunità regionali, nazionali o locali. Lasch scrive. "In effetti, essi hanno rimosso se stessi dalla vita comune." E le masse rispondono con un rifiuto.

VOTO USA. USO DEI CLICHÉ PER NON CAPIRE NIENTE

Bisognerebbe smetterla di ripetere il messaggio retorico della demonizzazione del voto populista. Dovremmo capire che non servono a niente le imprecazioni e l'uso di cliché quali:"populismo", "razzismo", "islamofobia", etc. La maggior parte dei politici, degli editorialisti e degli intellettuali di sinistra brilla per la mancanza di una minima immaginazione, nella denuncia, pretendendo di svelare ‘il vero volto del populismo' lasciando intendere che esso sarebbe ‘fascista’ e ‘razzista’. Siamo ai pietosi riflessi condizionati ideologici. Per non parlare della denuncia della ‘deriva a destra’ di volta in volta, dell'ltalia, dell'Europa, ora degli Usa. Ma a che serve tutto questo argomentare?. A non capire niente.

mercoledì 9 novembre 2016


PERSONALIZZAZIONE, LEADERISMO, SENTIMENTO IDENTITARIO.(1)

Con queste elezioni americane che vedono il trionfo di Trump, ancora una volta ci accorgiamo che non è sufficiente  esorcizzare la personalzzazione, il leadersimo,  in nome di purtroppo superati convincimenti. Dobbiamo rassegnarci a considerare finita la stagione inaugurata a Cluny, nell’undicesimo secolo, di fondazione della politica moderna: impersonale e capace di perpetuarsi nel tempo grazie all’autorità dell'azione politica, esercitata collegialmente. ("La Ditta" direbbe Bersani). Oggi serve gridare che il "re è nudo", nel senso di dichiarare caduta la corazza statale e che ci troviamo in una sorta di nemesi storica della politica "assoluta", a causa di una  regressione  al principio primordiale del carisma individuale. Occorre anche che ammettiamo che non c'è nessuna possibilità di un ritorno a una politica dove  la condivisione di  valori  sia l'orientamento delle scelte. Questo quando vorremmo che custodi di questi "valori" fossero ancora quei  corpi intermedi della democrazia che erano i partiti, e i sindacati. Oggi che andiamo alla deriva – senza più partiti e sindacati – facciamo fatica a riproporre un passato prossimo definitivamente andato. Non riusciamo a cogliere la direzione – ben evidente - del mutamento. Il primo passo per capire sarebbe fare uno sforzo per sgombrare il campo dai tabù culturali che impediscono di guardare in faccia e fare i conti con la drastica riduzione ad personam di gran parte dell’universo politico. Questo dovrebbe servire  per una ripartenza cui mancano ancora le coordinate. Che vanno trovate. Dovremmo renderci conto che, dopotutto, grandi leader e piccoli boss basano la loro attrattiva sul convincere che loro hanno una vera attenzione alle richieste individuali, puntando a convincere sulla base dell'idea che sia il capo il portatore delle soluzioni. È questa "attenzione" percepita dall'elettorato che guida il gioco nel voto populistico, diventando sentimento identitario, un richiamo capace di innestare e sedimentare un rapporto anche di tipo autoritario col leader. Al tempo stessa questo "sentimento identitario" diventa capace durare in quanto come fattore, anche, valoriale. La sinistra, con questo tipo di leadership, continua a trovarsi a disagio, culturale e ideale. Forse questo contribuisce a farci capire perchè può solo perdere. 

lunedì 7 novembre 2016



SIMONE WEIL: L'ATTENZIONE

La "dottrina " dell'attenzione di Simone Weil e' meglio espressa nella seguente citazione dai Quaderni " I valori autentici e puri di vero, di bello e di bene nell’attività di un essere umano si producono con un solo e unico atto, una certa applicazione all’oggetto della pienezza dell’attenzione. [Quaderni, IV trad. di G. Gaeta, Adelphi, Milano, 1993]. Un solo e medesimo atto produce qualcosa di vero, di bello e di buono, sta cioè a fondamento della conoscenza, dell’estetica e dell’etica, ed è l’esercizio dell’attenzione; perché essa è la sola facoltà di cogliere il reale, oltre il quale non c’è assolutamente niente da conoscere, contemplare o soccorrere.  Di che mai ci parlerà uno scrittore incapace di andare oltre se stesso e cogliere la realtà,  “a comprendere totalmente che le cose e le persone esistono” (lettera a j. Bousquet)