Per Dostoevskij la vita è bellezza, ma solo nella sofferenza trova un senso (Stefan Zweig "Dostoevskij", pagg. 118, euro 14,50 Castelvecchi). Zweig coglie l'essenza tragica, la vicinanza con l'abisso, la dimestichezza con i demoni, l'esperienza di Dio come tormento, il male e la perdizione come occasione di salvezza e redenzione, l'oscillazione tra generosità e dissolutezza, la centralità assoluta dell'anima. Kirillov, Satov, Raskol'nikov, Karamazov: i suoi personaggi, per Zweig, vivono nell'agitazione, intorno all'anima si forma il loro corpo, le passioni plasmano le loro figure.
Mia mamma diceva, quando il chiasso vociante era al massimo in casa: "ma basta insoma" in dialetto mantovano.
mercoledì 5 luglio 2017
RIPARTIRE DAL LAVORO
La sinistra si presenta con la parola d'ordine (cosi' si diceva una volta):"Ripartire dal lavoro". Lavoro vuol dire produrre...difendiamo il lavoro... ma per fare cosa? una volta era il mito del progresso...adesso cosa... contro la "flessibilita" ..va bene ma le aziende chiudono... La globalizzazione ha risolto il problema del controllo del lavoro, grazie allo spostamento fuori dai paesi ricchi della produzione, per i costi più bassi...ma poiché si produce in abbondanza, il limite e' il consumo...Per alimentare il consumo si favorisce una cultura del desiderio, dei bisogni infiniti ...per soddisfarli si favorisce il debito privato e pubblico....è il massimo della libertà individuale che si autoalimenta ... Ma poi ci si sveglia e si scopre che non ci sono soldi da spendere...bisogna pagare più tasse per non aumentare il debito pubblico...e le banche non ti fanno più il mutuo per la casa e non prestano più alle imprese..e i negozi sono pieni di merce...bisogna ripartire dal lavoro?...certo! Ma che vuol dire?. Slogan e poche idee.
martedì 4 luglio 2017
sabato 1 luglio 2017
PARADOSSO LIBERALE
A proposito di Charlie. In un mondo che vuole l'espansione infinita dei diritti, lo Stato, con una sentenza, riduce drasticamente la libertà in nome di un parametro impossibile da accertare. Così il costituzionalismo liberale, invece che difendere la libertà e la dignità dei cittadini dall’arbitrio dello Stato, paradossalmente nega sé stesso nel momento in cui stabilisce quale vita sarebbe degna di essere vissuta in nome di criteri astratti. Mi chiedo allora se la pressante richiesta allo Stato democratico-sociale, di rispondere ad ogni bisogno (e desiderio) della società, non stia diventando il progressivo svuotamento della dignità umana, dell’uguaglianza, della libertà, e in questo caso specifico, della stessa giustizia.
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