UFFICIO PER L'ESPATRIO
Estratto da “La valigia” Sergei Dovlatov
All’Ufficio per l’espatrio quella stronza viene a dirmi:- Ogni emigrante ha diritto a tre valigie. Questa è la norma. In merito abbiamo disposizioni precise del ministero.
Protestare non aveva alcun senso. Ma naturalmente protestai:
– Solo tre valigie?! Ma come si fa con tutta la roba?-
– Per esempio?-
– Per esempio la mia collezione di automobiline da corsa…
– Se la venda – rispose l’impiegata senza pensarci.
E poi aggiunse inarcando leggermente le sopracciglia:
– Se non le sta bene qualcosa, scriva un reclamo.
– Mi sta bene- dissi.
Dopo il carcere tutto mi andava bene.
– Beh, allora si dia una calmata…
Dopo una settimana stavo già raccogliendo le mie cose e potei constatare che una sola valigia bastava e avanzava.
Dalla pena che mi facevo, poco ci mancava che mi mettessi a piangere. In fondo avevo trentasei anni. Diciotto dei quali avevo lavorato. Qualcosa avevo guadagnato, avevo comprato. In fondo, ero convinto di possedere delle cose. E invece, in tutto una sola valigia. E per di più piuttosto piccola. Ma allora ero un poveraccio? E come avevo fatto a ridurmi così?!
E i libri? Fatto sta che quasi tutti i libri che avevo erano proibiti, di quelli che alla dogana non passano. Mi toccò regalarli agli amici assieme al mio cosiddetto archivio.
E i manoscritti? Quelli già da tempo li avevo segretamente spediti in occidente. E i mobili? La scrivania la portai a un negozio di mobili usati. Le sedie se le prese il pittore Cegin (che fino a quel momento aveva usato delle casse). Il resto lo buttai.
Così che me andai con una sola valigia. Era di compensato, rivestita di tela con rinforzi metallici agli angoli. La serratura non funzionava, mi toccò utilizzare della corda da bucato.
In passato, con quella valigia ero andato al campeggio dei pionieri Sulla parte superiore stava scritto con l’inchiostro:
“Gruppo dei piccoli. Sereza Dovlatov”. Accanto, qualcuno aveva gentilmente aggiunto un intarsio: “cagone”. La tela qua e là si era strappata.
Sempre sulla parte superiore, all’interno, erano incollate delle fotografie. Rocky Marciano, Armstrong, Iosif Brodskij, la Lollobrigida con un vestito trasparente. Il doganiere tentò di strappare la Lollo con le unghie, ma riuscì appena a graffiarla.
Brodskij invece non lo toccò neppure. Mi chiese soltanto: chi è questo? Risposi che era un mio lontano parente.