mercoledì 20 settembre 2023

Nigel van Wieck. Arte di solitudine e incomunicabilità

Nigel van Wieck. Arte di solitudine e incomunicabilità

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Nigel van Wieck (1947) è considerato uno degli artisti contemporanei più interessanti. Nelle sue opere i colori accesi e intensi, che a prima vista ricordano le locandine dei film, ricreano un alone retrò e una forte inquietudine. Le rappresentazioni hanno dei contenuti moderni e attuali, tuttavia sembrano appartenere ad un’epoca lontana. L’ispirazione per queste opere così vere, arriva dall’osservazione della realtà che lo circonda, spesso filtrata e rielaborata dalla memoria. Il ricordo è per van Wieck il “simulatore di realtà” nella pittura.


«Un’idea diventa forzata e falsa quando viene manipolata, la parte intuitiva di me si rivela migliore se lasciata da sola. Quello che è importante è che creo l’illusione di una realtà; rende un’idea potente. Così i miei quadri sono costruiti con cura per far credere che quello che vedono è vero, ma non lo è. La realtà è molto meglio quando si immagina.»


Britannico per nascita ma americano di adozione, dalla sua arte non trapelano le origini anglosassoni. Dopo aver terminato la formazione studiando la pittura dei grandi maestri europei, Nigel nel 1979 si reca negli Stati Uniti. Il trasferimento oltreoceano segna profondamente il suo percorso e sicuramente la sua carriera: viene letteralmente folgorato dallo stile realista americano contemporaneo.


Le opere di Nigel van Wieck dense di solitudine e incomunicabilità

Nelle sue opere gli spazi sono sempre reali, ma trasmettono una strana tensione. Le case, gli uffici, i vagoni del treno e le spiagge che di solito rappresentano un mondo apparentemente perfetto, con lui perdono la loro natura e si riempiono di solitudine e incomunicabilità. Quelli che dipinge van Wieck sono luoghi particolari, dove le persone sono poco interessate all’eventuale presenza degli altri.


Raramente si trova un soggetto, e quando c’è, di solito è immerso nel silenzio di grandi ambienti. Se sono presenti più figure, tra loro regna un forte senso di alienazione e una visibile indifferenza. Ognuno è estraneo a se stesso e indifferente agli altri. Le figure sono viste dall’alto o attraverso una finestra; mostrano momenti di vita ordinaria ma non c’è niente di proibito o perverso. È come se Nigel van Wieck fosse insieme a queste figure proprio per rappresentarle silenziosamente.


«Ho vissuto in quattro dimore a New York, tre di loro hanno avuto viste incredibili con un cielo in continua evoluzione. Solo la mia prima residenza mi ha negato il cielo; la vista era dominata dalle finestre di altre persone. Ma per un pittore era altrettanto prezioso e ne ho fatto buon uso» – Nigel van Wieck


Troviamo così donne sognanti e persone solitarie avvolte nei propri pensieri in una specie di isolamento volontario. Sono proprio il silenzio e l’isolamento a caratterizzare queste opere, trasmettendo profonda angoscia. Anche le sue collezioni di nudi sembrano prive di carica erotica – tipica invece delle opere del collega Jack Vettriano -, ma evocano un desiderio malinconico e intimo. Come Hopper, Van Wieck racconta delle storie che sembrano non avere né inizio né fine, ma si comprendono bene fin dal primo contatto visivo. 


Il silenzio assordante dei luoghi

Giocando abilmente con la prospettiva, l’artista impone uno sguardo laterale, che induce chi guarda il quadro a camminare dentro il dipinto, sentendolo quasi parte della propria realtà. Lo sguardo viene così condotto nel punto più importante del quadro, quello da dove nascono le emozioni: il volto nascosto dietro il ventaglio, il corpo nudo che si intravede solo dietro il vetro della finestra, o l’ombra allungata che si proietta in un angolo deserto della città. Oltre alla prospettiva, anche la luce viene sfruttata da Nigel van Wieck per condurre lo sguardo su quegli elementi orizzontali, verticali e diagonali essenziali nelle sue composizioni.

«La pittura è un mezzo per esprimersi. Mi sono reso conto di essere un artista cinetico e che i miei interessi erano rivolti all’arte bidimensionale e non tridimensionale. Ma come artista cinetico, ho imparato la luce e il suo potere. È diventata la chiave del mio lavoro. La pittura è colore e non c’è colore senza luce […] Voglio sempre catturare un “momento nel tempo”, rendere i miei quadri reali e senza tempo. Io realizzo questo dipingendo la luce; […] la luce ci è familiare, è come la musica, evoca una memoria o un’emozione e cristallizza il momento.» – Nigel van Wieck


Lo sguardo attraversa la quotidianità silenziosamente, senza essere moralista. L’artista è un narratore che attraverso la pittura racconta la realtà al suo spettatore, il pubblico. A volte durante le sue mostre, cerca di rimanere nascosto e in anonimato per ascoltare cosa viene detto dei suoi quadri. Dagli anni ’90, il suo lavoro è molto apprezzato da collezionisti pubblici e privati. Addirittura un collezionista ammirando le sue opere nello studio disse: «Spero che non ti offenderai, ma penso che alcuni dei tuoi dipinti farebbero grandi puzzle», e la risposta di Nigel arrivò inaspettata. 

«Non mi sono offeso, il mio amore per Brueghel è venuto da bambino, facendo i puzzle dei suoi dipinti. Mi ha fatto pensare, quali mie immagini avrebbero funzionato; i migliori puzzle avevano sempre una vasta area con lo stesso colore che lo rendeva difficile e divertente da capire»

I punti d’incontro col realismo americano

All’inizio, la sua attenzione è catalizzata sui dipinti di Thomas Eakins e di Winslow Homer. Questi artisti tentavano di superare le distanze tra arte ed esperienza comune rappresentando soggetti legati all’ambiente e alla vita americana di quel periodo: lo sport, il divertimento, la vita domestica, la gente delle loro città.

Ma l’influenza determinante sulla pittura di Van Wieck è stata quella di Edward Hopper, uno degli artisti che maggiormente è riuscito a rappresentare la profonda crisi americana degli anni ’20. I personaggi che ritrae, infatti, non credono più all’uomo invincibile e ottimista; sono privi di maschere e non nascondono più la debolezza comune a tutti gli uomini: la solitudine. Le caratteristiche basilari del realismo di Hopper, gli ambienti estremamente solitari e i colori vivaci ma malinconici, sono state traslate da Van Wieck in un’epoca più recente. Riprende infatti gli spazi esterni della quotidianità o gli ambienti interni eccessivamente spogli e la prospettiva un po’ “piatta”, linee geometriche e minimaliste.

Nigel van Wieck è molto meticoloso e definisce i quadri «costruzioni curate con cura». Usa ritagli di riviste, foto e modelli dal vero, fa studi a matita, posiziona e riposiziona gli elementi. Alla fine degli anni ’90 realizzò una serie di dipinti su persone che ballano. Nigel andava nelle discoteche, prendeva un tavolo vicino alla pista da ballo e sedeva per ore a guardare la gente ballare. Poi tornava nel suo studio, alzava la musica e dipingeva. Voleva che i suoi dipinti esprimessero l’euforia della danza e per questo era importante che lo spettatore si sentisse come se fosse sulla pista da ballo o vicino ad essa. Voleva cristallizzare il momento e trasmetterlo agli spettatori.