giovedì 29 febbraio 2024

IV RIBELLIONE Estratto da Fëdor Michajlovic Dostoevskij, I fratelli Karamàzov


 IV RIBELLIONE 

Estratto da Fëdor Michajlovic Dostoevskij, I fratelli Karamàzov trad. di Maria Rosaria Fasanelli, Garzanti

[...] non ho mai potuto capire come si possa amare il prossimo. Secondo me, è impossibile amare proprio quelli che ti stanno vicino, mentre si potrebbe amare chi ci sta lontano.[...]

IV • Ribellione

«Devo farti una confessione», esordì Ivan, «non ho mai potuto capire come si possa amare il prossimo. Secondo me, è impossibile amare proprio quelli che ti stanno vicino, mentre si potrebbe amare chi ci sta lontano. Una volta ho letto da qualche parte la storia di “Giovanni il misericordioso”, un santo: un viandante affamato e infreddolito andò da lui e gli chiese di riscaldarlo e quello lo fece coricare nel letto insieme a lui, lo abbracciò e prese a soffiargli nella bocca, putrida e puzzolente a causa di una terribile malattia. Io sono convinto che egli lo facesse per una lacerazione piena di falsità, per il dovere di amare che gli era stato imposto, per una penitenza che si era inflitto. Perché si possa amare una persona, è necessario che essa si celi alla vista, perché non appena essa mostrerà il suo viso, l’amore verrà meno».

«Più di una volta, lo starec Zosima ha parlato di questo», osservò Alëša; «ha anche detto che spesso il viso di un uomo, per chi è inesperto in amore, diventa un ostacolo per l’amore. Tuttavia, c’è anche molto amore nell’umanità, amore quasi comparabile a quello di Cristo, questo l’ho visto io stesso, Ivan...»

«Be’, io non ne so niente di questo per ora e non posso capire, e, come me, una moltitudine innumerevole di uomini. La questione è se questo è dovuto alle cattive qualità degli uomini o se tale è la loro natura. Secondo me, l’amore di Cristo per gli uomini è una specie di miracolo impossibile sulla terra. Vero è che egli era Dio. Ma noi non siamo dèi. Supponiamo, per esempio, che io soffra profondamente: un’altra persona non potrà mai sapere fino a che punto io soffra, perché lui è un’altra persona e non è me, e, soprattutto, è raro che un uomo sia disposto a riconoscere in un altro un uomo che soffre (come se si trattasse di un’onorificenza). Perché non è disposto a farlo, tu che ne pensi? Perché, ad esempio, ho un cattivo odore, perché ho una faccia stupida, o perché una volta gli ho pestato un piede. E poi c’è sofferenza e sofferenza: una sofferenza degradante, umiliante come la fame, per esempio, il mio benefattore me la può ancora concedere, forse, ma quando la sofferenza è a uno stadio superiore, quando, per esempio, si soffre per un’idea, quella non me la accetterà, perché, diciamo, dandomi un’occhiata, ha visto che non ho affatto la faccia che, secondo la sua immaginazione, dovrebbe avere una persona che soffre per un’idea. E quindi egli mi priva immediatamente dei suoi favori, e non si può dire che lo faccia per cattiveria. I mendicanti, soprattutto quelli nobili, non dovrebbero mai mostrarsi, ma dovrebbero chiedere l’elemosina rimanendo nascosti dietro i giornali. Si può amare il prossimo in astratto, a volte anche da lontano, ma da vicino è quasi sempre impossibile. Se tutto fosse come a teatro, nei balletti, dove, quando appaiono mendicanti, essi indossano stracci di seta e pizzi lacerati e chiedono l’elemosina danzando leggiadramente, be’, in tal caso, li si potrebbe ancora ammirare. Ammirare, ma non amare. Ma finiamola con questo argomento. Volevo soltanto esporti il mio punto di vista. Volevo parlare delle sofferenze dell’umanità in generale, ma è meglio se ci soffermiamo solo sulle sofferenze dei bambini. Questo riduce le mie argomentazioni ad un decimo della loro portata, ma è meglio parlare solo dei bambini, sebbene questo non vada a mio vantaggio. In primo luogo, i bambini si possono amare anche da vicino, anche se sono sporchi, brutti di viso (anche se a me pare che i bambini non siano mai brutti). Il secondo motivo per cui non voglio parlare degli adulti è che, oltre ad essere disgustosi e incapaci di meritarsi l’amore, per loro si tratta anche della giusta punizione: hanno mangiato la mela, conoscono il bene e il male, e sono divenuti “come Dio”.62  E continuano a mangiarla anche adesso. I bambini invece non hanno mangiato niente e per ora non sono colpevoli di nulla. Tu ami i bambini, Alëša? So che li ami e certo capirai per quale motivo voglio parlare solo di loro. E se anche loro soffrono terribilmente su questa terra, è ovviamente per colpa dei loro padri, sono puniti a causa dei loro padri che hanno mangiato la mela; ma questo ragionamento appartiene ad un altro mondo, ed è incomprensibile per il cuore umano qui sulla terra. Gli innocenti non devono soffrire per le colpe degli altri, soprattutto se sono innocenti come i bambini! Forse ti meraviglierò, Alëša, ma anch’io amo moltissimo i bambini. E nota bene che le persone crudeli, passionali, sensuali – la gente tipo i Karamazov, insomma — non di rado amano molto i bambini. I bambini, finché rimangono piccoli, diciamo fino all’età di sette anni, sono molto diversi dagli adulti: sembrano degli esseri a sé stanti, con una natura tutta propria. Conoscevo un criminale che stava in prigione: nella sua carriera gli era capitato di sterminare intere famiglie, si introduceva nelle loro case di notte per rubare, aveva anche trucidato alcuni bambini. Eppure, mentre si trovava in prigione, nutriva uno strano attaccamento ai bambini. Non faceva altro che guardare dalla finestra della prigione i bambini che giocavano nel cortile del carcere. Ad uno di essi insegnò a salire fino alla sua finestra e così divennero grandi amici... Sai a quale scopo ti sto dicendo tutto questo, Alëša? Non so, ho mal di testa e sono triste».