mercoledì 24 febbraio 2016






CAPIRE LO "SCONTRO DI CIVILTÀ" DI HUNTINGTON 

Chi cita Huntington manifestando il proprio dissenso da quell'analisi sullo "scontro della civiltà" dimostra che non ha capito quale possa essere il contributo dello studioso alla comprensione di ciò che sta succedendo in questa fase di profondi cambiamento degli equilibri mondiali.  È chiaro che è ragionevole il dissenso sul concetto, che Huntington propone, di civiltà intese come entità finite e relativamente coerenti, trascurando le eterogeneità, le spinte centrifughe al loro interno, l'impossibilità di definirne i confini, l' effetto dei contatti che producono combinazioni di esperienze e tradizioni culturali. Non è condivisibile la sua proposta di una concezione olistica della civiltà. Così come non è condivisibile un analisi che si concentra solo sull’influenza dei valori sull’agire umano, senza prospettare quale sia l'influenza degli interessi sui valori. Tuttavia ci sono elementi positivi nell'analisi di Huntington se consideriamo che l’attuale, parafrasando Raimond Aron, è il primo sistema anarchico globale e culturalmente eterogeneo della storia umana.  Col declino relativo dell'Occidente l’eterogeneità culturale acquista un rilievo inedito: competizione di potenza e conflitti di interessi manifestano aspetti da "scontro di civiltà". Diventa allora valido sottolineare come fa Huntington il ruolo e l'impatto sugli equilibri mondiali del  «risveglio islamico» e con la sua netta impronta antioccidentale. Non condivido ciò che sostengono coloro che ne ne minimizzano  il pericolo in quanto si tratterebbe di minoranze fanatiche a scegliere lo scontro di civiltà. Prima di tutto in quanto la storia ci insegna  che sono sempre le " "minoranze attive e motivate", non le maggioranze passive, a rivoluzionare gli eventi. La seconda ragione che in armi sono "minoranze' che però si pongono come avanguardia di  un area assai vasta e tendenzialmente egemone (parliamo di salafismo) di fondamentalismo all'interno del mondo islamico. Questo per dire che aprendo a nuove prospettive concettuali di analisi  , anche con argomenti non  sempre solidi,  persuasivi non vuol direcancellarne la rilevanza.