mercoledì 10 febbraio 2016

INSEGNAGLI A CHIAMARLA LA "REALTÀ DELLA VITA"

Insegnagli a chiamarla "la realtà della vita....tu non puoi capire come gli uomini siano schiavi dell'urgenza delle cose ordinarie....(C.S. LEWIS LETTERE DI BERLICCHE Adelphi)
Mio caro Malacoda,[...] Il tuo lavoro dev'essere quello di fissare la sua attenzione su questa corrente. Insegnagli a chiamarla "la realtà della vita", senza permettere che si chieda che cosa intende dire quando dice "realtà". Ricordati che non è, come te, un puro spirito. Non essendoti mai fatto uomo (Ah! quell'abominevole vantaggio del Nemico!) tu non puoi capire come gli uomini siano schiavi dell'urgenza delle cose ordinarie. Io avevo una volta un paziente, un ateo ben saldo, che era solito recarsi a studiare nella biblioteca del British Museum. Un giorno, mentre stava leggendo, m'accorsi che un certo filo del pensiero cominciava a prendere una direzione sbagliata. Il Nemico, naturalmente, gli fu in un attimo al fianco. Prima che riuscissi a raccapezzarmi, vidi che il mio lavoro di vent'anni cominciava a barcollare. Se, perdendo la testa, mi fossi messo a tentare una difesa per mezzo di una discussione, sarebbe stata finita per me. Ma io non sono così sciocco. Senza perder tempo colpii quella parte che in lui era più di ogni altra sotto il mio controllo, e suggerii che era giunto ormai il tempo di andare a fare un po' di colazione. Il Nemico, è presumibile, (poiché sai che non è mai proprio possibile riuscire ad afferrare ciò che Egli dice loro!) fece a sua volta la contro-insinuazione che ciò che stava pensando era più importante della colazione. Almeno io penso che la Sua linea sia stata questa, per- ché, quando io osservai: « Perfettamente. Anzi, è trop- po importante perché ci s'accinga a trattarne a mezzo- giorno », il volto del paziente s'illuminò considerevol- mente; ed io non feci in tempo ad aggiungere: « Molto meglio tornare dopo pranzo, e trattare l'argomento con mente fresca », che era già a mezza strada verso la por- ta. Una volta sulla via la battaglia fu vinta. Gli mostrai il giornalaio che gridava le notizie delle edizioni pome- ridiane, e un autobus, il n. 73, che passava, e prima che giungesse in fondo ai gradini riuscii a convincerlo più che mai che, siano pur strane fin che si vuole le idee che sorgono in capo quando si è chiusi da soli con i propri libri, una dose salutare di "realtà della vita" (e con ciò intendevo dire l'autobus e il giornalaio) ba- stava per dimostrargli che "tutte quelle robe" sempli- cemente non potevano essere vere. Sapeva di essersela cavata per poco, e più tardi provava un gran gusto nel parlare di « quel senso inespresso della realtà che è la nostra ultima salvaguardia contro le aberrazioni della logica pura ». Ora egli è al sicuro nella casa di Nostro Padre. [...] 
Tuo affezionatissimo zio 
Berlicche