venerdì 24 febbraio 2023

SVILUPPO GLOBALIZZAZIONE E FINE DELLE IDEOLOGIE. Facebook 26 dicembre 2014

 


SVILUPPO GLOBALIZZAZIONE E FINE DELLE IDEOLOGIE.

Facebook 26 dicembre 2014


Adria Bartolich

26 dicembre 2014

Stanno svendendo tutto in nome di uno sviluppo che rende infelice la gente. Questa infelicità io la chiamo perdita traumatica del senso del luogo

P.Rumiz


Gianfranco Giudice 

Lo sviluppo, ovvero la globalizzazione del modo di produzione capitalistico, è esattamente l'unificazione totale dello spazio-tempo, da qui la necessaria perdita del senso dei luoghi, ma anche del tempo, schiacciato in un eterno presente. Si tratta di un processo inevitabile, le cui radici e la cui genesi prendono avvio almeno cinquecento anni fa.


Adria Bartolich 

Credo sia una constatazione sulla situazione generale


Gianfranco Giudice 

Più che" stanno svendendo" sarebbe più adatto l'impersonale "si sta svendendo tutto", perché è un processo senza soggetto, è un processo collettivo, una tendenza storica, se vogliamo il soggetto questo non è l'individuo ma il collettivo a cui i soggetti sono...soggetti.


Lorenzo Giuriani 

C'è anche un luogo (Roma) dove si sta vendendo tutto, dove il tempo è sempre lo stesso (dal tempo dei Romani), una situazione dove la globalizzazione non c'entra (oppure c'era già 2000 anni fa). E nessuno può farci niente: Mafia capitale è già passata in cavalleria


Gianfranco Giudice 

Ai tempi dei romani esisteva un altro tipo di globalizzazione (mediterranea), il mio riferimento alla globalizzazione moderna e contemporanea riguarda più che lo svendere la trasformazione dello spazio-tempo nel senso della uniformità e del presente senza fine, tutto ciò coi romani antichi non c'entra nulla.


Lorenzo Giuriani 

Tuo parere, Gianfranco. Sai meglio di me che sono state date molte "definizioni" di globaliz. E anche di capitalismo.


Gianfranco Giudice 

Essendo una cosa scritta da me ovviamente è un mio parere, condiviso anche da qualcun'altro, come sono tuoi pareri le cose che scrivi tu, certamente condivise da altri. Al di là delle ovvietà, il post parla di perdita del senso del luogo, questo punto mi ha colpito, ed io penso, dunque MIA OPINIONE, che esista un legame essenziale tra questo fatto e la globalizzazione capitalistica, pur essendoci giustamente dici tu molte definizioni di capitalismo, molte di queste, pur nella diversità, convergono su elementi importanti di analisi, tra cui quello che riguarda la trasformazione dello spazio e del tempo sociale. Aggiungo: il fatto che esistano tante definizioni di capitalismo non toglie che si parli sempre di capitalismo, pur definito diversamente, il che implica che deve esistere qualcosa che accomuna essenzialmente ciò che pur definiamo evidenziando aspetti differenti, altrimenti come potremmo parlare sempre di capitalismo, o se vuoi di capitalismi?

Loris Jep Costa 

Ma il tasso di felicità chi lo misura? Io comunque non vedo svendite e nemmeno saldi. Vedo trasformazioni e non so quale trasformazione impetuosa non faccia crollare certezze...


Lorenzo Giuriani 

Concordo, ho commentato, ma ho cancellato per errore. Sintetizzo qui: anch io sono colpito dagli effetti della facilità di spostamento delle persone, delle cose, del denaro, comunicazione, ecc. A proposito di cose: secondo alcuni la spinta definitiva alla globalizzazione è stata data, oltre che da internet, dal l'adozione generale dell'attuale container di misura standard


Gianfranco Giudice 

Il tema è complesso e affascinante, le modificazioni antropologiche legate alla globalizzazione, a partire dal vissuto dello spazio e del tempo, personalmente sono anni che nel mio piccolo ci rifletto, forse è l'unica cosa su cui rifletto senza sosta, certo è qualcosa di impetuoso, ma non è la prima volta nella storia che accadono mutamenti impietosi...e non sarà l'ultima, ciò che oggi è sorprendente è la velocità dei mutamenti, una accelerazione iniziata dall'800.


Adria Bartolich 

E' la velocità delle trasformazioni senza alcun sistema di protezione che crea infelicità. Loris, nessuno misura il tasso di felicità, però che quello di infelicità sia alto lo si può vedere abbastanza agevolmente anche dal livello di aggressività dell'offerta politica che viene premiata elettoralmente. La globalizzazione fa spostare merci e persone ma poi le persone, per insicurezza , tendono ad affermare la propria come unica cultura legittima ,c'è un rimarcare continuo di identità anche geografiche. La situazione non è solo il prodotto della globalizzazione, c'è la fine delle ideologie, l'incontro /scontro di tante religioni, la crisi dello stato nazionale, i mezzi di comunicazione che spingono sulla velocità . Niente è più certo. Difficile parlare di un modello di sviluppo. E' più una catena di eventi in rapida successione senza controllo che sembra impossibile governare. Non lanciamo strali contro lo sviluppo in sé, però con queste caratteristiche crea certamente quello che Rumiz definisce, giustamente " la perdita traumatica del senso del luogo "


Lorenzo Giuriani 

A proposito del commento di Adria. Immigrazione: non è forse urgente approfondire la discussione, anche da parte dei politici? La dico brutalmente: esistono, possono esistere dei limiti quantitativi, o la tutela dei diritti dell uomo fa si che il discorso Nn possa essere neanche posto? Se è giustissimo il soccorso in mare in ogni condizione e situazione, e naturalmente l aiuto a chi si trova in pericolo, ecc, prima di tutto ciò i governi, i legislatori e i popoli possono stabilire limiti o preferenze? Spero di essermi spiegato!! Aiuto, l argomento è difficile e delicato


Adria Bartolich 

ti sei spiegato, certo che può essere posto , altrimenti il risultato è che lo pongono senza alcuna delicatezza, altri....


Gianfranco Giudice 

Adria la fine delle ideologie per me è essa stessa un prodotto della globalizzazione, e poi attenzione a parlare di fine delle ideologie, fine di tutte le ideologie, a parte l'ideologia della globalizzazione che invece è viva e vegeta e lotta per noi.


Adria Bartolich 

Non so se la fine delle ideologie sia davvero figlia della globalizzazione, molto è da attribuire anche al loro fallimento e al cambiamento del modo di produrre che le ha generate. Ma siccome non vogliamo essere profetici parliamo di "crisi" delle ideologie. E' più prudente. Sulle nuove ideologie...anche qui, non so se un confuso modo di vedere possa essere definito un'ideologia. lo vedremo nel tempo. Dare giudizi definitivi è difficile oggi più che mai.


Gianfranco Giudice 

Le ideologie spesso sono confuse, prodotto di sincretismi, ma non per questo meno efficaci e pervasive, la globalizzazione ha radicalmente messo in crisi tutte le ideologie del' 900, le ideologie sono frutto di processi materiali, sociali ed economici ed antropologici, le ideologie del passato avevano come perno una certa idea del primato della politica, tutto questo è finto con la piena affermazione dell'economico proprio con la globalizzazione attuale, poi certo ci sono le sopravvivenze del passato, ma per me questo è il segno dei tempi, che ci piaccia o no. Ripeto per me, perché nessuno pensi che io creda di avere la verità in tasca.


Franco Cazzaniga 

Beh, direi che di tempo dal paleolitico ne è passato tanto... millenni e millenni di traumi... Che poi, traducendo, ma che vuol dire (in quel contesto) “svendere”? Io non riesco a sopportare quelli che credono nell’età dell’oro dietro di noi: non siamo noi a svendere, sono loro a vendere patacche. Comunque non ce l’ho contro chi scrive contro l’evoluzione naturale del mercato (e che è?), ma solo contro chi vende patacche.


Paolo Bolzani 

Ma Gianfranco..Non si può non essere d'accordo con Vilfredo Pareto quando considera l'ideologia un atteggiamento radicato nello spirito umano....fine delle ideologie?...ma non di quelle religiose: parlo soprattutto dell'Islam.. Ma parliamo delle ideolologie di positivismo scientista e il laicismo che si pone come credo "religioso"?. L'uomo ha bisogno di credere, di identificarsi con qualcosa. Occorre intenderci sul termine "ideologie". Siamo rimasti costernati dalla fine delle grandi ideologie del novecento, fino al punto di credere che dopo ciò nessun'altra ideologia sarebbe stata più possibile. Invece siamo invasi da nuove forme del pensiero ideologico, in apparenza singolarmente meno importanti ed innocue, che molto spesso la politica pensa di utilizzare e di governare. Mi riferisvo alle "ideologie culturali"? Parlo cioe' delle manifestazioni nazionalistiche ed etniche, del dibattito sulla "appartenenza", soprattutto intorno ai diritti delle minoranze, dei temi centrali dell'etica pubblica che si intrecciano necessariamente con basi profonde dell'esistenza umana: vita/morte, sesso/genere, salute/malattia, produzione/consumo, uomo/ambiente. Queste Ideologie comportano per lo piu' l'abbandono della politica. La loro affermazione infatti si accompagna alla tendenza dei singoli a qualificarsi sempre meno come appartenenza ad uno schieramento politico, ma sempre piu' come posizione rispetto ai questi temi. Le ideologie politiche, si ponevano come programmi d'azione per la "salvezza del mondo". Erano ideologie propositive, di attacco. Le nuove l'ideologie culturali parlano invece in termini di difesa volte alla sopravvivenza e al riconoscimento. Esse non propongono dei fini all' azione, ma bensi' interpretazioni delle realtà sociali esistenti, in funzione di protezione di se stessi, o al masdimo della comunita' identificata in quelli che la pensano allo stesso modo. Il rapporto fra pensiero e azione cambia. Le ideologie che fornivano una visione globale ed erano dirette a trasformare la realtà portavano alla passione politica all'impegno nell'azione, con l'obiettivo di ricostruzione della societa'. Le nuove ideologie culturali portano all'indignazione morale e alla protesta, e si manifestano spesso come condanna indiscriminata frutto di delusione di aspettative


Franco Cazzaniga 

Le ideologie sono una necessità della cognizione: semplificano il mondo esterno e, se usate con giudizio, permettono di orientarsi. Però bisognerebbe sempre ricordarsi che sono strumenti, non “verità”. Le “grandi” ideologie stanno morendo perché sta scomparendo il mondo che le supportava e dava loro senso. Le ideologie sono, in fondo, modelli di comportamento. Oggi il mondo sociale ed economici è più complesso e variegato ed ha subito una grande mutazione. Di ideologie ne sorgeranno ancora, purtroppo per ora, come fa notare Paolo, la difesa fa premio sull’attacco. Rileggendo meglio il post iniziale mi rendo conto che cosa c’è che mi irrita tanto nelle parole di Rumiz. Quando un intellettuale pretende di parlare in nome della “gente", la mia reazione istintiva è un bel “vaffanculo”: ognuno parli per sé, e siano Dio o le statistiche a farlo per tutti. Tu, intellettuale, chi cazzo sei?


Paolo Bolzani

 "stanno svendendo.." e' l'indignazione morale e condanna indiscriminata...frutto impotente delle nuove ideologie


Adria Bartolich 

ma no...riflessione malinconica, Rumiz è molto bravo e intelligente. " Figlio della frontiera. Italiano di lingua, tedesco di cultura, slavo di stomaco e fegato, turco di canto e di cuore, ebreo di fascinazione. " provate voi a tenere insieme tutto 'sto casino se ce la fate!


Franco Cazzaniga 

Va be’, chiunque può cadere ogni tanto. Non mi irrita Rumiz in sé, ma queste sue parole sì.


Stefano Sedda 

 Io dico che il mondo sta migliorando non il contrario. E tra l'altro grazie alla tecnologia si va verso il recupero di alcuni valori non alla loro perdita. Penso ad esempio alla condivisione dei beni deperibili allo scambio etc. Concordo con Franco spesso son patacche che servono ad arricchire il pataccaro paraculo


Adria Bartolich 

Le ideologie sono una necessità della cognizione: semplificano il mondo esterno e, se usate con giudizio, permettono di orientarsi. Cioè sono un utile strumento di lettura della realtà , solo che l'ideologia , a differenza dell'idea che è soprattutto un'intuizione, indica anche una soluzione. L'ideologia, però a differenza dell'idea, si fonda su ragioni collettive, almeno così è stato fino ad ora. Ma le situazioni di comunanza (nel senso di una condizione che accomuna larghi gruppi e crea un progetto condiviso) nel mondo dell'informatica, di internet e dei cellulari a cui manca solo di preparare la pasta, sono sempre più difficili. Certo ci sono comunque luoghi di socialità, ma raramente sono di vera comunanza. Non so se sia meglio o peggio ma è così. Con le contraddizioni , gli alti e bassi r lr situazioni positive, di cui parlava Stefano Sedda. Però l'essere umano è relazionale e le sole relazioni virtuali, alla lunga , portano solitudine. Difficile misurare l'infelicità, un metro di misura, anche se non l'unico, potrebbe essere il consumo di sostanze più o meno legali che hanno come effetto una correzione dell'umore e dello stato emozionale, oppure l'andamento dell'aggressivita ( omcidi, violenze ammesso che vengano tutti denunciati ecc) . Non credo si possa pensare che trasformazioni così radicali come quelle degli ultimi 20/30 anni non abbiano avuto effetto sulle persone, soprattutto su quelle più fragili e in condizioni più precarie. Sono crollate delle certezze, sia sulla visione del mondo che sulle relazioni sociali ( si pensi ad esempio al cambiamento della posizione sociale della donna) sul proprio ruolo (vedi operaio in fabbrica) ma anche sul proprio futuro ( avrò una pensione? Quando ci andrò, troverò lavoro?) perfino sull'identità di genere ( l'uomo è così la donna è colà ) . Le difficoltà e le crisi nella storia del mondo ci sono sempre state, ma in organizzazioni sociali tutto sommato stabili e nelle quali i cambiamenti avvenivano molto lentamente e sempre affiancati sistemi che garantivano una protezione ( famiglia, gruppo sociale, sostegno istituzionale e gruppo religioso). E aggiungo con persone molto più abituate a stenti e sofferenza di noi. Ora di tutto ciò mi pare di potere dire che l'unica cosa che non solo regge, ma si afferma con vigore, è il gruppo religioso. La difficoltà di articolare pensieri collettivi sulle cose, quindi di riformulare paradigmi ideologici mi pare che porti molto velocemente verso una radicalizzazione del pensiero più da religione che da ideologia. in altre parole il rischio è che tutto o quasi assuma la forma della religione, per sua natura dogmatica. E questo sarebbe molto grave e pericoloso. Nel punto di vista religioso non c'è sintesi. Rumiz forse è stato impreciso " stanno svendendo" d'altra parte fa lo scrittore....ma pochi riescono a sopravvivere serenamente nell'incertezza totale.

Antonio Ciceri 

Nell'incertezza tornano a galla le pulsione più profonde e spesso non sono quelle più positive