martedì 18 luglio 2023

FIGURE FEMMINILI NEI ROMANZI DI J.M. COETZEE


 FIGURE FEMMINILI NEI ROMANZI DI J.M. COETZEE

Desideri, fallimenti, resistenze: figure femminili nella narrativa di J.M. Coetzee

Giulia Zanfabro

Words alienate. Language is no medium for desire. Desire is rapture, not exchange. It is only by alienating the desired that language masters it. J.M. Coetzee, In the Heart of the Country

 Le parole alienano. La lingua non è un mezzo per il desiderio. Il desiderio è rapimento, non scambio. È solo alienando il desiderato che il linguaggio lo padroneggia. JM Coetzee, Nel cuore del paese

Nella Prefazione a Gender Trouble del 1990 Judith Butler, ricostruendo il modo in cui è giunta all’elaborazione della nozione di trouble, cita Sartre, per il quale ogni desiderio, presupposto come desiderio eterosessuale maschile, è definito proprio trouble (Butler 2006: XXX). Nell’ottica di Sartre il desiderio maschile e l’autorità della posizione (maschile) a esso connessa vengono messi in questione solo con l’intrusione di un oggetto femminile che restituisce lo sguardo. Per Butler questa nozione di trouble non è sufficiente, il potere sembra essere molto più dell’inversione tra un soggetto e un’alterità che con la sua presenza evidenzia l’autonomia del soggetto come illusoria. Il potere opera, a un livello precedente, nella produzione stessa della cornice binaria all’interno della quale il genere pu essere pensato. Ma allora, si chiede Butler:

what configuration of power constructs the subject and the Other, that binary relation between “men” and “women”, and the internal stability of those terms? […] Are those terms untroubling only to the extent that they conform to a heterosexual matrix for conceptualizing gender and desire? (Ibid.)

A partire da queste riflessioni Butler interroga tutte le categorie fondative dell’identità come produzioni che creano effetti di naturalità, originalità, inevitabilità.

Per mettere in luce le categorie fondative di sesso, genere e desiderio come effetti di una specifica formazione di potere («to expose the foundational categories of sex, gender and desire as effects of a specific formation of power», ibid.: XXXI), ricorre a Foucault. La critica genealogica non si propone, infatti, di ricercare l’origine del genere, l’essenza del desiderio femminile, l’autenticità delle identità sessuali. Al contrario, la genealogia ricerca tutto ci che di politico c’è in gioco nel designare come origine e causa quelle categorie identitarie che sono, invece, effetti di istituzioni, pratiche, discorsi (ibid.) .

Ne consegue che il desiderio è, in qualche modo, sempre legato alle norme (che cosa si può /si deve/è previsto desiderare?), alla rappresentazione (come vengono rappresentati i desideri?) alla rappresentabilità (i desideri di chi vengono rappresentati? Che ne è degli oggetti del desiderio? Ai desideri di chi, infine, non possiamo avere accesso?), al potere, all’autorialità, alle narrazioni e alla possibilità stessa di mettere in questione il potere e le norme che controllano il desiderio (l’autorialità, le narrazioni…) e, che, tuttavia, concorrono a determinarlo . Il tema del desiderio attraversa tutti i romanzi di Coetzee: il desiderio sessuale legato a corpi che desiderano, desiderano la bellezza, desiderano l’umiliazione della bellezza e, desiderando il concetto al di là del corpo, spesso dimenticano lo stesso corpo in cui esso è incarnato ; ma anche il desiderio di reciprocità nei confronti di altri esseri umani, di caritas , di quell’impossibile e necessario amore che si declina nelle forme più diverse. Il desiderio è ciò  su cui le narratrici e i narratori dei romanzi di Coetzee si interrogano incessantemente, e più la loro posizione è in qualche modo legata all’autorialità (come nel caso di Elizabeth Costello, di Susan Barton, ma anche di Dostoevskij nel Master of Petersburg), più la loro riflessione di personaggi si lega con maggiore consapevolezza alla scrittura e alla narrazione.

In questo articolo mi propongo di isolare il tema del desiderio accostandolo alle protagoniste femminili di quattro dei romanzi di J.M. Coetzee: Magda di In the Heart of the Country (1977), Susan Barton di Foe (1986), Mrs Curren di Age of Iron (1990) ed Elizabeth Costello, protagonista del romanzo eponimo (Elizabeth Costello, 2003) e di una serie di altri racconti (As a Woman Grows Older, The Old Woman and the Cats), ma anche invadente personaggio di Slow Man (2005).

La scelta di analizzare il tema del desiderio rispetto alle quattro protagoniste femminili coetziane è sicuramente parziale. Tuttavia, il modo in cui Coetzee mette in scena il desiderio e, nello specifico, il a Woman Grows Older, ma la riflessione può  essere estesa al magistrato e al suo strano rapporto con la donna barbara; ai diritti che, in quanto servant of Eros, il professore Lurie pensa di poter esercitare sulla bellezza del corpo di Melanie; a Dostoevskij; al John C. di Diary of a Bad Year.

Il desiderio di queste donne, permette di far emergere i rapporti che, nella narrativa di Coetzee, esistono tra desideri, fallimenti e resistenze. Strutturer il mio discorso alla luce di questi tre nodi teorici.

Nella prima parte dell’articolo (Narrazioni di desiderio e desiderio di narrazioni) cercherò  di motivare la scelta di mettere al centro dell’analisi queste quattro figure femminili, legando le loro narrazioni all’inappagamento del desiderio. Nella seconda parte (La messa in scena della paternità letteraria), evidenzierò  come, proprio a partire dal desiderio di narrazione di queste donne, Coetzee interroghi la differenza tra narrazione e potere autoriale, mettendo in luce un’autorialità che è sempre stata declinata come paternità letteraria. La riflessione sulla paternità letteraria permette a Coetzee (e a chi legge) di spostare l’attenzione sulla forclusione di soggetti che non sono necessariamente femminili, in un sistema di potere che non è binario. Nella terza e ultima parte (Fallimenti. E resistenze) mi concentrer sui fallimenti in cui i desideri di queste donne, siano essi fisici o narrativi, incorrono e sulle resistenze che, proprio a partire dal riconoscimento di un fallimento, mettono in gioco.

Narrazioni di desiderio e desiderio di narrazioni

Le narratrici coetziane ed Elizabeth Costello sono donne che desiderano. Se è vero che i loro desideri sono, più o meno esplicitamente, desideri sessuali, il loro corpo, per , è sempre caratterizzato anche da altri bisogni, altre necessità, altri desideri: Magda deve confrontarsi con la fame, con la sete, col desiderio di parlare con qualcuno al di fuori del suo pietrificato monologo; la prima parola che Susan Barton pronuncia sull'isola è “acqua”; Mrs Curren si confronta col dolore che deriva dalla malattia; Elizabeth Costello con il suo corpo che sta invecchiando. Il desiderio di Magda ha a che fare con un bisogno di reciprocità che non viene mai soddisfatto; la narrazione di Mrs Curren è spinta dal desiderio di raggiungere la figlia, di toccarla, di abbracciarla; per Elizabeth Costello, «as desire relaxes its grip on her body, she sees more and more clearly a universe ruled by desire […] Not the least thing, not the last thing but is called to by love» (EC: 192); quello di Susan Barton, invece, è lo specifico desiderio di esercitare il proprio possesso su una storia che ritiene di sua proprietà.

Nella messa in scena dei loro desideri e delle loro narrazioni il corpo è centrale. Tutte e quattro le donne, infatti, espongono il loro corpo, lo mettono in scena, lo inscrivono nel testo non perché sia guardato, ma perché sia visto, perché rivendichi la sua esistenza, anche al di là delle parole.

Per Magda il corpo è una cella, una prigione, Magda si sente prigioniera del suo corpo, troppo magro, troppo avvizzito, troppo vergine. Magda è costretta in un corpo che non le piace («It gives me no pleasure to pore over reflections of my body», IHC: 23), che non ha mai usato («the joy and willingness of an unused body», ibid.: 48), che considera sbagliato («[...] I have been since I was born at the wrong time, in the wrong place, in the wrong body», ibid.: 56).

Susan Barton, invece, usa il proprio corpo per entrare in relazione con gli uomini che detengono il potere (il potere sull'isola, come Cruso, o sulla narrazione, come Foe), lo usa come merce di scambio, ma anche come rivendicazione di una libertà, in questo caso sessuale, che le permette di situarsi ai margini della sessualità normativa, lei che, nonostante il tempo e il luogo in cui vive, non rispetta le regole del matrimonio e della famiglia.

Mrs Curren, invece, non è più in grado di rispondere del suo corpo, un corpo vecchio, un corpo malato, un corpo sul quale non pu più esercitare alcun tipo di potere: sta morendo («this body that has betrayed me», AI: 12).

In Elizabeth Costello la questione sul corpo si complica. Non solo, come le altre donne, la scrittrice espone il proprio corpo, ma lo mette letteralmente in scena su due livelli, sia all’interno dei suoi romanzi sia quando parla alle conferenze: Elizabeth Costello espone il suo corpo al pubblico, parla a partire dal suo corpo.

Il discorso sul corpo è imprescindibile da quello sul desiderio: è a partire dal proprio corpo che queste donne desiderano. Nessuna delle donne, per , riesce a vedere il proprio desiderio soddisfatto. Ed è questa frustrazione, questo inappagamento ci che genera la narrazione.

Magda, completamente esclusa dal sesso, non pu soddisfare il suo desiderio e, anzi, si sente esclusa, estranea, chiusa fuori dalla stanza del padre nella quale, invece, il desiderio viene appagato («...the door clicks shut behind the two of them and I know finally I am excluded from a room I have never been good enough to enter», IHC:

58).

Mrs Curren si considera ormai troppo vecchia per il sesso («When I was younger I might have given myself to him bodily», AI: 131); sono passati sedici anni dall'ultima volta che ha condiviso il suo letto con un uomo («Sixteen years since I shared a bed with man or boy [..] Does that surprise you?», ibid.: 108). Per ragioni che lei stessa non è in grado di capire fino in fondo, l'uomo con il quale non solo ha scelto, ora, di condividere il suo letto, ma anche la sua casa e gli ultimi giorni della sua vita è uno sconosciuto, è Vercueil.

Anche Elizabeth Costello, come Mrs Curren, sta invecchiando. Anche lei, come Mrs Curren, ha deciso di condividere gli ultimi giorni della sua vita con uno sconosciuto. L’uomo con il quale la scrittrice ha deciso di vivere è Pablo, un vagabondo che ha l'abitudine di esporsi allo sguardo degli/delle altri/e – non a Elizabeth Costello, ma alle donne più giovani e ai bambini («Not to me, after you've reached a certain age, men no longer expose themselves to you, but to younger women and to children too», The Old Woman and The Cats ).

Le due donne sono circondate dal desiderio – e desiderano, ma si sentono troppo vecchie per essere parte di un mondo che le ha ormai escluse dai giochi: «Still, hard to accept, being excluded from the game. Like being a child again, with a child's bedtime» (EC: 57-58).

In quanto scrittrice, per , Elizabeth Costello ha ancora il potere di dare vita al desiderio nella sua scrittura. Elizabeth Costello è infatti il personaggio che, forse più consapevolmente degli altri, lega il desiderio alla scrittura, alla narrazione, all’autorialità. Elizabeth Costello vede il desiderio in ogni cosa, tanto più ora che esso sta abbandonando la presa sul suo corpo, tanto più ora che sta progressivamente perdendo «the power of desire» (WGO).

Al di là dei corpi e dei loro desideri e a partire da essi, ci che caratterizza le quattro donne è il desiderio di narrare, di raccontare la propria storia.

Magda, Susan Barton, Mrs Curren sono delle narratrici. Narrano e, proprio come la protagonista delle Mille e una notte, parlano per eternamente (o il più a lungo possibile) sottrarsi alla propria morte, riconoscendo nel racconto «un mezzo ancora potente per scongiurar[la]» (Cavarero 2001: 155).

Tutte e tre le narrazioni mettono in scena, più o meno esplicitamente, la lotta che la scrittura (o la parola narrata) intrattiene con/tro la morte . La storia è sospesa sulla sua fine, ma se nel racconto di Sheherazade la narratrice «guadagna il tempo per generare vita» (ibid.: 159), non altrettanto accade per Magda, Susan e Mrs Curren che, incapaci di generare, devono riconoscere la propria fine e andare incontro alla propria morte.

Magda, la protagonista di In the Heart of the Country, è una zitella inacidita strappata alla Storia, una donna che vive nel cuore del paese, in un’atemporalità senza inizio e senza fine, intrappolata nel suo corpo vuoto e avvizzito e vittima di un desiderio inappagato. Magda desidera, ma il suo è sempre un desiderio negato, frustrato, insoddisfatto. È questa negazione del desiderio il motore della narrazione:

I speak to her: “Do you know what I feel like, Anna? Like a great emptiness filled with a great absence, an absence which is a desire to be filled, to be fulfilled. Yet at the same time I know that nothing will fill me, because it is the first condition of life forever to be unfulfilled. Fulfillment does not fulfill. Only stones desire nothing. And who knows, perhaps in stones there are also holes we have never discovered. (IHC: 124-125)

Il desiderio viene legato alla vita, alla scrittura e alla narrazione. Ma il desiderio non genera soltanto il racconto. Magda sembra aver introiettato la norma per cui la sessualità femminile è connessa alla morte11, lei che pu dar vita soltanto all'«Antichrist of the desert»

lancée, en un retrait du temps qui est son espace propre» (250). È la letteratura stessa che prende vita da questo scrivere verso la morte e contro di essa. Ma se il rapporto con la morte, la capacità di tenerla lontana raccontando e ri-raccontando storie sono sempre stati, per certi versi, consustanziali alla letteratura, ci è estraneo, dice Foucault, il diverso modo in cui i greci percepivano il parlare per non morire in un tempo – il loro – in cui «toute œuvre était faite pour s'achever, pour se taire dans un silence où la Parole infinie allait reprendre sa souveraineté» (ibid.: 255). Per noi, invece, a partire probabilmente dalla fine del XVIII secolo, «une œuvre n’est plus possible dont le sens serait de se refermer sur elle-même pour que seule parle sa gloire» (ibid). La scrittura, la parola – e il linguaggio in cui sono espresse – si avvicinano pericolosamente alla morte e devono soltanto al proprio potere la capacità di tenerla lontana. Non ci sono più dei, non c'è più la speranza della gloria.

11 Il riferimento teorico è, in questo caso, Le Rire de la Méduse di Hélène Cixous. In questo saggio, oltre a teorizzare l’écriture féminine (che Coetzee mette in gioco nel monologo di Magda), Cixous accosta il desiderio femminile al corpo e alla scrittura. Nel farlo ricorda che, per , la sessualità femminile è sempre stata percepita come un pericolo. Per questo, scrive Cixous, si è cercato di tenerla sotto controllo con «une éducation

(IHC: 11), lei che, a «miserable black virgin» (ibid.: 5) nel cuore del paese, genera soltanto morte («Labouring under my father’s weight I struggle to give life to a world but seem to engender only death», ibid.: 11).

Anche la narrazione di Susan parte dal desiderio, il desiderio di raccontare la propria storia, il desiderio di esserne l’autore (Susan Barton sa di non poter essere autrice): Susan Barton vuole dare conto di sé e della sua vita sull'isola attraverso la scrittura. Nella ricerca del suo autore la donna si scontra, per , con due insormontabili ostacoli: l’altra storia, non la sua, in cui Foe, l’autore, vorrebbe inserirla («I am not a story, Mr Foe. [...] my life did not begin in the waves. […] I am a free woman who asserts her freedom by telling her story according to her own desire», Foe: 131) e Friday, il servo di Cruso. Friday è il buco nella narrazione.

Mrs Curren desidera, scrivendo, coprire la distanza che la separa dalla figlia; scrive per allontanare la propria morte, per allungare la fine alla quale la sua malattia – inevitabilmente – la condurrà, consapevole, come tutte le narratrici coetziane, dello stretto legame che lega la scrittura alla morte: «Death may indeed be the last great foe of writing, but writing is also the foe of death. Therefore writing, holding death at arm’s length» (AI: 115-116). Unico compagno, mentre la morte, tenuta in sospeso dalla narrazione, si avvicina, è proprio Vercueil, il vagabondo, l’ubriacone, lo sconosciuto e, proprio per questo, colui al quale Mrs Curren affida tutto, anche la sua lettera.

Le tre donne danno vita a tre narrazioni di desiderio che si generano dall’assenza (di reciprocità, di una storia, di una figlia…), a tre monologhi che sfuggono a qualsiasi tentativo di categorizzazione formale12.

décervelante, meurtrière» (Cixous 2010: 41). Si è voluto insegnare alle donne, fin dalla loro infanzia, fin da quando hanno cominciato a riconoscere il loro nome che «leur région est noire: parce que tu es Afrique, tu es noire. Ton continent est noir. Le noir est dangereux. Dans le noir tu ne vois rien, tu as peur. Ne bouge pas car tu risques de tomber. Surtout ne va pas dans la forêt. Et l'horreur du noir, nous l'avons intériorisée» (ibid).

12 In the Heart of the Country è una sorta di riscrittura dell'écriture féminine, una narrazione che si ripete, che salta, che spesso viene interrotta per poi ricominciare. Ma anche in Foe la narrazione esce dagli schemi: nella prima parte Susan racconta del suo naufragio; nella seconda scrive delle lettere, mai inviate, a Foe, in fuga dai creditori; nella terza Susan incontra lo scrittore. L’incontro con Foe la porta a mettere in dubbio la sua stessa esistenza: «Who is speaking me?» (Foe: 133); nella quarta e ultima parte, invece, la narrazione scivola dalla voce di Susan a quella del personaggio-

Anche il romanzo di Elizabeth Costello pone alcuni problemi di definizione: Poyner lo definisce una «quasi-novel» (Poyner 2009: 2), Attridge una fiction-as-lecture (Attridge 2004: 196). A differenza delle altre, per , Elizabeth Costello non è una narratrice, non dice “io” in nessuno dei romanzi o dei racconti di cui è protagonista. Elizabeth Cosetello, per , esattamente come le tre narratrici coetziane, è implicata nel doppio legame di assoggettamento al/complicità con il potere e, in quanto personaggio e in quanto autrice di romanzi lei stessa, ragiona, scrive, narra di desideri.

Ogni lezione, ogni racconto, ogni romanzo in cui Elizabeth Costello fa il suo ingresso ha a che fare con il desiderio. La riflessione pu essere esplicita, come quando, in Eros, la scrittrice si interroga sulle unioni sessuali tra gli dei – e, molto più raramente, le dee – e gli esseri umani e si chiede, come ha già fatto nel suo romanzo su Marion Bloom, quale sia il punto di vista femminile, che succede alla ragazza: «what about the girl, she wants to ask the poet, if you can say what it was like for him, why not tell us how it was for her?» (EC: 184); oppure pu presentarsi in maniera più velata, come quando, nel capitolo Realism, Susan Moebius si rivolge a Elizabeth Costello come alla scrittrice diventata famosa per la riscrittura del monologo di Marion Bloom – che è una donna che desidera:

You have taken Molly out of the house – if I can continue with your metaphor – taken her out of the House on Eccles Street where her husband and her lover and in a certain sense her author have confined her […] Wouldn't you see that as a challenge to Joyce on your part, a response? (EC: 12-13)

Elizabeth Costello, inoltre, è la scrittrice che sul sesso scrive con assoluta lucidità («About sex, about passion and jealousy and envy, she writes with an insight that shakes him», ibid.: 5), che fa continuamente congetture sul desiderio di chi le sta attorno. Elizabeth Costello è una donna sola affamata d’amore («starved for love», SM: 237), una scrittrice che sta cercando di accettare l’assenza di desiderio nella sua vita. Ma senza desiderio, cosa resta? («What is left for me? I am the one who cries»,, WGO).

autore (?) che, di fatto, obbliga a rimettere in questione l'intero romanzo. In Age of Iron, invece, Mrs Curren è l'autrice di una lunga lettera alla figlia, fuggita dal Sudafrica e ormai lontana negli Stati Uniti, una lettera impossibile e inattendibile, una lettera che viene dall'aldilà e che forse non giungerà mai alla sua destinataria.

Restano le storie. In As a Woman Grows Older, la storia che Elizabeth sceglie di raccontare ai suoi figli è, non a caso, una storia che ha a che fare con il desiderio: la storia di un uomo in una città straniera per lavoro, la storia di un uomo in una stanza d’albergo «feeling in the mood for adventure» (ibid.). L’uomo decide di chiamare una ragazza. La ragazza arriva: «He is free with her as he is not free with his wife; he makes certain demands on her» (ibid.). Elizabeth Costello non sa come andrà avanti la sua storia, sa, per , che l’uomo e la ragazza devono incontrarsi, e riconoscersi. Ci che Elizabeth ha, per , omesso di raccontare ai sui figli è che la ragazza è molto bella. Prima di allora, prima di quella sera in quella città straniera, l'uomo non aveva mai fatto niente del genere, «the humiliating of beauty, the bringing down of it» (ibid.). L’umiliazione della bellezza non era nei suoi piani quando aveva fatto la chiamata, ma è proprio la bellezza della ragazza a essergli sembrata un affronto:

It seemed an affront to him that all his life he should have missed it, beauty, and would probably miss it from here onward too. A universe without justice! he would have cried inwardly, and proceeded from there in his bitter way. (WGO)

Come Lurie, l’uomo ha pensato che la bellezza della ragazza fosse anche sua, che la bellezza fosse un dono da condividere, un concetto incarnato in un corpo . È pensando al concetto che si è dimenticato del corpo in cui la bellezza si è incarnata. Dimenticandosi del corpo anche lui ha trasformato il desiderio in possesso .

Ci che accomuna Magda, Susan Barton, Mrs Curren e Elizabeth Costello è il desiderio di raccontare la propria storia, un desiderio che, nella narrativa di Coetzee, si lega strettamente (e in modo quasi esclusivo) ai personaggi femminili.

Il desiderio di narrare dei personaggi maschili non è, infatti, mai messo in scena – non lo è perché, prima ancora di trovarsi nella condizione di dover desiderare, questi personaggi già occupano, di fatto, una posizione autoriale, già si trovano nella posizione per poter raccontare. Sembra allora che la questione centrale sia: il desiderio di chi non viene messo in scena?

Sono i desideri narrativi di Michael K, di Friday, di Vercueil, ma anche della donna barbara e, per certi aspetti, di Lucy il buco nella narrazione. Ai loro desideri non hanno accesso né la lettrice, né gli altri personaggi all’interno della narrazione. Michal K, Friday, Vercueil non parlano .

Il loro silenzio costringe a ripensare un sistema di potere che non pu essere binario. Michael K, Friday e Vercueil sono degli uomini e, ciononostante, non possono accedere al potere autoriale. Lo stesso vale per il desiderio di narrazione della donna barbara: non possiamo sapere cosa la donna desidera; non possiamo sapere se la donna ha, effettivamente, dei desideri. La donna barbara, infatti, priva anche di un nome, è una subalterna e come tale non ha voce, non pu occupare la posizione di potere che, per quanto marginale, Magda, Susan Barton, Mrs Curren e Elizabeth Costello di fatto occupano.

Questa precisazione è importante perché permette di chiamare in causa il doppio legame in cui sono invischiate le protagoniste coetziane: bianche, e quindi colonizzatrici, da un lato, ma anche donne, e in quanto donne assoggettate al potere patriarcale maschile. Esse ricoprono, quindi, un ruolo che le getta ai margini del potere (patriarcale e coloniale), ma che le ricolloca, comunque, al suo centro, proprio nel momento in cui ai due termini dell’opposizione viene aggiunto un terzo soggetto che costringe, soltanto con la sua silenziosa presenza, a ridefinire il sistema dei rapporti fino a quel momento essenzialmente dicotomico.

Queste donne, sia perché più direttamente impantanate nelle strutture del potere, sia perché, nella finzione letteraria, occupano la posizione di narratrici, mettono in scena la loro oppressione e, a partire da questa, resistono all'interno del testo. In questo modo, i personaggi femminili, con le loro presenze, le loro storie, le loro narrazioni possono gettare luce – proprio attraverso l'oppressione e la resistenza che mettono in atto – su altre resistenze, su altre oppressioni, su altre subalternità che, pur restando inaccessibili, sfuggono all'invisibilità per segnare la loro presenza nel testo16.

Se, con Butler, si considerano sesso, genere e desiderio (Butler 2008: XXXI) effetti di una specifica formazione di potere, allora la messa in scena dei corpi e dei desideri di questi personaggi femminili diventa un elemento fondamentale, ci che, nel testo di finzione,

16 Laura Wright chiama displacement il meccanismo attraverso il quale Coetzee dà voce ai personaggi femminili e, citando Trinh T. Minh-Ha, definisce displacement «a mode of resistance in that it “involves the invention of new forms of subjectivities […] of relationships, which also implies the continuous renewal of values to which one refers in fabricating the tools of resistance”» (Wright 2006c: 12). Attraverso questo spostamento Coetzee evita di mettersi nella condizione di parlare al posto dell’altro/a da sé. Il displacement, ottenuto con i personaggi femminili che raccontano in prima persona le loro storie o con la messa in scena di Elizabeth Costello, non riguarda soltanto la voce narrativa, anche la voce autoriale entra in crisi, rimane indefinita e indefinibile e solleva problemi che riguardano il potere, la proprietà, l’autorità e l’autorialità. Il livello di complessità aumenta soprattutto quando l’autorialità di Coetzee lascia spazio a quella di Elizabeth Costello, l’autrice inscritta nel testo letterario, colei che sostituisce lo scrittore prendendo vita dalla e nella sua voce, una voce che è non solo letteraria, ma anche presente e reale, una voce che è uscita dalla letteratura e dalla nonpresenza che la caratterizza nel momento stesso in cui è stata ascoltata dal pubblico presente alle lecture. Coetzee cede il passo a Elizabeth Costello proprio nel momento in cui chi ascolta si aspetterebbe che egli, presente fisicamente davanti a un pubblico, desse, per una volta, voce a se stesso. In quella che diventa una vera e propria performance letteraria, la voce che Coetzee abita non è più «neither Coetzee’s nor Costello’s, neither male nor female, neither fully rational nor emotional» (ibid.: 200): la voce che si crea non è solo quella dell'autore, non è solo quella del personaggio, non è maschile, non è femminile, è una voce che, ancora una volta, problematizza la logica dualista responsabile delle opposizioni binarie del pensiero coloniale e patriarcale, è una voce che «disrupts the privileging of the rational over the emotional by calling into question assumptions about author, narrator, protagonist, text and audience» (ibid). Ancora una volta, quindi, Coetzee mette in questione la presunta sessualità della scrittura, e lo fa su due piani: un piano finzionale (nei suoi romanzi, con i suoi personaggi) e un piano extratestuale più esterno (in quanto autore di romanzi e in quanto studioso di letteratura). Chiamato a riflettere sulla scrittura, Coetzee si chiede allora: «is one, as a writer, at every level, sexed? Is there not a level where one is, if not presexual, than anterior to sex? First anterior to sex, than becoming sexed? At that level, or in that transition between levels, does one actually “take on” the voice of another sex? Doesn't one “become another” sex? On the other hand, I must ask myself who is this “one” who is anterior to Magda» (Scott, 1997: 91).

concorre a rendere espliciti il funzionamento e la violenza delle norme che agiscono nella costruzione del loro genere, un genere che, comunque, è deviante rispetto alla femminilità normativa . Coetzee mette in scena la violenza normativa insita nella costruzione dell'identità di genere – e di ogni altro tipo di identità – nel riconoscimento che, per , è proprio a partire dal soggetto costruito che l’esercizio della propria agency diventa possibile («the constituted character of the subject is the very precondition of its agency», Butler 1992: 12). Esiste qualcosa al di là del quale, per , la costruzione non pu spingersi, il luogo in cui essa va incontro ai propri limiti. Questo limite è dato dal corpo. Un corpo che c’è, un corpo che soffre, un corpo che rivendica la sua presenza (il corpo di Magda, il corpo di Friday, il corpo della donna barbara, il corpo di Michael K, il corpo di Mrs Curren …).

   La messa in scena della paternità letteraria

Magda, Susan Barton, Mrs Curren narrano. Eppure non sono mai le autrici delle proprie storie, non occupano mai una posizione autoriale.  

È ora necessario aprire una parentesi su Elizabeth Costello. Se è vero infatti che Elizabeth Costello è una scrittrice ormai affermata e, in quanto tale, esercita sul testo il potere che le deriva dalla sua posizione autoriale, la scrittice è pur sempre una donna, ed è una vecchia: «she serves as the embodiment of all that is potentially least respected in academia» (Wright 2006b: 202). Elizabeth Costello, inoltre, è una scrittrice femminista che parla di empatia (il suo nome è costantemente associato al romanzo che l’ha resa famosa, The House on Eccles Street ). Questo fa sì che la sua posizione sia percepita, quasi inevitabilmente, come femminile e, quindi, meno credibile: «the empathetic voice – male or female – may always run the risk of being feminized; if the voice is in fact a female voice, it runs the risk of being hystericalized as well» (ibid.: 208). La credibilità e l'efficacia del potere rappresentato da Elizabeth Costello vengono, quindi, continuamente messe in discussione .

Fatta questa premessa che tiene conto della specificità di un personaggio come Elizabeth Costello, nelle narrazioni di Magda, Susan Barton e Mrs Curren , Coetzee mette in scena la differenza tra narrazione e potere autoriale declinando l’autorialità come paternità letteraria, tra l’Autorità di sesso maschile, detentrice del potere, e una figura – più spesso femminile, ma anche maschile se il personaggio non corrisponde ai canoni di “virilità normativa” –, che cerca di resistere alla violenza che questo stesso potere esercita nel tentativo di spiegarla.

«Is pen a metaphorical penis?» (Gilbert – Gubar 2000: 3): è con questa domanda che si apre The Madwoman in the Attic.

Che lo scrittore generi (fathers) il suo testo come dio ha generato il mondo e che, quindi, l’autorialità sia strettamente legata alla sessualità maschile, è uno dei concetti patriarcali alla base della letteratura occidentale .

Questo modo di concepire l’autorialità e l’autore (padre, procreatore, patriarca «whose pen is an instrument of generative power like his penis», ibid.: 6) implica, prima di tutto, un certo grado di ansia (anxiety, cfr. Gilbert – Gubar 2000) affinché la superiorità maschile sia continuamente riaffermata e riassicurata e, di conseguenza, la comparsa di tutta una serie di «compensatory fictions» (ibid.), creazioni cioè di un mondo che abbia come presupposti gli stessi valori patriarcali su cui si basa il concetto di autorialità e che contribuisca, quindi, a mantenere saldo il potere dal quale questa autorità è emanata (ibid.). L’ansia, inoltre, è strettamente legata alla legal fiction della paternità che, non certa, ha sempre bisogno di essere dimostrata e riconfermata .

Se il potere generativo maschile viene presentato come l'unico potere letterario possibile, assolutamente e quasi indissolubilmente legato alla sessualità e al desiderio dell’uomo, la sessualità femminile diventa allora, al contrario, il marchio dell’esclusione, l’assenza stessa del potere letterario («the absence of such power», ibid.: 8). È chiaro che, così strutturata, l’autorialità/paternità non pu includere le donne.

Benché la critica abbia legato la messa in scena della paternità letteraria soprattutto a Foe , nessuna delle narratrici coetziane occupa una posizione autoriale , tutte, per , desiderano raccontare la propria storia.

Susan Barton è mossa dal desiderio di narrare, di raccontare la propria storia a Cruso, a Foe, a se stessa («”Let me tell you my story,” said I; “for I am sure you are wondering who I am and how I come to be here», Foe: 9). Il suo bisogno di raccontare è talmente forte che la donna dà per scontato che anche Cruso sia mosso dal suo stesso desiderio. Cruso, per , non sente alcuna necessità di raccontare storie.

La consapevolezza dell’impossibilità di ricoprire una posizione autoriale, di essere il padre della sua storia («father of my story», ibid.: 123) non è improvvisa e arriva solo alla fine di una serie di tentativi in cui Susan Barton ha opposto resistenza, si è opposta al suo Autore – l’autore che lei stessa si è scelta –, e alle storie che egli ha voluto costruire su di lei. Soltanto alla fine, infatti, Susan Barton accetta di non poter essere la madre della sua storia: non esistono muse-uomo che possano ispirare la sua penna ; il suo desiderio di narrare non pu essere soddisfatto perché il suo potere generativo non è maschile. Susan pu , tuttavia, immaginare e rivendicare per se stessa il ruolo di Musa, colei che aiuta il potere, che cavalca l’intuizione poetica («I was intended not to be the mother of my story, but to beget it. It is not I who am the intended, but you”», ibid.: 126).

Fin qui il discorso sembra scorrere in maniera abbastanza convincente: la messa in scena della paternità letteraria sta nei tentativi, fallimentari, di Susan di occupare una posizione autoriale (a lei, in quanto donna, inaccessibile); il femminismo che alcune critiche hanno voluto leggere sta nella resistenza che, ciononostante, Susan oppone al potere del suo Autore rifiutando la storia in cui Foe vorrebbe trasformarla, nella riscrittura del canone letterario, nel tentativo di rivendicare la propria presenza sull'isola.

Ci che, per , manca in tutto questo discorso, ci che obbliga a rivedere tutto quello che è stato detto finora, è la figura di Friday. Friday è il silenzio nella narrazione. Egli è inspiegabile, per certi versi inconoscibile. E ogni tentativo che Susan compie per spiegarlo è, di fatto, una proiezione dei suoi desideri su un uomo che continua a restare in silenzio. È il silenzio , infatti, ci che rende la resistenza di Friday così significativa, un silenzio che – come quello di Michael K, della donna barbara e, per certi versi, di Lucy in Disgrace –, crea un buco nella narrazione, un buco in cui tutto sprofonda nel vano tentativo di essere riempito.

Friday non parla. Non ha la lingua. Ma è veramente la lingua che gli è stata amputata? Susan desidera capire perché né Cruso né Friday provavano alcun desiderio nei suoi confronti: «why did you not desire me, neither you nor your master?» (Foe: 86).

Il legame scrittura-desiderio viene qui esplicitato. Se il desiderio maschile viene associato al potere autoriale e alla volontà di narrare, è chiaro allora che né Cruso né Friday possono ricoprire una posizione autoriale. In essi, infatti, sia il desiderio sessuale che quello per la narrazione sono completamente assenti: Cruso non solo non desidera raccontare storie ma, negli unici due momenti in cui tra lui e Susan si stabilisce un rapporto di tipo sessuale, egli è in preda ai deliri della febbre – la prima volta –, e sta per morire sulla nave – la seconda. Friday, invece, è, di fatto, già stato escluso a priori dalla “virilità normativa” e dal potere autoriale ad essa connesso, proprio nel momento in cui si immagina che la sua mutilazione riguardi non la lingua, ma i genitali che, nell’ottica della paternità letteraria, sono l’essenza stessa del potere (letterario):

There was too little desire in Cruso and Friday: too little desire to escape, too little desire for a new life. Without desire how is it possible to make a story? (Foe: 88)

L’associazione sessualità-desiderio-potere autoriale, i tentativi di sfuggire a un potere autoriale maschile, la volontà di rivendicare la propria storia, la resistenza attuata nei confronti di questo potere sono tutti aspetti che coinvolgono, oltre alle quattro protagoniste femminili prese in considerazione in questo articolo, molti altri personaggi coetziani.

Summertime, per esempio, mette in scena la lotta tra un giornalista e quattro donne le cui vite, in qualche modo, si sono intrecciate a quella del defunto scrittore John Coetzee. Il giornalista vorrebbe semplificare le loro storie, ridurle allo stesso schema narrativo, etichettarle come racconti su “le donne di Coetzee”. Ma le donne si oppongono con un’altra storia, la loro storia. In essa John Coetzee ha giocato solo una piccola parte, un ruolo secondario.

Lucy in Disgrace, un po’ come la donna barbara, si oppone al padre con un ostentato silenzio. Lurie vorrebbe capire la storia dello stupro, e interroga la figlia, le pone domande. Ma Lucy non risponde («“Are you all right? Are you hurt?” […] she does not reply», D: 98). Sceglie il silenzio. E più il padre associa il suo silenzio a una debolezza, alla paura, più Lucy diventa forte nella sua resistenza .

In Age of Iron e in Life and Time of Michael K i personaggi che resistono sono, come Friday in Foe e, in parte, come John Coetzee in Summertime, degli uomini che, per , non rientrano nei canoni della virilità normativa. Sia Vercueil che Michael K, infatti, non manifestano alcun tipo di desiderio sessuale o, comunque, non vengono riconosciuti, da chi vuole spiegarli, come detentori del potere sessuale maschile al quale è associato il potere autoriale .

Nella lunga lettera che scrive alla figlia, Mrs Curren si scontra con l’ostinato silenzio di Vercueil. La donna crede di sapere, proprio come Susan, quali sono i suoi desideri: pensa che sia un uomo ingenuo, bisognoso d’aiuto, solo; pensa che desideri sposarsi, che abbia bisogno di una moglie con cui condividere la solitudine («I would say you need a wife, if the idea does not strike you as ecccentric. Even that woman you brought here», AI: 188). Pensa, immagina e, tuttavia, pur sapendo che Vercueil ha sicuramente una sua storia da raccontare («I always knew he had a story to tell», ibid.: 187), Mrs Curren non sa niente di lui, proprio come Susan non sa niente di Friday.

Sia Susan che Mrs. Curren cercano di interpretare il silenzio dell’uomo che si sono ritrovate vicino e proiettano su di lui i propri desideri, quelli che immaginano egli possa manifestare e ai quali, tuttavia, entrambe le donne (e noi che leggiamo) non possono avere accesso.

Come Friday e Vercueil, anche Michael K30 non ha nessun desiderio sessuale – o almeno, così crede chi narra la sua storia –, né alcun desiderio di generare un figlio che possa lasciare un segno della sua presenza: «How fortunate that I have no children, he thought: how fortunate that I have no desire to father» (MK: 104).

A partire dalla messa in scena della paternità letteraria e dell’autorità che inevitabilmente chi prende in mano la penna esercita sul testo, sui suoi personaggi, sui mondi che crea, Coetzee interroga il potere che, in quanto scrittore, egli stesso rappresenta.

In The Novel Today (Coetzee 1988), Coetzee paragona le storie (stories) agli scarafaggi. Come gli scarafaggi le storie si possono consumare, si possono colonizzare, si possono mescolare, catturare, generare, incorniciare, intrappolare, fotografare. Sugli scarafaggi si

mind goes again to the museum in Berlin, to the goddess-fiend drawing out the seed from the corpse, saving it. Thus at last the time arrives and the hand that holds the pen begins to move» (MP: 241); «All that day I sit in trance at my desk staring at the empty white paper, waiting for words to come. A second day passes in the same way. On the third day I surrender, put the paper back in the drawer, and make preparations to leave. It seems appropriate that a man who does not know what to do with the woman in his bed should not know what to write» (WB: 62-63).

30 Life and Times of Michael K è scritto in terza persona. Tuttavia, il narratore (o la narratrice) non ha mai accesso ai pensieri di Michael. Il racconto non è completamente focalizzato su di lui. È come se chi narra lo seguisse da vicino, descrivendo ogni suo passo, ma mai dal suo punto di vista: «The narrative perpetuates Michael’s silences in its point of view and use of passive sentence constructions. […] even Michael’s thoughts are strangely muted by Coetzee’s grammar» (Gallagher 1991: 161).

possono persino scrivere altre storie. «One of the thing you cannot – apparently – do is eradicate them» (Coetzee 1988: 4). Le storie, come gli scarafaggi, non possono essere sradicate. E, proprio come gli scarafaggi, non hanno bisogno di nessuno che si prenda cura di loro: le storie possono prendersi cura di se stesse. La forza delle storie – e degli scarafaggi – risiede proprio nella loro capacità di adattamento, nel potere che hanno di cambiare le proprie regole interne. In un modo o nell’altro le storie riescono sempre a sfuggire al controllo che si cerca di esercitare su di loro:

No matter what it may appear to be doing, the story may not really be playing the game you call Class Conflict or the game called Male Domination or any of the other games in the games handbook. While it may be possible to read the book as playing one of those games, in reading it in that way you may have missed something. You may have missed not just something, you may have missed everything. (Ibid.: 3-4)

Quello che allora sembra dire Coetzee – e anche questa è un’interpretazione – è che, per quanto lecita possa essere l’adozione di una prospettiva, il rischio è sempre quello di perdere di vista la complessità, la complessità della storia, la complessità dei punti di vista, la complessità di ci che è in gioco. Focalizzando l’attenzione sul conflitto di classe o sul problema di genere, e unicamente su uno di questi due aspetti, per quanto importante e fondamentale sia il ruolo che essi giocano nella narrazione, ci si potrebbe perdere qualcosa. Forse proprio tutto. Ecco allora che mettere in gioco la paternità letteraria e la lettura che di essa hanno fatto le teorie femministe permette a Coetzee di evidenziare la complessità dei modi in cui agisce il potere: vicino a Susan, c'è la donna barbara, c'è Lucy, e c'è sempre anche Friday.

Fallimenti. E resistenze

Ho cercato di delineare come nei romanzi di J.M. Coetzee il desiderio sia strettamente legato al fallimento, un fallimento che si manifesta su diversi piani: l’inappagamento del desiderio come sua propria condizione di esistenza; la frustrazione del desiderio dei corpi; l’intraducibilità del desiderio nelle parole; l’impossibilità di accedere ai desideri degli/delle altri/e; l’inaccessibilità al corpo dal quale prendono il via le narrazioni e il fallimento di quelle stesse narrazioni, sempre costrette a fare i conti con salti, ellissi, veri e propri buchi, vuoti che non possono essere riempiti, e che, tuttavia, rivendicano la loro esistenza (è un buco la storia di Friday, lo è la storia di Vercueil).

È proprio a partire dal fallimento che, per , una resistenza diventa immaginabile.

I desideri di queste donne non sono riconosciuti, non sono soddisfatti, non sono compiuti. Magda, Susan Barton, Mrs Curren e Elizabeth Costello sono caratterizzate dall’impossibilità di essere definite, categorizzate, spiegate. Tutte e quattro le donne sfuggono al potere. Sfuggono alla Storia. Sfuggono all’autore. Sfuggono anche a qualsiasi tentativo di schematizzazione e semplificazione formale che la critica cerca di imporre loro. E con la fuga, con la continua negoziazione e rinegoziazione dei propri confini e dei proprio limiti, resistono. La loro resistenza si dà nella forma letteraria, attraverso la creazione di narrazioni alternative, nel monologo, nei contromiti a cui danno vita con la loro presenza sulla scena, nella deviazione rispetto all’ideale femminile, nella solitudine31, nell’autonomia che ne deriva, nell’opposizione alla femminilità normativa, nella marginalità della

31 La solitudine è un tratto importante che caratterizza tutte e quattro le protagoniste coetziane. Non mi è possibile approfondire questo aspetto nell’articolo, vale per la pena sottolineare che è proprio in quanto donne sole queste donne mettono in crisi e minacciano l’ordine costituito, offrendo delle narrazioni alternative, spesso circolari, a spirale, narrazioni che sono caratterizzate da un tempo altro, non lineare, non cronologico. Solitudine significa, infatti, anche «autonomia e autoresponsabilità» (Adamo 2000: 182). La solitudine, inoltre, le pone in una condizione di «devianza rispetto all’ideale femminile» (ibid.: 187), una devianza che permette loro di resistere all’immagine di mogli, madri, figlie cui l'eteronormatività riproduttiva le ascriverebbe.

loro posizione, nel corpo, nel linguaggio, e nel desiderio, un desiderio inappagato, inespresso, inesprimibile.

Al di là delle narratrici e dei loro desideri esistono, per , altri personaggi, altri soggetti ai cui desideri non abbiamo accesso: i desideri di Friday, Vercueil, Michael K, i desideri di Lucy e della donna barbara possono solo essere immaginati, presupposti. La questione fondamentale è, allora, ancora una volta, l’assenza, il buco nella narrazione. È nell’impossibilità di spiegare questi buchi che Coetzee mette in scena la complessità di un sistema di potere che va al di là di qualsiasi logica binaria, a partire da quella che oppone alla paternità letteraria il desiderio delle narratrici femminili.

Così delineato il desiderio chiama in causa i limiti della scrittura, ci al di là del quale la scrittura non pu più spingersi. È un limite il desiderio, lo è anche il corpo, il corpo e il desiderio di Friday, il corpo e il desiderio della donna barbara.

Si tratta di capire, allora, a chi viene riconosciuto lo statuto di essere umano. Si tratta di riconoscere l’impossibilità di una resistenza attuata al di fuori del potere per agire, invece, dall'interno, per far agire nel e con il testo letterario dei personaggi che rendono possibile una resistenza al potere, una resistenza che si dà proprio nei silenzi, nell’inconoscibilità, nell’irriducibile alterità di chi con il proprio corpo rivendica la sua presenza. Si tratta di evidenziare la responsabilità di chi legge, di affrontare tutta la complessità che il problema della rappresentabilità e della rappresentazione mette in luce. Si tratta, in fondo, di porre al centro della questione la letteratura e di interrogare la sua complessità, il suo non essere mai banale, mai completamente spiegabile, comprensibile, categorizzabile. La resistenza non riguarda allora soltanto i personaggi, né solo il testo letterario. La resistenza coinvolge direttamente anche il/la lettore/lettrice, responsabile di «fare in modo che gli atti di resistenza contino, che non passino inosservati, che siano dunque riconoscibili» (Adamo 2007: 22), la resistenza riguarda la letteratura stessa.

L’accettazione del fallimento diventa allora una necessità, la necessità di un riconoscimento, il riconoscimento della posizione che si occupa, del potere che si esercita e in cui, comunque, si è sempre impantanati/e. Il desiderio e il fallimento, dei corpi e della narrazione, chiamano in causa l'etica e la responsabilità di chi scrive, ma anche quella di chi legge, un’etica e una responsabilità che sono più della letteratura ma che solo nella letteratura possono essere mostrate in tutta la loro problematica complessità, un’etica e una responsabilità che Coetzee non smette mai di interrogare.

Bibliografia

Opere di J.M. Coetzee:

Dusklands, London, Vintage, 1998 (1974¹), trad. it. di M. Baiocchi, Terre al crepuscolo, Torino, Einaudi, 2003.

In the Heart of the Country, London, Vintage, 2004 (1977¹), trad. it. di F. Cavagnoli, Nel cuore del paese, Torino, Einaudi, 2004.

Waiting for the Barbarians, London, Vintage, 2000 (1980¹), trad. it. di M. Baiocchi, Aspettando i barbari, Torino, Einaudi, 2000.

Life and Times of Michael K, London, Vintage1998 (1983¹), trad. it. di M. Baiocchi, La vita e il tempo di Michael K, Torino, Einaudi, 2001.

“A Note on Writing”, Momentum: on Recent South African Writing, Eds. M.J Daymond, J.U. Jacobs, M., Lenta, University of Natal Press, 1984: 11-13.

Foe, London, Penguin Books, 1987 (1986¹), trad. it. di F. Cavagnoli, Foe, Torino, Einaudi, 2005.

“The Novel Today”, Upstream, 6 (1988): 1: 2-5.

Age of Iron, London, Secker & Warburg, 1998 (1990¹), trad. it. di C. Concilio, Età di ferro, Roma, Donzelli, 2006.

D. Attwell (ed.), Doubling the Point, Cambridge London, Harvard University Press, 1992.

The Master of Petersburg, London, Vintage, 1999 (1994¹), trad. it. di M. Baiocchi, Il maestro di Pietroburgo, Torino, Einaudi, 2005.

Boyhood. Scenes from a Provincial Life, London, Vintage, 1998 (1997¹), trad. it. di F. Cavagnoli, Infanzia. Scene di vita di provincia, Torino, Einaudi, 2001.

Disgrace, London, Vintage, 2000 (1999¹), trad. it. di G. Bona, Vergogna, Torino, Einaudi, 2000.

della guerra in Vietnam soltanto alla fine della narrazione. La neutralità, la non responsabilità del protagonista che, in fondo, non aveva fatto altro che scrivere un progetto, è messa in discussione, infatti, soltanto nelle ultime pagine. Eugene Dawn diventa allora, a posteriori, colpevole e connivente del potere al quale credeva di essere estraneo. Lo stesso meccanismo narrativo è utilizzato in Disgrace o in Waiting for the Barbarians. Per l’etica della lettura in J.M. Coetzee cfr. Attridge 2004.

The Lives of Animals, Princeton, Princeton University Press, 1999, trad.

it. di F. Cavagnoli, G. Arduni, La vita degli animali, Milano, Adelphi, 2000.

“A House in Spain”, Architectural Digest, 57 (2000): 10: 68, 72, 76.

Youth, Scenes from a Provincial Life, London, Vintage, 2003 (2002¹), trad. it. di F. Cavagnoli, Gioventù. Scene di vita di provincia, Torino, Einaudi, 2004.

Elizabeth Costello, London, Secker & Warburg, 2003, trad it. M. Baiocchi, Elizabeth Costello, Torino, Einaudi, 2004.

“As a Woman Grows Older”, The New York Review of Books, 15 gennaio 2004, http://www.nybooks.com/articles/archives/2004/jan/ 15/as-a-woman-grows-older/, online (ultimo accesso 23/05/2013).

Slow Man, London, Secker & Warburg, 2005, trad. it. di M. Baiocchi, Slow Man, Torino, Einaudi, 2006.

Diary of a Bad Year, London, Harvill Secker, 2007, trad. it. di M. Baiocchi, Diario di un anno difficile, Torino, Einaudi, 2008.

The Old Woman and the Cats, 2011 (2009¹), video della lettura, http://vimeo.com/moogaloop.swf?clip_id=19134318&server=vim eo.com&show_title=0&show_byline=0&show_portrait=0&color=& fullscreen=1, online, (ultimo accesso 14/05/2013); parziale trad. it. “Quando i gatti hanno un’anima: la fede magica di mia madre”, http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009 /06/27/quando-gatti-hanno-un-anima-la-fede.html, online (ultimo accesso 14/03/2013).

Summertime. Scenes from a Provincial Life, New York, Viking, 2009, trad.

it. di M. Baiocchi, Tempo d'estate. Scene di vita di provincia, Torino, Einaudi, 2010.

Adamo, Sergia, “Donne sole: posizioni al femminile di fronte al racconto delle generazioni”, I vecchi e i giovani: atti della Scuola europea di studi comparati, Ed. Marina Polacco, Firenze, Le Monnier, 2000: 182-201.

Adamo, Sergia (ed.), Culture planetarie? Prospettive e limiti della teoria e della critica culturale, Roma, Meltemi, 2007.

Attridge, Derek, “Oppressive Silence: J.M. Coetzee's Foe and the Politics of Canonisation”, Critical Perspectives on J.M. Coetzee, Eds. Graham Huggan, Stephen Watson, Basingstoke, McMillan, 1996: 168-190.

Attridge, Derek – Jolly, Rosemery (eds.), Writing South Africa. Literature, Apartheid and Democracy 1970-1995, Cambridge, Cambridge

University Press, 1998.

Attridge, Derek, “Literary Form and the Demands of Politics: Otherness in J.M. Coetzee's Age of Iron”, Critical Essays on J.M. Coetzee, Ed. Sue Kossew, New York, G.K. Hall, 1998: 198-213.

Attridge, Derek – McDonald, Peter D. (eds.), J. M. Coetzee’s «Disgrace», special Issue of Interventions, 4.3 (2002).

Attridge, Derek, J.M. Coetzee and the Ethics of Reading. Literature in the Event, Chicago, University of Chicago Press, 2004.

Attridge, Derek, “Against Allegory: Waiting for the Barbarians, Life & Times of Michael K, and the Question of Literary Reading”, J. M. Coetzee and the Idea of the Public Intellectual, Ed. Jane Poyner, Athens, Ohio University Press, 2006: 63-82.

Attwell, David, J.M. Coetzee. South Africa and the Politics of Writing, Berkeley-Cape Town, University of California Press-David Philip, 1993.

Attwell, David, “Dialogue and Fulfillment in J.M. Coetzee's Age of

Iron”, Writing South Africa. Literature, Apartheid and Democracy 19701995, Eds. Derek Attridge – Rosemery Jolly, Cambridge, Cambridge University Press, 1998: 166-179.

Attwell, David, “The Life and Time of Elizabeth Costello: J.M. Coetzee and the Public Sphere”, J. M. Coetzee and the Idea of the Public Intellectual, Ed. Jane Poyner, Athens, Ohio University Press, 2006: 25-41.

Begam, Richard, “Silence and Mut(e)ilation: White Writing in J.M. Coetzee's Foe”, The South Atlantic Quarterly, 93.1 (1994): 111-129.

Boehmer, Elleke – Eaglestone, Robert – Iddiols, Katy (eds.), J.M. Coetzee in Context and Theory, London, Continuum International, 2010.

Bressem, Hanjo, “Foe: the Corruption of Words”, Matatu, 2 (1988): 222235.

Briganti, Chiara, “A Bored Spinster with a Locked Diary: the Politics of Hysteria in In the Heart of the Country”, Research in African

Literatures, 25.4 (1994): 33-49.

Butler, Judith, “Performative Acts and Gender Constitution: An Essay in Phenomenology and Feminist Theory”, Theatre Journal, 40.4 (1988): 519-531.

Butler, Judith, Gender Trouble, New York-London, Routledge, 2008

(1990¹).

Butler, Judith, “Contingent Foundations: Feminism and the Question of Postmodernism”, Feminists Theorize the Political, Eds. Joan W.

Scott – Judith Butler, New York, Routledge, 1992: 3-21.

Butler, Judith, Bodies that Matter, New York-London, Routledge, 1993.

Butler, Judith, Antigone's Claim, New York, Columbia University Press, 2000.

Butler, Judith, “La non-violenza è necessaria e impossibile. Risposta a Catherine Mills e Fiona Jenkins”, trad. it. di S. Adamo, aut aut, 344 (2009): 126- 147.

Butler, Judith, Violenza, non-violenza: Sartre su Fanon, trad. it. di S. Adamo, aut aut, 344 (2009): 32-63.

Butler, Judith, Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, trad. it. di Sergia Adamo, Milano, Laterza, 2013.

Cavarero, Adriana, Nonostante Platone, Verona, ombre corte, 2009

(19901).

Cavarero, Adriana, Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione, Milano, Feltrinelli, 2001 (19971).

Cixous, Hélène, Le Rire de la Méduse et autres ironie, Paris, Galilée, 2010.

Clarkson, Carrol, J.M. Coetzee: Countervoices, Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2009.

Dodd, Josephine, “Naming and Framing: Naturalization and Colonization in J.M. Coetzee's In the Heart of the Country”, World Literature Written in English, 27.2 (1987): 153-161.

Dodd, Josephine, “The South African Literary Establishment and the Textual Production of ‘Woman’: J.M. Coetzee and Lewis Nkosi”, Current Writing, 2.1 (1990): 117-129.

Dolley, Gillian, J.M. Coetzee and the Power of the Narrative, Amherst-NY, Cambria Press, 2010.

Dovey, Teresa, The Novels of J.M. Coetzee: Lacanian Allegories, Cape Town, Donker, 1988.

Dovey, Teresa, “The Intersection of Postmodern, Postcolonial and Feminist Discourse in J.M. Coetzee's Foe”, Journal of Literary Studies, 5.2 (1989): 119-133.

Dovey, Teresa, “J.M. Coetzee: Writing in the Middle Voice”, Critical Essays on J.M. Coetzee, Ed. Sue Kossew, New York, G.K. Hall, 1998: 18-28.

Eagleton, Mary, “Ethical Reading: The Problem of Alice Walker's Advancing Luna and Ida B. Wells and J.M. Coetzee's Disgrace”, Feminist Theory, 2.2 (2001): 189-203.

Foucault, Michel, “Le Langage à l'infini”, Dits et écrits, 1954-1988, vol. I, 1954-1969, Eds. Daniel Defert – François Ewald, Paris, Gallimard, 1994 (19631): 250-261.

Foucault, Michel, "Qu’est-ce qu’un Auteur?", Dits et écrits, 1954-1988, vol. I, 1954-1969, Eds. Daniel Defert – François Ewald, Paris,

Gallimard, 1994 (19691): 789-809.

Foucault, Michel, Scritti letterari, Feltrinelli, Milano, 2004.

Gallagher, Susan Van Zanten, A Story of South Africa: J. M. Coetzee’s Fiction in Context, Cambridge, Harvard University Press, 1991.

Gilbert, Sandra – Gubar, Susan, The Madwoman in the Attic. The Woman Writer and the Nineteenth Century Literary Imagination, New Haven – London, Yale University Press, 2000 (1979¹).

Ginocchietti, Marianna, “La nozione di performatività: un confronto tra Judith Butler e John L. Austin”, Esercizi Filosofici, 7.1 (2012): 65-77.

Graham, Lucy, “Reading the Unspeakable: Rape in Disgrace”, Journal of Southern African Studies, 29.2 (2003): 433-444.

Graham, Lucy, “Textual Transvestism: the Female Voices of J.M. Coetzee”, J. M. Coetzee and the Idea of the Public Intellectual, Ed. J. Poyner, Athens, Ohio University Press, 2006: 217-236.

Head, Dominic, J.M. Coetzee, Cambridge, Cambridge University Press, 1997.

Huggan, Graham, “Philomela's Retold Story: Silence, Music, and the Post-Colonial Text”, The Journal of Commonwealth Literature, 25.1 (1990): 12-23.

Jolly, Rosemery, “Writing, Desire, Responsibility”, J.M. Coetzee in Context and Theory, Eds. Elleke Boehmer – Robert Eaglestone – Katy Iddiols, Continuum International, 2010: 93-111.

Kossew, Sue, “Women's Words: A Reading of J.M. Coetzee's Women Narrators”, SPAN, 37 (1993): 12-23.

Kossew, Sue, Pen and Power: a Post-Colonial Reading of J.M. Coetzee and André Brink, Amsterdam, Rodopi, 1996.

Kossew, Sue, (ed.), Critical Essays on J.M. Coetzee, New York, G.K. Hall, 1998.

MacLeod, Lewis, “Do We Necessary Become Puppets in a Story? or Narrating the World: on Speech, Silence and Discourse in J.M. Coetzee's Foe”, Modern Fiction Studies, 52.1 (2006): 1-18.

Maes-Jelinek, Hena, “The Muse's Progress: Infinite Reharsal in J.M. Coetzee's Foe”, A Shaping of Connections:Commonwealth Literature Studies Then and Now. Essays in Honor of A.N. Jeffares, Eds. Hena Maes-Jelinek – Kirsten Holst Peterson – Anna Rutherford, Sydney, Dangaroo Press, 1989: 243-252.

Meijer, Irene Costera – Prins, Baukje, “How Bodies Come to Matter: An Interview with Judith Butler”, Signs, 33.2 (1998): 275-286.

Parry, Benita, “Speech and Silence in the Fictions of J.M. Coetzee”, Critical Perspectives on J.M. Coetzee, Eds. Graham Huggan – Stephen Watson, Basingstoke, McMillan, 1996: 37-65.

Penner, Dick, “J.M. Coetzee's Foe. The Muse, The Absurd, and the Colonial Dilemma”, World Literature Written in English, 27.2 (1987): 207-215.

Petersen, Kirsten Holst, “An Elaborate Dead End? A Feminist Reading of Coetzee's Foe”, A Shaping of Connections: Commonwealth Literature Studies Then and Now. Essays in Honor of A.N. Jeffares, Eds. Hena Maes-Jelinek – Kirsten Holst Peterson – Anna Rutherford, Sydney, Dangaroo Press, 1989: 243-252.

Poyner, Jane, J.M. Coetzee and the Idea of the Public Intellectual, Athens, Ohio University Press, 2006.

Poyner, Jane, J.M. Coetzee and the Paradox of Postcolonial Authorship, Farnham, Ashgate, 2009.

Scott, Joanna, Voice and Trajectory: an Interview with J. M. Coetzee, Salmagundi, 114/115 (1997): 82-102.

Spivak, Gayatri Chakravorty, “Ethics and Politics in Tagore, Coetzee and Certain Scenes of Teaching”, Diacritics, 3/4 (2002): 17-31, trad. it. di Sergia Adamo, “Etica e politica in Tagore, Coetzee e in certe scene dell'insegnamento”, aut aut, 329 (2006): 109-137.

Williams, Paul, “Foe: the Story of Silence”, English Studies in Africa, 31.1 (1988): 33-39.

Wright Laura, “«Does He Have It in Him to be the Woman?»: The Performance of Displacement in J.M. Coetzee’s Disgrace”, Ariel, 37.4 (2006a): 83-102.

Wright, Laura, “A Feminis-Vegetarian Defense of Elizabeth Costello” J.M. Coetzee and the Idea of the Public Intellectual, Ed. Jane Poyner, Athens, Ohio University Press, 2006b: 193-216.

Wright, Laura, Writing «Out of All the Camps». J.M. Coetzee’s Narratives of Displacement, New York-London, Routledge, 2006c.

Wright, Laura, “Displacing the Voice: South African Feminism and J.M. Coezee's Female Narrators”, African Studies, 67.1 (2008): 11-32.

Zoletto, Davide, Straniero in classe, Milano, Raffaello Cortina, 2007.

L’autrice

Giulia Zanfabro

È iscritta al secondo anno di dottorat in Italianistica presso la Scuola Dottorale in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Trieste. Con Chiara Mengozzi e Francesca Valentini ha curato per «Between» (Vol 2, N° 3 (2012) gli atti del convegno di Compalit Davanti alla legge. Tra letteratura e diritto. Ha conseguito la laurea specialistica in Teoria della Letteratura presso l'Università degli Studi di Trieste (Resistenze, riscritture, rovesciamenti: teorie femministe, silenzi e narrazioni alternative nella narrativa di J.M. Coetzee).

L’articolo

Data invio: 28/03/2013

Data accettazione: 22/05/2013

Data pubblicazione: 28/05/2013

Come citare questo articolo

Zanfabro, Giulia, “Desideri, fallimenti, resistenze: figure femminili nella narrativa di J.M. Coetzee”, Between, III.5 (2013), http://www.Between-journal.it/