APEIROGON
Colum McCann
Recensione
Apeirogon racconta il conflitto arabo-israeliano dal punto di vista della condivisione: ci sono due padri, due fazioni opposte, ma un unico dolore per la perdita delle rispettive figlie e un'unica necessità, la pace.
Un’uguaglianza nel dolore. E, come dice Bassam, [...] fuggiamo dal nostro dolore verso il nostro dolore. […]
Un romanzo che intreccia speculazionne, memoria, fatti e immaginazione. Non è di facile lettura perché il libro non è un racconto lineare. E’ come se l’autore desse per scontata la “storia” nel senso cronologico del termine, e poi la percorresse in modo disordinato, avanti e indietro, facendosi continuamente deviare da “storie” minori, come degli spin off della narrazione. Colum McCann rifrange quel dolore in un caleidoscopio di altre storie. La spettacolare migrazione che ogni anno porta centinaia di milioni di uccelli in quel cielo; la fionda del re Davide; Jorge Luis Borges che nei primi anni Settanta visita Gerusalemme; lo sgancio della bomba nucleare; Einstein e Freud; le ville abbandonate dai palestinesi; il dirigibile candido che si libra sopra la strada che sale a Gerusalemme; il poeta Mahmoud Darwish. etc.
Lo spessore della storia si rivela uno strato dopo l’altro – civiltà dopo civiltà, trionfi sulle rovine, acqua, fuoco, devozione.
In queste pagine si ritrova la capacità di Colum McCann di annodare trame che sfidano ogni legge della narrativa, il suo intreccio di fatti e fiction e la sua costante oscillazione fra prosa, musica, poesia, giornalismo.
APEIROGON
Nota dell’autore
I lettori che conoscono la situazione politica in Israele e Palestina si accorgeranno che gli elementi propulsori al centro di questo libro, Bassam Aramin e Rami Elhanan, sono persone reali. Con “reali” intendo che le loro storie – e quelle delle loro figlie, Abir Aramin e Smadar Elhanan – sono state ben documentate in filmati e articoli di giornale.
La trascrizione della voce di entrambi nella parte centrale del libro è tratta da una serie di interviste realizzate a Gerusalemme, New York, Gerico e Beit Jala; in altre parti del libro, tuttavia, Bassam e Rami mi hanno permesso di modellare e rimodellare le loro parole e il loro mondo.
Nonostante queste libertà, spero di essere rimasto fedele alla verità della loro esperienza condivisa. Viviamo le nostre vite, scriveva Rilke, in cerchi che si tendono sempre più ampi fino a raggiungere la vastità intera.
1
Le colline di Gerusalemme sono immerse nella nebbia. Rami percorre a memoria un tratto diritto, calcolando l’arco della prossima curva.
Sessantasette anni, chino sulla motocicletta, avvolto nel piumino, il casco ben allacciato. È una moto giapponese, 750 cc di cilindrata. Piuttosto grintosa per un uomo della sua età.
Rami la spinge al massimo, anche con il brutto tempo.
Svolta bruscamente a destra all’altezza dei giardini, dove la nebbia si solleva rivelando l’oscurità. Corpus separatum. Scala la marcia e sfreccia, superando una torretta militare. Le luci ai vapori di sodio paiono confuse. Un piccolo stormo di uccelli scurisce per un istante l’arancio.
In fondo alla collina la strada entra in un’altra curva, confusa nella nebbia. Rami scala in seconda, lascia andare la frizione, svolta morbidamente e ritorna in terza. L’Autostrada 1 corre al di sopra delle rovine di Qalunya: qui è ammassata l’intera storia.
Alla fine della rampa, rallenta, si immette nella corsia interna, supera le indicazioni per La Città Vecchia, per Giv’at Ram. L’autostrada è una confusa accozzaglia di fari.
Piega a sinistra e guizza nella corsia di sorpasso, verso le gallerie, la Barriera di Separazione, la città di Beit Jala. Due soluzioni per un unico scarto: Gilo da una parte, Betlemme dall’altra.
Qui la geografia è tutto.
2
QUESTA STRADA CONDUCE ALLA ZONA “A”
AMMINISTRATA DALL’AUTORITÀ PALESTINESE
VIETATO L’ACCESSO AI CITTADINI ISRAELIANI
È PERICOLOSO PER LA VOSTRA VITA
E VIOLA LA LEGGE DI ISRAELE
3
Ogni anno cinquecento milioni di uccelli disegnano morbidi archi nel cielo sopra Beit Jala. Procedono da antica stirpe: upupe, tordi, pigliamosche, uccelli canori, cuculi, storni, averle, piccioni dal collare, monachelle occidentali, pivieri, nettarinie, rondoni, passeri, succiacapre, gufi, gabbiani, aquile, nibbi, gru, poiane, piovanelli, pellicani, fenicotteri, cicogne, saltimpali, grifoni, ghiandaie marine, garruli arabi, meropidi, tortore, sterpazzole, cutrettole testagialla, capinere, pispole golarossa, tarabusini.
È la seconda autostrada migratoria più trafficata al mondo: una fiumana di almeno quattrocento differenti specie di uccelli, sfreccianti lungo le diverse corsie del cielo. Estese V di chiassosa determinazione. Viaggiatori solitari in volo radente sull’erba.
Ogni anno, in basso, appare un nuovo paesaggio: insediamenti israeliani, caseggiati palestinesi, giardini pensili, caserme, sbarramenti, svincoli stradali.
Alcuni uccelli migrano la notte per evitare i predatori, seguendo le loro rotte astronomiche, saettando lungo le ellissi, nutrendosi in volo dei loro stessi muscoli e intestini. Altri viaggiano il giorno per approfittare delle termiche ascensionali, l’aria calda solleva le ali in un volo senza sforzo.
A volte interi stormi nascondono il sole e stendono colori d’ombra da una parte all’altra di Beit Jala: sui campi, sulle ripide gradinate, sui boschetti di ulivi alla periferia della città.
Sdraiandosi nella vigna del monastero di Cremisan in un qualsiasi momento della giornata, è possibile vedere gli uccelli, lassù, viaggiare lungo le loro ciarliere corsie.
Atterrano su alberi, pali del telegrafo, cavi elettrici, torri idriche, perfino sull’orlo del Muro, dove a volte diventano bersaglio per i giovani lanciatori di pietre.
4
La fionda anticamente era costituita da una piccola sacca di cuoio, delle dimensioni di una benda oculare, con due forellini per far passare i lacci di pelle che la tenevano insieme.
Furono i pastori erranti a concepire le fionde, per scacciare i predatori che si avvicinavano alle loro greggi.
Il pastore reggeva la sacca con la sinistra e i lacci con la destra. Occorreva grande pratica per manovrarla con precisione. Dopo aver sistemato una pietra nella sacca, il fromboliere tendeva i lacci al massimo. La roteava più volte al di sopra della testa, poi la rilasciava. La sacca si apriva e la pietra volava. Alcuni pastori riuscivano a colpire un bersaglio grosso come l’occhio di uno sciacallo da duecento passi di distanza.
Ben presto la fionda si guadagnò un posto nell’arte della guerra: la sua capacità di arrivare a colpire la cima di un ripido pendio e le mura dei bastioni la rendevano cruciale negli assalti alle città fortificate. Venivano impiegate intere legioni di frombolieri da lunga gittata. Indossavano l’armatura su tutto il corpo e guidavano carretti carichi di pietre. Quando il territorio si faceva invalicabile – fossati, trincee, aride gole del deserto, argini scoscesi, massi disseminati sulle strade – scendevano dal carro e andavano a piedi, con sacche decorate appese a tracolla. La più capiente poteva contenere fino a duecento piccole pietre.
Durante i preparativi per la battaglia era pratica comune dipingerne almeno una. Quando il fromboliere andava alla guerra, il talismano veniva piazzato sul fondo della sacca, con la speranza di non arrivare mai a quell’ultima risorsa.
5
A margine della battaglia venivano arruolati dei bambini – otto, nove, dieci anni – per abbattere gli uccelli. Aspettavano accanto agli uidian, letti scavati nel deserto da antichi torrenti, si nascondevano fra i cespugli, lanciavano pietre dall’alto delle fortificazioni. Abbattevano tortore, quaglie, uccelli canori.
Alcuni uccelli venivano catturati vivi. Ammassati e rinchiusi in gabbie di legno con gli occhi cavati, così da illuderli che fosse perennemente notte: poi venivano ingozzati di granaglie per giorni e giorni.
Ingrassati fino al doppio delle dimensioni atte al volo, erano cotti in forni di argilla e serviti con pane, olive e spezie.
6