Scienza e fantascienza
Franco Puglia
Scienza e fantascienza sono due cose che spesso si toccano, sino a sovrapporsi.
La fantascienza immagina scenari incredibili, suggestivi, prodotti dalla nostra immaginazione, fondati anche su conoscenze reali, su una cultura scientifica, su nozioni scientifiche autentiche, mentre altre sono puramente immaginarie. La fantascienza ha spesso anticipato, in passato, cose che poi la scienza ha realizzato per davvero, come i voli spaziali immaginati dallo scrittore Giulio Verne.
Gli scienziati NON sono tutti uguali: alcuni sono studiosi strettamente collegati al REALE, a ciò che è possibile riprodurre in laboratorio, e non soltanto descritto con formule matematiche. Altri studiosi, invece, investigano l’inconoscibile, come tutti quelli che si occupano di astrofisica o di fisica delle particelle, dell’infinitamente piccolo.
I due aspetti della scienza si dovrebbero sempre tenere BEN DISTINTI E BEN DISTANTI: la scienza sperimentale è una cosa, ed è quella che può arrivare a determinare delle LEGGI che governano alcuni fenomeni, esprimendole anche in forma matematica.
La scienza dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande, invece, dovrebbe restare confinata nel suo ruolo di soddisfazione dell’infinita curiosità umana, senza sconfinare nella vita reale, che ha bisogno della scienza sperimentale, non di quella ai confini della fantascienza.
Gli studi dei fisici e dei matematici ci hanno condotto ben oltre i confini della realtà, attraversandola e lasciando tracce importanti, e sono le tracce materiali di questi studi quelle che ci interessano nella vita quotidiana, mentre le proiezioni lontane restano collocate nella curiosità che si nostre delle nostre fantasie.
Quali che siano le origini dell’universo, la nostra vita non cambia.
I buchi neri sono qualcosa che va ben oltre le possibilità della nostra esperienza, per fortuna, e possiamo limitarci a fantasticare di precipitare in un buco nero per emergere in un altro spazio-tempo.
Possiamo fantasticare sui viaggi nel tempo, con Harry Potter, ma restiamo nel nostro tempo, e con questo dobbiamo fare i conti. E il Bosone di Higgs vale un premi Nobel, ma non si può vendere nei supermercati.
Ma alcuni studiosi si sono messi a fantasticare sul clima del pianeta, che poi non esiste, perché esistono I CLIMI, al plurale, e sono parecchi. Gli esseri umani, però, insoddisfatti dall’esito avuto dalla Torre di Babele, che non riuscì ad ergersi sino a toccare il Cielo, vogliono ampliare i loro dominio sulla Natura, sino a controllare IL CLIMA , che a quanto pare non soddisfa più le esigenze dei tempi moderni.
E se il clima che abbiamo dipende da noi, se siamo noi a fare il bello ed il cattivo tempo, allora possiamo anche dirigerlo a nostro piacere. Cosa ci serve? Niente di speciale: alcune equazioni matematiche ed il gioco è fatto. Così i “climatologi” (ma chi diamine sono?) hanno messo in campo anche un certo Schwarzchild, che pare voler dire “bambino nero”, un nome che evoca il moderno terzomondismo.
Tutte le altre argomentazioni circa il ruolo disastroso della CO2 in atmosfera non sono convincenti? Nessun problema: una sequenza di equazioni di Schwarzchild e siamo proiettati nel nuovo mondo, quello in cui non contano le interazioni forti, ma le interazioni deboli, in cui Davide CO2 è più potente di Golia Azoto e di tutti gli altri giganti messi insieme.
Traggo e riporto da Wikipedia, per quel che vale:
Lo spaziotempo di Schwarzschild o metrica di Schwarzschild è una soluzione delle equazioni di campo di Einstein nel vuoto che descrive lo spaziotempo attorno a una massa a simmetria sferica, non rotante e priva di carica elettrica. È stata la prima soluzione esatta trovata per la relatività generale,proposta da Karl Schwarzschild pochi mesi dopo la pubblicazione della teoria.
Matematicamente, rappresenta la geometria di uno spazio-tempo statico e a simmetria sferica.
Anzi, come dimostrato dal teorema di Birkhoff, la staticità è una conseguenza della simmetria sferica e quella di Schwarzschild è la soluzione più generale che soddisfa queste due richieste.
Benché sia un’approssimazione (praticamente tutti i corpi celesti ruotano, Sole compreso), trova vaste applicazioni.
I moti planetari attorno al Sole, ad esempio, che nella teoria della gravitazione newtoniana erano descritti come moti in un campo di forze centrali, per cui erano valide le leggi di Keplero, sono descritti dalla relatività generale come moti di masse di prova (ossia moti geodetici) nello spazio-tempo di Schwarzschild. In particolare, se nella teoria kepleriana le orbite dei pianeti erano ellissi, in quella relativistica sono rosette (per approfondire si veda oltre) ed esibiscono una precessione dell’asse dell’orbita, che era stata osservata già tra il ‘700 e l ‘800 e non era spiegabile nel quadro newtoniano.
In particolare i calcoli di Le Verrier, lo scopritore teorico, insieme con Adams, del pianeta Nettuno, sfruttando la teoria delle perturbazioni secolari, riuscivano a spiegare quasi tutta la precessione osservata, tranne un residuo di meno di 50 secondi d’arco per secolo per il pianeta Mercurio.
Il calcolo esatto permesso dalla soluzione di Schwarzschild per l’angolo di precessione di Mercurio rafforzò la prima prima prova a sostegno della teoria della relatività costituita dal calcolo approssimato ad opera dello stesso Einstein. La soluzione di Schwarzschild è anche all’origine di una delle idee della fisica che più fortemente hanno stimolato l’immaginario collettivo, prestandosi spesso a speculazioni fantascientifiche: il buco nero.
Come sarà mostrato meglio in seguito, se il corpo sorgente del campo gravitazionale è abbastanza denso, la soluzione di Schwarzschild prevede che attorno alla sorgente, a una distanza nota come raggio di Schwarzschild, esista una superficie ideale, detta orizzonte degli eventi che divide lo spazio-tempo in due regioni non connesse causalmente, e che funziona come una membrana unidirezionale: tutto può entrare ma niente può uscire. In particolare neppure la luce, una volta entrata nel volume racchiuso dall’orizzonte degli eventi, non potrà più allontanarsene, e continuerà inesorabilmente a orbitare, inanellando giri attorno alla massa centrale. Poiché la luce non riesce a sfuggire dall’oggetto, John Archibald Wheeler, in un’intervista del 1968, per farsi capire dal giornalista, si espresse con un paragone: se l’oggetto si trovasse a passare davanti allo sfondo pieno di stelle della nostra galassia, l’osservatore sulla Terra non potrebbe vedere l’astro, ma vedrebbe nella sua posizione un “buco nero” rispetto allo sfondo luminoso. Da allora venne adottato questo termine, mentre il termine preciso è singolarità gravitazionale.
Karl Schwarzschild (Francoforte sul Meno, 9 ottobre 1873 – Potsdam, 11 maggio 1916) è stato un matematico, astronomo e astrofisico tedesco. Legò il proprio nome all’astrofisica moderna: dalla spettroscopia alla teoria dell’evoluzione stellare, effettuando diversi studi su modelli teorici di atmosfere stellari grazie alla scoperta dell’effetto fotografico che porta il suo nome (“effetto Schwarzschild“) e che consiste nella perdita di sensibilità delle emulsioni fotografiche sensibili in condizioni di bassa luminosità o di tempi di posa molto lunghi.
Ora ditemi se ha senso cercare di piegare questi studi di astrofisica alle condizioni FISICHE e MACROSCOPICHE dei fenomeni materiali dell’atmosfera terrestre.
Perché è anche questo che viene fatto. Si pubblicano studi astrusi, che nessuno o pochi leggono e comprendono, per avvalorare tesi strampalate secondo le quali poche molecole di gas atmosferico (0,04% di CO2) possono stravolgere la termodinamica dell’intero pianeta, costringendo quindi 8 miliardi crescenti di esseri umani ad abbandonare il motore energetico fossile del loro sviluppo negli ultimi due secoli per dare soddisfazione alle fantasie spazio temporali di un manipolo di matematici contemporanei?
A voi tutti l’ardua risposta