martedì 11 novembre 2025

Zohran Mamdani ai raggi X: genealogia culturale e dottrinale Alex West



Zohran Mamdani ai raggi X: genealogia culturale e dottrinale

 Alex West 

 10/11/2025 

La candidatura di Zohran Mamdani potrebbe non essersi sviluppata direttamente dai quartieri di New York che lo hanno sostenuto. Appare piuttosto come l’espressione di una rete politica e ideologica che precede la città; come l’innesto, in scala municipale, di una visione formata altrove (nelle università, movimenti digitali, ONG, reti transnazionali dell’attivismo identitario).


Infrastrutture

In un video diffuso nei giorni scorsi, Linda Sarsour — figura di riferimento nelle reti vicine a CAIR (Council on American-Islamic Relations) — afferma esplicitamente che la candidatura di Mamdani è stata pensata, costruita e sostenuta da organizzazioni attive da anni.

Oltre a quello di CAIR (lobby musulmana nazionale accusata, in sede mediatica e parlamentare, di prossimità a figure della Fratellanza Musulmana, e coinvolta in scandali legati alla trasparenza delle sue affiliazioni), Mamdani ha avuto il sostegno di NIAC (National Iranian American Council), lobby criticata sia da osservatori bipartisan che da iraniani anti-Khamenei per la sua prossimità alle istanze della Repubblica Islamica.

Parallelamente, un video recentemente circolato mostra Nerdeen Kiswani, controversa cofondatrice di Within Our Lifetime coinvolta in episodi di violento antisemitismo, che afferma: «Zohran ci ascolta» e che “il movimento” sarebbe in grado di «indicare le priorità» della nuova amministrazione. La rappresentanza municipale viene quindi presentata come guidata dall’esterno e come veicolo di una causa identitaria preesistente.

Accanto a queste reti di attivismo operano infrastrutture filantropiche che forniscono risorse, consulenza e linguaggio politico a gruppi civici e campus. Open Society Foundations e Tides Foundation non agiscono con una regia unica, ma funzionano come hub di intermediazione: distribuiscono fondi e offrono formazione organizzativa a realtà locali già mobilitate. La presenza di Alex Soros alla festa di Mamdani segnala questo ecosistema: non il denaro come comando, ma l’inserimento della candidatura in una matrice politica nazionale e transnazionale già esistente.


La lettura di Asra Nomani

Questa dinamica è ricostruita nei dettagli da Asra Nomani, già giornalista del Wall Street Journal e autrice di Woke Army, oggi tra le voci più autorevoli dell’Islam riformista americano. Musulmana americana di origini pakistane, si è dedicata allo studio sistematico delle reti islamiste dopo la decapitazione, nel 2002, del collega e amico Daniel Pearl da parte dell’ISIS in Pakistan.

In una recente inchiesta, Nomani mappa attorno a Mamdani una vasta rete di clerici, attivisti e operatori comunitari che definisce “God Squad”: non un blocco religioso omogeneo, ma un ecosistema organizzativo che attraversa moschee, campus e associazioni civiche con linguaggi e obiettivi condivisi.

In questa cornice, vale ricordare che alcuni dirigenti di CAIR hanno teorizzato apertamente la costruzione di una classe politica musulmana americana nel lungo periodo. In un discorso tenuto alla Islamic Society of Orange County nel 2023, il fondatore Nihad Awad ha indicato l’obiettivo di formare entro il 2050 una generazione di professionisti — avvocati, giornalisti, amministratori, funzionari pubblici — sostenuti dalle comunità locali. Non si tratta di un “piano segreto”, ma di una strategia dichiarata di costruzione di élite civiche. In questo senso, la vittoria di Mamdani si inserisce in una traiettoria già immaginata.


Identità come costruzione narrativa

La dimensione “estetica” del movimento riflette la stessa grammatica. La moglie di Mamdani, Rama Duwaji, illustratrice attiva nella produzione “antisionista” e contro “l’imperialismo americano” con uno stile grafico che sembra copiato direttamente da Mariane Satrapi, focalizza gran parte del proprio immaginario sul tema dell’esilio siriano. Nei profili pubblici indica Damasco come luogo di nascita, ma fonti biografiche aperte mostrano che è nata e cresciuta in Texas, con un periodo trascorso a Dubai, prima di rientrare negli Stati Uniti per gli studi universitari.

La discrepanza mette in luce la funzione politica della narrazione identitaria: l’appartenenza non è un dato anagrafico, ma un dispositivo simbolico che legittima il movimento. L’identità non precede la causa, ma la giustifica.

Genealogia culturale e dottrinale

Il riferimento teorico più visibile resta comunque Mahmood Mamdani, padre di Zohran, ordinario alla Columbia University e noto per la sua interpretazione postcoloniale dei conflitti, che legge la violenza jihadista (inclusi gli attentati suicidi) come reazione politica al “colonialismo occidentale”. Di recente è apparso nel Gaza Tribunal, accanto a figure molto controverse per presunte vicinanze a finanziatori legati a Hamas.

La stessa lente interpretativa si ritrova in un brano rap composto anni fa da Zohran Mamdani, in cui difende gli Holy Land Five, dirigenti della Holy Land Foundation condannati nel 2008 in un processo federale per supporto materiale a Hamas. Il richiamo agli Holy Land Five segnala la continuità non solo affettiva o culturale, ma dottrinaria tra la narrativa di vittimizzazione musulmana in diaspora e il repertorio politico oggi reinvestito in chiave municipale.

Risonanza internazionale

Nelle ore successive allo spoglio, la vittoria di Zohran è stata celebrata fino a Doha, Kuwait City e Karachi. Account pro-Hezbollah e pro-Hamas hanno definito l’elezione di Mamdani un “segnale storico”. Il commentatore libanese Hasan Dorr lo ha chiamato «simbolo del jihad silenzioso». La geografia simbolica non è più municipale: è transnazionale.

Un modello che precede la città

La dinamica richiama quanto emerso nel processo federale del 2008 contro la Holy Land Foundation: una strategia di costruzione di influenza attraverso moschee, campus, associazioni e rappresentanza locale, delineata nell’Explanatory Memorandum della Fratellanza Musulmana negli USA (1991).

A questo quadro si affiancano le intercettazioni del cosiddetto “Philadelphia Meeting” del 1993, registrato dall’FBI in un hotel della città durante un incontro tra attivisti legati a reti filo-Hamas. Nei nastri — prodotti come prova nel processo U.S. v. Holy Land Foundation — si discuteva della necessità di costruire, negli Stati Uniti, una “narrazione” pubblica e una rappresentanza politica in grado di radicare, nella società civile, il sostegno alla causa palestinese radicale, in maniera invisibile, puntando su presenza nei campus, associazionismo professionale, partecipazione elettorale locale.

In questo senso, la candidatura di Mamdani rischia di rappresentare l’istituzionalizzazione municipale di un repertorio organizzativo già formato altrove: una politica che non nasce dalla città, ma si innesta sulla città per usarla come piattaforma simbolica.

Se così fosse, la politica municipale non sarebbe più la normale espressione governativa della pluralità locale, ma la proiezione istituzionale di un’identità transnazionale.

La domanda è quindi: chi — e che cosa — rappresenta realmente Zohran Mamdani?


Chi c’era alla festa per la vittoria

Mahmoud Khalil — tra i promotori dei violenti encampments anti-Israele a Columbia, sotto procedimento ICE per presunte falsità dichiarative nel visto.

Hasan Piker — streamer radicale (“America deserved 9/11”).

Linda Sarsour — attivista palestinese, cofondatrice della Women’s March, da cui fu allontanata per posizioni apertamente antisemite.

Debbie Almontaser — dirigente di EMgage Action, organizzazione che promuove la partecipazione politica musulmana negli Stati Uniti e gestisce programmi di mobilitazione elettorale e advocacy a livello locale.

Imam Siraj Wahhaj — indicato come un unindicted co-conspirator nell’attentato del 1993 al World Trade Center.

Tania Khalek — giornalista di Breakthrough News e di Grayzone, piattaforme della sinistra radicale anti-interventista, con posizioni molto antiamericane e pro Russia, Iran e Hezbollah.

Alex Soros — erede di George Soros e presidente di Open Society Foundations.