giovedì 15 marzo 2018

Il nuovo studio di Stephen Hawking sui buchi neri

8 gennaio 2016

http://www.lescienze.it/news/2016/01/16/news/nuovo_articolo_stephen_hawking_buchi_neri-2930537/
Il cosmologo britannico è vicino a risolvere il cosiddetto paradosso dell'informazione del buco nero, da lui stesso formulato circa 40 anni fa, che mette in crisi uno dei fondamenti delle leggi fisiche: il determinismo. In questa intervista, Andrew Strominger, collaboratore di Hawking, illustra i contenuti delle loro ricerche
di Seth Fletcher 
Alla metà degli anni settanta, Stephen Hawking fece una serie di scoperte inquietanti, secondo cui i buchi neri potrebbero evaporare, o anche esplodere, e distruggere tutta l'informazione sulla materia caduta al loro interno. I fisici hanno impiegato i successivi quarant'anni a mettere ordine alle conseguenze di questo risultato. Poi l'anno scorso, in una conferenza tenutasi a Stoccolma, Hawking ha annunciato di essere vicino, insieme con i suoi collaboratori, a una soluzione del cosiddetto paradosso dell'informazione del buco nero. Per conoscere i dettagli, in ogni caso, avremmo dovuto aspettare. Ora i dettagli sono stati resi noti, o almeno alcuni di essi. All'inizio di gennaio, Hawking, Malcolm J. Perry, fisico dell'Università di Cambridge, e Andrew Strominger, fisico della Harvard University, hanno pubblicato on line un articolo in cui sostengono di aver fatto progressi concreti verso la soluzione del paradosso. Nonostante il titolo sia invitante - Soft hair on black holes - (Soffici capelli sui buchi neri) - l'articolo è estremamente tecnico, così ho chiesto a Strominger di illustrarmelo. Quella che segue è la trascrizione della nostra conversazione.
Seth Fletcher: I fisici sono a proprio agio con le idee che suonano come follie, ma l'idea che i buchi neri distruggono informazione non è tra queste. Perché fanno fatica ad accettarla?
Andrew Strominger: Dire che i buchi neri distruggono l'informazione significa che il mondo non è deterministico. E cioè che il presente non predice perfettamente il futuro, e che inoltre non può essere usato per ricostruire il passato. Ora, questa è in qualche modo l'essenza di una legge fisica. Se torniamo all'epoca di Galileo o anche prima, l'idea di una legge fisica è che partendo da una
serie di corpi in un certo stato di moto che interagiscono tra loro, si possono usare le leggi fisiche per determinare o dove saranno questi corpi in futuro o da dove devono provenire. Per questo è notevole che i buchi neri distruggono l'informazione. In altri termini, è molto forte affermare che non possiamo usare le leggi fisiche nel modo in cui siamo abituati da migliaia di anni per descrivere il mondo che ci circonda.
Ora, il semplice fatto che sia un'affermazione molto forte non significa che sia impossibile. In un certo senso, la storia della fisica mostra che spesso le cose che ritenevamo vere non lo erano affatto. Per esempio, eravamo abituati a pensare che spazio e tempo fossero assoluti, o che la Terra fosse al centro dell'universo. Tutte queste cose sembravano evidenti e ben definite. E sono state accantonate una a una. Lo stesso potrebbe accadere al determinismo. Il fatto stesso che l'universo abbia avuto un inizio sembra in contraddizione con il determinismo, perché il fatto stesso che dal nulla si passi all'esistenza di qualcosa non è deterministico. Quindi anche il determinismo potrebbe essere messo in discussione. E in effetti quando Hawking ha esposto per la prima volta la sua argomentazione, cioè che i buchi neri distruggono informazione, è sembrata un'argomentazione così buona che molte delle persone che l'hanno ascoltato hanno creduto che il determinismo fosse morto.

Ma tre cose hanno cambiato la questione. La prima è l'idea che non si può semplicemente alzare le mani e dire che non siamo in grado di descrivere l'universo. È necessaria qualche alternativa, una sorta di legge probabilistica, o qualcosa del genere. E infatti Hawking e altri hanno elaborato un formalismo che permette di avere leggi probabilistiche, e così via, che però hanno presto mostrato incoerenza interna.

La seconda è che dal punto di vista sperimentale non è plausibile affermare che il determinismo va in frantumi solo quando si prende un buco nero di gradi dimensioni e lo si fa collassare, poiché secondo la meccanica quantistica e il principio di indeterminazione, si avrebbero piccoli buchi neri che compaiono e scompaiono dal vuoto. E così si dovrebbe violare ovunque il determinismo. E i limiti sperimentali su questo sono eccezionali. Dal punto di vista sperimentale ci sono conseguenze molto gravi se ci sono anche solo piccole violazioni del determinismo.

SF: Quali sono alcune di queste conseguenze?

AS: Per poter dire che una simmetria implica una legge di conservazione, è necessario il determinismo. Altrimenti le simmetrie implicano leggi di conservazione che valgono solo in media. Quindi la carica elettrica sarebbe conservata in media, lo stesso per l'energia. E i limiti sperimentali sulla conservazione dell'energia sono molto stringenti. Se cioè si aggiungono termini alle leggi della fisica che violano il determinismo in qualche forma, devono essere coefficienti incredibilmente piccoli, una parte su molte migliaia di miliardi.




Il nuovo studio di Stephen Hawking sui buchi neri
Andrew Strominger (sinistra) Malcolm J. Perry (destra) e Stephen Hawking (al centro) al lavoro (Credit: Anna N. Zytkow)

Così il paradosso dell'informazione del buco nero è un problema dal punto di vista sia sperimentale sia teorico. Questi sono le prime due cose. La terza riguarda la teoria delle stringhe. Direi che fino agli anni novanta, la comunità è rimasta divisa al 50-50 su questa faccenda. Ma poi Cumrun Vafa e io abbiamo mostrato, grazie alla teoria delle stringhe, che alcuni buchi neri sono in grado di memorizzare le informazioni necessarie e che, a quanto pare, esiste un modo per lasciare entrare e uscire le informazioni. Per 25 anni, i fisici hanno cercato di riprodurre la legge dell'entropia di Bekenstein-Hawking, o in altre parole, di ricavare il contenuto informativo di un buco nero da principi primi. E nessuno era stato in grado di farlo. E invece noi ci siamo riusciti con assoluta precisione. Tutto funzionava perfettamente e questo doveva essere un indizio di qualcosa, non poteva essere solo un caso.


Ora, non sappiamo se la teoria delle stringhe descrive il mondo, e non lo sapremo presto. Ma questo, credo, ha dato a molte persone, tra cui Hawking, la speranza che nel mondo reale ci possa essere qualche meccanismo che somiglia a quello scoperto nella teoria delle stringhe e che permette alle informazioni di uscire da un buco nero.

SF: Nel nuovo articolo che con Stephen Hawking e Malcolm Perry avete da poco pubblicato on line, sostenete di aver compiuto alcuni passi concreti verso la spiegazione di come le informazioni possano entrare e uscire da un buco nero. Il primo passo della sua argomentazione è confutare alcune ipotesi di base della tesi originale di Hawking, usando “nuove scoperte sulla struttura infrarossa della gravità quantistica”. Può dirci qualcosa di queste scoperte?

AS: Per struttura infrarossa s'intende il comportamento di grandezze che variano alle lunghezze d'onda più ampie. Ho scoperto negli ultimi due anni quelli che a mio avviso sono fatti estremamente sorprendenti sulla struttura non solo della gravità quantistica, ma anche dell'elettrodinamica quantistica alle più ampie lunghezze d'onda. Era chiaro che questi fatti avessero profonde conseguenze per il rompicapo dell'informazione del buco nero: implicano che alcuni presupposti della tesi della distruzione dell'informazione da parte dei buchi neri siano palesemente sbagliate. Ed è così che tutto quanto è cominciato.

SF: Parliamo un po' di queste due ipotesi. Una riguarda lo stato finale di evaporazione di un buco nero, e l'altro è il teorema no-hair.

AS: Il primo ha a che fare con il vuoto, l'entità a più bassa energia. Si è sempre ipotizzato che il vuoto, nella gravità quantistica così come nell'elettrodinamica quantistica, fosse unico, cioè che esistesse un solo stato di energia nulla. Negli ultimi due anni ho mostrato che questa ipotesi è sbagliata. Ci sono infatti infiniti diversi stati di vuoto. In un certo senso, quello che ho mostrato era implicito in ciò che avevano detto altre persone. Tutto è iniziato mostrando l'equivalenza di due differenti lavori degli anni sessanta, quelli di Steve Weinberg e di Bondi, van der Burg, Metzner e Sachs.

Nei miei precedenti articoli, ho capito che ciò avrebbe negato l'originale argomentazione di Stephen della perdita d'informazione nel buco nero, e cioè che uno dei presupposti era sbagliato. Ma non ho approfondito la questione perché ero impegnato in un altro lavoro più importante. Ora è stiamo iniziando ad analizzare in dettaglio le implicazioni di queste conclusioni quando c'è un buco nero.

SF: Stephen Hawking è fra gli autori di questo documento, quindi dobbiamo pensare che anche lui accetti che la sua argomentazione originale fosse viziata.

AS: Esatto, è uno dei motivi per cui ritiene che la cosa sia interessante. La sua teoria è stata bersagliata da ogni tipo di critiche, e lui ha risposto a ognuna. Ma in questo caso mi è sembrato d'accordo subito sul fatto che questa potesse essere la chiave. In realtà, come avrai capito dall'annuncio di Stoccolma, Hawking è più sicuro di me che questo è l'anello mancante per capire l'informazione del buco nero. Nella mia carriera, sono rimasto sorpreso così tante volte che a riguardo non sto facendo alcuna previsione. Ma c'è un flusso logico che stiamo seguendo ora, e vedremo quali saranno le implicazioni. Sono sicuro che presto ci saranno sorprese.

SF: Il passo successivo del documento sembra cruciale: si dice che il teorema no-hair è infondato. Questo teorema, noto anche come teorema dell'essenzialità, afferma che con la formazione di un buco nero a partire dal collasso di un oggetto, si perdono tutte le informazioni fisiche – i “capelli” – su questo corpo. Voi sostenente invece che i buchi neri hanno “capelli soffici”.

AS: È esatto. Nel mio precedente lavoro, ho sostenuto che proprio in base alle leggi di conservazione che ho scoperto, i buchi neri devono avere un qualche tipo di “capelli”. Ma non so proprio come potrebbero essere descritti da equazioni. Qui abbiamo capito come descriverli e come fare i calcoli.

SF: Nel nuovo articolo, "capelli soffici" si riferisce a fotoni e a gravitoni soft, o soffici. Che cosa significa soffice in questo contesto?

AS: Significa con poca energia, o energia pari a zero. È un'espressione in uso forse fin dagli anni sessanta. Un dato sottile ma cruciale è che se si prende il vuoto e si aggiunge un fotone con un po' di energia E, si ottiene un nuovo stato. È un diverso stato quantistico, con energia E e con momento angolare diverso, perché il fotone è dotato di spin. Ora supponiamo di considerare il limite in cui l'energia tende a zero. Si sta aggiungendo qualcosa al vuoto che non ha energia. Quindi è ancora uno stato di energia zero, ma è cambiato il suo momento angolare. Si tratta di un nuovo stato, dello stesso stato, o di che cos'altro? Come dovremmo considerarlo?

La prima cosa da fare è essere molto precisi su quello che s'intende dicendo che due stati sono diversi. Quello che ho fatto, in un modo credo molto preciso e condivisibile da tutti i fisici teorici, è mostrare che si tratta in realtà di uno stato diverso, e che i diversi stati sono legati da una simmetria. Associate a questa simmetria ci sono leggi di conservazione. Penso che sia universalmente accettato che questi articoli sono corretti.

Ecco, che cosa s'intende per particella soft. Si tratta di una particella che ha energia nulla. E quando l'energia va a zero, anche la lunghezza d'onda, proporzionale all'energia, è distribuita su una distanza infinitamente grande. Se vogliamo, è distribuita su tutto l'universo, e in qualche modo tende al confine. Quello che impariamo da questo esempio è che se si aggiunge al vuoto una particella di energia nulla, si ottiene un nuovo stato. E per questo esistono infiniti vuoti, che possono essere pensati come diverso l'uno dall'altro con l'aggiunta di fotoni soft o gravitoni soft.

In questo articolo abbiamo mostrato che questo è vero anche per i buchi neri. In questo senso, i buchi neri hanno i “capelli”: possono avere diverse quantità di fotoni soffici o di gravitoni soffici.

SF: Nell'articolo, lei sostiene che queste particelle, che insieme formano i capelli soffici, si depositano sul buco nero, tramite un processo chiamato “super-traslazione”. Può spiegare questo processo?

AS: L'orizzonte di un buco nero ha la strana caratteristica di essere una sfera in espansione verso l'esterno alla velocità della luce. Per ogni punto sulla sfera, quindi, c'è un raggio luminoso e la sfera è composta da raggi di luce. Ciò avviene a causa della forza di gravità e della curvatura dello spazio, ed è per questo tra l'altro che nulla può uscire dall'interno di un buco nero: il confine del buco nero stesso si muove alla velocità della luce.

Questa simmetria di un buco nero, di cui tutti eravamo al corrente, permette di muoversi uniformemente in avanti e indietro nel tempo, lungo tutti i raggi di luce. Ma c'è un'altra nuova simmetria, emersa dal nostro lavoro (anche se in diverse forme è già stata discussa altrove). È una simmetria in cui i singoli raggi di luce sono spostati in su e in giù. I singoli raggi di luce non possono comunicare tra di loro: se si sta a cavallo di un raggio di luce, il principio di causalità impedisce di comunicare con qualcuno a cavallo di un raggio di luce adiacente. Così questi raggi di luce non sono legati tra di loro. Si possono far scorrere su e giù, l'uno rispetto all'altro. Questo scorrimento è chiamato super-traslazione.

In un certo senso, sembra che non stia succedendo niente. Immaginiamo un fascio di canne infinitamente lunghe, e di si spostarne una in su e in giù rispetto a un'altra. Stiamo facendo qualcosa, o no? Quello che abbiamo dimostrato è che si sta facendo qualcosa. Il risultato è che l'aggiunta di un gravitone soffice può essere descritta in modo alternativo in termini di una super-traslazione in cui si spostano alcuni di questi raggi luminosi avanti e indietro l'uno rispetto all'altro.

Queste sono le super-traslazioni sui buchi neri. Le super-traslazioni sono state introdotte negli anni sessanta, ma non riguardavano i raggi luminosi che costituiscono il confine dello spazio-tempo all'orizzonte di un buco nero, bensì i raggi di luce che compongono il perimetro dello spazio-tempo all'infinito. Il lavoro è iniziato analizzando queste super-traslazioni.

SF: Così fotoni e gravitoni soffici introdotti da super-traslazioni immagazzinano informazione, in quanto sono "pixel quantistici" in un piatto olografico che immagazzina informazione. In che modo immagazzinano informazioni? Che cosa significa per un fotone di energia nulla essere sull'orizzonte e memorizzare informazioni su una particella che è caduta all'interno?

AS: Torniamo ai fotoni e ai gravitoni soffici in uno spazio piatto. Mentre l'energia di una particella tende a zero, la sua lunghezza d'onda si sviluppa su una regione sempre più ampia. E quando la sua energia è pari a zero, in un certo senso, si può pensare a essa come se vivesse sul confine dello spazio-tempo. Ora, l'orizzonte di un buco nero è una superficie tridimensionale: ci sono due direzioni angolari su una sfera. E c'è poi una direzione di tipo temporale, che è in realtà di tipo luce, perché l'orizzonte si muove alla velocità della luce. E quella coordinata di tipo luce ha un limite: se si va alla fine di quei raggi di luce, c'è un confine, che è quello in cui si trova l'ologramma. Così i fotoni o i gravitoni soffici aggiunti al buco nero possono essere pensati come se si trovassero su quel confine.

Abbiamo dimostrato che quando entra in gioco una particella carica, essa aggiunge un fotone soffice al buco nero. Quindi aggiunge “capelli” al buco nero. E, più in generale, per ogni particella che entra nel sistema, poiché tutte le particelle sono dotate di massa e sono accoppiate alla gravità, si aggiunge un gravitone soffice. Quindi c'è una sorta di dispositivo di registrazione. Questi fotoni e gravitoni soffici registrano informazioni su ciò che è finito nel buco nero, informazioni infinitamente più numerose di quelle che in precedenza credevamo registrate da questo meccanismo. Ora, se mi domandi se tutte le informazioni sono registrate da questo meccanismo... sono abbastanza sicuro che la risposta è no, ma ci sono generalizzazioni... e la questione è abbastanza confusa.

SF: Va bene... quindi particelle in caduta depositano particelle , o “capelli”, soffici sull'orizzonte del buco nero. Che cosa si può dire però della prima, infinitamente piccola frazione di secondo successiva alla formazione di un buco nero? Il buco nero ha qualcuna di queste particelle soffici sul proprio orizzonte? C'è qualcosa che è lì fin dall'inizio e che può dire qualcosa su ciò che ha formato il buco nero?

AS: Mi lasci dire una cosa sul vuoto che ha un'estensione evidente ai buchi neri: nel caso del vuoto posso esprimermi più chiaramente e con maggiore certezza. Se si aggiunge un fotone soffice al vuoto, si ottiene un nuovo stato che ha un fotone soffice in più rispetto al vecchio stato. Il numero relativo di fotoni in virtù del quale differiscono due diversi stati di vuoto è una questione ben definita, mentre quella relativa al numero assoluto non lo è. Posso dire che il vuoto A ha un fotone soffice in più del vuoto B, ma non posso dire quale dei due non ne ha. Questa è una sorta di convenzione arbitraria. Quindi non ho affrontato la questione nel modo in cui me l'ha posta, ma sospetto che non abbia senso la domanda "qual è il buco nero senza fotoni soffici?" Si può dire che alcuni ne hanno di più e altri di meno. Si può dire quante particelle si dovrebbero inserire nel buco nero A per avere lo stesso numero di fotoni soffici di B. Ma non si può parlare in termini assoluti.

Questo era parte della sottigliezza. Tre o quattro anni fa, ma anche ora, le persone che non hanno seguito i miei lavori avrebbero potuto dire che il vuoto con il fotone soffice è uguale al vuoto senza un fotone soffice. Questa cosa si è diffusa all'infinito e non significa nulla. Ma una delle lezioni che abbiamo imparato è che i confini dello spazio-tempo all'infinito sono molto importanti e quindi bisogna considerarli, soprattutto quando si vuole studiare qualcosa come l'informazione del buco nero.

SF: Così l'informazione è memorizzata sulla superficie. Che cosa succede quando il buco nero evapora?

AS: Facciamo riferimento ancora all'aggiunta di fotoni soffici al buco nero. Se si confrontano due buchi neri che differiscono solo per l'aggiunta di un fotone soffice che non cambia l'energia, si tratta di buchi neri diversi. Quando evaporano, dovrebbero evaporare in modo diverso. E infatti diamo una formula esatta: uno dei principali risultati del nostro articolo è la differenza nello stato quantistico risultante da un buco nero con o senza un fotone soffice.

SF: Nell'articolo scrive che c'è una relazione suggestiva tra la dimensione minima di questi soffici capelli, la lunghezza di Planck, e la formula Hawking-Bekenstein, che collega l'entropia di un buco nero all'area del suo orizzonte degli eventi.

AS: La legge area-entropia, che Bekenstein e Hawking hanno ottenuto quarant'anni fa, produce una previsione: se si hanno tutti gli ingredienti per comprendere la dinamica quantistica dei buchi neri, è possibile definire il numero di pixel olografici presenti. Ma questo deve emergere in modo esatto. E non succederà finché non avremo tutti i dettagli corretti.

A riguardo, un aspetto ci ha seccato fin dall'inizio è: perché questo non permette una quantità infinita d'informazione? Non vogliamo una quantità infinita di informazione. In definitiva vorremmo usare in qualche modo questo risultato per recuperare la legge dell'area-entropia di Hawking- Bekenstein. Sembrava che stessimo ottenendo una quantità infinita di capelli, perché era possibile che esistessero fotoni soffici dotati di una localizzazione angolare e arbitrariamente piccoli. Ma non c'è modo fisico per eccitarne uno. Dunque sono stati del buco nero impossibili da realizzare fisicamente.

SF: Quelli inferiori alla lunghezza di Planck?

AS: Esattamente, quelli inferiore alla lunghezza di Planck. Io non saprei come impiantare un simile capello.

È importante notare che ci sono state molte proposte per capire l' entropia di un buco nero che ottengono l'area corretta, cioè la corretta proporzionalità all'area, ma che non ottengono correttamente il fattore 1/4 presente nell'equazione. La vera prova del fuoco, che non abbiamo superato, è sempre quel fattore 1/4. Questo è ciò che la teoria delle stringhe ha prodotto e che ha cambiato molto il modo di pensare a questo problema. Ma quello che manca è sempre il fattore 1/4.

SF: Avete chiaro in mente come proseguire?

AS: Ho una lista di 35 problemi da affrontare, ognuno dei quali richiederà molti mesi. È un bel palcoscenico da calcare se sei un fisico teorico, perché ci sono cose ancora incomprensibili, ma ci sono calcoli che siamo in grado di fare che potranno sicuramente far luce sul problema. Ho accennato alla questione solo brevemente, ma c'è qualcosa di molto più ricco e più grande e allo stesso tempo più enigmatico delle super-traslazioni: le super-rotazioni.

SF: Le super-rotazioni?

AS: Sono un altro tipo di simmetria all'infinito in cui i raggi di luce non solo si possono spostare su e giù, ma anche muovere gli uni rispetto agli altri. Si possono scambiare. Se siamo in grado di dare loro un senso, questi elementi diventeranno ancora più importanti. Ma si tratta di risultati molto più recenti. Abbiamo compreso le super-traslazioni negli anni sessanta, mentre abbiamo iniziato a studiare le super-rotazioni circa dieci anni fa. Ma abbiamo imparato molto di loro negli ultimi due anni.

Ritengo anche che ci sia un collegamento molto interessante con gli studi sull'entropia dell'entanglement, che deve essere integrata in questo quadro generale. Quindi ci sono molte cose molto concrete da fare a questo punto.


(La versione originale di questo articolo è apparsa su www.scientificamerican.com l'8 gennaio. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)