giovedì 8 marzo 2018



ULISSE
Estratto da "La lingua salvata"
Elias Canetti
Cosi Ulisse, la figura in cui confluiva per me tutto ciò che era greco, divenne un singolare modello, il primo ch'io sia riuscito a comprendere con chiarezza, il primo di cui appresi più cose di quante ne avessi mai apprese di un essere umano, un modello compiuto e composito, che si presentava in molte metamorfosi, ciascuna delle quali aveva il suo significato e la sua collocazione. La figura di Ulisse l'ho incorporata in me in tutti i particolari, e non c'è nulla di lui che, col tempo, non abbia acquistato per me un ben preciso significato. Agli anni delle sue peregrinazioni corrispose il numero degli anni durante i quali egli esercitò su di me il suo potere. Alla fine, senza che nessuno se ne accorgesse, egli finì in Die Blendung [Auto dafé], che altro non è se non una testimonianza della mia profonda dipendenza interiore da Ulisse. Una dipenden-za assolutamente completa e che oggi mi sarebbe facilissimo rintracciare in tutti i particolari; infatti so ancora perfettamente in che modo Ulisse stabilì la sua influenza sul ragazzino decenne, che cosa lo colpì immediatamente e lo colmò di inquietudine. Fu il momento dei Feaci, quando Ulisse, non ancora riconosciuto, ascolta dalla bocca del cieco cantore Demodoco la narrazione della propria vicenda e su di essa piange in segreto; l'astuzia con cui fa salva la propria vita e quella dei suoi compagni quando, di fronte a Polifemo, si fa chiamare Nessuno-, il canto delle sirene, che egli non si lascia sfuggire; e infine la pazienza con la quale, fingendosi un mendicante, sopporta le ingiurie dei Proci; tutte metamorfosi attraverso le qua-li Ulisse fa di tutto per diminuirsi, mentre l'episodio delle sirene testimonia la sua incoercibile curiosità."