RICORDI: IL TRICICLO ROSSO
Di Marianna Saraceno
Avevo 5/6 anni e mio fratello 2/3, vivevamo in un paesino adagiato su una collina in Calabria; tutte stradine saliscendi tranne un piccolo spiazzo vicino casa, dove noi bambini giocavamo tutto il giorno. Il mio universo era composto da donne, essendo gli uomini migrati nella speranza di dare un futuro migliore alle famiglie. Mio padre era a Milano e ci mandava, ogni tanto, dei giocattoli perché ci ricordassimo di lui. Un giorno arrivò un fiammante triciclo rosso, e tutti i bambini del vicinato provarono l'emozione che un adulto potrebbe provare di fronte ad una splendente Ferrari rossa.
Io non potevo usarlo perché ero grandicella e guardavo mio fratello con un groviglio di emozioni che andavano dall'invidia più nera, all'ammirazione più cocente. Quel giorno mia nonna era sul ballatoio esterno alla casa e chiacchierava con la dirimpettaia, una decina di metri più in basso. Io non resistetti e, senza riflettere, all'ennesimo rifiuto di mio fratello, salii sulle stanghette posteriori che reggevano le ruotine. Fu un attimo e avvertii il sinistro scricchiolio di un cedimento. Cosa potevo fare? In un baleno corsi giù e mi posizionai addosso alla gonnella di mia nonna assumendo un'aria indifferente. Di lì a qualche secondo partì l'urlo straziante di mio fratello con annesso disperato pianto. Mi incolpava. Ma come potevo essere stata io se mi trovavo vicino a mia nonna ad ascoltare le confidenze femminili? Un'attrice perfetta! Purtroppo i testimoni erano tanti e mia nonna non era affatto una stupida. Non mi dissero niente , capirono il mio tormento, le mie due donne - nonna e bisnonna - e nascosero le mie effettive responsabilità a mia madre, che invece, me le avrebbe suonate di santa ragione. Mio fratello si rassegnò presto, anche corrotto da leccornie e dalle coccole di quelle donne meravigliose. Per me solo un consolante sguardo di complicità, che mi ha scaldato il cuore e che ho imparato ad usare in tanti momenti particolari della mia vita.