NON SOLO SCONFITTA
4 marzo 2018. Vincono le destre. Analizzando questi risultati è riduttivo e fuorviante parlare solo di sconfitta. Sta succedendo qualcosa di diverso e più profondo. Il 70% degli italiani ha votato per un partito dichiaratamente di destra o da ricondurre a essa per programmi e disinteresse per valori di solidarietà e tolleranza.
Questo non è solo un risultato elettorale, ma un evento storico che segna l'avvento di un nuovo blocco di potere.
Non solo qui, perché qualcosa sta succedendo altrove in Europa e in tutto l’Occidente, dove crollano le sinistre e si impongono le destre xenofobe e sovraniste e i populismi. Ma da noi il fenomeno è più brutale e marcato.
Come altrove in Europa la sinistra è diventata una minoranza esigua e divisa in modo irreparabile. E anche se si realizzasse una impossibile unità la sinistra sarebbe meno della metà degli “altri”.
Partiamo da questo ed evitiamo di cercare di dare la colpa a qualcuno, cioè, a seconda delle nostre preferenze: Renzi, Fratoianni, Bersani, D’Alema, Civati, Grasso. E purtroppo dopo che li avessimo mandati a casa tutti non avremmo la soluzione.
La crisi della sinistra politica, si sta man mano risolvendo in una prospettiva veramente drammatica. Le sue due varianti – quella socialista e quella socialdemocratica – portatori nel Novecento dei valori della democrazia e del lavoro, come fattori di progresso radioso per l’umanità tutta, si scontrano con una realtà che li vede ridotti a una totale irrilevante di peso politico. Il modello della sinistra che propugna emancipazione attraverso il lavoro, che si combina con il ruolo di garanzia sociale dello Stato, coerente con una concezione della democrazia capace di combattere le disuguaglianze al proprio interno, subisce l'urto di affermazioni populistiche e razziste che diventano maggioranze elettorali.
È questa la crisi della rappresentanza della sinistra che usa ancora gli slogan anni settanta. Occorre perciò tornare a riflettere sui fattori che hanno guidato la modernità e le sue contraddizioni. È ora di riconoscere l’estinzione della sinistra novecentesca a partire dal riconoscimento della composizione precaria e meticcia di quello che con il vecchio lingaggio chiamavamo "masse popolari".