domenica 4 novembre 2018


IL MASTINO DI BASKERVILLE
Sir Arthur Conan Doyle

Incipit 
I
Sherlock Holmes, che solitamente si alzava molto tardi alla mattina - tranne i molto frequenti casi in cui rimaneva in piedi tutta la notte - era seduto al tavolo della prima colazione. Io mi ero chinato sulla stuoia distesa accanto al caminetto e avevo raccolto il bastone da passeggio dimenticato dal nostro ospite della sera prima. Era un bellissimo esemplare di solido legno, dall'impugnatura a bulbo del tipo noto col nome di "Penang lawyer". Proprio al disotto del pomo c’era una grossa striscia d'argento, larga quasi un pollice. Vi era inciso sopra: "A James Mortimer, M.R.C.S., da parte dei suoi amici del C.C.H.", con data "1884". Era proprio il tipo di bastone da passeggio che sono soliti portare i medici di famiglia all'antica: era dignitoso, massiccio, ispirava fiducia.
- Dunque, Watson, lei che cosa dice?
Holmes sedeva di spalle e non riuscivo perciò a capire come avesse fatto ad accorgersi dei miei movimenti.
- Come diavolo ha potuto capire quello che stavo facendo? Scommetto che lei ha gli occhi anche sulla nuca!
- Ho perlomeno una bella caffettiera d'argento lustro proprio di fronte a me - mi rispose. - Ma mi dica, Watson, 
cosa ne pensa della mazza da passeggio del nostro visitatore? Dal momento che siamo stati così poco fortunati da incontrarlo, e non abbiamo perciò la più pallida idea dello scopo della sua visita, questo ricordo fortuito viene ad 
assumere una certa importanza. Vediamo se lei riesce a ricostruirmi l'uomo dall'esame del suo bastone.
- Io penso - dissi, seguendo per quanto mi era possibile i metodi del mio amico - che il dottor Mortimer deve 
essere un medico in età, con una buona clientela, e molto stimato, dal momento che coloro che lo conoscono gli hanno offerto questo pegno della loro ammirazione.
- Bene ! - esclamò Holmes. - Bravo !
- Penso pure che con tutta probabilità deve essere un medico di campagna, il quale compie quasi sempre a piedi il suo giro di visite.
- E perché questo?
- Perché questo bastone, che pure in origine deve essere stato bellissimo, è ormai talmente conciato che stento a immaginarlo di proprietà di un professionista cittadino. I1 grosso puntale di ferro è tutto consumato; è perciò evidente che deve aver fatto del gran camminare, con questo bastone.
- Giustissimo! - osservò Holmes.
- E poi c'è quel "da parte degli amici del C.C.H.". Secondo me, deve trattarsi di qualche circolo di caccia; sarà qualche società venatoria locale i cui soci si saranno probabilmente avvalsi delle sue prestazioni mediche, e che avranno 
voluto ringraziarlo con questo piccolo presente.
- Francamente, Watson, lei supera se stesso - disse Holmes scostando la sedia e accendendosi una sigaretta. - Devo riconoscere che in tutte le relazioni che lei ha avuto la bontà di stendere intorno alle mie modeste imprese, lei ha solitamente sottovalutato le sue capacità personali. Può essere che lei non sia luminoso in sè, ma indubbiamente è un 
conduttore di luce. Alcuni individui, pur senza possedere il genio, hanno il notevole potere di stimolarlo. Confesso, mio caro amico, di essere molto in debito verso di lei!
Holmes non mi aveva mai lodato tanto in vita sua e devo ammettere che le sue parole in quel momento mi 
procurarono una viva soddisfazione, poiché spesso ero rimasto ferito dalla sua indifferenza verso l'ammirazione che io avevo sempre manifestata nei suoi confronti e verso i miei tentativi di dare pubblicità ai suoi metodi. Mi sentivo inoltre 
orgoglioso nel constatare di essere riuscito a impadronirmi dei suoi sistemi al punto da poterli applicare in un modo che mi aveva guadagnato la sua approvazione. Mi tolse di mano il bastone e lo esaminò per alcuni istanti a occhio nudo; assumendo di colpo un'espressione interessata, posò la sigaretta e portando la mazza accanto alla finestra cominciò ad esaminarla ancora con una lente convessa.
- Interessante, per quanto elementare - fece ritornando al suo angolo favorito all'estremità del piccolo divano. -
Questo bastone presenta certamente un paio di indizi e ci offre la base per parecchie deduzioni.
- Mi sono forse lasciato sfuggire qualcosa? - chiesi con una certa aria d'importanza. - Credo di non aver 
trascurato alcun particolare degno di nota!
- Temo, mio caro Watson, che la maggior parte delle sue conclusioni siano sbagliate. Quando ho affermato che 
lei stimola la mia intelligenza intendevo dire, per essere franco, che nel notare le sue manchevolezze, io sono stato di quando in quando guidato verso la verità. Non che lei sia del tutto in errore nel caso attuale. Si tratta indubbiamente di un medico di campagna e che cammina parecchio.
- Dunque avevo ragione.
- Fino a un certo punto.
- Ma poi basta.
- No, no, mio caro Watson, non si offenda, per cortesia. Secondo me, per esempio, è più probabile che un medico 
riceva un dono da un ospedale che non da un circolo di caccia, e perciò quando vedo le iniziali "C.C." poste innanzi a questa H, ospedale esse mi suggeriscono naturalmente le parole "Charing Cross".
- Può darsi che lei abbia ragione.
- A mio avviso le probabilità sono dirette in questo senso, e se partiamo da tale presupposto avremo una nuova 
base su cui costruire la personalità del nostro ignoto visitatore.
- E va bene: ammettiamo dunque che le iniziali "C.C.H." stiano per "Charing Cross Hospital": quali altre
intuizioni possiamo dedurre da ciò?
- Non lo vede da solo? Lei conosce i miei metodi. Li applichi!
Io non vedo che un'unica conclusione possibile: che cioè quest'uomo abbia esercitato la professione in città prima di trasferirsi in campagna. 
- Secondo me potremmo azzardare anche un po’ piú in là. Osservi questo oggetto sotto un punto di vista. Quale sarà stata l'occasione piú probabile per offrire un dono del genere? Quando si saranno riuniti, i suoi amici, per regalargli questo pegno della loro gratitudine.
Evidentemente nel momento in cui il dottor Mortimer si sarà ritirato dal servizio ospedaliero per avviare la propria professione in privato. Sappiamo che il dono c'è stato, e supponiamo sia avvenuto un cambiamento da un ospedale cittadino a una clientela di campagna. Spingeremmo dunque troppo oltre le nostre fantasie se affermassimo che il dono è stato offerto per questo trasferimento?
- Certo, la cosa mi sembra probabile.
- Le farò adesso osservare che il nostro uomo non può aver fatto parte della direzione dell'ospedale, giacché una posizione simile può essere tenuta soltanto da un medico che abbia a Londra una solida e vasta clientela, che non si 
rassegnerebbe pertanto a ritirarsi in campagna. Che cosa era dunque il nostro uomo? Se lavorava nell'ospedale senza far 
parte del personale direttivo, non poteva che essere un chirurgo o un medico interno... poco più, quindi, di uno studente 
anziano. E se n'è andato cinque anni fa... la data è sul bastone. Perciò, mio caro Watson, il suo austero medico di famiglia di mezza età scompare nel vuoto e ne emerge invece un giovanotto al disotto della trentina, simpatico, privo di ambizioni, distratto, e possessore di un cane prediletto che io immaginerei su per giù un po' più grande di un cane 
bassotto e piú piccolo di un mastino.
Scoppiai in una risata incredula, mentre Sherlock Holmes si sprofondava nel suo divanetto lanciando verso il soffitto anelli di fumo indefiniti.
- Per quel che riguarda l'ultima parte non ho dati sufficienti per controllare le sue asserzioni - dissi - ma
comunque non è difficile stabilire alcuni particolari inerenti all'età del nostro uomo e alla sua carriera professionale.
Tolsi dalla mia libreria la Guida Medica e ne sfogliai le pagine sino alla lettera M. Vi erano parecchi Mortimer, 
ma uno solo di essi poteva essere il nostro visitatore. Lessi ad alta voce l‘informazione al suo riguardo.
- "Mortimer James, M.R.C.S., 1882, Grimpen Dartmoor, Devon. Chirurgo interno all'Ospedale di Charing Cross dal 1882 al 1884. Vincitore del Premio Jackson per la patologia comparata, con un saggio intitolato “La malattia è una sopravvivenza?”. Socio corrispondente della Società di Patologia svedese. Autore di Capricci dell'atavismo (Lancet,1882), Siamo in progresso? (Journal of Psychology, marzo 1883). Ispettore medico dei circondari di Grimpen, Thorsley, High Barrow."
- Nessun accenno a un circolo di caccia locale, caro Watson - mi fece Holmes con sorrisetto malizioso - ma un medico di campagna, come lei ha molto astutamente osservato. Io ritengo di essere discretamente giustificato per quel che riguarda le mie illazioni. In quanto agli aggettivi da me usati, ho detto, se ben ricordo, che si trattava di un uomo simpatico, privo di ambizioni e distratto. So per esperienza che a questo mondo soltanto un uomo simpatico riceve attestati di amicizia, soltanto un uomo privo di ambizioni abbandona una professione a Londra per ritirarsi in campagna, 
infine soltanto un uomo distratto lascia il proprio bastone anziché il proprio biglietto da visita dopo averti aspettato per 
un'ora nella tua stanza.
- E il cane?
- Ha l'abitudine di portare questo bastone dietro le calcagna del suo proprietario. Trattandosi di un bastone 
pesante, il cane ha sempre dovuto stringerlo saldamente per il centro, e in questo punto infatti le impronte dei suoi denti 
sono visibilissime. La mascella del cane, come è dimostrato dallo spazio frammezzo a queste impronte, è troppo larga a 
parer mio, per appartenere a un bassotto, mentre non è larga abbastanza per poter essere quella di un mastino. Potrebbe trattarsi... ma sì, per Giove, si tratta proprio di un cane da caccia dal pelo riccio.
Nel dire questo si era alzato e si era messo a passeggiare per la stanza, ma quasi subito si fermò nel vano della finestra. Vi era nella sua voce un tono tale di convinzione che alzai gli occhi sorpreso.
- Mio caro amico, come può affermare con tanta sicurezza una simile ipotesi?
- Per la semplicissima ragione che vedo il cane in carne e ossa proprio sulla soglia di casa nostra, ed ecco lo squillo di campanello del suo padrone. Non si muova, Watson, la prego. Si tratta di un suo confratello, e la sua presenza potrà forse essermi di grandissimo aiuto. Questo è il momento drammatico, incontro del destino, Watson, in cui udiamo un passo sulle scale che sta per entrare nella nostra vita, senza che noi ancora sappiamo se ci porterà gioia o sventura. 
Che cosa vuole questo dottor James Mortimer, uomo di scienza da Sherlock Holmes, lo specialista del delitto? Si
accomodi!
La figura del nostro visitatore fu per me una sorpresa, poiché mi ero aspettato di vedere in lui l'esemplare tipico del medico condotto. Era invece un uomo molto alto e magro, con un lungo naso a becco che sporgeva tra due vividi occhi grigi, posti l'uno vicino all'altro e gaiamente luccicanti da dietro un paio di occhiali cerchiati d'oro. Era vestito secondo la foggia tipica della sua professione, ma in modo alquanto sciatto, poiché la sua giacca a coda di rondine era unta e bisunta e aveva l'orlo dei pantaloni sfrangiati. Benché fosse ancora giovane, la sua lunga schiena era già 
incurvata, e camminava con una caratteristica mossa in avanti del capo e con un aspetto generale di benevolenza da impiccione. Nell'entrare, i suoi occhi caddero sul bastone che Holmes teneva in mano, ed egli corse a prenderlo con 
un'esclamazione di gioia.
- Oh, come sono contento! - esclamò. - Non ricordavo piú se lo avevo lasciato qui oppure all'Agenzia di 
Navigazione. Non vorrei perdere questo bastone per tutto l'oro del mondo.
- Si tratta di un omaggio, a quel che vedo - osservò Holmes.