SABATO MATTINA ALLA RADIO..
Sabato mattina alla radio un gruppo bambini di una terza elementare recitava in coro una poesia. Quella della Fontana malata. Fuori era ancora buio, nessuna macchina in giro, la strada di tutti i giorni non sembrava la stessa. Le voci uscivano dagli altoparlanti ciechi ma io li potevo vedere lo stesso. La narcisista in prima fila che recitava più forte per far notare che la sapeva. Il somaro là in fondo, in playback, che tanto c’erano gli altri ad averla studiata anche per lui. Quello timido al centro, con tono flebile, che un po’ si vergognava nel recitare quegli stupidi versi infantili: cloffete, cloppete, clocchete.
“Se li avessi scritti io” pensava “avrei preso zero meno meno”
Sabato mattina alla radio un gruppo di bambini di una terza elementare recitava in coro una poesia ed io, nell’ascoltarli, piangevo. Forse per la fontana malata, forse perché non ero più in terza elementare, forse perché mi rendevo conto di aver smarrito quasi tutti i ricordi di quando ero un bambino. Forse che il tempo passa e io ero sempre lì, senza arrivare da nessuna parte. Forse che ci sono momenti della giornata in cui siamo come nervi scoperti: fragili, ipersensibili, malinconici. Che se solo ci vedesse qualcuno: ma che vergogna.
Sabato mattina alla radio un gruppo di bambini di una terza elementare recitava in coro una poesia. Io sono sceso dalla macchina, sono andato a prendere le chiavi dalla guardia, ho superato il tornello che ancora mi asciugavo i lacrimoni. “Fuori oggi fa freddo”. Sabato mattina alla radio un gruppo di bambini di una terza elementare recitava in coro una poesia. Fuori era ancora buio e io mi sono messo lì, in silenzio, ad aspettare l’alba.
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