mercoledì 18 gennaio 2023

LA MORTE DELL'ERBA John Christopher



 LA MORTE DELL'ERBA

 John Christopher



Recensione di Elena Raspanti


Un sorprendete distopico scritto negli anni 50 assolutamente strepitoso nella tematica e nello svolgimento, un virus comincia a distruggere il riso in Cina e poi evolve... in breve tempo le possibilità di sopravvivenza della specie umana, quelle animali sono state bellamente considerate tutte sacrificabili (ricordo sempre che siamo negli anni 50) è limitata a pochissimi, da questo spunto così catastrofico nasce la corsa alla sopravvivenza di uno sparuto gruppo di persone che in pochi giorni vedono tutta la patina della civiltà sgretolarsi in nome di un istinto primario, in primis vedranno la loro sparire sotto le motivazioni della salvaguardia.
Estremamente interessante l’involuzione con punte di violenza volutamente forti, ricorda “La Strada” di McCarthy senza la capacità di Cormac di genialmente annichilire ogni lettore.
Consigliato a tutti gli amanti dei distopici.
“La pietà è sempre stata un lusso. Tutto va bene quando il dramma è a una distanza considerevole, quando lo si guarda stando seduti nelle poltrone di un cinema. È molto diverso quanto te lo trovi sulla soglia di casa...”

LA MORTE DELL'ERBA 

John Christopher

Morte dell'erba

The Death of Grass, 1956)

Traduzione di Mario Galli

Prologo

Come a volte succede, la morte sanò un dissidio di famiglia. Agli inizi dell'estate 1933, rimasta vedova dopo tredici anni di matrimonio, Hilda Custance scrisse per la prima volta a suo padre. I loro animi si erano inteneriti. In lei aveva giocato la nostalgia per le colline del Westmorland, dopo i grigi anni londinesi; il padre aveva ceduto alla solitudine e al desiderio di rivedere, prima di morire, la sua unica figlia, e conoscere i nipoti che non aveva mai visto. I ragazzi, assenti per ragioni scolastiche, non erano intervenuti al funerale del padre, e all'inizio delle vacanze erano rientrati nella piccola casa di Richmond per una notte sola, prima di mettersi in viaggio con la madre verso il Nord. In treno, John, il più giovane, domandò: – Ma perché non siamo mai andati da nonno Beverley?

Sua madre guardò dal finestrino l'annerita e cupa periferia di Londra, ondeggiante, quasi con fatica, nel calore del giorno.

– È difficile stabilire come vadano certe cose – disse vagamente. –

Cominciano le discussioni, e nessuno vuol cedere. Poi si arriva ai silenzi, e nessuno vuol essere il primo a parlare...

Ripensò alla bufera di emozioni in cui si era tuffata uscendo dalla vita tranquilla della sua fanciullezza, nella valle. Aveva avuto la certezza che, qualsiasi difficoltà fosse sopravvenuta, lei non avrebbe mai avuto rimpianti. Il tempo aveva dimostrato che si era sbagliata due volte. Prima col limitare la sua vita affettiva al marito e ai figli, ritenendosene appagata, e poi meravigliandosi che la sua felicità fosse derivata da qualcosa che, a ripensarci, le pareva molto squallido. Prima non aveva visto niente di squallido, ma suo padre sì e non era riuscito a nasconderle la sua convinzione. Quella era stata la chiave di tutto: il disgusto di lui, e il risentimento di lei.

– Chi ha cominciato le discussioni? – chiese John.

Lei si era solo dispiaciuta che la situazione avesse portato i due uomini a non conoscersi. Sotto molti aspetti suo padre e suo marito si somigliavano, e lei aveva pensato che avrebbero finito col piacersi, se il suo orgoglio non avesse impedito loro di incontrarsi.

– Adesso non ha più importanza – disse.

David abbassò il giornaletto che stava leggendo. Aveva un anno più del fratello ma era di poco più alto. I due ragazzi si somigliavano moltissimo, e venivano presi per gemelli. Ma David era meno brillante di John, e preferiva i fatti concreti alle idee.

Disse: – La valle com'è, mamma?

– La valle? Stupenda. È... no, penso che sia meglio non rovinarvi la sorpresa. E poi non saprei come descriverla.

– E dài, mamma – disse David – provaci!

John si fece pensoso. – Si può vedere dal treno?

La madre scoppiò a ridere. – Dal treno? Neanche per idea. È circa a un'ora di strada da Stavely.

– Quant'è grande? – chiese John. – Ci sono colline?

La madre sorrise.

– La vedrete.

Jess Hillen, il fattore del nonno, li aspettava con la macchina alla stazione di Stavely. Subito partirono verso le colline. La giornata era quasi alla fine, e videro Blind Gill con il sole che stava ormai tramontando dietro le creste.

"Valle dei Ciclopi" sarebbe stato un nome più appropriato, dato che la valle guardava da una parte sola, verso ovest. Senza quell'apertura sarebbe sembrata una tazza, un largo imbuto, le cui ripide pareti di roccia arida con scarsi ciuffi di erica selvatica si innalzavano, allargandosi, verso il cielo. Nella cornice delle colline spoglie, la ricchezza della valle risaltava con ancora più evidenza. Il grano verde si piegava alla brezza estiva verso il fondo della valle, e dietro il grano, dove il terreno saliva leggermente, si vedeva il verde brillante d'un pascolo.

L'ingresso della valle non avrebbe potuto essere più angusto. A sinistra della strada, la roccia si alzava verticale fino a un'altezza impressionante. Sulla destra, il fiume Lepe schiumava contro il ciglio della strada. L'altra riva, a circa quindici metri, era formata dall'altra mascella di roccia che serrava la valle.

Hilda Custance si girò a guardare i figli.

– Allora? Cosa ve ne pare?

– Accidenti! – disse John. – Questo fiume... voglio dire, prima di tutto come fa a sbucare nella valle?

– È il Lepe. È lungo cinquanta chilometri, e a quanto si dice corre sottoterra per più di trenta. Comunque sia, viene alla luce in fondo alla valle. Da queste parti ci sono molti altri fiumi simili a questo.

– Sembra profondo.

– Lo è. Ed è anche vorticoso. Non vi sarà possibile fare il bagno lì dentro. Più avanti hanno teso un reticolato lungo la riva per impedire che il bestiame cada nel fiume. Nessun animale avrebbe la possibilità di salvarsi.

– Io penso che in inverno straripi – disse John.

La madre fece un cenno affermativo. – Una volta succedeva sempre. Straripa ancora, Jess?

– L'inverno scorso siamo rimasti isolati per un mese – disse Jess. – Oggi però non è più tanto preoccupante. Abbiamo una piccola radio trasmittente.

– A me sembra terribile – disse John. – Ma siete davvero tagliati fuori dal mondo? Non potreste scavalcare le colline?

Jess sorrise. – Alcuni l'hanno fatto – disse. – Ma è tutta una salita sulla roccia. E di roccia è anche il versante opposto. Quando il Lepe straripa, è meglio starsene tranquilli in casa.

Hilda Custance guardò il figlio maggiore. Il ragazzo stava contemplando la valle immersa nelle ombre nette del tramonto. Ora si vedevano gli edifici della fattoria Hillen, ma non ancora quelli della fattoria Beverley, che si trovava all'estremità della valle.

– Che cosa ne pensi, David?

Quasi controvoglia lui distolse gli occhi per guardare la madre. – Penso che mi piacerebbe vivere in questa valle. Per sempre.

Quell'estate i ragazzi scorrazzarono per la valle come dei selvaggi. Era lunga circa cinque chilometri, e larga, nel punto di maggiore ampiezza, forse ottocento metri. C'erano soltanto le due fattorie, e il fiume che sorgeva dal terreno a circa tre chilometri dall'estremità della valle. Il terreno, ricco, era completamente coltivato, ma offriva ampio spazio a ragazzi di 11 e 12 anni per i loro giochi. Poi c'erano le colline da scalare. Fecero la scalata di due o tre cime, rimanendo poi, senza più fiato, a fissare le altre colline e le brughiere lontane. Sotto, la valle diventava una cosa piccola. John si estasiava nella sensazione di altezza, di isolamento e, in un certo senso, di potenza, perché le fattorie, viste dall'alto, sembravano giocattoli da poter prendere e disporre altrove. Con la sua vegetazione verdeggiante, la valle sembrava un'oasi in un deserto di montagne. David provava meno gusto in questo, e dopo la terza scalata si rifiutò di farne altre. A lui bastava la valle. Le colline circostanti erano come mani allargate a proteggerlo, e gli sembrava un gesto ingrato e inutile volerle scalare.

La diversità dei loro interessi fece sì che trascorressero la maggior parte del tempo separati. Mentre John esplorava i fianchi della valle, David si interessava della fattoria, con sempre maggiore soddisfazione del nonno. Alla fine della seconda settimana, in una giornata calda e nuvolosa, nonno e nipote raggiunsero i campi che si stendevano lungo il fiume. Il ragazzo osservò con attenzione il nonno raccogliere qua e là delle spighe di grano ed esaminarle. Il vecchio era presbite, ed era costretto a guardare le spighe a braccio teso.

– Ci sarà un buon raccolto – disse – a quanto possono giudicare i miei occhi.

Alla loro destra si levava il brontolio continuo del Lepe che si apriva la strada nella roccia per sfociare nella valle.

– Saremo ancora qui per la mietitura? – domandò David.

– Dipende. Può darsi. Ti piacerebbe esserci?

– Oh, sì, nonno – disse David con entusiasmo.

Ci fu silenzio e il fragore del Lepe sembrava un intruso. Il nonno girò lo sguardo per la valle che i Beverley coltivavano da un secolo e mezzo, poi guardò il ragazzo che gli stava accanto.

– Non vedo perché aspettare tanto per conoscerci a fondo, David – disse.

– Ti piacerebbe coltivare questa valle quando sarai grande?

– Più di qualsiasi altra cosa al mondo.

– Allora sarà tua. La fattoria ha bisogno di un proprietario, e non credo che a tuo fratello possa piacere questa vita.

– Vuole diventare ingegnere – disse David.

– E con tutta probabilità diventerà un ottimo ingegnere. Tu cosa pensavi di fare?

– Non ci ho ancora pensato.

– Forse non lo dovrei dire, dato che non ho mai visto altro genere di vita oltre quella che si svolge al mercato di Lepeton, ma non ho mai sentito di un'altra vita che dia tanta soddisfazione. Questa è terra buona, David, e rappresenta una sicurezza per l'uomo che si accontenta della sua compagnia e di quella dei pochi vicini. Nel Top Meadow ci sono delle lastre di pietra sottoterra. Sono la testimonianza che questa valle, nei tempi passati, è stata utilizzata come fortezza. Capisco che oggi, contro cannoni e aerei, non si potrebbe fare altrettanto. Ma tutte le volte che sono andato fuori ho sempre avuto la sensazione che, al mio rientro, non appena varcato lo stretto passaggio, mi sarei potuto chiudere la porta alle spalle.

– Anch'io ho avuto la stessa sensazione, quando siamo arrivati – disse David.

– Mio nonno – disse il nonno di David – si è fatto seppellire nella valle. Anche allora non era molto normale, ma in quei giorni c'erano cose che si dovevano accettare, anche se piacevano poco. Oggi è assolutamente impossibile farlo, maledizione! Un uomo dovrebbe avere il diritto di farsi seppellire nella sua terra! – Guardò le spighe di grano ondeggianti. – Ma non avrò grande rimpianto ad andarmene, se posso lasciare la terra al mio stesso sangue.

Un pomeriggio, John, raggiunta una cima del versante sud, dopo essersi fermato ad ammirare il panorama, tornò a scendere verso la valle. Il Lepe, dal punto in cui sbucava dal terreno fino al punto in cui usciva dalla valle, premeva contro i pendii meridionali della collina, che per questo motivo potevano essere raggiunti soltanto risalendo il versante all'estremità orientale della valle. Ma il ragazzo si era accorto che, una volta sopra il fiume, sarebbe potuto scendere fino a pelo dell'acqua. Dall'altro versante aveva visto una spaccatura nella roccia. Una spaccatura che poteva essere l'ingresso di una grotta.

Scese con agilità e con prudenza perché, anche se pronto di movimenti e di pensiero, non era un temerario. Raggiunse alla fine la spaccatura, cinque metri circa sopra le scure acque ribollenti, e scoprì che si trattava soltanto di una semplice spaccatura. Con un gesto di disappunto si guardò attorno in cerca di qualche altra meta di esplorazione. Sotto di lui, quasi a pelo dell'acqua, la roccia formava una specie di davanzale. Mettendosi a sedere su quella roccia forse gli sarebbe stato possibile, lasciando penzolare le gambe, immergere i piedi nell'acqua. Non sarebbe stato eccitante quanto scoprire una grotta, ma era sempre meglio di un ritorno deluso alla fattoria. Riprese la discesa, con maggiore cautela. Il pendio era ripido, e il Lepe lanciava un ruggito minaccioso. La roccia, quando l'ebbe finalmente raggiunta, risultò piccolissima. Adesso, però, il ragazzo era ossessionato dalla sua idea: mettere almeno un piede nell'acqua. Appoggiando la schiena al fianco della collina, si chinò per slacciare il sandalo del piede destro. Nel movimento il piede sinistro scivolò sulla roccia levigata. Spaventato, e rendendosi conto che stava cadendo, fece un gesto brusco, ma le sue mani non trovarono appiglio. E le acque del Lepe, gelide anche in piena estate, e sferzanti, lo travolsero.

Nuotava molto bene, per la sua età, ma non poteva lottare contro la violenza del Lepe. La corrente lo trascinò nelle profondità del letto che il fiume si era scavato secoli prima che i Beverley o altri fossero venuti a coltivare nella valle. Rotolò come un ciottolo, premuto, schiacciato, quasi che l'acqua volesse strizzargli il respiro e la vita. Non si rese più conto di niente, solo della violenza con cui veniva trascinato via, e delle furiose pulsazioni del suo cuore.

Poi, all'improvviso, vide che l'oscurità diminuiva. Raggi di sole filtrarono attraverso le acque sempre turbinose, ma non più molto profonde. Raccogliendo tutte le forze, si mise in posizione eretta, e uscì all'aria. Respirò con affanno, e si accorse di essere quasi al centro del fiume. Non gli fu possibile mantenersi in piedi, perché la corrente era troppo forte, ma un po' camminando e un po' nuotando cercò di non finire nuovamente sottacqua, mentre il Lepe continuava a trascinarlo verso la gola che segnava la fine della valle.

Fuori dalla valle il fiume cominciò a scorrere con minore violenza. Dopo un centinaio di metri le acque diventarono relativamente tranquille. John riuscì a muovere qualche goffa bracciata e raggiunse la riva. Si arrampicò sulla terraferma, esausto, e guardò le acque ribollenti che lo avevano trascinato tanto lontano in così breve tempo. Stava ancora con gli occhi fissi alle acque del fiume quando sentì il rumore degli zoccoli di un cavallo che avanzava lungo la strada. Dopo un attimo gli giunse all'orecchio la voce del nonno.

– Ehi, John! Hai fatto una nuotata?

John si alzò lentamente e avanzò traballando verso il calesse. Il nonno gli tese le braccia e lo fece salire.

– Hai passato una bella avventura! Sei cascato in acqua?

Ancora sconvolto, John raccontò quanto ricordava, a bassa voce, con frasi smozzicate. Il vecchio lo ascoltò, attento.

– Pendaglio da forca! – disse poi. – Un adulto non avrebbe avuto molte probabilità di uscirne vivo. E dici di essere riemerso con la testa appoggiando i piedi sul fondo? Mio padre era solito dire che esisteva un fondale basso al centro del fiume, ma nessuno ha mai voluto controllare. Lungo le due rive l'acqua è molto profonda.

Guardò il ragazzo. Stava tremando. Più per il ricordo dell'esperienza appena vissuta che per qualsiasi altro motivo.

– Be', è inutile stare qui tutto il pomeriggio a chiacchierare. Andiamo subito alla fattoria per prendere degli abiti asciutti. Corri, Flossie!

Nell'attimo in cui il nonno fece schioccare la frusta, John ritrovò la voce.

– Nonno... non dire niente alla mamma. Per favore!

– Com'è possibile? – disse il vecchio. – Vedrà che sei inzuppato fino alle ossa.

– Potrei asciugarmi stendendomi al sole.

– Ah, non al sole che abbiamo questa settimana. Però... non vuoi far sapere alla mamma che hai fatto un bagno. Hai paura di una scenata?

– No.

I loro occhi s'incontrarono.

– Allora – disse il nonno alla fine – ricorda che sei in debito di un segreto, marmocchio. E se andassimo dagli Hillen? Da qualche parte ti dovrai pure asciugare.

– Sì – disse John. – Per me va bene. E... grazie, nonno. Le ruote del calesse scricchiolarono sui sassi della strada mentre passavano attraverso la gola, e la fattoria degli Hillen compariva in distanza. Il vecchio ruppe il silenzio in cui si erano chiusi.

– Quindi, vuoi fare l'ingegnere, tu?

John staccò gli occhi dall'affascinante visione del Lepe che scorreva ribollendo.

– Sì, nonno.

– Non ti piacerebbe fare il contadino?

– Non in modo particolare – disse John, cautamente.

– No, penso proprio di no – disse il nonno con un sospiro di sollievo. Aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma cambiò idea. Quando furono vicini ai covoni della fattoria degli Hillen disse: – Ne sono felice. Io amo la terra più di chiunque altro, ma ci sono dei casi in cui il possesso della terra diventa un pericolo. La migliore terra del mondo perde ogni valore se porta cattivo sangue tra fratelli.

Poi fermò il cavallo e chiamò Jess Hillen.

1

Venticinque anni dopo i due fratelli si fermarono sulle rive del Lepe. David sollevò il bastone e indicò verso la cima di una collina.

– Eccoli.

John seguì lo sguardo del fratello e vide due piccoli punti che si arrampicavano verso la cima. Si mise a ridere.

– Davey apre la marcia, come al solito, ma sono pronto a scommettere che sarà Mary ad arrivare per prima in vetta.

– Ha due anni di più, ricordalo.

– Sei un cattivo zio. Favorisci il maschio in modo troppo sfacciato. Scoppiarono a ridere.

– È una brava ragazza – disse David – ma Davey... be', è Davey.

– Dovevi sposarti, e avere un paio di figli anche tu.

– Non ho mai avuto il tempo di fare la corte alle ragazze.

– Pensavo che voi di campagna faceste i corteggiamenti durante il lavoro, mentre piantate i cavoli.

– Io non pianto cavoli. Oggi l'attività più redditizia è coltivare grano e patate. Sono i prodotti richiesti dal governo, e noi glieli forniamo. John lo guardò, divertito. – Mi piaci nella tua parte di contadino onesto e impacciato. Cosa mi dici del bestiame da macello? E di quello da latte?

– Parlavo dei raccolti. Comunque credo che dovrò eliminare le bestie da latte. Pretendono troppa terra per quello che rendono.

John scosse la testa. – Non riesco a immaginare la valle senza il bestiame.

– Le vecchie illusioni del cittadino sulla campagna che non cambia mai

– disse David. – La campagna cambia molto più di una città. Per la città è solo una questione di tirar su edifici diversi... magari più grandi e più brutti, ma nient'altro. Quando la campagna cambia, è in modo più radicale.

– Potrei sollevare delle obiezioni – disse John. – Dopotutto... David guardò indietro. – Ecco che arriva Ann – disse. E a voce più alta aggiunse: – E tu mi chiedi perché non mi sono mai sposato!

Ann prese a braccetto il marito e il cognato. – Ciò che mi piace della valle è la qualità dei complimenti – disse. – Vuoi veramente sapere perché non ti sei mai sposato, David?

– Mi ha confidato di non aver mai avuto tempo – disse John.

– Tu sei un ibrido – disse Ann. – Sei abbastanza agricoltore da sapere che la moglie deve essere un bene mobile, ma, essendo uno di quelli che hanno compiuto gli studi all'università, hai anche la grazia di sentirti in colpa per quest'idea.

– E come immagini che tratterei una moglie – domandò David –

ammesso che arrivassi al punto di procurarmene una? Pensi che l'aggiogherei all'aratro tutte le volte che il trattore si guasta?

– Direi che questo dipende dalla moglie... dal fatto se è riuscita a dominarti o meno.

– Potrebbe essere lei a legare te all'aratro! – commentò John.

– Ann, dovresti trovarmene una tu, bella e adatta a me. Tra le tue amiche ce ne sarà certamente qualcuna capace di sopportare un bifolco di Westmorland.

– Mi sono persa d'animo. Sai con quanto impegno ho cercato, ma non sono mai riuscita a trovarne una che andasse bene.

– Grazie tante! Me le trovavi tutte o piattine e occhialute, con una copia dell'"Economist" infilata sotto il braccio, oppure con abiti vistosi, calze a rete e tacchi a spillo.

– E Norma?

– Norma – disse David – voleva vedere lo stallone mentre prestava i suoi servizi alla giumenta. Pensava che sarebbe stata un'esperienza molto interessante.

– Be', che c'è di male? Non fa parte della vita di una donna di campagna?

– Non ne ho la più pallida idea – disse David asciutto. – Ma il vecchio Jess, quando l'ha sentita, ne è rimasto scandalizzato. Abbiamo un nostro rozzo galateo, per quanto ti possa sembrare strano.

– Proprio come dicevo – disse Ann. – Sei già parzialmente civilizzato. Rimarrai scapolo per tutta la vita.

David sorrise. – Ciò che vorrei sapere è... ridurrò anche Davey nelle mie condizioni di barbaro?

– Davey diventerà architetto – disse John. – In vecchiaia voglio dedicarmi alla progettazione di qualche cosa veramente degna di esistere. Dovresti vedere le mostruosità che mi costringono a creare.

– Davey farà ciò che vorrà – disse Ann. – Per il momento mi sembra portato a diventare montanaro. E Mary? Non vi mettete a fare progetti anche su di lei?

– Non ce la vedo, come architetto – disse il padre.

– Mary si sposerà – osservò lo zio – come ogni donna che si rispetti. Ann li guardò. – Siete due selvaggi – disse. – Immagino che tutti gli uomini lo siano!

– Insomma – esclamò David – cosa c'è di male a dire che una brava ragazza si sposerà?

– Non ci sarebbe niente di strano, se anche David finisse per sposarsi –

disse Ann.

– Quando andavo all'università – disse David – c'era una ragazza che in teoria dava dei punti a tutti noi. Per quanto ho sentito dire, dirigeva la fattoria del padre, nel Lancashire, fin da quando aveva quattordici anni. Be', non ha preso nemmeno la laurea. Ha sposato un pilota americano ed è partita con lui, per stabilirsi a Detroit.

– Quindi – osservò Ann – non datevi pensiero per le vostre figlie. Troveranno sempre un pilota americano con il quale andare a vivere a Detroit.

David sorrise. – Ecco, qualcosa del genere.

Ann gli lanciò un'occhiataccia, ma non fece commenti. S'incamminarono in silenzio lungo la riva del fiume. L'aria aveva la purezza di maggio, e il cielo era bianco-azzurro, con nuvole che si spostavano lentamente nel loro pascolo celeste. Nella valle ci si accorgeva sempre dell'aspetto del cielo, incorniciato com'era dalle colline. Un'ombra avanzò sul terreno verso di loro, li avvolse, poi li restituì alla luce del sole.

– Quanta pace, qui – disse Ann. – Sei proprio fortunato, David.

– Non ripartite domenica – suggerì lui. – Restate ancora un po'. Avremo bisogno di qualche mano extra per le patate.

– Le mie mostruosità mi chiamano – disse John – e i ragazzi non faranno mai i loro compiti delle vacanze, finché restano qui. Temo proprio che dovremo rispettare il programma e tornarcene a Londra.

– Qui c'è abbondanza in ogni angolo. Guardati attorno, e pensa ai poveri sventurati cinesi.

– Quali sono le ultime notizie? Hai sentito la radio prima di uscire?

– Gli americani hanno mandato altre navi di grano.

– E da Pechino?

– Nessuna notizia ufficiale. Si crede che sia in fiamme. A Hong Kong hanno dovuto respingere gli attacchi lungo la frontiera.

– Un modo delicato di metterla – disse John cupo. – Avete mai visto quelle vecchie fotografie sulla calamità dei conigli in Australia? C'erano reticolati alti tre metri, e i conigli... centinaia, migliaia di conigli... ammassati contro la rete, che si arrampicano uno sull'altro a salti, finché non riescono a superare la barriera, o la barriera non cede sotto il loro peso. Questa è la situazione di Hong Kong di oggi, tranne per il fatto che non sono i conigli a premere contro la barriera, ma gli esseri umani.

– Pensi che sia veramente una situazione tanto terribile? – domandò David.

– Forse ancora peggiore. I conigli avanzano spinti dal cieco istinto della fame. Gli uomini sono intelligenti, e proprio perché sono intelligenti è necessario prendere misure drastiche per fermarli. Suppongo che abbiano moltissime munizioni per le loro armi, ma sono certo che non basteranno.

– Pensi che Hong Kong cederà?

– Ne sono certo. La pressione aumenterà fino a farla capitolare. Potranno mitragliare i cinesi dall'alto, bombardarli, colpirli con il napalm, ma per ogni cinese caduto, dall'interno ne verranno altri cento a rimpiazzarlo.

– Il napalm! – disse Ann. – No!

– E cos'altro, allora? O questo, o evacuare la città. E non dispongono di navi sufficienti per evacuare tutta Hong Kong.

– Ma anche se prendono Hong Kong – disse David – non troveranno certamente cibo per fare più di tre pasti. E si ritroverebbero al punto di partenza.

– Tre pasti? Forse neanche uno. Ma che importanza ha per gente affamata? In quelle condizioni si è pronti a uccidere anche per un solo boccone.

– E l'India? – domandò David. – E la Birmania? E tutto il resto dell'Asia?

– Dio solo lo sa. Se non altro, sono a conoscenza di cosa sta per succedere. È stata la riluttanza del governo cinese ad ammettere la sua incapacità a gestire la situazione, a cacciarli in quest'incubo senza uscita.

– Come potevano immaginare di mantenere il segreto? – domandò Ann. John si strinse nelle spalle. – Avevano abolito le carestie per legge, ricordi? Inoltre, all'inizio le cose sembravano mettersi per il meglio. Erano riusciti a isolare il virus dopo meno di un mese dal giorno in cui aveva colpito le risaie. Lo avevano elegantemente etichettato come "virus di Chung-Li". Si trattava soltanto di trovare il modo di uccidere il virus senza danneggiare le piante. In alternativa, potevano produrre un tipo di riso più resistente. Non potevano prevedere che il virus si sarebbe diffuso con tanta rapidità.

– Però il raccolto era stato scarso.

– Avevano dei depositi per fronteggiare la carestia, questo non bisogna dimenticarlo, e poi pensavano di poter resistere fino alla primavera e al nuovo raccolto. Non immaginavano di non poter debellare il virus entro quel periodo.

– Gli americani pensano di aver trovato il rimedio coi loro aiuti.

– Possono salvare il resto dell'Estremo Oriente. Ma è troppo tardi per salvare la Cina... e Hong Kong.

Ann fissò la collina e le due piccole figure che si arrampicavano verso la cima.

– Ci sono dei bambini affamati laggiù – disse. – Possibile che non si possa fare niente?

– E cosa? – domandò John. – Mandiamo dei viveri, ma sono una goccia nell'oceano.

– Noi – disse la donna – mentre succede tutto questo, ce ne stiamo ancora a parlare, a ridere e divertirci in questa valle incantevole.

– Cos'altro dovremmo fare? – domandò David. – Gente che muore in modo tragico ce n'è sempre stata. Questa è solo una questione di proporzioni. Ma la morte è sempre la stessa, che tocchi una sola persona o centomila.

– Forse è così – disse lei.

– Noi siamo stati fortunati – continuò David. – Il virus avrebbe potuto colpire anche il grano, nello stesso modo.

– Però gli effetti non sarebbero stati gli stessi, vero? – domandò John. –

Noi non dipendiamo dal grano nel modo in cui i cinesi, e gli asiatici in generale, dipendono dal riso.

– Sarebbe comunque un evento terribile. Verrebbero certamente razionati i viveri.

– Viveri razionati! – esclamò Ann. – E in Cina ci sono milioni di esseri umani che lottano per un pugno di riso!

Tacquero. Sulle loro teste il sole brillava in un tratto di cielo senza nubi. Il fischio di un tordo si alzò sul gorgogliare cupo del Lepe.

– Poveracci – disse David.

– In treno, durante il viaggio – disse John – c'era un tizio che spiegava, con evidente soddisfazione, che i cinesi hanno ciò che si meritano, per il fatto di essere comunisti. Se non fosse stato perché c'erano i bambini, gli avrei detto cosa pensavo di lui.

– Siamo molto migliori noi? – domandò Ann. – Ci ricordiamo e proviamo dolore solo di tanto in tanto. Per la maggior parte del tempo dimentichiamo, e ci occupiamo delle nostre solite faccende.

– È indispensabile comportarsi così – disse David. – Quell'uomo in treno... non penso che goda continuamente delle sventure altrui. Siamo fatti così. Non è un gran male, finché ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati.

– Già. Anche Dives deve aver detto qualcosa del genere.

Sentirono un lontano richiamo, portato dalla brezza della prima estate, e girarono gli occhi verso la collina. Una piccola figura si stagliava contro il cielo, e mentre stavano osservando, un'altra piccola figura comparve accanto alla prima.

John sorrise. – È arrivata prima Mary. Ha vinto la resistenza fisica.

– Vuoi dire l'età – disse David. – Facciamo un gesto di saluto, per far vedere che li abbiamo visti.

Agitarono le braccia, e in alto le due piccole figure fecero altrettanto.

– Per tornare a loro – disse Ann, quando ripresero il cammino – mi sembra che Mary abbia deciso di fare la dottoressa.

– Questa è una buona idea – disse David. – Può sposare un altro dottore e aprire con il marito uno studio medico.

– Dove? – chiese John. – A Detroit?

– Dal punto di vista di David, la medicina è una delle arti pratiche –

osservò Ann. – Pari a quella di saper cucinare.

David frugò con il bastone in un buco del terreno. – Vivendo vicino alle cose semplici, come faccio io, si ha una più esatta valutazione di tutto. Io metto le arti pratiche al primo, al secondo e al terzo posto. Poi si ha il diritto di perdere tempo a costruire grattacieli.

– Ehi – fece John – se non fossero esistiti ingegneri in grado di costruire un edificio grande quel tanto da contenere il ministero dell'Agricoltura, dove sareste voi contadini?

David non rispose alla battuta. Il sentiero passava ora tra il fiume a sinistra e terreni acquitrinosi a destra. David si chinò verso un ciuffo d'erba alto mezzo metro. Diede uno strappo, e due o tre steli gli rimasero nella mano.

– Piante nocive? – domandò Ann.

David scosse la testa. – Oryzoides, genere Leersia, famiglia delle Oryzae.

– Senza la tua conoscenza della botanica – disse John – queste sono parole senza significato.

– È un'erba poco comune in Inghilterra – spiegò David. – Poco comune soprattutto da queste parti. La si può trovare a volte nelle regioni del Sud, nell'Hampshire, nel Surrey, e così via.

– Quelle foglie... – osservò Ann – Sembrano marce.

– Anche le radici stanno marcendo – disse David. – La famiglia delle Oryzae comprende tre generi. Uno è il leersia, e un altro è l' Oryza.

– Sembrano nomi di militanti femministe – commentò John.

– L' Oryza sativa –continuò David – è il riso.

– Il riso! – esclamò Ann. – Allora...

– Questa è la pianta del riso – disse David. Prese uno dei lunghi steli e lo tenne alto. Era cosparso di macchie verde scuro con un puntino marrone al centro. La parte inferiore era completamente marrone e putrefatta. – E

questo è il virus di Chung-Li.

– Qui, in Inghilterra? – chiese John.

– In questa terra verde e meravigliosa – confermò David. – Sapevo che poteva attaccare anche il Leersia, ma non mi aspettavo che arrivasse fin qui.

Ann rimase a fissare, quasi ipnotizzata, l'erba chiazzata e putrefatta.

– Sarebbero queste macchie... Soltanto queste macchie... – disse Ann. David guardò il terreno paludoso che si stendeva fino ai margini del campo di grano.

– Grazie a Dio i virus hanno degli appetiti selettivi. Questo ha percorso mezzo mondo per attaccarsi a quel ciuffo d'erba, e forse a qualche altro centinaio di ciuffi simili in tutta l'Inghilterra.

– Infatti – disse John. – Anche il grano è un'erba, vero?

– Il grano, l'orzo, la segale... per non parlare dei foraggi per il bestiame –

disse David, – Per i cinesi è una cosa tremenda, ma poteva anche andare peggio.

– Già – fece Ann – poteva toccare a noi. È questo che vuoi dire? Li avevamo di nuovo dimenticati. E probabilmente, fra cinque minuti, avremo trovate altre scuse per dimenticarli ancora.

David schiacciò i fili d'erba nella mano e li buttò nel fiume. L'acqua li trascinò via.

– Non possiamo farci niente – disse.

2

Ann, che in quella mano di bridge faceva il morto, accese la radio per ascoltare il notiziario delle nove. John aveva contratto un tre-senza, che non avrebbe potuto mantenere, dichiarato soltanto per creare un ostacolo a Roger e Olivia, cui mancavano trenta punti per vincere la partita. Roger Buckley disse in tono allegro: – Forza, vecchio mio. Che ne diresti di mettermi in difficoltà con quel nove?

Roger era l'unico compagno d'armi col quale John fosse rimasto in contatto. Ad Ann, quando lo aveva conosciuto, non era piaciuto. Né il frequentarlo in seguito l'aveva portata a qualcosa di più della semplice sopportazione. La urtava tanto il suo atteggiamento goliardico quanto i suoi rari momenti di depressione. La urtava, soprattutto, la durezza che lei intuiva dietro i due aspetti della sua personalità esteriore. Era quasi certa che Roger sapeva quali fossero i sentimenti che lei nutriva nei suoi confronti, e che li riteneva, come molte altre cose, del tutto privi d'importanza. In passato queste considerazioni avevano aumentato la sua antipatia per lui, e per un motivo soltanto non aveva privato John di quell'amicizia.

Il motivo era Olivia. Quando Roger, poco dopo che lei lo aveva conosciuto, era arrivato con una ragazza grassoccia, tranquilla, piena di pudori, e l'aveva presentata come la sua fidanzata, Ann era rimasta sorpresa, e aveva sperato che quel fidanzamento (l'ultimo, secondo John, di una lunga serie) non si sarebbe mai concluso con un matrimonio. Si era sbagliata. Aveva stretto amicizia con Olivia prevedendo di doverla consolare quando Roger l'avrebbe abbandonata; in seguito, dopo il matrimonio, per poterla proteggere il giorno in cui Roger si fosse tolto la maschera. Aveva provato l'umiliazione di scoprire, a poco a poco, non solo che Olivia aveva fatto un matrimonio che sembrava perfetto, ma che in realtà era lei a dover confidare nella calda comprensione di Olivia per risolvere le sue piccole crisi. Senza provare mai la minima simpatia per Roger, aveva cominciato a tollerarlo, per andare d'accordo con Olivia. John uscì con una scartina di quadri contro il Re e il Fante del morto. Olivia calò lentamente un otto. John ebbe un attimo di esitazione, poi prese il Fante. Con una esclamazione di trionfo Roger calò la Regina sulle tre carte.

Dalla radio giunse la voce dell'annunciatore della BBC: "Nazioni Unite: il Comitato di emergenza per la Cina, nel rapporto interno pubblicato oggi, dichiara che probabilmente il bilancio minimo di vittime della carestia in Cina si aggira attorno ai duecento milioni di persone..."

– Il morto mi sembra un po' debole di cuori – commentò Roger. –

Vediamo un po' cos'ha in mano.

– Duecento milioni – balbettò Ann. – Non ci posso credere.

– Cosa sono duecento milioni? – disse Roger. – La Cina è spaventosamente piena di cinesi. Fra due generazioni saranno di nuovo al completo.

In precedenti discussioni, Ann aveva già notato il cinismo di Roger. Questa volta preferì lasciar correre. La sua mente era sconvolta dagli orrori che stava immaginando.

"Dal rapporto" continuava la voce dell'annunciatore "risulta inoltre che le sperimentazioni effettuate con l'isotopo 717 hanno ottenuto il contenimento quasi completo del virus di Chung-Li. L'isotopo verrà ora spruzzato a tappeto su tutte le risaie dalle Squadre aeree di soccorso recentemente costituite dalle Nazioni Unite. Si prevede che le scorte dell'isotopo siano sufficienti a disinfestare entro pochi giorni tutte le risaie più minacciate. L'opera completa di risanamento verrà portata a termine entro un mese."

– Grazie a Dio – disse John.

– Quando avrai finito il Magnificat –disse Roger – potrai notare che ho giocato cuori.

– Roger! – esclamò Olivia, con un leggero tono di protesta.

– Duecento milioni – disse John. – Un gigantesco monumento all'orgoglio e alla cocciutaggine umana. Se ci avessero chiesto d'intervenire sei mesi fa, ora tutte quelle persone sarebbero ancora vive.

– A proposito di monumenti all'orgoglio umano, e dal momento che non ti decidi a calare l'Asso di cuori che hai in mano, come procede la costruzione del tuo piccolo Taj Mahal? Mi è giunto all'orecchio che hai avuto delle noie con gli operai.

– Esiste forse qualcosa che non ti arrivi all'orecchio?

Roger era incaricato delle relazioni pubbliche al ministero delle Risorse agricole e industriali. Viveva in un mondo di gossip che non faceva che accrescere, secondo Ann, la sua già naturale inumanità.

– Niente che non sia importante – disse Roger. – Pensi di finire i lavori in tempo?

– Di' pure al tuo ministro di informare il suo collega di non aver paura. La sua elegante dimora sarà pronta per tempo.

– Il fatto – commentò Roger – è di sapere se sarà pronto il collega.

– Altre dicerie?

– Altro che dicerie! Naturalmente potrebbe risultare che ha il collo a prova di capestro. Sarebbe interessante da vedere.

– Roger! – esclamò Ann. – Possibile che ti divertano così tanto le sventure umane?

Si pentì immediatamente di essersi lasciata trasportare dalla collera. Roger la guardò divertito. Aveva una faccia ingannevolmente bonaria, con quel suo mento sfuggente e i grandi occhi castani.

– Sono il ragazzino che non cresce mai – disse. – Quando avevi la mia età, probabilmente ridevi vedendo un ciccione scivolare su una buccia di banana. Adesso invece prendi in considerazione la possibilità che il ciccione si rompa l'osso del collo, e che lasci una moglie disperata e orde di figli affamati. Lascia che mi diverta con i miei giocattoli preferiti, come meglio posso.

– È un caso disperato – disse Olivia. – Non volergliene, Ann. Parlò con la tolleranza divertita della madre indulgente nei confronti del figlio discolo. Ma se questo modo di trattare era scusabile nei confronti di un ragazzo, pensò Ann irritata, non era certo il modo adatto di trattare un adulto moralmente ritardato.

Sempre guardando Ann, Roger continuò: – Quello che voi adulti dovete mettervi in testa, è che le cose, in questo momento, sono a vostro favore. Vivete in un mondo dove tutto favorisce gli atteggiamenti sensibili e civili. Ma è una situazione precaria: pensate a quanto era antica la civiltà in Cina, e guardate che cosa sta succedendo laggiù adesso. Quando la pancia comincia a brontolare, la risata che sale dal ventre ha una sua precisa ragione.

– Comincio anch'io a pensare che tu sia un ritardato mentale, Roger, o un barbaro – disse John.

– Sotto certi aspetti – disse Olivia – lui e Steve hanno la stessa identica età.

Steve era il figlio dei Buckley, e aveva nove anni. Roger gli voleva troppo bene per mandarlo lontano, in collegio. Era un ragazzo piccolo, molto precoce, e capace di eccessi addirittura da selvaggio.

– Steve, però, finirà col crescere – disse Ann.

– Se lo farà – esclamò Roger ridendo – vuol dire che non è figlio mio. I ragazzi vennero a casa per un periodo di vacanze, e i Custance e i Buckley andarono a trascorrere un week-end al mare. Noleggiavano sempre una roulotte in società: trainata all'andata da una macchina e al ritorno dall'altra, serviva da casa ai genitori, mentre i ragazzi dormivano in una tenda montata accanto alle automobili.

Ebbero tempo eccellente per tutta la durata del viaggio, e il sabato mattina si stesero sui sassi caldi di sole, di fronte al mare, cullati dal rumore delle onde. I ragazzi trascorsero il tempo facendo bagni, o andando a caccia di granchi lungo la spiaggia. Degli adulti, John e le due donne si accontentarono di riposare al sole. Roger, più irrequieto per natura, prese in un primo tempo parte ai giochi dei ragazzi, poi si coricò accanto agli altri, in uno stato di evidente e crescente frustrazione. Dopo aver visto Roger guardare l'orologio varie volte, John disse: – Be', andiamo a cambiarci.

– Perché? – domandò Ann. – Perché cambiarvi? Non avrete intenzione di preparare il pranzo, vero?

– Roger è sulle spine da circa mezz'ora – disse John.

– Penso che sia meglio fargli fare un salto fino al villaggio. I locali dovrebbero essere aperti adesso.

– Sono già aperti da mezz'ora – fece Roger. – Prendiamo la tua macchina.

– Si mangia all'una – disse Olivia. – I ritardatari non troveranno più niente.

– Non abbiate paura.

Davanti ai bicchieri, Roger disse: – Così va meglio. Al mare mi viene sempre una sete terribile. Dev'essere la salsedine che c'è nell'aria. John bevve un sorso, poi posò il bicchiere sul tavolo.

– Sei un po' nervoso, Rodge. L'ho già notato ieri. C'è qualcosa che non va?

Sedevano nella sala del bar. Dalla porta aperta si vedeva il sentiero sassoso e il verde che si stendeva oltre la strada. L'aria era calda e mite.

– "Questo è il tempo dei cuculi" – citò Roger. – "Quando le donne vengon fuori con gli abiti di primavera, e tutti sognano il Sud e l'Ovest. Come me." Nervoso hai detto? Forse.

– Posso fare niente per te?

Roger lo studiò per un attimo. – Il primo dovere di un addetto alle pubbliche relazioni è la lealtà – disse. – Il secondo è la discrezione. Il guaio è che io invece ho la lingua lunga, e incrocio le dita quando giuro lealtà e discrezione a qualcuno che non sia mio amico personale.

– Di che cosa si tratta?

– Se tu fossi me, non mi diresti niente – disse Roger.

– L'onestà è uno dei tuoi scogli di inibizione. Così ti posso chiedere di serbare il massimo segreto. Non devi dire niente ad Ann, come io non ho detto niente a Olivia.

– Se è così importante – disse John – forse faresti meglio a tacere anche con me.

– Francamente, penso che sarebbe stato molto più saggio non serbare il segreto, ma non è questo il punto. Mi preoccupo solo che non mi si incolpi se le notizie trapelano. Comunque, lo si verrà lo stesso a sapere, questo è certo.

– Adesso sono diventato curioso – disse John.

Roger vuotò il bicchiere, e aspettò che John facesse altrettanto. Poi andò al banco per farli riempire nuovamente. Quando tornò al tavolo bevve lentamente in silenzio.

– Ricordi l'isotopo 717? – chiese alla fine.

– La sostanza con cui hanno disinfestato le risaie?

– Sì. C'erano due diverse idee sul modo di combattere il virus. Una mirava alla scoperta di qualcosa che uccidesse il virus, l'altra alla produzione di una qualità di riso resistente al virus. La seconda, ovviamente, richiedeva più tempo, e fu scartata. Poi gli scienziati che studiavano la prima possibilità scoprirono il 717, lo trovarono efficace, e si lanciarono all'attacco.

– Ha ucciso veramente il virus – osservò John. – Ho visto le immagini in TV.

– Per quel che ho sentito dire, i virus sono bestie strane. Se avessero scoperto un tipo di riso in grado di resistere, il problema sarebbe stato bell'e risolto. Si possono trovare delle specie resistenti a qualsiasi cosa. Basta condurre degli studi attenti e su larga scala.

– Continua – disse John guardandolo attentamente.

– In apparenza, era un virus complesso. Fino a questo momento hanno stabilito almeno cinque fasi di sviluppo. Quando hanno scoperto il 717 ne avevano identificato quattro, e il 717 le uccideva tutte. Hanno identificato la quinta quando si sono accorti che il virus non era affatto scomparso.

– Ma allora...

– Chung-Li è sempre in testa di parecchie lunghezze – disse Roger.

– Vuoi dire che nelle risaie rimane qualche traccia di virus attivo? –

domandò John. – Deve essere comunque una traccia minima, data l'efficacia del 717.

– Solo una traccia – fece Roger. – Forse, naturalmente, abbiamo solo avuto fortuna. La fase numero 5 può essersi sviluppata lentamente, mentre le altre quattro si sono sviluppate con grande rapidità. Ora però, da quel che ho sentito, si diffonde con la stessa velocità delle prime quattro.

– Così siamo tornati al punto di partenza – disse John lentamente. – O

forse non proprio. Dopotutto, se hanno scoperto qualcosa in grado di uccidere le prime quattro fasi, dovrebbero essere in grado di trovare qualcosa per poter sconfiggere anche la quinta.

– È quello che mi sono detto anch'io. C'è solo una cosa che sconcerta.

– Quale?

– La quinta fase è rimasta mascherata sotto le altre fino all'impiego del 717. Non so come vadano queste faccende, ma pare che i primi virus, più forti, abbiano mantenuto inattivo quest'ultimo. Quando il 717 ha eliminato gli altri, la quinta fase è stata in grado di mostrare i denti. Si differenzia dai fratelli maggiori per un particolare importante.

John rimase in silenzio, e Roger bevve un sorso di birra.

– Il virus primario di Chung-Li agisce sulle Oryzae. La fase 5 va molto meno per il sottile. Attacca tutte le graminacee senza distinzione.

– Graminacee?

Roger sorrise con tristezza. – Recentemente ho imparato anch'io a parlare in gergo. "Graminacee" significa erbe, tutte le erbe. John pensò a David. "Siamo stati fortunati" gli aveva detto.

– Anche il grano è un'erba.

– Grano, avena, orzo, segale... Questo è soltanto l'inizio. In seguito spariranno la carne, i formaggi e il pollame. Entro un paio d'anni vivremo soltanto di pesci e di patatine, ammesso che si trovi l'olio per friggerle.

– Troveranno la soluzione anche a questa nuova minaccia.

– Sì – fece Roger – certo. Sono riusciti a debellare il virus originale, vero? Io mi domando in quale direzione si svilupperà la fase 6... Verso le patate?

John ebbe un pensiero improvviso. – Se fanno tanto mistero, a livello internazionale, intendo, non può essere che siano ragionevolmente sicuri di avere la soluzione a portata di mano?

– È una possibilità come un'altra. Io penso che stiano aspettando di avere tutte le mitragliatrici in postazione.

– Mitragliatrici?

– Dovranno pur pensare agli altri duecento milioni.

– Non si arriverà mai a tanto. Non dimenticare che tutte le menti del pianeta si stanno concentrando sulla soluzione del problema. Dopotutto, se i cinesi hanno avuto il buon senso di chiedere aiuto...

– Noi siamo una razza intelligente – osservò Roger. – Abbiamo scoperto come usare il carbone e il petrolio, e quando abbiamo notato i primi segni che stavano per esaurirsi, siamo stati pronti a saltare sulla carrozza dell'energia nucleare. La mente vacilla al pensiero dei progressi compiuti dall'uomo negli ultimi cento anni. Se fossi un marziano non scommetterei, nemmeno a cento contro uno, che un'intelligenza simile possa venire distrutta da una cosetta minuscola come un virus. Non credere che non sia ottimista, ma mi piace muovermi con cautela anche quando tutte le probabilità sembrano buone.

– Anche se consideri la situazione dal punto di vista peggiore – disse John – probabilmente riusciremo a sopravvivere nutrendoci di pesce e verdura. Non sarà la fine del mondo.

– Pensi davvero che sia possibile? – domandò Roger. – Io non credo, se consideriamo la quantità di cibo che si consuma oggi.

– Quando si ha un parente contadino si apprendono delle informazioni utili – disse John. – Un acro di terra produce dai cinquanta ai cento chili di carne, o una tonnellata e mezzo di pane. Ma può produrre anche dieci tonnellate di patate.

– Mi dai coraggio – commentò Roger. – Comincio a credere che la fase 5 non riuscirà a distruggere l'umanità. L'unica preoccupazione che mi resta è il mio orticello. Posso distrarre l'attenzione dalla catastrofe incombente.

– Accidenti, Roger! Questa non è la Cina.

– No. È soltanto una nazione con cinquanta milioni di abitanti che importa circa la metà del cibo che consuma.

– Stringeremo la cinghia.

– Può fare un effetto grottesco, attorno a uno scheletro.

– Te l'ho appena detto – fece John. – Se si piantano patate al posto del grano, si può ottenere una quantità di cibo sei volte maggiore.

– Non ti resta che dirlo al governo. Ripensandoci, è meglio di no. Quali che siano le prospettive, non voglio giocarmi l'impiego. Questo, a meno che io non sia totalmente fuori strada, è il punto della questione. Anche se ritenessi che tu sei la sola persona ad avere questa preziosa informazione sulle patate, e che solo questo ci può salvare dalla fame, ci penserei due volte prima di consigliarti di strombazzare in giro i miei fallimenti.

– Due volte, forse – disse John. – Ma non tre. C'è in gioco anche il tuo futuro.

– Ah, ma potrebbe esserci qualcun altro in possesso della tua stessa informazione, o possono esistere altre vie di salvezza, o il virus potrebbe morire spontaneamente, o la Terra potrebbe perfino andare a sbattere contro il Sole... e io avrei perso inutilmente il lavoro. Traduci tutto questo in termini politici. Logicamente, se non troviamo altri mezzi per fermare il virus, la sola cosa sensata da fare è piantare patate in ogni pezzo di terra adatta a produrle. Ma quando ci si convincerà che il virus non può essere fermato? E se riempiamo di patate tutte le verdi e dolci colline d'Inghilterra, e poi qualcuno scopre il modo di vincere il virus, cosa diranno gli elettori, l'anno prossimo, quando si vedranno offrire patate al posto del pane?

– Non so cosa potrebbero dire gli altri. Ma so cosa direi io. Ringrazierei Dio di non essere stato ridotto al cannibalismo, come i cinesi.

– La gratitudine – disse Roger – non è l'aspetto più evidente della vita nazionale. Comunque, non dal punto di vista politico.

John spostò lo sguardo verso la porta aperta del locale. Sul prato che si stendeva dall'altra parte della strada un gruppo di ragazzi giocava a cricket. Le loro voci portavano con sé i raggi del sole.

– Probabilmente siamo tutti e due degli allarmisti – disse. – C'è un bel salto dalla notizia che è comparsa la fase 5 e dalla prospettiva di una dieta a base di patate, alla carestia e al cannibalismo. Dal momento in cui gli scienziati hanno cominciato veramente a lavorare, ci sono voluti soltanto tre mesi per sviluppare il 717.

– È vero – ammise Roger – e anche questo mi preoccupa. Ogni governo di questo mondo si consola con questo, identico pensiero: gli scienziati non ci hanno mai tradito. Non lo crederemo mai possibile finché non capiterà veramente.

– Quando una cosa non è mai successa in passato, non è cattiva politica pensare che non capiti ora.

– Già – disse Roger. – Forse hai ragione. – Sollevò il bicchiere ormai quasi vuoto. – Pensa fino alla fine alle cose più piacevoli. Un mondo senza birra? Impensabile. Bevi, e ordiniamone un'altra.

3

La notizia della fase 5 del virus di Chung-Li trapelò durante l'estate, e fu seguita da grandi agitazioni in tutte le zone dell'Estremo Oriente vicine al centro dell'infezione. Il mondo occidentale rimase a guardare con caritatevole preoccupazione. Navi di grano vennero mandate nelle zone colpite, e i carichi furono affidati alla protezione delle forze armate. Nel frattempo in tutti i laboratori e i centri di ricerca del mondo continuavano gli studi e gli esperimenti per distruggere il virus.

Agli agricoltori venne raccomandato di tenere gli occhi bene aperti, vennero minacciati di gravi multe qualora avessero trascurato di denunciare la comparsa del virus alle autorità, e fu promesso un buon compenso per la distruzione dei raccolti contagiati. Venne stabilito che la fase 5, come il virus originale, si diffondeva sia attraverso il contatto tra le radici sia per via aerea. Con la distruzione delle messi contaminate, e creando una fascia senza vegetazione attorno alle zone colpite, si sperò di ritardare il diffondersi del virus finché non si fosse trovato un mezzo per distruggerlo definitivamente.

Il sistema ottenne un successo moderato. La fase 5, come le precedenti, si sparse per il mondo, ma in Occidente si raccolsero comunque tre quarti della quantità normale di raccolto. In Oriente le cose andavano meno bene. In agosto fu chiaro che l'India si trovava di fronte a una quasi totale mancanza di raccolti e alla conseguente carestia. La Birmania e il Giappone non versavano in condizioni molto migliori.

In Occidente il problema degli aiuti alle nazioni più colpite cominciò a mostrare un aspetto diverso. Le riserve mondiali erano già state drasticamente ridotte nel tentativo, fatto in primavera, di soccorrere la Cina. Ora, con la prospettiva di un raccolto scarso anche nelle zone meno colpite, quello che inizialmente era stato fatto d'istinto divenne argomento di discussione.

Ai primi di settembre il governo degli Stati Uniti votò un emendamento alla legge presidenziale sui soccorsi, invocando un blocco difensivo di riserve alimentari per il consumo nazionale. Un certo tonnellaggio di tutti i viveri doveva essere tenuto di riserva per il fabbisogno interno. Ann non riuscì a trattenere la sua indignazione. – Ci sono milioni di persone ridotte alla fame, e quei vecchi grassoni rifiutano loro il cibo!

Stavano prendendo il tè nel giardino dei Buckley. I ragazzi si erano ritirati con una riserva di dolci in una macchia d'alberi, e di tanto in tanto si sentivano le loro risate.

– Desiderando vivere tanto da diventare un vecchio grassone – disse Roger – non sono molto sicuro di risentirmi per la decisione.

– Devi ammettere che suona leggermente spietato – disse John.

– Come ogni autodifesa. Il guaio, per gli americani, è che hanno sempre le carte sul tavolo. Le altre nazioni che producono grano stanno sedute sulle loro riserve senza dire niente.

– Non posso crederci – disse Ann,

– Davvero? Fammi sapere quando i russi manderanno in Oriente la loro prossima nave di grano. Comunque, ho ancora un paio di vecchi cappelli commestibili.

– Rimangono sempre il Canada, l'Australia, la Nuova Zelanda.

– Non faranno niente se ascoltano il governo britannico.

– Perché mai il nostro governo dovrebbe impedire loro l'invio di soccorsi?

– Perché potremmo averne bisogno noi. Noi stiamo sperando, potrei dire disperatamente sperando, che il sangue sia più denso dell'acqua che ci separa. Se il virus non verrà sconfitto entro la prossima estate...

– Ma quella gente sta morendo di fame ora!

– Hanno tutta la nostra comprensione.

Ann lo guardò, senza nascondere l'avversione che provava per lui. –

Come puoi dire una cosa simile! – esclamò.

– Una volta abbiamo convenuto di comune accordo che sono un barbaro, ricordi? Se irrito la gente che mi sta attorno, non dimenticare che talvolta gli altri irritano me. I cervelli contorti mi irritano, ad esempio. Io credo nell'autoconservazione, e per iniziare la lotta non aspetto di avere il coltello alla gola. Non è buon senso dare l'ultima crosta di pane dei nostri bambini a un mendicante affamato.

– L'ultima crosta di pane... – Ann guardò la tavola con gli avanzi dell'abbondante merenda. – Sono queste che tu chiami croste di pane?

– Se fossi io a comandare questa nazione – disse Roger – non ci sarebbero più dolci da tre mesi. E non avrei ugualmente grano da distribuire agli asiatici. Mio Dio! Non avete mai considerato la nostra situazione economica?

– Se ce ne stiamo immobili a guardare milioni di esseri umani che muoiono di fame, senza dare il nostro aiuto, allora ci meritiamo la stessa fine – disse Ann.

– Noi? Chi siamo noi? Mary, Davey e Steve, dovrebbero forse morire di fame perché io sono un insensibile?

– Credo che sia meglio troncare questo discorso – disse Olivia. – Sono situazioni per le quali non possiamo fare niente... noi personalmente, almeno. Dobbiamo soltanto sperare che la situazione non peggiori.

– Secondo l'ultimo notiziario – disse John – hanno trovato qualcosa che dà ottimi risultati contro la fase 5.

– Esatto! – fece Ann. – E a questo punto, quale giustificazione possiamo avere per non mandare aiuti in Oriente? Per quale motivo dovrebbero razionare i viveri la prossima estate?

– Ottimi risultati! – disse Roger con ironia. – Sapete che hanno scoperto altre tre forme di virus, oltre la 5? Personalmente non vedo che una soluzione: resistere in attesa che il virus muoia spontaneamente, di vecchiaia. A volte capita. Che poi rimanga o no un solo filo d'erba, per ricominciare tutto da capo, questa è un'altra questione. Olivia spostò lo sguardo sul prato. – È difficile credere che quel virus distrugga veramente tutta l'erba, vero?

Roger strappò un filo d'erba e lo sollevò tenendolo tra il pollice e l'indice. – Mi hanno accusato di non avere immaginazione. Ma non è vero. Posso benissimo vedere gli indiani affamati. Ma posso anche vedere questa terra bruciata e spoglia, ridotta a un deserto, e dei bambini che si nutrono con la corteccia delle piante.

Per un po' rimasero tutti in silenzio. Un silenzio di parole, rotto dal lontano canto degli uccelli e dalle grida allegre dei bimbi.

– È ora di andare – disse John. – Devo anche portare la macchina dal meccanico per la revisione. Ho già aspettato fin troppo. – Chiamò Mary e David. – Sai, Roger, potrebbe anche non succedere.

– Io sono un pigro come voi. Dovrei cominciare a addestrarmi nel combattimento a corpo a corpo, e imparare a tagliare un corpo umano per ottenere i migliori arrosti. Invece me ne sto tranquillamente seduto ad aspettare.

Mentre tornavano a casa, Ann disse all'improvviso: – Il tuo amico ha preso un atteggiamento disgustoso!

John fece un cenno con la testa, indicando i ragazzi.

– Già, è vero – fece Ann. – Ma è una cosa orribile.

– Parla molto – disse John – ma non pensa veramente quello che dice.

– Io credo di sì, invece.

– Olivia ha ragione. Individualmente non possiamo fare niente. Dobbiamo aspettare e sperare che la situazione si risolva.

– Sperare che si risolva! Non dirmi che ti sei lasciato influenzare! O che credi alle sue profezie.

John non rispose subito. Guardò le foglie d'autunno sugli alberi e i grandi prati. La macchina passò davanti a una striscia di terra, appena dissodata e liberata da ogni filo d'erba. Un altro piccolo campo di battaglia contro la fase 5.

– No, non credo. Non potrebbe mai succedere, non è così?

L'autunno cedette all'inverno. Le notizie dall'Oriente peggioravano di continuo. Dapprima l'India, e poi la Birmania e l'Indocina ricaddero nella carestia e nella barbarie. Poco dopo anche il Giappone e gli Stati orientali dell'Unione Sovietica subirono la stessa sorte. La popolazione del Pakistan si trasformò in un'orda che si riversò alla conquista dell'Occidente, e che, per quanto composta di gente affamata e senz'armi, raggiunse la Turchia prima che la si potesse fermare.

Le nazioni relativamente risparmiate dal virus di Chung-Li fecero da spettatrici, inorridite e incredule. Le notizie ufficiali davano le dimensioni di quell'oceano di fame in cui qualsiasi soccorso non sarebbe stato più di una goccia, ma evitavano l'argomento degli aiuti alle vittime. Quelli che si agitavano per soccorrere le popolazioni affamate erano una minoranza. Una minoranza che diventava sempre più impopolare, man mano che le dimensioni del disastro si delineavano più chiaramente e si capiva che la catastrofe si sarebbe abbattuta anche sull'Occidente.

Soltanto verso Natale le navi di grano ricominciarono i loro viaggi verso oriente. Fu un effetto della consolante notizia che in Australia e in Nuova Zelanda un vigilante sistema di ispezione e distruzione era riuscito a tenere il virus sotto controllo. Considerate le favorevoli condizioni atmosferiche, si prevedeva un raccolto solo di poco inferiore alla media. Queste notizie suscitarono nuove ondate di ottimismo. La catastrofe avvenuta in Oriente, venne spiegato, era dovuta principalmente alla mancanza di decisione tipica degli asiatici. Sembrava impossibile evitare che il virus colpisse i campi coltivati, eppure gli australiani e i neozelandesi avevano dimostrato che era possibile tenerlo sotto controllo. Seguendo il loro esempio, l'Occidente sarebbe potuto sopravvivere all'infinito, sopportando soltanto lievi disagi. Nel frattempo in tutti i laboratori continuava la lotta contro il virus. Ogni giorno portava il mondo sempre più vicino al momento in cui si sarebbe trionfato sull'invisibile nemico. Fu in questa atmosfera di ottimismo che i Custance fecero il loro abituale viaggio al Nord, per trascorrere il Natale a Blind Gill. La prima mattina John uscì con il fratello per fare il giro della fattoria. Il primo tratto di terreno spoglio era a meno di cento metri dalla casa. Una fascia larga circa tre metri e poco più lunga. Le zolle nere, indurite dal gelo, fissavano il cielo invernale.

John si avvicinò pieno di curiosità, e David lo seguì.

– Avete avuto molti danni nella valle? – domandò.

– In un'altra dozzina di punti. Della stessa grandezza. L'erba che cresceva tutto attorno, anche se indurita dal gelo, sembrava sana.

– Pare che ve la caviate bene.

David scosse la testa.

– Non significa niente. Sappiamo che il virus si diffonde nella buona stagione, ma non si sa ancora se questo significa che in inverno resta nelle piante allo stato latente. Dio solo sa cosa succederà in primavera. Tre quarti delle zone colpite nella valle hanno mostrato il contagio alla fine della buona stagione.

– Quindi non partecipi al generale ottimismo?

David sollevò il bastone per indicare la terra spoglia. – Io credo soltanto a quella.

– Distruggeranno il virus, vedrai. Sono sulla buona strada.

– Avevano diramato l'ordine di coltivare a patate tutti i terreni che in precedenza producevano grano – disse David.

John fece un cenno affermativo. – Ne ho sentito parlare.

– Annullato. L'ha comunicato ieri sera la radio.

– Evidentemente hanno fiducia che la situazione migliori.

– Possono avere tutta la fiducia che vogliono – disse David cupo. – La prossima primavera io pianto patate e barbabietole.

– Niente grano né orzo?

– Neanche un metro quadrato.

– Se il virus verrà sconfitto – disse John, pensoso – il grano salirà a prezzi astronomici.

– Credi che non ci abbiano pensato? Perché credi che sia stato annullato l'ordine?

– Non è una decisione facile, vero? Se proibiscono di seminare il grano, e nel frattempo riescono a sconfiggere il virus, la nazione sarà costretta a comprare il grano oltreoceano, a prezzi astronomici.

– È un gioco d'azzardo – disse David. – La sopravvivenza del paese contro l'aumento delle tasse.

– Le probabilità sembrano favorevoli.

David scosse la testa.

– Non abbastanza, per me. Pianterò patate.

David tornò sull'argomento nel pomeriggio del giorno di Natale. Mary e David junior erano usciti per smaltire il peso dell'abbondante pranzo natalizio. I tre adulti, preferendo digerire in maniera più comoda, si misero in poltrona ad ascoltare distrattamente una sinfonia di Haydn.

– Com'è andata la tua mostruosità, John? – chiese David. – L'hai finita in tempo?

John fece cenno di sì. – A momenti vomitavo, quando l'ho contemplata in tutto il suo orrore. Penso però che quella attualmente in costruzione riuscirà a darle parecchi punti, in fatto di bruttezza.

– Devi proprio costruirle quelle case?

– Bisogna accettare le commissioni che ci capitano. Anche un architetto deve assoggettarsi alla volontà di chi ha soldi da spendere. E io sono soltanto un ingegnere.

– Tu non sei legato a qualcosa, vero? Voglio dire, il tuo lavoro è indipendente, no?

– Dipende solo dalla necessità di campare.

– Se tu volessi prenderti un anno di vacanza, potresti farlo?

– Naturalmente. C'è soltanto un problema: evitare che la famiglia finisca sul marciapiede.

– Mi piacerebbe che tu venissi a stabilirti qui per un anno. John lo guardò, sorpreso. – Cosa?

– Mi faresti un favore. Non dovrai preoccuparti del lato finanziario. Ci sono solo tre cose che un contadino può fare con i suoi mal guadagnati soldi. Comprare altro terreno, darsi alla pazza gioia, o mettere i soldi da parte. Io non ho mai desiderato avere terreni fuori dalla valle, e non so spendere.

– Pensi sempre al virus? – domandò John lentamente.

– Sarò stupido – disse David – ma non mi piace come vanno le cose. E

ho visto le immagini dell'Oriente.

John guardò la moglie.

– Quello è l'Oriente – disse Ann. – Anche se la carestia ci piombasse addosso, il nostro paese è molto più disciplinato. Sappiamo cosa siano razionamento e privazioni. In questo momento, poi, non ci sono sintomi di pericolo. È molto chiedere a John di abbandonare tutto e venire a vivere qui per un anno, soltanto perché la situazione potrebbe anche peggiorare.

– Noi siamo qui, seduti accanto al camino, tranquilli, con lo stomaco pieno – disse David – ed è difficile immaginare un futuro in cui tutto questo sia impossibile. Ma io sono preoccupato.

– Non c'è mai stata malattia, di piante o di animali, che non si sia risolta, lasciando dietro di sé le specie ancora vive e vegete – disse John. – Pensa alla peste.

David scosse la testa. – È un bel mistero. Non possiamo sapere come finirà. Cosa ha ucciso i grandi rettili? Le glaciazioni? La competizione per il cibo? Potrebbe anche essere stato un virus. Cos'è successo a tutte quelle piante che hanno lasciato solo resti fossili? È pericoloso tirare una conclusione partendo dal ragionamento che nel nostro breve periodo di osservazione non ci siamo mai trovati di fronte a un virus tanto violento. Un uomo può vivere tutta una vita e non vedere nemmeno una cometa; ciò non significa che le comete non esistano.

– Ti ringrazio, Dave – disse John col tono di considerare chiuso l'argomento – ma è impossibile. Le case che costruisco possono anche non piacermi, ma amo il mio lavoro. Come potrei trascorrere un anno intero qui a Highgate, standomene seduto sulla tua schiena?

– In meno di un mese ti trasformerei in un contadino perfetto.

– Se non fosse per Davey, forse accetterei.

L'orologio che ticchettava sonnolento stava appeso a quella stessa parete da oltre centocinquant'anni. L'ipotesi che il virus potesse vincere, pensò Ann, in quella valle, sembrava molto meno probabile che a Londra.

– In fondo – disse lei – potremmo venire qui se la situazione peggiora. Per il momento non mi sembra che sia il caso di abbandonare la città.

– C'è una cosa alla quale ho pensato spesso – disse David. – Una cosa che mi ha detto nonno Beverley quando siamo venuti per la prima volta in questa valle. Quando si allontanava dalla valle, e poi rientrava passando per la gola, aveva sempre l'impressione di potersi chiudere una porta alle spalle.

– Effettivamente, è un po' così – ammise Ann.

– Se le cose si mettono male – continuò David – non ci saranno molti rifugi sicuri in Inghilterra. Questo potrebbe essere uno.

– Per le patate e le barbabietole – disse John.

– E per altre cose ancora – disse David. Poi li guardò. – Avete visto la catasta di legname sul bordo della strada, poco dopo l'ingresso?

– Vuoi costruire qualche nuovo edificio?

David si alzò e andò alla finestra per osservare il paesaggio invernale.

– No. Non edifici. Una palizzata – disse, senza girarsi. Ann e John si guardarono.

– Una palizzata? – ripeté Ann.

David si girò.

– Una chiusura, se preferite. Una parete con un portale... che possa essere difeso da poche persone contro una folla scatenata.

– Parli seriamente? – chiese John.

Rimase a fissare quel suo fratello maggiore che aveva sempre avuto meno fantasia di lui, meno immaginazione, meno gusto per l'avventura. Era pacato e impassibile come sempre, e sembrava non rendersi conto appieno di quanto stava dicendo.

– Certo – disse David.

Ann protestò: – Ma se la situazione si dovesse risolvere...

– In campagna si cerca sempre qualcosa di cui ridere – disse David. –

Perché non la follia dei Custance? Voglio correre il rischio di sembrare un pazzo. Ho una strana sensazione, e cerco di eliminarla. Di fronte a questo, essere oggetto di derisione non ha più importanza.

La sua serietà li colpì. E si resero conto, Ann in modo particolare, che avrebbero dovuto fare ciò che lui consigliava. Trasferirsi nella valle, costruire la barriera, e respingere l'incerto mondo esterno. Ma l'impulso fu di breve durata. C'erano troppe cose di cui tenere conto.

– I ragazzi devono andare a scuola – disse Ann.

– Ci sono delle scuole anche a Lepeton. E comunque, perdere un anno non sarebbe poi tanto grave.

Ann si voltò a guardare il marito.

– Ci sono molte altre cose... – disse John. Le parole persuasive di David avevano perso tutta la loro efficacia. Non poteva certamente succedere quello che lui aveva immaginato. – Dopotutto, se la situazione dovesse peggiorare ci saranno dei segnali ammonitori. In questo caso potremmo raggiungerti immediatamente.

– Solo, non aspettate troppo – suggerì David.

Ann ebbe un brivido, ma si riprese subito. – Fra un anno, tutto questo ci sembrerà assurdo.

– Sì – disse David. – Può darsi.

4

La pace durò tutto l'inverno. Vennero studiati piani per l'eventuale razionamento dei viveri, e in alcune nazioni furono anche applicati. Dall'Inghilterra scomparvero i dolci, ma fu sempre possibile trovare il pane. La stampa continuò a oscillare tra l'ottimismo e il pessimismo, ma con sempre minore violenza. La domanda più importante, quella che tutti si rivolgevano, riguardava la lunghezza del periodo necessario, dopo la distruzione del virus, per un ritorno alla vita normale. Era significativo che nessuno parlasse più degli appelli lanciati dalle nazioni colpite dell'Asia. John ne parlò con Roger Buckley mentre facevano colazione insieme, un giorno di fine febbraio. Si trovavano al club di Roger, il "Tresaury".

– No, non pensiamo più molto a loro – disse Roger. – È come se fossimo riusciti a tagliare una parte del mondo, e non restassero altro che l'Europa, l'Africa, l'Australia e l'America. La settimana scorsa ho visto alcune fotografie della Cina centrale. Alcuni mesi fa sarebbero state immediatamente pubblicate dai giornali. Non l'hanno fatto e non lo faranno mai.

– Com'erano?

– A colori. Magnifici accostamenti di marroni, di grigi e di gialli. Tutta una terra spoglia e fango. In un certo senso erano più spaventose delle fotografie sul flagello che abbiamo visto fino a poco tempo fa. Il cameriere apparecchiò, poi servì le birre con lenti gesti rituali.

– Impressionanti? – domandò John quando il cameriere se ne fu andato.

– Ne sono rimasto spaventato. Non avevo ancora capito esattamente come potesse venire ridotto il suolo. D'istinto pensavo che il virus lasciasse qualche traccia di vegetazione, anche se pochi ciuffi d'erba sparsi qua e là. Invece distrugge tutto. Solo l'erba, certo, ma è sorprendente scoprire quanto terreno sia coperto d'erba, di un tipo o dell'altro.

– Non corre nessuna voce sulla scoperta di qualcosa con cui combattere il virus?

Roger scosse la testa, perplesso. – Diciamo che le voci che corrono negli ambienti ufficiali sono vaghe quanto quelle della stampa, però denotano una certa fiducia.

– Mio fratello si sta barricando. Te l'ho detto?

Roger si protese in avanti. – Quello della fattoria? Cosa significa "si sta barricando"?

– Ti ho parlato della valle dove vive... di Blind Gill... circondata da colline che lasciano solo una stretta gola di accesso. Ha eretto una palizzata chiudendo il passaggio.

– Continua. Mi interessa.

– Non c'è altro. Ha paura di ciò che può succedere al prossimo raccolto. Non l'ho mai visto così preoccupato. Non ha voluto più seminare grano, e si è messo a coltivare patate e barbabietole. Ha perfino insistito perché andassimo a vivere un anno da lui.

– Fino al superamento della crisi? Dev'essere preoccupato sul serio.

– E io, da allora, non ho fatto altro che pensarci. Dave ha sempre avuto la testa sulle spalle, molto più di me, e a pensarci bene, in un caso del genere, le preoccupazioni di un uomo di campagna non sono da prendere alla leggera. A Londra noi sappiamo soltanto quello che ci dicono. Roger lo guardò, e sorrise. – C'è del vero in quanto dici, John, ma non dimenticare che io sono dalla parte di quelli che diramano le notizie. Dimmi, se ti facessi sapere con un certo anticipo quando si avvicina il momento del pericolo, pensi che tuo fratello possa accogliere nella sua tana tre persone in più?

– Credi che arriverà veramente il momento del pericolo?

– Fino a oggi non ci sono notizie allarmanti. Quelli che conoscono la situazione da vicino dimostrano lo stesso ottimismo dei giornali. Ma mi piace sapere che esista Blind Gill, è come una polizza di assicurazione. Terrò le orecchie aperte. Non appena avrò il più piccolo sentore di allarme, ci prenderemo una vacanza fino a data indefinita e ce ne andremo verso nord con le nostre famiglie. Che ne pensi? Tuo fratello acconsentirebbe a ospitarci?

– Certamente – disse John, poi rimase un attimo pensoso. – Con quanto anticipo potresti avere sentore del pericolo?

– Un anticipo sufficiente. Ti terrò informato. In un caso come questo puoi stare certo che, semmai, sbaglierò per eccesso di prudenza. Non mi va l'idea di restare intrappolato a Londra in piena carestia. Un cameriere passò accanto al loro tavolo con un carrello carico di vari tipi di formaggi. Nell'aria aleggiava la pigra sonnolenza di tutte le sale da pranzo dei club londinesi a mezzogiorno. Il mormorio delle voci era pacato e sopportabile.

John sollevò una mano a indicare tutto attorno. – È difficile immaginare che qualcosa possa sconvolgere questa calma.

Roger girò lo sguardo per la sala. – Sembra impossibile, è vero. In fondo, come spesso ha ripetuto la stampa, noi non siamo asiatici. Sarà interessante osservare come ci comporteremo noi, i composti inglesi, quando arriveranno le nuvole temporalesche. Siamo impassibili, si dice. Ma cosa avverrà al momento del crollo?

Un cameriere venne a servire le bistecche. Era un ometto sorridente, meno compassato dei suoi colleghi.

– Sarà interessante – riprese Roger – ma non abbastanza da convincermi a restare per assistere allo spettacolo.

La primavera tardò a venire. Freddo secco e cielo nuvoloso durarono per tutto marzo e i primi di aprile. Quando, nella seconda settimana di aprile arrivarono le giornate calde e umide, si ebbe la terribile sorpresa di scoprire che il virus di Chung-Li non aveva minimamente perso la sua forza. Man mano che l'erba cresceva, nei campi, nei giardini, o lungo le strade, gli steli si coprivano immediatamente di chiazze scure, un verde scuro che si trasformava in giallo marcio. Una prova inequivocabile. John andò a trovare Roger.

– Che notizie hai?

– Ti sembrerà strano, ma sono ottime.

– Il mio giardino è pieno di erba infetta. Ho cominciato a estirparla, poi ho visto che anche tutti gli altri giardini del rione erano stati colpiti dalla malattia.

– Anche il mio – disse Roger. – Ho un prato di erbe marroni putrefatte. A proposito, hanno abolito le multe per non avere estirpato le erbe infette.

– E quali sarebbero allora le buone notizie? A me la situazione sembra disperata.

– Verranno riferite dai giornali di domani. L'Unesco dichiara di aver trovato il rimedio: un virus che divora il Chung-Li in tutte le sue forme.

– Meno male. Non poteva arrivare in un momento più opportuno. O

pensi che...

Roger sorrise. – È stata la prima cosa che ho pensato. Ma la dichiarazione è sottoscritta da parecchia gente, incluse alcune persone che non metterebbero mai la firma su un documento che non fosse ineccepibile, neppure per salvare la vita ai loro figli. È una notizia autentica, non si possono avere dubbi.

– Salvati dal fischio dell'arbitro – disse John lentamente. – Non oso pensare a cosa sarebbe successo in caso contrario, quest'estate.

– Pensarlo non mi spaventa. Era il trovarsi in mezzo che mi premeva evitare.

– Mi stavo domandando se non fosse il caso di rimandare i ragazzi a scuola. Immagino che ora sia tutto a posto, vero?

– La situazione è certamente migliore – disse Roger. – Avremo dei razionamenti, perché sarà molto difficile produrre il nuovo virus su scala sufficiente e salvare tutto il raccolto di quest'anno. Probabilmente a Londra dovremo sopportare più privazioni che altrove.

Al rapporto dell'Unesco venne data la massima pubblicità. Contemporaneamente il governo diramò un comunicato sulla situazione. Gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda avevano riserve di grano, ed erano pronti a imporre il razionamento per fronteggiare un immediato periodo di carestia. In Gran Bretagna venne introdotto un rigido razionamento della carne e di tutti i derivati del grano. Ancora una volta l'atmosfera si rischiarò. La concomitanza della notizia che annunciava la scoperta del mezzo con cui combattere il virus, e quella del nuovo razionamento, fece nascere nuove speranze, e diede nuova forza. Quando giunse la lettera di David, il suo contenuto parve fuori luogo. Diceva:

Nella valle non è rimasto un solo filo d'erba. Ieri ho ucciso le ultime mucche. Ho sentito dire che a Londra, lo scorso inverno, alcuni hanno avuto il buon senso di ingrandire le celle frigorifere. Ma non saranno sufficienti a contenere tutte le bestie che verranno macellate nelle prossime settimane. Io sto salando le mie. Anche se le cose andranno per il meglio, ci vorranno anni prima che questa nazione torni a conoscere la carne fresca, o il latte, o il formaggio.

Vorrei poter credere che la situazione stia per risolversi. Non che metta in dubbio la serietà del comunicato ufficiale. Stimo le persone che l'hanno sottoscritto, ma tutti i rapporti sembrano perdere di significato quando guardo fuori dalla finestra e vedo la terra nera anziché verde. Non dimenticate che sarete sempre i benvenuti, in qualsiasi momento decidiate di fare i bagagli e raggiungermi. La valle mi dà sempre la massima sicurezza. Possiamo vivere di tuberi e di carne di maiale. Ho risparmiato i suini perché sono gli unici animali che possono sopravvivere con una dieta a base di patate. Ce la caveremo bene. È quello che potrà succedere fuori di qui, che mi preoccupa.

John passò la lettera alla moglie e andò a guardare dalla finestra del soggiorno. Alla fine della lettura Ann corrugò la fronte.

– Sta sempre considerando la situazione con grande serietà, vero?

– Pare di sì.

John guardò il prato ridotto, ora, a una distesa di terra bruciata, con qualche ciuffo d'erba giallastra. Uno spettacolo ormai diventato familiare.

– Non pensi che vivere in quella valle, con la sola compagnia degli Hiflen e dei pochi contadini... – disse Ann. Ma non completò la frase, e concluse dicendo invece: – Peccato che non si sia mai sposato.

– Pensi che gli abbia dato leggermente di volta il cervello? Non è il solo a essere pessimista riguardo al virus.

– Ma quello che dice alla fine... – Ann riprese in mano la lettera e lesse a voce alta: – "In un certo senso, credo che il virus abbia diritto di vincere. Per anni abbiamo trattato la terra come se fosse una banca da saccheggiare. Ma la terra, dopo tutto, è anch'essa viva".

– Noi siamo più ammortizzati – disse John – perché non abbiamo mai visto molta erba, e non vederne affatto non ci impressiona. In campagna però deve fare un effetto tremendo.

– Si direbbe quasi che lui voglia che il virus vinca.

– La gente di campagna non si fida e non ha simpatia per quella di città. I contadini ci considerano delle bocche spalancate in cima a corpi inutili. Immagino che la maggior parte degli agricoltori sarebbe felice di vedere i cittadini che inciampano nelle proprie sicurezze. Solo che, adesso, sarebbe un tracollo. Però non credo che David desideri la vittoria del Chung-Li; dev'essere solo una fantasia che gli è passata per la testa. Ann rimase per qualche istante in silenzio. John si girò a guardarla. La donna teneva gli occhi fissi sullo schermo spento della televisione e stringeva in mano la lettera di David.

– Può darsi che l'età l'abbia fatto diventare apprensivo. Capita spesso agli scapoli che vivono soli in campagna.

Ann si voltò. – L'accordo che Roger ci avvisi se le cose si mettono male, cosicché si possa partire tutti per il Nord... è sempre valido?

John la guardò incuriosito. – Certo. Comunque non mi sembra più tanto attuale.

– Possiamo fidarci di lui?

– Perché no? Può darsi che non gli importi niente di noi, ma pensi che voglia mettere in pericolo la sua vita e quelle di Olivia e Steve?

– No, non credo. Solo che...

– Se la situazione dovesse peggiorare, non ci sarà bisogno dell'allarme di Roger. Sentiremo il pericolo arrivare da chilometri di distanza.

– Pensavo ai ragazzi.

– Si troveranno benissimo. A Davey piacciono perfino gli hamburger in scatola che ci mandano gli americani.

Ann sorrise.

– Già, abbiamo sempre gli hamburger in scatola per sopravvivere. Quando i ragazzi vennero a casa per le vacanze estive, i Custance e i Buckley andarono al mare, come al solito. Fu un viaggio sconcertante, fatto in mezzo a una campagna desolatamente spoglia e corrosa dal virus, dove il grano aveva lasciato il posto ai tuberi. Sulle strade si svolgeva comunque un traffico intenso, e fu difficile trovare un tratto di spiaggia non troppo affollata.

La giornata era calda, ma il cielo era coperto di nubi temporalesche. Si erano fermati in un punto elevato, proprio sopra il mare, da dove godevano di una vista panoramica sulla Manica. Davey e Steve mostrarono un grande interesse al traffico che si svolgeva sul canale. A pochi chilometri dalla costa c'era una flotta di piccoli battelli in movimento.

– Stanno pescando – spiegò Roger. – Il pesce sostituirà la carne che non avremo, dato che non esiste più erba per allevare il bestiame.

– Da lunedì verrà razionato anche il pesce – disse Olivia. – Bella questa, il pesce razionato!

– Era quasi ora – commentò Ann. – Aveva raggiunto dei prezzi assurdi.

– Il perfetto meccanismo che regola l'economia nazionale continua a spremerci con efficienza – disse Roger. – Ci hanno detto che siamo diversi dagli asiatici, e, accidenti, lo siamo davvero. Ci costringono continuamente a tirare la cinghia, e nessuno si lamenta.

– Otterremmo qualcosa, lamentandoci? – domandò Ann.

– Ora che le prospettive sono migliorate – rispose John – la situazione è leggermente diversa. Non so come sarebbero ridotti i nostri nervi, se non fosse così.

Mary, che si stava asciugando dentro la roulotte, sporse la testa dal finestrino. – Il piatto di pesce che ci davano a scuola conteneva una scatola di acciughe ogni dieci chili di patate... adesso sembra diventato di una scatola su un quintale. Come andrà a finire, papà?

– Diventerà un piatto di patate – disse John – con una scatola vuota di acciughe che circola tra i tavoli, in modo che tutti, a turno, possano sentire l'odore del pesce. Pare che sia molto nutriente.

– Io non capisco perché abbiano razionato i dolci – disse Davey. – Mica li ricavano dall'erba!

– Troppa gente aveva cominciato a ingozzarsi di dolci – spiegò John. –

Tu compreso. Ora ti devi accontentare della tua razione, e di quanto riesci a ottenere da Mary, da tua madre, e da me. Pensa a quanto sei fortunato, a non essere orfano.

– E per quanto tempo dureranno questi razionamenti?

– Per qualche annetto. Avrai tutto il tempo di abituarti.

– Non è giusto – si lamentò Davey. – Viveri razionati, senza neanche il gusto di scatenare una guerra per il cibo.

I ragazzi tornarono a scuola, e per tutto il resto la vita riprese il ritmo normale. All'inizio, subito dopo aver stretto il loro patto, John aveva preso l'abitudine di telefonare a Roger ogni volta che stavano un paio di giorni senza vedersi. Ora però aveva smesso.

Le razioni vennero ridotte gradualmente, ma ci fu sempre cibo sufficiente per vincere gli stimoli della fame. La stampa comunicò che in alcuni Stati nelle loro identiche condizioni, principalmente in alcuni Paesi che si affacciavano sul Mediterraneo, si erano avute delle sommosse. Londra reagì tronfia, mettendo in risalto l'indisciplina di quelle nazioni, e le code ordinate che gli inglesi facevano per ottenere i viveri razionati.

"Ancora una volta" scrisse un corrispondente del Daily Telegraph

"spetta al popolo britannico essere di esempio al mondo e dimostrare come si sopportano le sventure. La situazione può anche peggiorare, ma la nostra pazienza e il nostro coraggio non ci abbandoneranno mai." 5

John andò al cantiere del nuovo edificio che stava costruendo in prossimità della City. La gru si era guastata, e, come risultato, i lavori erano stati sospesi. La sua presenza non era strettamente necessaria, ma dato che era responsabile della scelta di quel macchinario, di un tipo che non avevano mai usato, aveva voluto essere presente.

Mentre si trovava nella cabina della gru e osservava le fondamenta dell'edificio, vide Roger che gli faceva dei cenni di saluto dal basso. Rispose agitando una mano, e subito Roger ricambiò con altri gesti, facendogli capire che gli voleva parlare con urgenza.

John chiese al meccanico che smanettava accanto a lui: – Come va adesso?

– Molto meglio. In mattinata sarà a posto.

– Tornerò più tardi.

Roger lo stava aspettando ai piedi della scaletta.

– Sei venuto a vedere come procedono i lavori?

Roger non rispose e si guardo rapidamente attorno.

– C'è un posto dove si possa parlare senza essere disturbati? – chiese. John si strinse nelle spalle. – Potrei chiedere al capo cantiere di cedermi un momento il suo ufficio. Ma c'è un piccolo bar sull'altro lato della strada, che forse va meglio.

– Dove vuoi, ma andiamoci subito.

La faccia di Roger era calma e tranquilla come sempre, ma la sua voce aveva un tono secco e pressante. Attraversarono insieme la strada. Il Grapes aveva una piccola saletta di solito poco frequentata, che in quel momento, le undici e mezzo, era deserta.

John ordinò due doppi whisky e portò i bicchieri a un tavolo all'estremità della sala, dove Roger si era messo a sedere.

– Cattive notizie? – domandò.

– Ci siamo – disse Roger. Bevve un sorso di whisky. – Bisogna andarsene al più presto.

– Come hai detto?

– Quei bastardi! – riprese Roger. – Quei maledetti bastardi assassini. Noi non siamo come gli asiatici. Noi siamo degli autentici inglesi e giochiamo a cricket.

La sua collera, amara e violenta, assolutamente sincera, fece comprendere a John che era giunto il momento della crisi.

– Che c'è? – chiese bruscamente. – Cosa sta succedendo?

Roger finì il suo whisky. Poi vide passare la cameriera e ne ordinò altri due doppi. Quando furono serviti riprese a parlare. – Per prima cosa, la battaglia contro il Chung-Li è stata persa.

– E il contro-virus che lo doveva annientare?

– Strane bestie, i virus – disse Roger. – Agli occhi del tempo sono come delle superpotenze, solo su scala minore. Dominano per un intero secolo, oppure per tre o quattro mesi soltanto, e poi scompaiono. Non capita spesso una Roma che mantenga il potere per mezzo millennio.

– Cosa significa?

– Il Chung-Li è Roma. Se il contro-virus fosse stato la Francia o la Spagna, le cose sarebbero andate meglio. Ma era soltanto una Svezia: esiste ancora, ma in forma più debole e modificata. Non darà mai fastidio al Chung-Li.

– Quando è successo?

– Chi può saperlo! Qualche tempo fa. Hanno cercato di mantenere la cosa segreta, sperando nel frattempo di riuscire a riprodurre il virus originale.

– Non avranno abbandonato i tentativi, spero.

– Non so. Forse no. Ma non ha più importanza.

– Ne ha molta, invece.

– Nell'ultimo mese abbiamo vissuto con il razionamento normale, con alle spalle riserve per meno di una settimana. Facevamo affidamento assoluto sugli aiuti inviati dall'America e dagli Stati del Commonwealth. Io lo sapevo già, ma ho pensato che non avesse molta importanza. I soccorsi ci erano stati garantiti.

La cameriera tornò in sala e cominciò a pulire il bancone del bar. Canticchiava una canzone popolare. Roger abbassò la voce.

– Penso che il mio errore sia perdonabile. In circostanze normali le promesse sarebbero state mantenute. Già troppa parte del mondo è ricaduta nella barbarie, e la gente era disposta a fare qualche sacrificio per salvare il resto.

"Ma la carità comincia sempre in casa propria. Ecco perché ho detto che non conta che riescano a riprodurre il virus. Quelli che hanno buone scorte di viveri non lo credono più possibile, e di conseguenza non vogliono privarsi di riserve di cui possono aver bisogno loro l'inverno prossimo. L'ultima nave di soccorsi proveniente dall'America è giunta a Liverpool ieri. Possono essercene forse ancora un paio in viaggio dall'Australia, ma è probabile che vengano richiamate prima di arrivare da noi."

– Capisco – disse John. – È questo che intendevi per bastardi assassini?

In fondo anche loro devono pensare alla propria sicurezza.

– No. Non era per questo. Una volta ti ho detto di avere un informatore autorevole. Be', si tratta di Haggerty, il segretario del primo ministro. Anni fa gli ho fatto un grande favore. Ora me ne sta rendendo uno molto più grosso, tenendomi informato esattamente di tutto.

"La partita si è giocata ai massimi livelli. I nostri amici sapevano già da una settimana cosa sarebbe successo. Hanno tentato di far cambiare idea alle nazioni che ci avevano promesso i soccorsi, e forse hanno sperato in un miracolo. Hanno ottenuto soltanto di mantenere segreta la situazione, in modo da non trovare ostacoli nell'attuazione delle misure necessarie al controllo interno. Cosa che sarebbe stata impossibile, se la stampa avesse divulgato le notizie. Comunque, mantenere il segreto andava bene per tutti. Anche oltreoceano avevano qualche misura da prendere prima di far sapere la verità. La loro situazione non è paragonabile alla nostra, naturalmente, ma è sempre meglio prepararsi nel massimo segreto."

– E le nostre misure? – domandò John. – Quali sono?

– Il governo è caduto ieri. Welling è salito al potere, ma Lucas fa ancora parte del Gabinetto. È stata una specie di rivoluzione di palazzo. Lucas non si vuole sporcare le mani di sangue... ecco.

– Sangue?

– Queste isole sono abitate da circa cinquantaquattro milioni di persone. Quarantacinque milioni vivono nella sola Inghilterra. Se fosse possibile mantenere con le patate un terzo di questa gente, le cose andrebbero già bene. La sola difficoltà è questa: come scegliere quelli che dovranno sopravvivere?

– Direi che la risposta è ovvia – disse John con voce cupa. – La selezione avverrà automaticamente.

– Questo è un sistema dispersivo, che distruggerebbe l'ordine e la disciplina. In questo paese abbiamo sempre preso la disciplina alla leggera, ma ha radici molto profonde, e può sempre prendere il sopravvento, in tempi di crisi.

– Welling non mi è mai piaciuto – disse John.

– Sono stati i tempi a portarlo al potere. È una carogna, e neanche a me piace. Ma era inevitabile che le redini finissero nelle mani di qualcuno come lui. Lucas non è mai stato capace di prendere una decisione. – Roger guardò l'amico negli occhi. – Oggi l'esercito si schiera alla periferia di Londra e attorno a tutte le più grandi città. Dall'alba di domani tutte le strade saranno chiuse al traffico.

– È tutto quanto ha saputo pensare? – osservò John. – Nessun esercito può fermare l'impeto di una folla spinta dalla fame. Cosa pensa di ottenere?

– Spera di guadagnare tempo, e preparare con tutta comodità la seconda linea di azione.

– E quale sarebbe?

– Bombe atomiche per le città più piccole. Bombe all'idrogeno per le città come Liverpool, Birmingham, Glasgow, Leeds... Su Londra ne verrebbero lasciate cadere due o tre. Non importa lo spreco: nel futuro che possiamo prevedere, non saranno più necessarie.

John rimase a lungo in silenzio. Poi disse lento: – Non ci credo. Nessuno può avere il coraggio di fare una cosa simile.

– Lucas non l'avrebbe fatto. Lucas, da primo ministro, è sempre stato un uomo comune, con desideri, pregiudizi ed emozioni qualsiasi. Adesso Lucas è soltanto un membro del Gabinetto di Welling, e se ne lava apertamente le mani di tutto quanto sta per succedere. Cos'altro ti aspetti da un uomo comune?

– Non troveranno mai nessuno disposto a salire su quei bombardieri.

– Siamo in un'era nuova – disse Roger. – O molto vecchia. Lealtà e generosità sono un lusso delle epoche civili. Queste grandi virtù cominciano a scomparire, e la loro scomparsa andrà di pari passo con l'aumento della nostra nuova barbarie. Se fosse l'unico mezzo per salvare Olivia e Steve, ci salirei io su uno di quegli aerei.

John ebbe un sussulto. – No!

– Quando li ho definiti bastardi assassini – disse Roger – l'ho detto con ammirazione oltre che con disgusto. Da questo momento mi propongo di esserlo anch'io, ogni volta che sarà necessario, e spero che tu sia pronto a fare altrettanto...

– Lanciare bombe all'idrogeno sulle città... sulla nostra gente...

– Già, ecco perché Welling vuol guadagnare tempo. Gli saranno necessarie almeno ventiquattro ore, forse anche quarantotto. Non essere stupido, John! Non è poi passato molto tempo da quando "il nostro popolo" era formato solo da quelli che abitavano nello stesso villaggio. A pensarci bene, Welling può anche affermare che il suo sarà un atto di generosità.

– Generosità? Le bombe all'idrogeno?

– È tutta gente condannata a morire. In Inghilterra almeno trenta milioni di persone sono condannate a morire prima che gli altri possano riorganizzarsi in qualche modo una vita. Cos'è meglio: morire di fame, essere uccisi per venire mangiati, o le bombe all'idrogeno? È una morte rapida, se non altro. Con le bombe si possono eliminare trenta milioni di persone e salvare i campi, in modo che possano produrre il necessario per i superstiti. Ecco la sua teoria.

Dall'altra stanza del locale giunse il suono di una canzonetta. La cameriera aveva acceso una radio portatile. La vita normale continuava, identica, tranquilla.

– Non ci riuscirà – disse John.

– Sono quasi propenso a darti ragione – disse Roger. – Le notizie finiranno col trapelare, e le città si solleveranno prima che Welling abbia pronti i suoi bombardieri. Comunque non mi faccio illusioni. Le cose non andranno certo meglio. Secondo me, in questo modo ci saranno cinquanta milioni di morti, anziché trenta, e un ritorno alla barbarie peggiore per quelli che riusciranno a sopravvivere. Chi avrà la forza di proteggere i campi di patate da una turba affamata? Chi salverà i semi delle patate per il prossimo anno? Welling è una carogna, ma una carogna con le idee chiare. Il suo è un modo di salvare la nazione.

– Pensi che si verrà a saperlo?

Cercò di immaginare Londra in preda al panico, con lui e Ann travolti dalla folla, senza più la possibilità di raggiungere i ragazzi. Roger sogghignò. – Preoccupante, vero? Sarà strano, ma ho la sensazione che non ci preoccuperemo più di Londra in rivolta quando ci troveremo lontani. E più presto ce ne andiamo, tanto meglio sarà.

– I ragazzi...

– Mary è a Beckenham, e Davey si trova in una località dell'Hertfordshire. Ci ho già pensato. Passiamo a prendere Davey durante il viaggio verso nord. Tu adesso devi andare a prendere Mary. Immediatamente. Io andrò a casa tua per avvisare Ann. Può preparare l'indispensabile da portar via. Olivia, Steve e io verremo da te, con la macchina già pronta. Quando arriverai con Mary ti daremo una mano a caricare i bagagli. Poi potremo partire. Se possibile, dovremmo andarcene da Londra molto prima di sera.

– Credo che tu abbia ragione – disse John.

Roger seguì lo sguardo dell'amico che si spostava per il bar. In un vaso di rame c'erano dei fiori, i fogli di un calendario svolazzavano mossi dal vento che entrava dalla porta, e il pavimento appena lavato era ancora umido.

– Diamo un addio a tutto questo – disse. – È il mondo di ieri. Da questo momento siamo dei contadini, e ben felici di esserlo.

Beckenham, gli aveva rivelato Roger, era compresa nell'area che sarebbe stata circondata dalle truppe. John venne fatto accomodare nell'ufficio della signorina Errington, la direttrice. La stanza era semplicissima eppure con un'impronta chiaramente femminile. Una combinazione (ricordava John) che aveva colpito Ann, quasi quanto la stessa signorina Errington, una donna esageratamente alta, molto gentile e affabile nonostante la serietà quasi eccessiva.

La donna entrò e inchinò leggermente la testa.

– Buona sera, signor Custance. – John osservò che era soltanto l'una. –

Mi spiace di averla fatta aspettare.

– E io spero di non averla disturbata durante il pranzo. La donna sorrise.

– È difficile, in questi giorni. È venuto per Mary?

– Sì. Vorrei portarla via con me.

– Si accomodi, prego – disse la signorina Errington. Poi lo guardò attentamente. – Desidera portarla via? Perché?

Quello fu il momento che gli fece capire tutto l'amaro peso del suo segreto. Non doveva lanciare l'allarme. Roger aveva molto insistito su questo punto, e lui si era trovato d'accordo. Per loro era molto importante, come lo era per il piano di sterminio studiato da Welling, che nessuno si allontanasse dalle città.

La necessità esigeva che quella donna alta e affabile restasse al suo posto, a morire.

– Si tratta di una questione di famiglia – disse John, impacciato. – C'è un parente di passaggio a Londra. Lei capisce...

– Vede, signor Custance, cerchiamo di ridurre queste interruzioni al minimo. Sarà d'accordo anche lei che possono turbare il buon andamento degli studi. Nel fine settimana sarebbe diverso.

– Sì, capisco. Ma si tratta di un suo... zio che questa sera partirà in aereo per andare oltreoceano.

– Davvero? Per molto tempo?

John cominciò a parlare con maggiore disinvoltura.

– Può restare lontano per qualche anno. E desiderava tanto poter salutare Mary.

– Poteva venire lui a trovarla – disse la signorina Errington, incerta. –

Quando la riporterebbe indietro?

– Questa sera stessa.

– Be', in questo caso... Mando qualcuno a chiamarla. – Andò alla porta e sporse la testa nel corridoio. – Helena! Vuoi dire a Mary Custance di venire da me? C'è qui suo padre. – Poi si rivolse a John. – Se è solo per oggi pomeriggio, non avrà bisogno di prendere niente, vero?

– Infatti – disse John – sarebbe inutile.

La signorina Errington tornò a sedersi alla scrivania.

– Le devo dire che sono molto soddisfatta di sua figlia, signor Custance. All'età di Mary le ragazze maturano, e cominciano a vedere con chiarezza ciò che vorranno fare. Ultimamente Mary ha studiato con molto profitto, e prevedo per lei una brillante carriera come insegnante, se vorrà continuare gli studi.

"Carriera come insegnante", pensò John: avrebbe aiutato a mandare avanti la loro piccola oasi in un mondo deserto. – È una magnifica notizia. La signorina Errington sorrise. – Comunque, le mie sono soltanto chiacchiere accademiche. Bisognerà vedere se i giovani che frequenterà le permetteranno di intraprendere una vita tanto arida.

– Non vedo niente di arido in una carriera del genere. La sua vita, signorina Errington, deve essere piena di soddisfazioni. Lei rise. – È andata meglio di quanto prevedessi. Comincio a sognare la pensione!

Mary entrò, fece un cenno di saluto alla signorina Errington, poi corse ad abbracciare John.

– Papà! Cos'è successo?

– Tuo padre ti vuole portar via per qualche ora – spiegò la signorina Errington. – Tuo zio è a Londra di passaggio, diretto in America, e ti vuole salutare.

– Lo zio David? In America?

– Una decisione che nessuno si aspettava – disse John in fretta. – Ti spiegherò tutto per strada. Puoi venire via così?

– Sì, certo.

– Allora non vi trattengo oltre – disse la signorina Errington. – Potrebbe riportarla indietro per le otto, signor Custance?

– Farò il possibile.

La donna gli tese la lunga mano delicata. – Arrivederci. John esitò. Ebbe un attimo di ribellione al pensiero di dover salutare quella donna senza dirle ciò che sarebbe successo. Ma non ebbe il coraggio di parlare. Tra l'altro, forse lei non gli avrebbe creduto.

– Se non dovessi riportare Mary per le otto – disse – vorrà dire che ho saputo che l'intera Londra sarà inghiottita da un terremoto. Se non mi vede entro sera, le consiglio di portare tutte le ragazze lontano dalla città. A qualsiasi costo.

La signorina Errington lo guardò stupita nel sentirgli dire quelle frasi assurde e di cattivo gusto. Anche Mary guardò perplessa il padre.

– D'accordo – disse la direttrice. – Comunque sono certa che farà ritorno per le otto.

– Sì, certo – assicurò John avvilito.

Mentre la macchina si allontanava dal collegio, Mary chiese: – Non si tratta dello zio David, vero?

– No.

– Cos'è successo?

– Non te lo posso ancora dire. Ma andiamo via da Londra.

– Oggi? Allora non mi riporti in collegio questa sera? – Il padre non rispose. – È una cosa grave?

– Piuttosto grave, sì. Andremo a vivere nella valle. Che ne pensi?

Mary sorrise. – Non direi che è una cosa spaventosa.

– La parte terribile – disse lui lentamente – toccherà agli altri. Arrivarono a casa poco dopo le due. Mentre percorrevano il vialetto Ann si affacciò alla porta. Aveva la faccia tesa, sconvolta. John la strinse a sé.

– Il primo atto si è concluso senza difficoltà. E andrà bene anche il resto, cara. Non ti devi preoccupare. Roger e gli altri non sono ancora arrivati?

– È successo qualcosa alla sua macchina. Delle noie ai cilindri, o qualcosa del genere. Roger è in officina per farla riparare. Verranno non appena possibile.

– Ti ha detto fra quanto? – domandò John bruscamente.

– Non dovrebbero impiegare più di un'ora.

– Vengono con noi anche i Buckley? – domandò Mary. – Ma che cosa succede?

– Va' in camera tua, tesoro – la interruppe Ann. – Ti ho preparato ciò che può essere necessario, ma nella valigia c'è ancora un po' di spazio per altre cose che ritieni importanti. Cerca di prendere soltanto l'essenziale. Lo spazio è minimo.

– Per quanto tempo staremo via?

– Forse per parecchio – disse Ann. – Fa' conto che si parta e non si torni mai più a Londra.

Mary guardò la madre in silenzio. Poi chiese: – E le cose di David?

Devo pensare anche a lui?

– Sì, tesoro – disse Ann. – Guarda se ho dimenticato qualcosa a cui tiene in modo particolare.

Non appena Mary scomparve in cima alla scala, Ann si strinse al marito.

– John, non può essere vero!

– Roger ti ha raccontato tutto?

– Sì. Ma non possono farlo. Non è possibile.

– Lo credi davvero? Poco fa ho detto alla signorina Errington che avrei riportato Mary entro sera. Sapendo ciò che so, ho fatto male?

Ann non rispose. Poi disse: – Prima che tutto questo sia finito... dovremo arrivare a odiare noi stessi? O finiremo con l'abituarci alla situazione, tanto da non vedere in che cosa ci saremo trasformati?

– Non so – disse John. – Non so niente. Tranne che dobbiamo salvare noi e i nostri ragazzi.

– Salvarli per cosa?

– Ci penseremo in seguito. Oggi sembra mostruoso allontanarci senza dire a tutti gli altri cosa sta per succedere, ma non possiamo fare diversamente. Quando ci troveremo nella valle, tutto sarà diverso. Avremo di nuovo la possibilità di vivere in modo decente.

– Decente, dici?

– Sarà una vita dura, ma non impossibile. Dipenderà da noi. Se non altro saremo padroni di noi stessi. Non si tratterà più di vivere sopportando un governo che truffa, maltratta, sfrutta i cittadini, e che poi, quando sono diventati un peso, li uccide.

– No... non più...

– Stronzi! – imprecò Roger. – Li ho pagati il doppio per farli lavorare alla svelta, e poi hanno ballonzolato attorno per tre quarti d'ora in cerca degli attrezzi.

Erano le quattro. Ann chiese: – Facciamo in tempo a bere una tazza di tè? Stavo per mettere l'acqua sul fuoco.

– In teoria – disse Roger – abbiamo a disposizione tutto il tempo possibile. Comunque penso che sia meglio farne a meno. Viviamo ore di... incertezza. La notizia deve essere trapelata anche da altre parti, e mi domando in quanti siamo a sapere la verità. Mi sentirò più tranquillo soltanto quando saremo lontani da Londra.

Ann fece un cenno affermativo. – D'accordo – disse, e si avviò verso la cucina.

John la richiamò: – Hai bisogno di qualcosa?

Ann si voltò. – Ho lasciato la pentola piena d'acqua. Andavo a vuotarla.

– Ecco la nostra ultima speranza: l'equilibrio femminile – disse Roger. –

Lascia la casa per sempre, ma vuol mettere a posto la pentola. Un uomo proverebbe l'impulso di prendere la pentola a calci, e poi dare fuoco alla casa.

Si allontanarono dalla casa dei Custance, la macchina di John davanti, e si diressero verso nord. Avrebbero percorso la grande arteria fino a una biforcazione poco dopo Welwyn. Poi avrebbero deviato per raggiungere la scuola di Davey.

Mentre attraversavano East Finchley sentirono alle spalle il clacson di Roger. Dopo un attimo la macchina dell'amico accelerò per andarsi a fermare davanti a loro. Mentre passavano accanto, Olivia sporse la testa dal finestrino e gridò: – La radio!

John accese l'apparecchio, e si fermò.

"... ha riconfermato energicamente che non esiste nessun fondamento alle voci messe in circolazione. L'intera situazione è sotto controllo, e il paese possiede ancora ampie riserve di viveri."

Gli altri smontarono e si accostarono all'automobile di John. – Qualcuno comincia a preoccuparsi – disse Roger.

"Una qualità di grano resistente al virus è stata seminata in diverse parti dell'Inghilterra, del Galles e della Scozia" continuò lo speaker "e si prevede un ottimo raccolto autunnale."

– Una semina a luglio! – esclamò John.

– Un colpo di genio – disse Roger. – Quando circolano brutte notizie, dichiarare che la Regina delle Fate sta scendendo dal camino! In tempi come questi la plausibilità ha poca importanza.

La voce dell'annunciatore cambiò leggermente di tono. "Secondo il governo, l'unico pericolo consisterebbe in una popolazione in preda al panico. Come misura preventiva sono stati promulgati alcuni regolamenti temporanei che verranno immediatamente messi in atto. La prima di queste misure riguarda la restrizione degli spostamenti. I viaggi da una città all'altra sono temporaneamente vietati. Si spera che per domani possa essere approntato un sistema di priorità per gli spostamenti essenziali. Il divieto preliminare rimane comunque assoluto..."

– Hanno imbracciato il fucile! – disse Roger. – Venite... cerchiamo di superare lo sbarramento. Forse non sono ancora pronti a fermarci. Le due macchine ripresero la strada verso nord. La voce rassicurante dell'annunciatore continuò a elencare i nuovi regolamenti. Poi cominciò un programma di musiche da film. Le strade presentavano il traffico abituale, con gente che andava a far compere, o che semplicemente passeggiava. Niente scene di panico lì, all'estrema periferia. Se c'erano stati subbugli, dovevano essersi verificati al centro di Londra.

Incontrarono il primo posto di blocco poco dopo Wrotham Park. Al centro della strada avevano eretto uno sbarramento. Dietro si vedevano uomini in divisa. Le due macchine si fermarono. John e Roger raggiunsero a piedi l'estremità dell'isolato. C'erano già una mezza dozzina di macchine ferme, e alcune persone stavano discutendo con un ufficiale. Altri, visto inutile ogni tentativo, si preparavano a fare inversione di marcia per tornare in città.

– Per dieci maledetti minuti! – ringhiò Roger. – Non può essere molto di più. Ci sarebbe una fila di macchine più lunga.

L'ufficiale, un giovane dai grandi occhi, gioiva visibilmente di partecipare a quello che lui considerava un piacevole diversivo.

– Mi spiace – diceva – ma stiamo eseguendo gli ordini. Nessuno può lasciare Londra.

L'uomo che stava discutendo con l'ufficiale, un tale sui cinquant'anni, tarchiato, con lineamenti semitici, esclamò: – Ma io abito a Sheffield!

Sono venuto a Londra ieri.

– Le consiglio di ascoltare i notiziari radio – disse l'ufficiale. – Stanno studiando delle disposizioni per far uscire da Londra tutti quelli che si trovano nella sua situazione.

– Niente da fare, Johnny – disse Roger con calma. – Non potremmo neanche tentare di corromperlo, con tutta quella gente che gli sta attorno. L'ufficiale continuò: – Non la considerai una notizia ufficiale, ma mi hanno detto che si tratta soltanto di una manovra. Per essere pronti in caso di un'ondata di panico. Probabilmente domani mattina ci richiameranno in caserma.

L'uomo tarchiato cercò di insistere: – Se si tratta soltanto di manovre, può benissimo lasciarci passare.

Il giovane ufficiale sorrise. – Sono spiacente. È facile finire davanti alla Corte marziale per aver trasgredito a un ordine durante le manovre. È

come se fossimo in guerra. Le consiglio di passare la notte in città e ritornare domani mattina.

Roger fece un cenno con la testa e si avviò verso le macchine. John lo seguì.

– Tattica intelligente. "Non ufficiale", "soltanto una manovra". Così evitano anche gli scrupoli delle truppe. Mi domando se verranno lasciate qui a morire con tutti gli altri. Penso di sì.

– E se dicessimo ai soldati cosa sta per succedere?

– Non si otterrebbe niente. E ci potrebbero arrestare per aver diffuso voci tendenziose e allarmistiche. È una delle nuove disposizioni. Non l'hai sentita?

Raggiunsero le macchine.

– Cosa facciamo? – domandò John. – Abbandoniamo le macchine in un fosso e tentiamo di fuggire a piedi, attraverso i campi?

– Che succede? – domandò Ann. – Non ci lasciano passare?

– Ci saranno delle pattuglie che controllano la campagna – disse Roger.

– Probabilmente pattuglie di carri armati. Proseguire a piedi non servirebbe a niente.

– Cosa possiamo fare, allora? – balbettò Ann.

Roger la guardò e rise. – Coraggio, Annie. È tutto sotto controllo. John gli fu grato per il modo in cui aveva riso. Era riuscito a infondere una certa sicurezza anche a lui.

– La prima cosa da fare – disse Roger – è andarcene di qui prima di trovarci imbottigliati in un ingorgo. – Le macchine cominciavano a formare una lunga fila dietro di loro. – Torniamo verso Chipping Barnet. C'è una strada che svolta a destra. Passiamo avanti noi. Seguiteci. Era una strada tranquilla (come da definizione: urbs in rure). Le due macchine si fermarono in un punto isolato. Sull'altro lato della strada c'era una fila di villette moderne, distanziate una dall'altra, ma nel punto in cui si erano fermati la strada fiancheggiava un piccolo campo. I Buckley smontarono e raggiunsero la macchina di John. Olivia e Steve si sedettero sul sedile posteriore accanto ad Ann.

– Punto primo – disse Roger – questa strada è parallela alla A1 e ci porta ad Hatfield, ma non credo che valga ancora la pena di raggiungere questa località. Devono esserci altri posti di blocco, e non ci lascerebbero passare, come non siamo passati sulla A1.

Una Vanguard passò, subito seguita da una Austin che John ricordava di aver visto ferma al blocco stradale. Roger le indicò con un cenno.

– Qualcuno ci prova, ma sarà inutile.

– Papà – disse Steve – potremmo lanciarci a tutta velocità contro lo sbarramento. L'ho visto al cinema.

– Questo non è un film – disse Roger. – Ben pochi riusciranno a superare i posti di blocco in serata. Durante la notte ci sarà più calma, e maggiori possibilità di andarcene. Lasciamo qui la vostra macchina. Io faccio un salto in città con la mia, voglio prendere qualcosa che ci può servire.

– Non vorrai tornare indietro! – esclamò Ann.

– È necessario. Spero di non stare via più d'un paio d'ore. John conosceva Roger troppo bene per credere che avesse veramente dimenticato qualcosa. Doveva aver avuto una nuova idea. – Credi che ci sia pericolo a lasciare la macchina su questa strada?

Roger scosse la testa.

– In questo caso vengo con te. In due saremo più sicuri. Roger rimase un attimo pensoso. Poi disse: – D'accordo. Andiamo.

– Ma non sapete cosa può essere successo a Londra – obiettò Ann. – Può essere scoppiata una rivolta. Niente è così importante da farvi correre un rischio del genere!

– Da questo momento – disse Roger – se vogliamo sopravvivere, è necessario rischiare. Se volete saperlo, vado a prendere delle armi. La situazione precipita più in fretta di quanto pensassi. Comunque, per questa sera, non ci sarà nessun pericolo.

– Vorrei che tu restassi con noi, John – disse la moglie.

– Senti, Ann...

Roger lo interruppe: – Se vogliamo morire perdendo il tempo in chiacchiere, questo è il sistema migliore. Il nostro gruppo deve avere un capo, e i suoi ordini devono essere eseguiti all'istante. Lancia una moneta, John.

– No. Lanciala tu.

Roger prese una mezza corona di tasca e la gettò in aria.

– Scegli.

Guardarono la moneta che roteava.

– Testa – disse John.

Il dischetto di metallo cadde sull'asfalto e rotolò nella cunetta. Roger si piegò sulle ginocchia per guardare.

– Hai vinto – disse. – Cosa facciamo?

John baciò Ann e smontò.

– Torneremo il più presto possibile – disse.

– Vuoi ricominciare con le chiacchiere? – domandò Ann secca. Roger scoppiò a ridere. – "Secol si rinnova, torna giustizia e primo tempo umano..."

– Facciamo in tempo – disse Roger. – Chiude sempre alle sei. È un negozio piccolo, c'è soltanto il padrone e un fattorino, ma è ben fornito. Stavano avanzando in mezzo al caos delle ore di punta nella Londra del centro. In quel caos l'ordine veniva ancora imposto dalle luci dei semafori e dagli agenti addetti al traffico. Non si notava niente di insolito. Non appena scattò il verde, il solito pedone indisciplinato attraversò di corsa la strada.

– Pecore da macello – borbottò John con amarezza.

Roger lo guardò. – Speriamo che le cose vadano per il meglio. Cerca di vedere la situazione con chiarezza, e la vedrai tutta intera. Molti milioni di persone devono morire. Noi ci dobbiamo preoccupare di non far parte di questo numero.

Poco dopo il semaforo, Roger svoltò in una strada laterale. Mancavano cinque minuti alle sei.

– Ci vorrà servire? – disse John.

Roger accostò al marciapiede di fronte a un piccolo negozio con la vetrina piena di fucili da caccia. Mise il cambio in folle, ma lasciò il motore acceso.

– Certo – assicurò Roger. – Con le buone o con le cattive. Nella bottega c'era soltanto il proprietario, un ometto dalle spalle curve e l'espressione deferente, ma con gli occhi attenti. Doveva avere circa sessant'anni.

– Buona sera, signor Pirrie. Faccio ancora in tempo?

Il signor Pirrie rimase con le mani sul banco.

– Lei è il signor Buckley, vero? Tra poco avrei chiuso. In cosa posso esserle utile?

– Ecco – disse Roger – mi servono un paio di pistole a tamburo, un paio di buoni fucili con mirino telescopico, e le munizioni, naturalmente. Ha anche delle pistole automatiche?

Il signor Pirrie sorrise. – Possiede la licenza?

– È proprio necessario? Sa bene che non sono un assassino. Ho bisogno urgente di quelle armi, e le pagherei un extra.

Pirrie scosse lentamente la testa senza staccare gli occhi da Roger. – Non faccio questo genere di affari.

– Potrebbe darmi almeno quella calibro .22?

Roger indicò, e il signor Pirrie girò gli occhi in quella direzione. Di scatto Roger l'afferrò alla gola. In un primo momento John pensò che l'ometto avrebbe ceduto, ma un attimo dopo lo vide liberarsi dalla stretta e fare un balzo indietro. Nella mano destra era comparsa una pistola.

– Fermo, signor Buckley. E anche il suo amico. Il guaio, nel voler rubare armi, sta nel fatto che si può incontrare una persona abile nel maneggiarle. Non cercate di interrompermi mentre telefono.

Indietreggiò fino ad avere il telefono a portata di mano.

– Un momento – disse bruscamente Roger. – Abbiamo qualcosa da offrirle.

– Non credo proprio.

– Che ne dice... della sua vita?

La mano di Pirrie strinse il ricevitore, ma non lo sollevò.

– Sciocchezze – disse, sorridendo.

– Allora, perché l'avrei aggredita? Sa bene che non l'avrei fatto, se non fossi alla disperazione.

– Su questo sono disposto a crederle – disse Pirrie in tono cortese. – Non mi sarei lasciato avvicinare in quel modo da nessuno. Ma non mi aspettavo un gesto disperato da un funzionario del governo. Non così disperato, perlomeno.

– Abbiamo lasciato le nostre famiglie poco lontano in un'automobile –

disse Roger. – C'è posto per un'altra persona, se accetta di unirsi a noi.

– Ho sentito dire che è temporaneamente proibito uscire da Londra –

disse Pirrie.

Roger fece un cenno affermativo. – Ecco la ragione per cui abbiamo bisogno delle armi. Ce ne andiamo questa notte.

– Ma le armi non le avete.

– Per colpa sua, non mia – disse Roger.

Pirrie staccò la mano dal telefono.

– Mi vorrebbe fornire una breve spiegazione di questo urgente bisogno di armi per uscire da Londra? – disse.

Rimase ad ascoltare in silenzio, senza mai interrompere. Alla fine chiese: – Una fattoria in una valle? Una valle che può essere difesa?

– Mezza dozzina di persone bastano a respingere un esercito – precisò John.

Pirrie abbassò la pistola. – Oggi pomeriggio mi ha telefonato il comandante della polizia del quartiere. Mi ha chiesto se volevo una guardia al negozio. Sembrava molto preoccupato per la mia incolumità. Mi ha detto che circolavano delle voci stupide, e che temevano qualche subbuglio.

– Non ha insistito per mandare un uomo di guardia? – domandò Roger.

– No. Forse hanno anche pensato che degli agenti di fronte alle rivendite di armi avrebbero dato nell'occhio. Adesso capite perché ero preparato alle sorprese.

– E ora, che facciamo? – sollecitò John. – Crede a ciò che le abbiamo detto?

Pirrie sospirò. – Sono convinto della vostra buona fede. A parte questo, mi ero già chiesto quale sarebbe stato il modo migliore per uscire da Londra. Pur senza prendere per buono tutto ciò che avete detto, non mi va di essere costretto a rimanere qui per forza. Ma forse faccio male a non lasciarmi convincere del tutto: vivendo in mezzo alle armi, come faccio, si perde l'abitudine di cercare il lato buono della gente.

– Bene – fece Roger – quali armi prendiamo?

Pirrie si girò verso la parete e sollevò il ricevitore del telefono. Automaticamente Roger fece un passo avanti. Pirrie guardò la pistola che aveva in mano, e la lanciò a Roger.

– Telefono a mia moglie. Abitiamo a Saint John's Wood. Immagino che dove passano due macchine ne possano passare anche tre. Un veicolo in più può sempre essere utile.

Cominciò a comporre il numero.

– Cerchi di esprimersi con prudenza – ammonì Roger.

Pirrie attese che dall'altro capo gli rispondessero.

– Ciao, cara. Vorrei uscire questa sera. Pensavo che sarebbe carino fare una visita a sorpresa ai Rosenblum... sì, i Rosenblum. Comincia a prepararti. Io vengo a casa subito. – Riappese. – I Rosenblum vivono a Leeds – spiegò. – Millicent è rapidissima nel capire le cose. Roger lo guardò con rispetto. – Penso che lei e sua moglie ci sarete utili

– disse. – A proposito, prima di partire abbiamo deciso di eleggere un capo del gruppo.

Pirrie fece un cenno affermativo. – Ed è lei?

– No, lui. John Custance.

Pirrie guardò John per un attimo.

– Molto bene. Adesso pensiamo alle armi. Io le preparo, voi potete cominciare a caricarle sulla macchina.

Mentre portavano fuori le ultime scatole di munizioni, un poliziotto si avvicinò lentamente, e guardò con un certo interesse le confezioni.

– Buona sera, signor Pirrie. Trasferisce la merce?

– Sono per la polizia – disse Pirrie. – Mi hanno chiesto un certo quantitativo di munizioni. Vuole per cortesia tenere d'occhio il negozio?

Tra poco torneremo a prenderne delle altre.

– Farò quello che posso, signore – disse il poliziotto incerto. – Devo controllare tutta la strada.

Pirrie mise il lucchetto sulla porta.

– Scherzavo – disse – ma siete voi della polizia che mettete in giro strane voci.

Salirono in macchina.

– Per fortuna non ha chiesto cosa ci stessimo a fare noi due – disse John quando si ritrovarono in mezzo al traffico.

– Gli agenti – disse Pirrie – diventano sospettosi soltanto quando si solletica la loro curiosità. Se lo si evita, non c'è niente da temere. E ora andiamo a casa mia. Vi indico la strada più breve.

Guidati da Pirrie, andarono a fermarsi dietro una vecchia Ford.

– Millicent! – gridò Pirrie, e una donna smontò dalla macchina per venire verso di loro. Doveva avere almeno vent'anni meno di Pirrie, era circa della sua statura, e aveva lineamenti graziosi, anche se un po' duri.

– Hai preparato tutto? – domandò Pirrie. – Non torneremo più. La donna accettò la notizia senza scomporsi.

– Penso di aver preso tutto ciò che ci può servire – disse con una lieve cadenza dialettale. – Cosa succede? Ho detto a Hilda di badare al gatto.

– Povera Ketty – fece Pirrie. – Ti spiegherò lungo la strada. – Si girò verso gli altri due. – Io salgo in macchina con Millicent. Roger guardò la vecchia Ford.

– Non la prenda come una scortesia – disse – ma non sarebbe meglio caricarci tutti quanti sulla nostra? Il posto c'è.

Pirrie sorrise, e smontò. – Si è detto il bivio a sinistra poco dopo Wrotham Park? – chiese. – Bene, ci troveremo là.

Roger si strinse nelle spalle. Pirrie si avviò con la moglie verso la sua macchina. Roger mise in moto e li superò lentamente. Dopo un attimo, lui e John si guardarono stupiti: la Ford li aveva superati a una velocità incredibile. La videro rallentare all'incrocio, e poi scivolare nella strada principale. Roger cercò di starle dietro, ma ormai la Ford era scomparsa in mezzo al traffico.

Non la rividero finché non furono sulla grande arteria nord. Pirrie aveva accostato al marciapiede e li stava aspettando. Da quel momento li seguì senza più superarli.

Cenarono separati, nelle loro macchine. Una volta fuori Londra avrebbero mangiato insieme, ma un picnic in quella strada avrebbe richiamato l'attenzione. Avevano anche fermato le macchine a una certa distanza l'una dall'altra.

Roger aveva spiegato il suo piano a John, e lui l'aveva approvato. Alle undici, la strada dove si trovavano divenne deserta: l'estrema periferia di Londra si era messa a dormire. Rimasero comunque fermi fino a mezzanotte; non c'era luna, ma i lampioni della strada mandavano un discreto chiarore. I ragazzi si addormentarono sui sedili posteriori. Ann si mise a sedere accanto a John.

– Sei sicuro che non ci sia un altro sistema per uscire da Londra? –

domandò, con un brivido.

John rimase con lo sguardo fisso davanti a sé.

– Non riesco a trovarne altri.

Ann si girò verso il marito.

– Non sei già più lo stesso, vero? L'idea di pianificare un omicidio con la massima calma... è più grottesca che orribile.

– Ann, Davey è a cinquanta chilometri da qui, ma è come se fosse a cinquanta milioni di chilometri, se ci convinciamo a dover restare in questa trappola. – Fece un cenno per indicare Mary addormentata. – E non si tratta soltanto di noi.

– Ma tutte le probabilità sono contro di noi.

John rise. – Forse che questo cambia la moralità di tutta la situazione? A proposito, senza Pirrie avremmo avuto molte meno probabilità. Adesso penso che la fuga sia possibile. Ci serviva un buon tiratore.

– Dovete sparare per uccidere?

– Si tratta della salvezza... – cominciò John. Ma s'interruppe. Aveva sentito uno scricchiolio. Roger si era avvicinato in silenzio e si era piegato verso il finestrino.

– Sei pronto, John? Ho fatto salire Olivia e Steve in macchina con Millicent.

John smontò e si girò verso la moglie.

– Ricorda, tu e Millicent dovete raggiungerci con le macchine non appena sentite il segnale con il clacson. Potete venire un po' più avanti, se volete, ma in questo silenzio riuscirete a sentire perfettamente il clacson anche da qui.

Ann alzò gli occhi sul marito.

– In bocca al lupo.

– Crepi.

Raggiunsero la macchina di Roger, dove Pirrie li stava aspettando. Roger mise in moto, passò lentamente accanto all'automobile di John, e proseguì lungo la strada deserta. Avevano fatto una perlustrazione durante la serata, e sapevano che c'era una curva prima del posto di blocco. Si fermarono in quel punto. John e Pirrie scivolarono giù dalla macchina e scomparvero nel buio. Cinque minuti dopo Roger tornò a mettere in moto e avanzò verso lo sbarramento con una rumorosa accelerata. Durante la perlustrazione avevano visto che il posto di blocco era tenuto da un caporale e due soldati. Due dei militari dovevano essere addormentati; il terzo, con un mitra appeso in spalla, stava passeggiando dietro la barriera.

La macchina si fermò con una frenata rumorosa. La guardia sollevò l'arma, pronto a sparare. Roger sporse la testa dal finestrino.

– Che cosa diavolo avete messo in mezzo alla strada? – gridò. – Spostate subito quella roba. – Parlava con la voce impastata, da ubriaco.

– Mi spiace – rispose il soldato – la strada è chiusa al traffico. Tutte le strade che escono da Londra sono chiuse.

– Bene, e tu riaprile! Apri questa, almeno. Io voglio andare a casa. Dalla sua posizione nel fossato che fiancheggiava la strada a sinistra, John osservava attento la scena. Per un motivo che non sapeva spiegare, non provava nessuna tensione particolare. Solo ammirazione per la rumorosa esibizione di Roger.

Un'altra figura comparve accanto alla prima, e dopo un attimo, una terza. I fari della macchina illuminavano la strada, e le sagome dei tre militari che stavano dietro lo sbarramento si delineavano nitide nella notte. Una seconda voce, forse quella del caporale, gridò: – Stiamo eseguendo degli ordini, e non vogliamo storie. Torni indietro. Intesi?

– Intesi un corno! Cosa credete di fare voi soldatini, a ingombrare le strade in questo modo?

– Non sono affari suoi – gridò il caporale minaccioso. – Le abbiamo intimato di tornare indietro. Non voglio discussioni.

– Perché non venite a girarmi voi la macchina? – disse Roger in tono insolente. – Ci sono troppi militari in questa nazione. Buoni soltanto a mangiare le nostre razioni.

– D'accordo, amico – disse il caporale. – Come preferisce. – Fece un cenno ai due compagni. – Venite, giriamo la macchina di questo simpaticone.

Scavalcarono lo sbarramento e avanzarono al centro della strada, nella luce dei fari.

– La Guardia avanza! – gridò Roger.

In quel momento, all'improvviso, John si sentì prendere dal nervosismo. La linea bianca al centro della strada segnava il confine tra il suo territorio e quello di Pirrie. Il caporale e la prima sentinella erano dall'altra parte. Il terzo soldato era dalla sua. Avanzavano, tenendo una mano davanti agli occhi per ripararsi dalla luce dei fari.

Sentì il sudore scendergli lungo le braccia e le gambe. Sollevò il fucile cercando di tenerlo fermo. Fra poco avrebbe dovuto premere il grilletto e uccidere il suo uomo, uno sconosciuto innocente. In guerra aveva ucciso, però mai così da vicino, e mai un suo compatriota. Il sudore cominciò a scendergli anche dalla fronte, e lui temette che gli entrasse negli occhi. Ma non volle rischiare di perdere la mira per asciugarsi. "È una testa d'argilla appesa nel baraccone di una fiera..." si disse. "Una testa d'argilla che devo colpire, per Ann, per Mary e per Davey." Si accorse di avere la bocca arida.

La voce di Roger tagliò ancora una volta il silenzio della notte. Fu uno scoppio secco.

– Adesso!

Il primo colpo echeggiò quando Roger non aveva ancora finito di pronunciare la parola. Gli altri seguirono immediatamente. John rimase immobile, con il fucile sempre puntato, mentre i tre uomini cadevano, nella luce dei fari. Rimase immobile finché non vide Pirrie uscire dal fossato opposto e chinarsi sui soldati. Poi abbassò il fucile e salì sulla strada.

Roger smontò. Pirrie guardò John. – Mi devo scusare per averle rubato il bersaglio – disse con voce fredda, come sempre. – Erano disposti troppo bene a mio favore.

– Sono morti? – chiese Roger.

Pirrie fece un cenno affermativo. – Naturalmente.

– Allora nascondiamoli subito nel fossato – disse Roger. – Poi scostiamo la barriera. Non credo che ci possa sorprendere qualcuno, ma è meglio non correre rischi.

Il corpo che John trascinò era pesante. In un primo momento evitò di guardare la faccia del soldato. Poi, fuori dal fascio luminoso, lo volle vedere. Era un ragazzo, vent'anni al massimo, con la faccia liscia e con un buco rosso in una tempia. Gli altri due si erano già liberati del loro carico e stavano spostando lo sbarramento. Gli voltavano la schiena. Allora si chinò a baciare la fronte del ragazzo, poi lo fece scivolare delicatamente nel fossato.

Non ci misero molto a togliere la barriera. Dall'altra parte c'erano sparsi gli zaini dei tre militari. Gettarono tutto nel fossato. Poi Roger raggiunse di corsa la macchina e suonò il clacson. Lo tenne premuto per tre o quattro secondi, lasciando che il suono si allontanasse nella notte. Dopo qualche minuto sentirono il rumore delle due macchine che si avvicinavano. Comparve prima la Vauxhall di John, seguita subito dalla Ford di Pirrie. La Vauxhall si fermò. Ann si fece da parte per lasciare il volante al marito. John schiacciò l'acceleratore con forza.

– Dove sono? – domandò Ann guardando dal finestrino.

– Nel fosso.

Dopo questo, guidò per chilometri senza parlare.

Secondo quanto avevano stabilito, cercarono di mantenersi lontani dalle strade principali. Si fermarono su una via isolata che correva lungo un bosco, nelle vicinanze di Stapleford. Lì, seminascosti sotto le querce, bevvero la cioccolata che si erano portati nei thermos. Tennero accese soltanto le luci interne di una macchina. La Citroën di Roger aveva i sedili ribaltabili, e le tre donne si sdraiarono lì. I ragazzi si sistemarono sui sedili posteriori delle altre due macchine. Gli uomini presero delle coperte e andarono a distendersi sotto gli alberi.

Pirrie lanciò l'idea dei turni di guardia. Roger rimase incerto. – Non penso che si corrano rischi, in questo bosco. E abbiamo tutti bisogno di dormire. Domani ci aspetta un lungo viaggio. – Si rivolse a John. – Che cosa ne pensi?

– Dormiamo... è meglio.

John si distese sul ventre, una posizione imparata durante la vita militare. La più comoda, quando si doveva dormire sulla terra nuda. Questa volta gli parve che il disagio fisico fosse minore di quanto ricordasse.

Ma stentò a addormentarsi. E quando il sonno lo vinse, fu disturbato da sogni insensati.

6

Saxon Court sorgeva in cima a un'altura che da quelle parti era considerata una collina. Come molte scuole aveva sede in una vecchia villa che da lontano conservava ancora una certa eleganza. Un viale di accesso molto ben tenuto (Davey aveva confidato che la manutenzione del viale era una punizione disciplinare inflitta agli allievi) passava in mezzo a un ampio terreno bruciato che una volta era stato il campo da gioco degli allievi, e portava a due edifici che facevano ala a una costruzione centrale, più antica e molto più brutta.

Dato che tre macchine in fila potevano far nascere dei sospetti, decisero che solo quella di John avrebbe raggiunto la scuola. Le altre si sarebbero fermate a una certa distanza dall'inizio del viale. Steve volle a tutti i costi essere presente al momento dell'incontro con Davey, e Olivia decise di andare con lui. Insieme a John c'erano anche Ann e Mary. Il direttore non era nel suo studio. La porta era aperta, e la stanza sembrava la sala di un trono vacante, affacciata su un palazzo disadorno. Nell'atrio e per le scale si muoveva una frotta di ragazzi. Chiacchieravano a voce alta ed eccitata, cosa che John interpretò come segno di insicurezza. Da una porta che si apriva sull'atrio veniva un mormorio di verbi latini, ma ce n'erano altre da cui uscivano soltanto schiamazzi.

John stava per chiedere a uno dei ragazzi dove fosse il direttore, quando lo vide scendere di corsa dalle scale. Quando il direttore si accorse del piccolo gruppo di persone che lo stava aspettando, rallentò il passo, e scese gli ultimi gradini con dignità.

Il dottor Cassop era un preside giovanissimo, parecchio sotto i quarant'anni, ed era sempre stato molto elegante. Quel giorno però la sua eleganza togata riusciva solo a sottolineare che si sentiva preoccupato e infelice. Riconobbe subito John.

– Lei è sicuramente il signor Custance... con signora. Pensavo che abitaste a Londra. Come avete fatto a uscire dalla città?

– Eravamo andati per qualche giorno in campagna con degli amici –

disse John. – Questa è la signora Buckley, e suo figlio. Siamo venuti a prendere David. Vorremmo tenerlo con noi per un po'... finché la situazione non sarà di nuovo normale.

Il dottor Cassop non ebbe le stesse incertezze della signorina Errington al pensiero di perdere un allievo. – Sì, capisco perfettamente. Mi pare un'ottima idea.

– Sono venuti altri a prendere i figli? – domandò John.

– Un paio. Vedete, quasi tutti i ragazzi sono di Londra. – Scosse la testa.

– Sarei felice di poter rimandare tutti quanti a casa, e chiudere la scuola fino a tempi migliori. Le notizie...

John fece un cenno affermativo. Le avevano sentite. Un prudente annuncio aveva parlato di certi subbugli avvenuti nel centro di Londra e in altre città non specificate. La notizia era stata diffusa solo per accompagnarla con il monito che qualsiasi turbamento dell'ordine pubblico sarebbe stato represso severamente.

– Qui sembra tutto tranquillo – disse John. In quel momento si spalancò la porta di un'aula e un gruppo di ragazzi si riversò vociando nell'atrio. –

Per modo di dire, naturalmente.

Il dottor Cassop non considerò queste parole né come una battuta di spirito, né come un riferimento alla disciplina della sua scuola. Si guardò attorno con aria svagata, e John comprese che l'insolito atteggiamento del direttore non era dovuto alle preoccupazioni. O all'infelicità. Il dottor Cassop aveva paura.

– Non avete sentito altre notizie – chiese Cassop – che non siano quelle della radio? Ho una sensazione strana... Questa mattina non è arrivata la posta.

– Credo che non riceveremo più posta fino al giorno in cui la situazione non sarà migliorata.

– Migliorata? – Guardò John negli occhi. – Come? E quando?

In quel momento John ebbe la certezza di un'altra cosa: presto Cassop avrebbe abbandonato il suo posto. La sua prima reazione fu di collera, ma la collera scomparve nell'attimo in cui ricordò la faccia coperta di sangue del giovane che lui aveva abbandonato nel fosso.

Desiderò andarsene di lì alla svelta.

– Allora, se possiamo portare via David...

– Sì, certo. Lo faccio... Oh, eccolo.

Davey li vide nello stesso istante, e fece di corsa tutto il corridoio per saltare al collo di suo padre.

– Portate David dai vostri amici? – domandò Cassop. – Dalla signora Buckley, forse?

John passò una mano tra i capelli castani del figlio. Probabilmente avrebbero dovuto uccidere ancora, ma quei delitti avrebbero avuto una giustificazione. Guardò il preside.

– Non abbiamo ancora deciso. – Fece una breve pausa. – Non vogliamo trattenerla oltre, dottor Cassop. Immagino che abbia parecchio da fare, con tutti questi ragazzi.

Il direttore si accorse del cambiamento di tono nella voce di John. Fece un cenno affermativo, e tutte le sue paure e le sue fragilità divennero evidenti. John si accorse che anche Ann le aveva percepite. Cassop disse: – Sì, certo. Spero... che in tempi migliori... Arrivederci, dunque.

Fece un rigido inchino alle due donne, entrò nel suo studio, e si chiuse la porta alle spalle. Davey lo osservò con interesse.

– Noi diciamo che il vecchio Cassop è terrorizzato. Credi che sia proprio così, papà?

I ragazzi se n'erano accorti. Naturale. E lui doveva essersi accorto che i ragazzi sapevano. Una situazione che peggiorava le cose. Il momento della diserzione di Cassop sarebbe arrivato molto presto.

– Forse sarei terrorizzato anch'io, se avessi una masnada di ragazzi come voi a cui badare – disse John. – Sei pronto a partire, così come ti trovi?

– Cacchio! – esclamò David. – Viene anche Mary? E andiamo a fare una lunga vacanza? Dove si va?

– Davey, non devi usare quella parola – lo rimproverò Ann.

– Va bene, mamma. Dove andiamo? E come avete fatto a uscire da Londra? Ho sentito dire che tutte le strade sono bloccate. Vi siete aperti la strada a pugni?

– Andiamo per un periodo di vacanza nella valle – disse John. – Il punto è questo: sei pronto? Mary ha messo in valigia le tue cose. Puoi venire così come ti trovi, se non hai niente di particolare da prendere.

– Spooks – gridò David. – Ehi, Spooks!

Spooks era un ragazzo considerevolmente più grande di Davey, magro, con un'espressione infelice. Si avvicinò al gruppo, e mentre Davey faceva le presentazioni, lui borbottò delle parole incomprensibili. John ricordò che Spooks, il cui vero nome era Andrew Skelton, negli ultimi mesi veniva sempre nominato nelle lettere di Davey. Era difficile capire cosa potesse aver legato i due, perché è strano che i ragazzi facciano amicizia con tipi molto diversi da loro.

– Può venire con noi anche Spooks? – domandò Davey. – Sarebbe fantastico.

– I suoi genitori potrebbero fare qualche obiezione – disse John.

– Oh, no, andrà benissimo. Vero, Spooks? Suo padre è in Francia per affari, e la madre non c'è. Hanno divorziato, o qualcosa del genere. Andrà benissimo.

– Ecco, Davey...

Fu Ann che tagliò corto. – Impossibile, Davey. Sai benissimo che non si possono fare cose del genere. Specialmente in tempi come questi. Spooks rimase a guardarli in silenzio. Aveva l'aspetto del ragazzo che ha smesso di sperare da tanto tempo.

– Il vecchio Cassop non direbbe niente – protestò Davey.

– Vai a prendere ciò che ti può servire – disse John. – Forse Spooks vuol venire a darti una mano. Corri.

I due ragazzi si allontanarono. Mary e Steve si erano messi a girare per l'atrio e non potevano sentire.

– Io penso che dovremmo portarlo con noi – disse John. L'espressione di Ann gli ricordò qualcosa che aveva notato nel direttore. Ma non era paura: era colpa.

– No, è ridicolo – disse Ann.

– Sai benissimo che Cassop sta per scappare. Questo è certo. Non posso prevedere se qualche insegnante rimarrà con i ragazzi, ma anche in questo caso sarà soltanto un rimandare la fine. Qualsiasi cosa succeda a Londra, questa zona verrà ridotta a deserto in poche settimane. Non mi piace l'idea di lasciare qui Spooks.

– E perché non portarci dietro tutta la scuola? – esclamò Ann con rabbia.

– Non tutta la scuola – disse John con dolcezza. – Soltanto un ragazzo... il migliore amico di Davey.

La collera di Ann si trasformò in confusione. – Credo di aver cominciato a capire cosa ci aspetta. Non sarà facile raggiungere la valle. E abbiamo già due ragazzi a cui badare.

– Anche se le cose qui dovessero precipitare, qualcuno di loro potrebbe sopravvivere, giovani come sono. Ma i tipi come Spooks non ce la fanno da soli. Se lo abbandoniamo, morirà di sicuro.

– Quanti ragazzi abbiamo lasciato a Londra a morire? – domandò Ann. –

Un milione?

John non rispose subito. Girò lo sguardo per l'atrio invaso da un altro gruppo di ragazzi che uscivano da un'aula. Alla fine tornò a guardare Ann.

– Tu sai cosa stai facendo, vero? Immagino che tutti stiamo cambiando, ma in modi diversi.

– Sarò io a dover badare ai ragazzi – disse Ann mettendosi sulla difensiva. – Tu invece farai la parte del condottiero con Roger e il signor Pirrie.

– È inutile che insista, vero?

Ann lo fissò. – Quando mi hai parlato della signorina Errington... ho pensato che fosse una cosa mostruosa. Ma non mi ero ancora resa conto di cosa stava per succedere. Adesso lo so. Dobbiamo raggiungere la valle con i nostri figli. Non possiamo permetterci di pensare agli altri. Nemmeno a questo ragazzo.

John si strinse nelle spalle. Davey comparve. Stringeva in mano una valigetta da professionista. Aveva l'aria felice, e sembrava una copia in miniatura di un funzionario governativo. Spooks lo seguiva a qualche passo di distanza.

– Ho preso le cose più importanti – disse Davey. – Il mio album dei francobolli, e anche delle calze – soggiunse, per avere un'occhiata di approvazione dalla madre. – Spooks ha promesso di badare ai miei criceti fino al mio ritorno. Una aspetta i piccoli. Gli ho già detto a chi li può vendere appena nascono.

– Be', conviene avviarci alla macchina – disse John cercando di non guardare Spooks.

Olivia, che fino a quel momento non aveva detto una sola parola, fece udire la sua voce. – Io penso che possa venire anche Spooks. Ti piacerebbe venire con noi, Spooks?

– Olivia! – esclamo Ann. – Sai benissimo...

– Intendevo dire nella nostra macchina – disse Olivia, in tono di scusa. –

In fondo, noi abbiamo un solo ragazzo. Si tratterà soltanto del sacrificio di qualche giorno.

Le due donne rimasero a guardarsi in silenzio. La collera di Ann era generata dal senso di colpa. Olivia dimostrava soltanto un certo imbarazzo. Se fossero cominciate a emergere delle barriere morali, pensò John, quella sarebbe stata una debolezza che il gruppo non poteva permettersi. In ogni caso, la collera di Ann svanì.

– Come vuoi – disse. – Non credi però che sia il caso di consultare anche Roger?

Davey, che aveva seguito la conversazione con interesse, anche se non riusciva a capirla, esclamò: – C'è anche lo zio Roger? Sono sicuro che Spooks gli piacerà. È molto spiritoso, come lui. Di' qualcosa di spiritoso, Spooks.

Spooks li guardò imbarazzato, e Olivia gli sorrise.

– Non ti preoccupare, Spooks. Ti piacerebbe venire con noi?

Spooks agitò la testa su e giù. Davey lo afferrò per un braccio.

– Benissimo – esclamò. – Vieni, Spooks, ti aiuto a preparare la tua roba.

– Poi rimase un attimo incerto. – E i criceti?

– I criceti restano qui – ordinò John. – Regalali a qualcuno. Davey si girò verso Spooks. – Pensi che Bannister ci darebbe sei pence per ognuno?

John guardò Ann, e dopo un attimo anche la donna sorrise.

– Partiamo fra cinque minuti. È tutto il tempo che possiamo concedere a Spooks per fare la valigia, e a te per la transazione commerciale. I due ragazzi si girarono.

– Per quella che aspetta i piccoli, non meno di uno scellino – disse Davey mentre si allontanavano.

Avevano temuto di venire fermati da qualche pattuglia militare, e in vista di questa possibilità avevano preparato tre storie diverse per giustificare il viaggio verso nord di ogni macchina. La cosa più importante, pensò John, era di non dare l'impressione di un convoglio. Ma nessuno li fermò. Il gran numero di veicoli militari che circolavano sulle strade si mescolava alle molte macchine private, in un traffico quasi normale. Dopo aver lasciato Saxon Court si diressero verso l'arteria nord, continuando a viaggiare in quella direzione per l'intera mattinata. Nel tardo pomeriggio si fermarono per cenare in una piccola strada secondaria poco più a nord di Newark. La giornata era stata nuvolosa, ma in quel momento il cielo era tornato di un azzurro brillante, e la massa di nuvole, a forma di torri bianche, rotolava verso ovest. I campi che si stendevano ai due lati della strada erano piantati a patate, nella speranza di un secondo raccolto. A parte i solchi privi d'erba, non c'era niente che potesse distinguere quella scena da un qualsiasi paesaggio campestre di un mondo prospero.

I tre ragazzi avevano trovato un pendio su cui scivolare a cavallo di una tavola probabilmente abbandonata qualche anno prima dagli zingari di una carovana. Mary rimase a guardarli, in parte invidiosa e in parte imbronciata. Era molto cresciuta dal giorno della sua scalata in cima alla collina, quattordici mesi prima.

Gli uomini, seduti nella macchina di Pirrie, discutevano sulla situazione.

– Se arriviamo a nord di Ripon entro sera – disse John – domani sarà possibile raggiungere la valle.

– Potremmo andare anche più avanti – disse Roger.

– Sì, ma non credo che ne valga la pena. La cosa più importante è rimanere lontano dai grandi centri abitati. Una volta fuori dal West Riding, dovremmo essere al sicuro da tutto.

– Non voglio sollevare obiezioni, intendiamoci – disse Pirrie – né rimpiango di essermi unito al vostro gruppo, ma non vi pare di aver ingigantito i pericoli? Siamo arrivati fin qui senza incidenti. Né Grantham né Newark mostravano segni di una tragedia imminente.

– Peterborough era chiusa al traffico – disse Roger. – Credo che le città dove si può ancora passare siano troppo felici di essere state dimenticate per preoccuparsi già di cos'altro possa succedere. Comunque, ha visto le code davanti alle panetterie?

– Molto disciplinate, però – osservò Pirrie.

– Il guaio – disse John – è che non sappiamo quando Welling metterà in atto il suo progetto. Sono già trascorse ventiquattro ore da quando le grandi città sono state chiuse al traffico. Quando cadranno le bombe, tutta la nazione cadrà nel panico. Welling spera di poter controllare la situazione, ma non si aspetta certo di mantenere l'ordine nei giorni immediatamente successivi al lancio. Sono convinto che tutto ci andrà bene a patto che si stia lontani dai grandi centri abitati.

– Bombe atomiche e bombe all'idrogeno – disse Pirrie pensoso. – Mi chiedo se sia vero.

– Io non ho dubbi – disse Roger secco. – Conosco bene Haggerty, e so che non mentiva.

– Non è sul piano della moralità che trovo la cosa improbabile – disse Pirrie – ma per via del temperamento. Gli inglesi, essendo scarsi di immaginazione, non troverebbero difficoltà ad accettare misure che, come prevede il buon senso, porterebbero milioni di persone a morire di fame. Ma un'azione diretta... l'assassinio per autoconservazione... è un altro paio di maniche. Non credo che arriverebbero mai a questo punto.

– Noi non ci abbiamo pensato due volte – ribatté Roger. – Lei in particolare. Ed è inglese.

– Mia madre era francese – disse Pirrie. – Comunque, non avete capito il mio punto di vista. Io non dico che gli inglesi siano inibiti alla violenza. In particolari circostanze sono pronti a uccidere a sangue freddo con minori scrupoli di altri. Ma sono scarsi in logica, oltre che privi di immaginazione: conservano le illusioni fino all'ultimo. Solo dopo, saranno pronti a lottare come tigli furiose.

– Lei quando ha smesso di illudersi? – chiese Roger.

Pirrie sorrise. – Molto tempo fa. Quando mi sono reso conto che tutti sono amici per convenienza, e nemici per scelta.

Roger lo guardò con curiosità. – Sono d'accordo fino a un certo punto. Esistono anche dei veri legami solidi.

– Alcune alleanze durano più a lungo di altre – disse Pirrie. – Ma restano delle alleanze. La nostra è di un valore particolare.

Le donne erano rimaste nella macchina dei Buckley. Millicent sporse la testa dal finestrino per gridare: – Il notiziario!

Una delle radio veniva tenuta costantemente accesa. Gli uomini si avvicinarono per ascoltare.

– Sembra che ci siano dei guai – disse Ann.

L'annunciatore parlava con il suo solito tono grave e pacato.

"... altri comunicati d'emergenza verranno diramati qualora la situazione lo richieda. Nuove sommosse si sono avute nel centro di Londra, e le truppe sono entrate in città per assumere il controllo della situazione e ristabilire l'ordine. Nel pomeriggio di ieri, in seguito al divieto temporaneo di uscire dalla città, a sud di Londra si è avuto un tentativo organizzato per superare lo sbarramento militare. La situazione è ancora confusa, e nuove truppe vengono inviate nella zona."

– Ora che siamo lontani – disse Roger – non mi interessa che abbiano il coraggio di tentare una sortita. Auguro loro buona fortuna. Lo speaker continuò: "Si segnalano disordini ancora più gravi nel Nord del paese. Scontri con le forze dell'esercito sarebbero avvenuti in molte grandi città, come Liverpool, Manchester e Leeds. Da Leeds non si riescono più ad avere notizie ufficiali".

– Leeds! – esclamò John. – Questa è una brutta notizia.

"Il governo" continuò la radio "ha diramato la seguente dichiarazione:

'Dati i disordini verificatisi in alcune zone, si avverte la popolazione che si potrebbero adottare gravi misure di repressione, poiché il governo è fermamente deciso a impedire che il paese cada nell'anarchia. È dovere di ogni cittadino svolgere le abituali occupazioni con calma, e collaborare con le forze dell'ordine in vista del mantenimento dell'ordine'. Fine del comunicato."

La radio cominciò a trasmettere musica leggera, e Ann abbassò il volume al minimo.

– Viaggiando tutta la notte, potremmo raggiungere la valle entro la mattina di domani – disse Roger. – Non mi piace come si sta mettendo. A quanto pare, Leeds è in piena rivolta. Secondo me è meglio viaggiare, finché è possibile procedere senza intoppi.

– Non abbiamo dormito molto la notte scorsa – disse John. – E viaggiare di notte attraverso il Mossdale non è cosa da niente anche in tempi normali.

– Ann e Millicent possono dare il cambio al volante – osservò Roger.

– Ma Olivia non sa guidare.

– Non preoccuparti per me – disse Roger. – Ho un tubetto di benzedrina, e posso stare sveglio due o tre giorni di fila, se necessario. Pirrie li interruppe. – Consiglio di preoccuparci momentaneamente di andarcene dal West Riding. Una volta lontani dalla zona calda, potremo decidere se viaggiare anche di notte o no.

– Sì, ha ragione – disse John.

Dall'alto della scarpata i ragazzi li chiamarono a gran voce agitando le braccia verso il cielo. Tacquero tutti, e alle loro orecchie giunse un rumore di aerei in avvicinamento. Scrutarono il cielo. Gli aerei comparvero da dietro il profilo della scarpata. Erano bombardieri pesanti, in volo verso nord, a poco più di mille metri di quota.

Rimasero con gli occhi fissi al cielo, in un silenzio che sembrava rabbrividire, finché gli aerei non furono scomparsi. Alle loro orecchie continuò a giungere il rombo dei grossi apparecchi e il vociare eccitato dei ragazzi, ma nessuno dei due suoni riuscì a scalfire il silenzio che si portavano dentro.

– Leeds? – mormorò Ann dopo un po'.

Nessuno rispose. Poi fu Pirrie a parlare, calmo, come sempre.

– Forse. Comunque esistono anche molte altre spiegazioni. In ogni caso, credo che convenga muoverci. Che ne dite?

Davey era salito con Steve e con Spooks sulla Citroën che in quel momento guidava la colonna. Dietro veniva la Ford. La Vauxhall con John, Ann e Mary, chiudeva la fila.

Doncaster era chiusa al traffico, ma sulle strade che giravano attorno alla città era ancora permessa la circolazione. Mescolati al traffico militare sempre più intenso continuarono il viaggio verso nord e attraversarono un certo numero di piccoli centri tranquilli. Avevano raggiunto la valle di York, coi suoi villaggi ricchi e sparpagliati. Quando tornarono sulla North Road si trovarono la strada sbarrata da un posto di blocco. Venne loro incontro un sergente. Doveva essere uno del posto. Guardò Roger con benevolenza.

– Sulla A1 possono transitare soltanto i veicoli militari – disse.

– Perché? – domandò Roger.

– Ci sono dei disordini a Leeds. Dove volete andare?

– Nel Westmorland.

Il sergente scosse la testa, più in segno di comprensione che di biasimo.

– Al vostro posto tornerei indietro fino alla provinciale per York. Se la lasciate poco prima di Selby, potrete attraversare Thorpe Willoughby e raggiungere Tadcaster. Mi terrei comunque molto lontano da Leeds.

– Corrono delle strane voci... – disse Roger.

– Le ho sentite anch'io.

– Un paio d'ore fa abbiamo visto degli aerei che volavano verso nord –

soggiunse Roger. – Erano bombardieri.

– Sì – fece il sergente. – Sono passati proprio sopra le nostre teste. Mi sento molto più al sicuro in aperta campagna, quando in cielo volano quei bestioni. Strano, no?, sentirsi a disagio nel veder passare dei nostri aerei. Lo stormo ha proseguito in quella direzione, un motivo in più per tenersi lontani da Leeds.

– Grazie – disse Roger – seguiremo il suo consiglio.

Il convoglio invertì la marcia e tornò indietro. La strada riportava verso sud, ma dopo qualche chilometro girava in direzione nord-est, proseguendo su strade secondarie e deserte, senza il minimo traffico militare.

– Non si riesce quasi a convincersi, vero? – disse Ann. – Da una parte, i notiziari e i posti di blocco militari sono un fatto innegabile. Ma d'altra parte ecco una sera d'estate in campagna... la stessa campagna di sempre.

– Un po' spoglia – disse John indicando le grandi distese senza un filo d'erba.

– Non sembra sufficiente a giustificare la carestia, la fuga, le bombe atomiche... – ebbe un attimo di esitazione – ... e il rifiuto a portare in salvo un ragazzo.

– Le nostre motivazioni devono essere nude e crude. Dobbiamo abituarci a convivere con loro, in una nuova vita – disse John.

– Vorrei essere già arrivata! – esclamò Ann con un tremito nella voce. –

Vorrei essere già nella valle e aver chiuso il cancello di David alle nostre spalle.

– Ci saremo domani, spero.

La strada che stavano percorrendo si snodava, una curva dopo l'altra, per un terreno collinoso. John rimase leggermente indietro. La Ford di Pirrie, invece, rivelando una sorprendente manovrabilità, riuscì a restare incollata alla Citroën. Nel momento in cui la Vauxhall giunse in vista di un passaggio a livello, le sbarre cominciarono ad abbassarsi lentamente. John fu costretto a fermare. – Maledizione! In questi passaggi a livello secondari, passano almeno dieci minuti prima che transiti il treno! Ma chissà che una mancia non riesca a convincere il casellante a farci passare. Smontò dalla macchina e le girò attorno. Sulla destra, uno squarcio nella siepe mostrava una distesa di colline simmetriche, completamente spoglie, in cui si aprivano delle miniere di carbone. Si sporse al di sopra delle sbarre e guardò la linea ferroviaria. Non si vedeva segno di treni in arrivo, i binari correvano diritti in tutte e due le direzioni, per chilometri e chilometri. Si diresse verso il casello.

– Ehi! – chiamò.

Non ci fu risposta. Chiamò ancora, e questa volta sentì qualcosa, ma era un suono troppo indistinto per essere una vera risposta. Era un respiro affannoso, una specie di singhiozzo che proveniva dall'interno della casa. Dalle finestre che si affacciavano sulla strada non vide niente di particolare. Girò l'angolo dell'edificio per osservare da quelle che si aprivano verso la ferrovia. Scoprì subito da dove provenivano i rumori che aveva sentito. Al centro di una stanza c'era una donna stesa a terra. Aveva gli abiti a brandelli e la faccia coperta di sangue. Una gamba era ripiegata sotto il corpo. Tutto attorno regnava la più grande confusione: cassetti rovesciati a terra, un orologio a muro sfasciato.

Era la prima volta che John vedeva una scena simile in Inghilterra. In Italia, durante la guerra, aveva visto degli spettacoli non molto diversi. Segnavano il passaggio dei saccheggiatori... ma lì, nella campagna inglese... La realtà di quell'orrore, lì, mostrava chiaramente, molto più dei posti di blocco o dei bombardieri in volo, come ormai il crollo fosse avvenuto, irreparabile.

Rimase un attimo a guardare la scena, poi qualcosa gli balzò improvvisamente alla memoria. Le sbarre... Se quella donna era distesa in mezzo alla stanza, forse moribonda, chi aveva chiuso il passaggio a livello? E perché? Da dove si trovava non era possibile vedere né la strada, né la macchina. Si girò di scatto, e in quel momento sentì Ann lanciare un grido.

Girò di corsa attorno al casello. Le portiere dell'auto erano aperte, e dentro la macchina stava avvenendo una colluttazione. Ann si batteva contro un uomo che era salito dalla parte del posto di guida. Dietro c'era un altro uomo, ma Mary non si vedeva.

Le pistole erano rimaste in macchina. Si guardò rapidamente attorno in cerca di un'arma di qualche genere, e sotto il portico del casello vide un grosso pezzo di legno che poteva servire. Si chinò per raccoglierlo. In quel momento sentì ridere dietro di lui. Si alzò di scatto, e incontrò lo sguardo di un uomo che si teneva nascosto nell'ombra del portico. Quasi nello stesso istante il manico di un badile lo colpì alla testa. Cercò di gridare, ma il grido gli rimase impigliato in gola. Fece qualche passo barcollando, poi cadde.

Qualcuno gli stava bagnando la testa. Vide per prima cosa un fazzoletto, poi vide che era sporco di sangue. Infine scorse la faccia di Olivia.

– Johnny, ti senti meglio?

– Ann? Mary?

– Stai calmo – disse lei, poi chiamò: – Roger, è rinvenuto. Le sbarre del passaggio a livello erano sollevate. John vide la Citroën e la Ford ferme ai margini della strada. I tre ragazzi guardavano dal finestrino posteriore della Citroën, allibiti, senza dire una parola. Roger e Pirrie uscirono dal casello. Roger aveva la faccia accigliata, Pirrie invece sembrava calmo, come sempre.

– Cos'è successo? – domandò Roger.

John raccontò quello che ricordava. Provava un forte dolore alla testa, e aveva il bisogno fisico di coricarsi e di dormire.

– Devi essere rimasto privo di sensi per circa mezz'ora – disse Roger. –

Quando ci siamo accorti che mancavi, avevamo già superato la strada per Leeds.

– Mezz'ora – borbottò Pirrie. – Su una strada di questo genere, quei criminali possono essersi allontanati di trenta chilometri. Un cerchio molto grande, che si può allargare sempre di più. In questa regione ci sono un sacco di strade.

Olivia cominciò a fasciargli la ferita alla testa. La pressione delle bende, per quanto leggera, rese più acuto il dolore.

Roger guardò il ferito. – Be', John... cosa facciamo? È necessario prendere una decisione rapida.

John cercò di riordinare i pensieri. – Vuoi prendere Davey con te?

Questo è tutto. Conosci la strada per raggiungere la valle, vero?

– E tu? – domandò Roger.

John non rispose subito. Cominciava a capire ciò che aveva detto Pirrie poco prima. Le probabilità di ritrovare i banditi erano minime. E anche quando li avesse trovati...

– Se mi lasciate un fucile... Hanno portato via anche le armi – disse.

– Senti, John – disse Roger – hai tu la responsabilità di questa spedizione. Non devi fare i piani per te stesso, devi fare i piani per tutti noi.

John scosse la testa. – Se non riuscite a raggiungere il North Riding entro sera, può darsi che non riusciate ad arrivarci mai più. Io me la caverò da solo.

Pirrie si era allontanato di qualche passo e osservava distrattamente il cielo.

– Già – fece Roger – te la caverai da solo. Cosa diavolo credi di essere, una combinazione fra Napoleone e Superman? Cosa userai come ali?

– Non so se riuscirete a entrare tutti quanti nella Citroën... – disse John –

ma se vi fosse possibile lasciarmi la Ford...

– Siamo partiti in gruppo – disse Roger. – Se torni indietro, dovrai portarci con te. – Fece una pausa. – In quella casa c'è una donna morta... ricordatelo.

– Vi chiedo di portare Davey con voi. Nient'altro.

– Maledetto pazzo! – esclamò Roger. – Pensi che Olivia mi lascerebbe proseguire il viaggio, anche se volessi? Li troveremo. Al diavolo le probabilità.

Pirrie si girò verso di loro guardandoli con calma. – Avete deciso? –

domandò.

– Io sì – disse John. – A questo punto la nostra alleanza cessa di avere un valore, vero, signor Pirrie? La valle che dovete raggiungere è segnata sulla carta stradale. Le darò un messaggio per mio fratello, se vuole. Lei gli racconterà di questo contrattempo.

– Ho esaminato la situazione – disse Pirrie. – Deve perdonarmi se non sono diplomatico nell'esporre i fatti, ma mi sorprende che abbiano lasciato questo posto con tanta fretta.

– Perché? – domandò Roger di scatto.

Pirrie indicò il casello. – Là dentro si sono fermati più di mezz'ora.

– Intende dire... che hanno violentato la casellante? – disse John, cupo.

– Sì. La spiegazione della loro partenza potrebbe essere questa: hanno immaginato che le tre macchine fossero insieme, e hanno sbarrato la strada a quella che viaggiava distanziata. Poi si sono preoccupati di allontanarsi in fretta, nel caso che le prime due macchine tornassero indietro a cercare la terza.

– E questo fatto potrebbe esserci di aiuto? – domandò Roger.

– Penso di sì – disse Pirrie. – Sappiamo che sono tornati verso la North Road, perché il passaggio a livello era ancora chiuso. Però non credo che abbiano raggiunto la North Road senza fermarsi.

– Fermarsi? – domandò John.

Guardando la faccia impassibile di Roger, comprese che l'amico aveva afferrato l'allusione di Pirrie. Alla fine capì anche lui. Si alzò con fatica in piedi.

– Rimangono comunque varie difficoltà – disse Roger. – Tra questo punto e la statale A1 si staccano almeno una mezza dozzina di strade secondarie. E non dimentichiamo che possono sentire il rumore delle nostre macchine. Dovremo esplorare quelle strade a una a una... e a piedi. Con la disperazione che lo invadeva, John disse: – Prima che si sia potuto cercare dappertutto...

– Se ci lanciamo con le macchine nella prima laterale che troviamo, rischiamo di offrirgli proprio l'occasione di fuggire indisturbati. Mentre tornavano in silenzio verso le due macchine, Spooks sporse la testa dal finestrino posteriore della Citroën. Parlò con voce acuta, stridula.

– Hanno rapito la mamma di Davey e Mary? – chiese.

– Sì – disse Roger. – Andiamo a cercarle.

– Hanno rubato anche la Vauxhall?

– Sì – disse ancora Roger. – Ora stai calmo, Spooks. Dobbiamo pensare a come ritrovarle.

– Non mi sembra difficile – disse Spooks.

– Sì, le troveremo. – Roger salì in macchina e avviò il motore. John rimase fermo in mezzo alla strada. Fu Pirrie che si rivolse a Spooks: –

Perché non ti sembra difficile?

Spooks indicò la strada che avevano percorsa nel venire. – Basta seguire le tracce dell'olio.

I tre uomini guardarono l'asfalto. Le macchie d'olio erano visibilissime.

– Siamo proprio dei ciechi! – esclamò Roger. – Come abbiamo fatto a non vederle? Comunque potrebbe non essere stata la Vauxhall a lasciarle. È più probabile che sia stata la Ford.

– No – disse Spooks deciso – è stata la Vauxhall. Nel punto in cui si è fermata c'è una chiazza più grande delle altre.

– Mio Dio! – esclamò Roger. – Ma cos'eri a scuola, Spooks, il capo dei boy-scout?

Spooks scosse la testa. – No, non ero tra gli scout. Non mi piace il campeggio.

– Li abbiamo in pugno – disse Roger esultante. – Abbiamo in mano quei maledetti bastardi! Oh, dimentica questa parola, Spooks.

– Farò del mio meglio – disse Spooks. – Ma la conoscevo già. A ogni diramazione si fermavano e scrutavano il terreno in cerca delle macchie d'olio. Era quasi impossibile vederle senza scendere dalla macchina. La terza strada laterale era alla periferia di un villaggio. In quel punto la strada piegava bruscamente a destra. Un cartello indicava: NORTON 2 KM.

– Ci siamo – disse Roger. – Potremmo andare avanti con una macchina lanciata a tutta velocità. Se li dovessimo superare, verrebbero a trovarsi impacchettati. Probabilmente sono tra qui e il prossimo villaggio.

– Può essere un'idea – disse Pirrie soprappensiero. – Però potrebbero anche opporre resistenza. In quella macchina ci sono un fucile, una pistola automatica e una a tamburo. Mi sembra difficile riuscire a sottrargliele senza fare del male alle donne.

– Qualche altra idea?

John cercò di pensare, ma il suo cervello era sconvolto dall'odio.

– La campagna è pianeggiante – disse Pirrie. – Se uno di noi riesce a salire su questa quercia e a guardarsi attorno con un cannocchiale, forse li può vedere.

La pianta si ergeva al limite della strada. Roger la studiò attentamente.

– Datemi una mano per raggiungere i primi rami – disse – poi me la caverò da solo.

Scalò l'albero con facilità, ma fu costretto a salire molto per trovare uno squarcio tra le foglie che gli permettesse di guardarsi attorno. Dalla strada non lo potevano più vedere.

– Eccoli! – esclamò a un tratto.

– Dove sono? – gridò John.

– A circa un chilometro. Sono in un campo sulla sinistra. Ora scendo.

– E Ann... e Mary? – chiese John.

Roger scese dall'albero, e quando raggiunse i rami più bassi saltò a terra. Cercò di evitare lo sguardo di John. – Ci sono anche loro – disse.

– Sulla sinistra – borbottò Pirrie soprappensiero. – Sono molto lontani dalla strada?

– No, subito dopo una siepe. Se avanziamo dalla strada non ci dovrebbero vedere.

Pirrie raggiunse la Ford e tornò poco dopo con una grossa carabina, la sua arma preferita.

– Un chilometro – disse. – Datemi dieci minuti, poi lanciatevi di corsa con la Citroën, e fermatevi un centinaio di metri più avanti di loro. Poi sparate qualche colpo, ma per aria. Ho l'impressione che andranno a mettersi proprio dove voglio io.

– Dieci minuti! – disse John.

– Se vuole rivederle vive.

– Potrebbero andarsene prima.

– Li sentireste. Una macchina fa molto rumore nella manovra per uscire da un campo. In questo caso inseguiteli con la Citroën, e sparate. – Pirrie ebbe un attimo di esitazione. – Perché, vede, sarà molto difficile che abbiano ancora con sé sua moglie e sua figlia.

Pirrie fece una specie di cenno di saluto e si allontanò. Dopo qualche centinaio di metri vide uno squarcio nella siepe e abbandonò la strada, scomparendo alla vista.

Roger guardò l'orologio. – Olivia, Millicent... fate salire i ragazzi sulla Ford. Vieni, Johnny.

Salirono sulla Citroën. John sorrise con tristezza.

– Valgo poco come capo, vero? – disse.

Roger lo guardò un attimo. – Non prendertela. E pensa alla fortuna di essere ancora vivo.

John si accorse di aver conficcato le unghie nel sedile della macchina.

– Ogni minuto che passa... Bastardi maledetti! Per Ann sarà terribile, ma per Mary...

– Non ci pensare – disse Roger, poi guardò l'orologio. – Se tutto va bene, i nostri amici hanno ancora nove minuti di vita.

Un pensiero sovrastò agli altri. Era irrilevante, e strano. Ma lo volle esprimere. – Poco fa siamo passati davanti a una cabina telefonica, e nessuno ha pensato di telefonare alla polizia.

– E perché telefonare? – disse Roger. – Ormai non esistono più organi per la difesa della sicurezza pubblica. Adesso tutto è di competenza privata. – Picchiettò con le dita sul volante. – Anche la vendetta. Rimasero in silenzio per tutto il resto dell'attesa. Sempre senza parlare, Roger mise in moto la macchina e partì con potenti accelerate. Avanzarono alla velocità massima della Citroën, facendo un baccano tremendo. In meno di un minuto superarono la grande apertura nella siepe, ed ebbero modo di scorgere la Vauxhall ferma nel campo. La strada proseguiva diritta per altri cinquanta metri. Roger frenò all'altezza della curva e mise la macchina di traverso, in modo da bloccare il passaggio. John saltò a terra con il mitra che aveva trovato nella macchina di Roger. Si appoggiò al cofano e sparò una raffica. Gli spari echeggiarono nel placido pomeriggio estivo. Poi, in lontananza, si sentirono altri tre spari. Alla fine tutto ripiombò nel silenzio.

Roger era ancora seduto al volante.

– Io attraverso la siepe – disse John. – Meglio che tu resti qui. Roger fece un cenno affermativo. La siepe era fitta, ma John riuscì a passare, senza far caso alle spine che lo scorticavano. Guardò verso la Vauxhall. A terra c'erano tre corpi. Dall'altra parte del campo, Pirrie stava avanzando con il fucile sotto il braccio. John sentì dei gemiti, e cominciò a correre, inciampando e scivolando nei solchi del terreno. Seduta a terra, accanto alla macchina, Ann stringeva Mary tra le braccia. Erano vive. I gemiti uscivano dalla bocca dei tre uomini caduti poco lontano. Mentre John si avvicinava, uno dei tre, piccolo e asciutto, con la faccia scarna ricoperta dalla barba ispida, cercò di sollevarsi. Un braccio gli pendeva inerte lungo il fianco, ma l'altra mano stringeva una pistola. John vide Pirrie sollevare il fucile, rapidamente, ma senza premura. Poi sentì il colpo, e l'uomo ricadde a terra con un grido di dolore. Un uccello che si era posato poco prima sulla siepe volò via con un gran battito d'ali. Tornò alla macchina a prendere una coperta, con cui avvolse Ann e Mary. – Ann... Mary... è tutto finito – disse a bassa voce, quasi che il suono delle parole potesse far loro altro male.

Le due donne non risposero. Mary continuò a singhiozzare. Ann alzò un attimo lo sguardo verso di lui, poi fissò un punto lontano. Pirrie percorse gli ultimi metri e diede un calcio all'uomo più vicino, senza rabbia, ma con precisione. L'uomo lanciò un urlo di dolore, poi ricominciò a gemere sommessamente.

In quel momento Roger comparve dalla siepe. Stringeva una pistola in mano. Avanzò esaminando la scena. Passò rapidamente lo sguardo dalla donna e dalla ragazza sedute a terra agli uomini feriti. Poi guardò Pirrie.

– Non è stato un lavoro accurato come il primo – osservò.

– Ho pensato... – disse Pirrie; il suo tono sembrò fuori luogo nella silenziosa campagna d'estate quanto lo era stata la scena di sangue in cui lui aveva avuto il ruolo principale – che un colpevole non ha il diritto di morire con la stessa rapidità di un innocente. Un'idea curiosa, no? –

Guardò John. – Mi sembra che spetti a lei condurre a termine l'esecuzione. Uno dei tre uomini era stato ferito a una gamba, e stava disteso in una curiosa posizione contorta, con le mani premute contro la ferita. Aveva la faccia sconvolta, come quella di un bambino sofferente. Ma aveva sentito le parole di Pirrie e guardò subito John, con uno sguardo di supplica animale.

John girò le spalle ai feriti: – Finiteli voi – disse.

In passato, si sorprese a pensare con tristezza, quella questione sarebbe stata affidata alla legge. Ora la legge erano poche parole pronunciate in mezzo a un campo, e fatte valere dalle armi.

Le sue parole non erano state dirette a nessuno in particolare. Mentre guardava Ann e Mary, sentì la pistola di Roger sparare un colpo, poi un secondo. Nell'aria si alzò un rantolo di agonia. In quel momento Ann gridò: – Roger!

Roger si girò verso la donna. Ann fece adagiare delicatamente Mary a terra e si alzò. Mosse qualche passo stringendo i denti, e John le andò accanto per aiutarla. Aveva ancora il mitra appeso alla spalla, e cercò di impedire alla moglie di prenderlo. Ma lei lo stringeva ormai tra le mani. Due degli uomini erano già morti. L'unico ancora in vita era quello con la ferita alla gamba. Ann gli andò vicino, e l'uomo alzò lo sguardo. John vide la faccia tormentata del ferito accendersi di un barlume di speranza. –

Mi spiace, signora. Mi spiace molto.

Parlava con un forte accento dello Yorkshire. John si ricordò che nel suo plotone, in Nord Africa, aveva avuto un autista che parlava con lo stesso accento. Era un simpatico ragazzo che era morto a Biserta. Ann puntò il mitra, e l'uomo cominciò a gridare: – No, signora, no! Ho dei bambini...

– Non lo faccio per me – disse Ann con voce atona. – Lo faccio per mia figlia. Quando stavate... Ho giurato a me stessa che vi avrei ucciso, se ne avessi avuto la possibilità.

– No! Non può farlo! È omicidio!

Lei trovò qualche difficoltà a togliere la sicura. L'uomo rimase a fissarla incredulo, e la stava ancora guardando quando le pallottole cominciarono a trapassargli il corpo. Gridò una volta, poi cadde riverso. Ann continuò a sparare fino all'ultimo colpo del caricatore. Poi tornò il silenzio, rotto soltanto dai singhiozzi di Mary.

– Ha fatto bene, signora Custance – disse Pirrie, calmo. – Adesso si metta seduta tranquilla, finché non avremo tolto la macchina da questo campo.

– Ci penso io – disse Roger.

Salì sulla Vauxhall e iniziò la marcia indietro. Una ruota passò sul cadavere di uno degli uomini. Roger superò lo squarcio nella siepe e raggiunse la strada.

– Venite – gridò.

John prese in braccio la figlia e la portò fino alla macchina. Pirrie aiutò Ann a reggersi in piedi. Quando le due donne furono in macchina, Pirrie premette il clacson varie volte. Poi scese di nuovo, dicendo a John: – Vada avanti lei. È meglio allontanarci alla svelta, nel caso che gli spari abbiano attirato l'attenzione di qualcuno. Olivia si occuperà di loro. John indicò il campo.

– E quelli?

Attraverso lo squarcio si vedevano i corpi dei tre uomini. Uno sciame di mosche gli volava sopra.

Roger lo guardò sorpreso. – Cosa vorresti dire?

– Non li seppelliamo?

Pirrie scoppiò in una risata secca. – Temo che non ci sia tempo per le opere di misericordia corporale.

La Ford li raggiunse; Olivia smontò e andò subito accanto ad Ann e Mary. Pirrie si mise al volante della Ford.

– È inutile seppellirli – disse Roger. – Perderemmo solo tempo. Cerchiamo di superare in fretta Tadcaster.

John fece un cenno affermativo.

– Io rimango in coda – disse Pirrie.

– Benissimo – rispose Roger. – Muoviamoci.

7

Tadcaster era nervosa, come una città di confine mezzo spaventata e mezzo eccitata nell'attesa di un assalto. Fecero il pieno di benzina, e il proprietario del distributore guardò il denaro quasi considerandone l'ammontare. Presero anche un giornale. Era una copia dello "Yorkshire Evening Press". Costava 3 scellini, ma il prezzo era stato alzato a 6 senza una scusa plausibile. Le notizie del giornale erano identiche a quelle trasmesse dalla radio. La solennità delle dichiarazioni ufficiali per la stampa nascondeva a malapena un senso di paura.

Lasciata Tadcaster si fermarono in una strada di campagna, poco lontano dalla statale. In città avevano anche fatto riempire i thermos con bevande calde. Per mangiare ricorsero ai viveri che si erano portati da Londra. Mary sembrava essersi ripresa. Bevve una tazza di tè e mangio qualche boccone di carne in scatola. Ann non volle né mangiare né bere. Rimase seduta in un silenzio insondabile; se fosse di dolore, o di vergogna, o se meditasse sulla sua amara vendetta, John non riuscì a capirlo. Cercò di farla parlare, ma Olivia, che le era rimasta sempre accanto, gli fece cenno di tacere.

La Citroën e la Vauxhall si erano fermate una accanto all'altra, e occupavano l'intera carreggiata. La radio trasmetteva una conferenza sull'architettura di Moorish. Proprio il genere di cose adatte a parodiare la vantata flemma britannica. Forse avevano scelto la trasmissione proprio per sottolineare la loro calma, ma la situazione, pensò John, non era di quelle che si risolvono coi trucchetti.

Poi la radio s'interruppe di colpo. Il primo pensiero fu che si fosse guastata. Roger fece un cenno a John, e John accese la radio della sua macchina. Silenzio assoluto.

– Ci dev'essere un problema ai trasmettitori – disse Roger. – Io ho ancora fame. Comandante, pensi che si possa rischiare l'apertura di un'altra scatola di carne?

– Potremmo anche farlo – disse John. – Preferirei comunque uscire prima dal West Riding.

– Hai ragione. Per il momento stringo la cintura di un altro buco. L'annunciatore riprese improvvisamente a parlare, e, con i due apparecchi accesi, la voce parve altissima. L'accento non era certo quello che ci si poteva aspettare da uno speaker della BBC. Aveva una forte cadenza dialettale; la sua voce esprimeva rabbia, e paura, anche.

"Qui parla il Comitato cittadino di salute pubblica della città di Londra. Abbiamo occupato le stazioni della BBC. Rimanete in ascolto. Tra poco trasmetteremo un comunicato speciale. Restate in ascolto."

– Ah – fece Roger. – Un Comitato cittadino di salute pubblica! Chi diavolo si può permettere di sprecare energie giocando alla rivoluzione in tempi come questi?

Dall'altra macchina Olivia lo guardò con un'espressione di rimprovero.

– Non ti preoccupare per i ragazzi – disse allora Roger. – Per quanto abbiano imparato a stare a tavola perfettamente, finiranno tutti col coltivare patate.

Alla radio venne trasmesso il segnale d'intervallo. Un concerto, alquanto fuori luogo, di campane a festa. Ann alzò lo sguardo, e John riuscì a guardarla negli occhi. Quel suono di campane li riportava indietro negli anni, alla fanciullezza... e per un attimo si risentirono ragazzi innocenti, in un mondo prospero e beato.

– Non sarà sempre così – disse a voce bassa, in modo che la potesse sentire soltanto lei.

Ann lo guardò con indifferenza. – Lo pensi davvero? – domandò. La nuova voce alla radio aveva un tono da speaker ufficiale, ma con poca esperienza col microfono.

"Qui Londra. Trasmettiamo il primo bollettino del Comitato cittadino di salute pubblica. Il Comitato, in seguito a un tradimento senza precedenti da parte del primo ministro Raymond Welling, ha assunto il comando a Londra e sull'intera nazione. Abbiamo le prove inconfutabili che l'ex primo ministro, il cui dovere sarebbe stato quello di proteggere i cittadini, aveva preparato dei piani per un genocidio. Ecco i fatti. La situazione alimentare del paese è disperata. D'oltreoceano non ci verranno più mandati né grano né carne né viveri di altro genere. Non abbiamo niente da mangiare, tranne quello che sarà possibile ricavare dal terreno o pescare nei mari. La ragione è semplice: il virus coltivato per distruggere il Chung-Li è risultato inefficace. Conosciuta la situazione, Welling ha elaborato un piano che è stato approvato dalla Camera. Per questo motivo, tutti i deputati condividono con lui le responsabilità. Welling si è fatto eleggere allo scopo di mettere in atto il suo piano, che consisteva in questo: aerei della Air Force avrebbero sganciato bombe atomiche e all'idrogeno sulle più grandi città inglesi. Avevano calcolato che, eliminando metà popolazione, si sarebbe potuta assicurare la sopravvivenza agli altri."

– Maledizione! – disse Roger. – Non si sono limitati a far saltare un petardo, questo è il Vesuvio.

"I londinesi" continuò la voce "si rifiutano di credere che dei nostri compatrioti si prestino a compiere lo sterminio di massa pianificato da Welling. Facciamo appello alla Air Force, che in passato ha validamente difeso la città contro i nemici, affinché non si macchi di sangue innocente. Un simile delitto coprirebbe d'infamia non solo quelli che l'hanno commesso, ma anche i figli dei loro figli. Sappiamo che Welling e i suoi complici hanno cercato rifugio in una base della Air Force. Chiediamo ai militari di arrestarli e consegnarli alla giustizia del popolo. Invitiamo i cittadini a mantenere la calma e a rimanere ai loro posti. Le restrizioni imposte da Welling sui trasporti non hanno più valore, tuttavia preghiamo vivamente tutti di non fuggire in preda al panico dalle città. Il Comitato di salute pubblica ha dato disposizioni per la raccolta di patate, pesce, e di ogni altro genere di viveri da trasportare a Londra, dove verranno equamente razionati e distribuiti. Se la nazione riuscirà a ritrovare lo spirito di Dunkerque, supereremo ogni difficoltà. Ci aspettano tempi duri, ma possiamo farcela."

Dopo una breve pausa, la voce riprese: "Restate in ascolto, in attesa di altri comunicati. Nel frattempo manderemo in onda brani musicali assortiti".

Roger spense l'apparecchio.

– Brani musicali... – ripeté. – Fino a questo momento, non avevo mai creduto alla storia di Nerone e della sua cetra.

– Allora – disse Millicent – era vero quello che ci avete raccontato.

– E ora la notizia circola liberamente per tutta l'Inghilterra – soggiunse Pirrie.

– Sono pazzi! – disse Roger. – Completamente e irrimediabilmente pazzi. In questo momento Welling si starà mettendo le mani nei capelli.

– Lo credo anch'io – disse Millicent, con rabbia.

– Bel modo di risolvere una situazione! – riprese Roger. – Immagino che il Comitato di salute pubblica sia un triumvirato composto da un anarchico di professione, un parroco e una maestra iscritta a un partito di sinistra. Solo una combinazione del genere può dimostrare una simile ignoranza delle nozioni basilari del comportamento umano.

– Cercano di essere sinceri e onesti – disse John.

– Proprio quello che intendevo – fece Roger. – So di parlare con la deformazione professionale di un ex addetto alle pubbliche relazioni, ma non è necessario avere a che fare con l'umanità in massa per sapere che la sincerità non è mai consigliabile, e che spesso si rivela disastrosa.

– In questo caso lo sarà – disse Pirrie.

– In un modo tremendo – soggiunse Roger. – "La nazione si trova di fronte a una carestia... la situazione è tale da convincere il primo ministro a cancellare alcune città dalla faccia della Terra... l'Air Force non oserebbe mai bombardare le città, comunque le chiediamo di non farlo... si può lasciare Londra, ma si consiglia di non abbandonare la città." Notizie di questo genere possono portare a un solo risultato: nove milioni di persone in movimento, dirette in un luogo qualsiasi, da raggiungere con ogni mezzo.

– L'Aviazione non si presterà mai all'esecuzione di quel piano – disse Olivia. – Lo sai benissimo.

– No. Non lo so. E non ero disposto a correre il rischio. Per dire la verità, credo che non lo faranno, ma ormai non ha più importanza. Non intendevo fare affidamento sulla correttezza umana quando c'erano in gioco bombe a idrogeno e carestie... Pensi veramente che qualcuno sia disposto ad avere fiducia?

– I nove milioni di persone di cui avete parlato si riferiscono solo a Londra – disse Pirrie pensoso. – Ci sono anche alcuni milioni di abitanti nelle città del West Riding, per non parlare di quelli che abitano nelle zone industriali del Nord-est.

– È vero – disse Roger. – Si metteranno in movimento anche loro. Non con la stessa velocità di quelli di Londra, ma sempre troppo in fretta. –

Girò lo sguardo verso John. – Allora, comandante, viaggiamo tutta la notte?

– È la cosa più saggia da fare – disse John lentamente. – Una volta superata Harrogate dovremmo essere al sicuro.

– Rimane il problema della strada – osservò Pirrie. Distese la carta stradale, e la studiò attentamente, usando gli occhiali d'oro che gli servivano per leggere. – Giriamo a ovest di Harrogate e percorriamo la valle Nidd, o prendiamo la statale che passa per Ripon?

– Che ne pensi, Roger? – domandò John.

– In teoria le strade secondarie dovrebbero essere più sicure. D'altra parte non mi piace quel tratto di strada dopo Masham Moor. – Guardò il cielo che si stava oscurando rapidamente. – Specialmente di notte. Se fosse possibile continuare sulla statale, sarebbe meglio.

– Pirrie?

Pirrie si strinse nelle spalle. – Come preferite voi – disse.

– Allora tenteremo di continuare sulla statale. Ci conviene però girare al largo da Harrogate. C'è questa strada che passa da Starbeck e Bilton. Sarebbe meglio, per maggiore sicurezza, evitare anche Ripon. Questa volta vado avanti io, tu Roger ti metterai in coda. Suona il clacson se per una qualsiasi ragione devi rallentare o fermarti.

– Posso anche sparare un colpo di fucile nel sedere della carretta di Pirrie – disse Roger ridendo.

– Cercheremo di adattare la nostra velocità alla vostra macchina – disse Pirrie.

Il cielo rimase sereno, e mentre marciavano verso nord comparvero le stelle. La luna sarebbe sorta solo dopo mezzanotte; fino a quel momento avrebbero attraversato un paesaggio solo debolmente rischiarato dai loro fari. Le strade erano più deserte di quelle percorse fino a quel momento. I convogli militari, scomparsi, non ricomparvero. La terra, o la rivolta di Leeds, li aveva inghiottiti. Di tanto in tanto, lontano, si sentivano rumori che potevano anche essere raffiche di armi da fuoco. Ma erano indistinti. John guardava continuamente a sinistra, quasi aspettando di vedere il cielo accendersi con una fiammata atomica. Ma non accadde niente. Leeds era là in fondo... E anche Bradford, Halifax, Huddersfield, Dewsbury, Wakefield, e tutte le altre città industriali del Nord Midland. Era poco probabile che vivessero momenti tranquilli, ma il loro tormento, qualsiasi fosse, non toccava il piccolo convoglio diretto verso un rifugio sicuro. John era stanchissimo, e riusciva a reggersi soltanto con un enorme sforzo di volontà. Alle donne era stato dato l'incarico di chiacchierare per tenere svegli i mariti, ma Ann, gli occhi fissi nella notte, non parlava. John allungò una mano per prendere la pastiglia di benzedrina che Roger gli aveva dato, e bevve un sorso d'acqua.

Di tanto in tanto, quando risaliva qualche pendio, si guardava indietro per accertarsi che le altre due macchine fossero sempre dietro di lui. Mary dormiva sotto una coperta, distesa sul sedile posteriore. Anche se la brutalità verso i minori, proprio perché senza difese, provoca maggior collera e maggiore pietà, è anche vero che i giovani sono più facili a riprendersi. Forse che il vento diminuisce per l'agnello appena tosato?

Sorrise con amarezza. Ora tutti gli agnelli erano tosati, e il vento che soffiava da nord-est era gelido e pieno di brina scura.

Girarono attorno ad Harrogate e a Ripon con una certa facilità. Le luci accese indicavano che le centrali elettriche funzionavano ancora, e viste da lontano davano la consolante impressione che esistesse ancora una civiltà. Forse laggiù la situazione non era ancora disperata. John si domandò se non fosse tutto un brutto sogno da cui si sarebbero svegliati per ritrovare un mondo identico a quello vecchio, il mondo di sempre, che loro avevano già rivestito con la nostalgia delle cose irrimediabilmente perdute. Un mondo sul quale sarebbero nate leggende che avrebbero narrato, di viali illuminati a giorno, di milioni di persone affaccendate che vivevano assieme senza complottare l'uno la morte dell'altro, di strade ferrate, di aerei, di veicoli a motore, di una grande varietà di cibi. E avrebbero narrato, forse, dei poliziotti... custodi, senza collera né ferocia, di una legge che si stendeva da un capo all'altro della Terra.

Masham era un piccolo centro commerciale sulle rive dell'Ure. La strada piegava bruscamente subito dopo il fiume, e John rallentò per affrontare la curva.

Il blocco stradale era stato collocato con cura: lontano dalla curva quel tanto per essere invisibile dall'altra parte, e vicino quel tanto che bastava per impedire che le macchine potessero riprendere sufficiente velocità da sfondarlo. La strada non era larga abbastanza per permettere una rapida inversione di marcia. John fu costretto a frenare, e prima ancora di poter innestare la retromarcia vide la canna di un fucile puntato contro il finestrino accanto al posto di guida. Era nelle mani di un uomo tarchiato, con un abito di tweed.

– Bene. E adesso scendi – disse a John.

– Perché?

L'uomo fece un passo indietro nel momento in cui la Ford di Pirrie comparve dalla curva, ma tenne sempre il fucile puntato contro la Vauxhall. John si accorse che c'erano altri uomini dietro il primo. Subito puntarono le armi contro la Ford, e poi contro la Citroën, quando anche queste furono costrette a fermarsi al posto di blocco.

– Cos'è? Un convoglio? – domandò l'uomo in tweed. – Manca ancora qualcuno?

Parlava con l'accento gioviale dello Yorkshire, e non aveva la minima inflessione minacciosa.

John spalancò la portiera. – Stiamo andando a ovest – disse. – Oltre la brughiera. Mio fratello è un agricoltore del Westmorland. Andiamo da lui.

– Da dove venite? – domandò uno degli altri.

– Da Londra.

– Siete scappati alla svelta, vero? – L'uomo scoppiò a ridere. – Il clima di Londra non è più molto salutare.

Roger e Pirrie erano smontati, e John fu felice di vedere che avevano lasciato le armi in macchina.

Roger indicò la barriera in mezzo alla strada. – Perché avete messo uno sbarramento? Vi preparate a difendervi da un'invasione?

– Sei in gamba – disse l'uomo in tweed con un cenno di approvazione. –

Hai subito afferrato l'idea. Quando avranno attraversato il West Riding, come avete fatto voi, scopriranno che non sarà facile saccheggiare la nostra cittadina.

– Vi capisco benissimo – disse Roger.

C'era qualcosa di falso in quella situazione, John lo comprese con chiarezza. Sulla strada, a tenerli d'occhio, si era formato un gruppo di oltre dieci persone.

– Potremmo anche parlare con maggior chiarezza – disse John. – Volete che torniamo indietro e prendiamo una strada che gira intorno alla città? È

una seccatura, ma capisco il vostro punto di vista.

– Non del tutto – disse uno degli uomini, scoppiando a ridere. John non rispose. Per un attimo calcolò la possibilità di tornare alle macchine e risolvere la situazione con le armi. Ma anche se fossero riusciti a raggiungere le macchine, le donne e i bambini si sarebbero trovati sulla linea del fuoco. Rimase fermo.

Appariva chiaro che l'uomo in tweed era il capo. Uno dei piccoli Napoleoni che il nuovo caos aveva portato al potere. Per loro disgrazia, quello di Masham aveva assunto il comando senza perdere tempo. Sarebbe bastato un ritardo di dodici ore.

– Vedete – disse l'uomo in tweed – dovete per forza accettare il nostro punto di vista. Se non avessimo pensato in tempo a proteggerci, la nostra città verrebbe sommersa alla prima ondata. Lo dico per farvi capire che qui non facciamo le cose a capocchia. Questo può essere un bersaglio, oppure una goccia di miele: tutte le mosche in fuga dalla carestia e dalle bombe, si riverseranno qui per le strade principali. Noi le acchiappiamo, e viviamo a loro spese. Ecco il piano.

– È un po' presto per darsi al cannibalismo – commentò Roger. – O siete già abituati a mangiare carne umana da queste parti?

L'uomo in tweed rise. – Sono felice di vedere che non avete perso il senso dell'umorismo. Non si è perso tutto, quando si scopre qualcosa di cui ridere, vero? No, non è la loro carne che vogliamo; non ancora, perlomeno. Molti avranno portato qualcosa con sé: mezza tavoletta di cioccolata, se non altro. Diciamo che questo è un posto di confine con il relativo controllo doganale. Diamo un'occhiata al bagaglio, ci prendiamo quello che ci serve.

– E poi ci lascerete passare? – chiese John.

– Non esattamente. Potrete fare il giro attorno alla città. – Gli occhi piccoli e penetranti si puntarono su John. – Tu capisci il nostro punto di vista, no?

– Direi che questo è furto puro e semplice – fece John – da qualsiasi punto lo si guardi.

– Forse. Se siete arrivati da Londra fin qua senza subire niente di peggio che questo furto, siete certamente più fortunati di quelli che verranno dopo. Bene, mister, di' alle donne di far scendere i ragazzi. Cominciamo il controllo. Forza: prima si comincia, prima si finisce.

John guardò i suoi compagni. Roger aveva la faccia rossa di collera, ma non disse una parola. Pirrie, come al solito, era impassibile.

– Va bene – disse John. – Ann, temo che tu debba svegliare Mary. Falla scendere un attimo.

Si unirono in gruppo, e alcuni uomini cominciarono la perquisizione delle macchine e dei portabagagli. Non impiegarono molto a scoprire le armi. Un tale, piccolo, con la barba incolta, alzò con un grido di gioia il fucile automatico di John.

– Fucili? – esclamò l'uomo in tweed. – Un bottino migliore di quanto ci aspettassimo dalle nostre prime vittime.

– Ci sono anche delle pistole – disse John. – Spero che ce le lascerete.

– Abbiate un po' di buon senso – fece l'uomo. – Siamo noi che dobbiamo difendere la città. – Si girò verso quelli che perquisivano le macchine. –

Radunate tutte le armi da questa parte.

– Cos'altro ci volete portar via? – domandò John.

– È presto detto. Le armi, tanto per cominciare. Poi i viveri, come ho già spiegato, e per ultimo la benzina.

– Perché la benzina?

– Perché potremmo averne bisogno noi, per le nostre linee di comunicazione interne. – Sogghignò. – Sembra un'operazione militare, vero? Pare di essere ritornati ai tempi della guerra.

– Abbiamo ancora centoventi o centotrenta chilometri da fare. La Ford consuma circa sei litri ogni sessanta chilometri, le altre due macchine ne consumano altrettanti ogni quarantacinque. I serbatoi sono quasi pieni. Ci potete lasciare cinquanta litri tra tutti?

L'uomo in tweed rimase in silenzio e sorrise. John lo guardò. –

Potremmo abbandonare una delle macchine. Ci lasciate trenta litri?

– Trenta litri – disse l'uomo in tweed – o una rivoltella, potrebbero essere proprio quello che ci manca per evitare la caduta della città. Non possiamo lasciarvi niente di quel che ci può essere utile.

– Una macchina e quindici litri – supplicò John. – Così non avrete tre donne e quattro ragazzi sulla coscienza.

– Ecco – disse l'uomo – quello della coscienza è un buon argomento, ma anche noi abbiamo le nostre donne e i nostri bambini a cui pensare. Roger e Pirrie erano fermi a qualche passo.

– Conquisteranno la vostra città, e la daranno alle fiamme – disse Roger.

– Spero che possiate vivere abbastanza a lungo per godervi lo spettacolo. L'uomo lo guardò fisso. – Non rovinate tutto – disse. – Vi abbiamo trattato con cortesia, ma possiamo anche diventare cattivi. Roger fu sul punto di rispondere qualcosa, ma John lo interruppe.

– Basta così, Rodge. – Poi si girò verso l'uomo in tweed. – Vi regaliamo le macchine. Possiamo attraversare la città con le nostre famiglie e proseguire verso Wensley? E potete darci due vecchie carrozzine per bambini, che non vi servono più?

– Sono felice di vedere che sei molto più educato del tuo amico, comunque la risposta è no, a tutt'e due le richieste. Nessuno può entrare in città. Noi dobbiamo controllare le strade, e gli uomini che non sono di guardia hanno altri compiti, o sono a riposare. Non possiamo farvi accompagnare da nessuno, ed è chiaro che non possiamo lasciarvi attraversare la città senza che qualcuno vi sorvegli.

John guardò Roger, quasi per chiedergli consiglio. Fu Pirrie a parlare.

– Forse ci potete dire cosa possiamo fare. E se possiamo prendere qualcosa... le coperte, per esempio.

– Sì, di coperte ne abbiamo abbastanza.

– E le carte stradali?

Uno degli uomini che avevano perquisito le macchine si avvicinò. –

Abbiamo preso tutto ciò che valeva la pena di prendere, signor Spruce. Viveri e altra roba. E le armi, naturalmente. Willie sta togliendo la benzina.

– In questo caso – disse il signor Spruce – potete andare a vedere se è restato qualcosa che vi può servire. Non mi caricherei troppo, se fossi in voi. Scoprirete che non è facile camminare trasportando dei pesi. – Indicò a destra. – Aggirerete la città seguendo il fiume.

– Grazie – disse Roger. – Ci siete stati di grande aiuto. Spruce lo guardò con benevolenza. – Avete avuto la fortuna di arrivare prima della grande ondata. Non avremo molto tempo da perdere quando arriveranno in massa.

– Siete molto fiduciosi – osservò John – ma non sarà facile come pensate.

– Una volta ho letto che i Sassoni, poco prima della battaglia di Hastings, ridevano e scherzavano allegramente tra loro – rispose Spruce. –

Proprio quando avevano concluso una grande battaglia e si preparavano a quella seguente.

– Quella che hanno perso – disse John. – L'hanno vinta i Normanni.

– Può darsi. Ma ci sono voluti un paio di secoli prima che potessero venire a passeggiare tranquillamente da queste parti. Buona fortuna, mister.

John guardò le macchine, ormai depredate di tutti i viveri e delle armi. Willie, il giovane magro, stava terminando di svuotare i serbatoi.

– Ve ne auguro altrettanta – disse.

– La cosa più importante è andarcene da qui – disse John. – Poi potremo decidere un nuovo piano. Quanto alle nostre cose, suggerisco di prendere soltanto tre sacchette. Sarebbero stati comodi gli zaini, ma non ne abbiamo. Lascerei perdere le coperte. Fortunatamente siamo in estate, e se dovesse far freddo durante la notte, potremmo dormire uno accanto all'altro, e scaldarci così.

– La mia coperta la prendo – disse Pirrie.

– Non mi sembra una buona idea – osservò John.

Pirrie sorrise ma non rispose.

Gli uomini di Masham, portato via il bottino, tornarono a nascondersi tra i cespugli che fiancheggiavano la strada, e rimasero a osservarli con assoluto disinteresse. I ragazzi, assonnati e vacillanti sulle gambe, stavano guardando i genitori scaricare ciò che poteva essere utile di quanto era rimasto. John si rese conto di non conteggiare tra "i ragazzi" Mary, che in quel momento stava aiutando la madre.

Alla fine partirono. Guardandosi indietro, John vide che gli uomini di Masham stavano mettendo le macchine di traverso sulla strada per rinforzare lo sbarramento. Si domandò cosa sarebbe successo quando le macchine avrebbero cominciato ad arrivare in quantità. Probabilmente le avrebbero rovesciate nel fiume.

Salirono faticosamente un pendio, finché si poterono fermare su uno spiazzo per guardare verso il basso, verso i tetti illuminati della città che si stendeva tra loro e la brughiera. La notte era silenziosa.

– Ci possiamo riposare per un po' – disse John – e intanto studiare il da farsi.

Pirrie lasciò cadere a terra il rotolo della coperta che in un primo tempo aveva portato con fatica sotto il braccio e poi, con maggiore facilità, su una spalla.

– In questo caso posso liberarmi della coperta – disse Pirrie. Roger lo guardò. – Mi chiedevo quanto tempo ci avrebbe messo a capire di stare trasportando un peso inutile.

Pirrie cominciò a slegare le corde che stringevano il rotolo della coperta. Erano tutta una serie di nodi complicati. – Quella gente là – disse – ha una buona organizzazione di facciata, ma il diavolo si nasconde nei dettagli. L'uomo che ha perquisito la mia macchina doveva essere perfino sprovvisto di coltello. Se è così, ha commesso una negligenza imperdonabile.

– Cos'ha lì dentro? – chiese Roger incuriosito.

Pirrie alzò la testa, e alla debole luce delle stelle lo si vide sorridere.

– Molti anni fa ho viaggiato in Medio Oriente, tra Transgiordania, Iraq e Arabia Saudita. Stavo cercando minerali... senza molto successo, devo ammettere. In quel periodo ho imparato il trucco di nascondere il fucile in una coperta arrotolata. Gli arabi rubavano tutto, ma avevano una preferenza per i fucili.

Pirrie finì di sciogliere i nodi, e dal centro del rotolo tolse il suo fucile da caccia. Il mirino telescopico era sempre attaccato.

Roger scoppiò a ridere fragorosamente. – Che mi venga un colpo! Le cose cominciano a prendere un aspetto diverso. Buon vecchio Pirrie!

Lui prese una scatoletta di cartone rimasta tra le pieghe della coperta. –

Ci sono soltanto due dozzine di pallottole, ma è sempre meglio di niente.

– Direi proprio di sì – fece Roger. – Se riusciamo a trovare una fattoria in cui hanno una macchina e della benzina, finiranno tutte le nostre preoccupazioni. Grazie a questo fucile.

– No. Niente più macchine – disse John.

Dopo un attimo di silenzio, Roger disse: – Non ti saranno venuti degli scrupoli, vero, Johnny? Perché in questo caso la miglior cosa che potresti fare col fucile di Pirrie sarebbe di spararti. Non mi è piaciuto il modo in cui ci hanno trattato quei bastardi, però devo ammettere che avevano le loro ragioni. Oggi è la forza che conta: chiunque non se ne renda conto, ha le stesse probabilità di sopravvivere di una gallina in una gabbia di volpi. Quella mattina, pensò John, avrebbe ancora basato i suoi motivi sugli scrupoli. E con questi scrupoli sarebbero andate di pari passo l'incertezza e la riluttanza nell'imporre le sue decisioni agli altri. Ora invece riuscì a parlare con fermezza.

– Non prendiamo altre macchine perché le macchine sono diventate pericolose. Abbiamo la fortuna di essere ancora vivi. Potevano benissimo spararci addosso prima, e prenderci le macchine poi; fra poco saranno costretti a farlo. Se tentiamo di raggiungere la valle in automobile, ci mettiamo nelle condizioni di vederci capitare una cosa del genere. In un'auto si è sempre soggetti a potenziali imboscate.

– Ragionevole – mormorò Pirrie. – Molto ragionevole.

– Centoventi chilometri – disse Roger. – A piedi? Non spererai di trovare dei cavalli, vero?

John guardò il terreno. Una volta doveva essere stato un pascolo.

– No. Faremo tutta la strada a piedi. Impiegheremo tre o quattro giorni, invece di poche ore. Ma se avanziamo lentamente abbiamo le probabilità di farcela, in caso contrario le probabilità sono contro di noi.

– Io sono sempre del parere di impadronirci di una macchina e raggiungere velocemente la valle – disse Roger. – C'è anche la probabilità di non incontrare altre noie. Non credo che molte città siano riuscite a organizzarsi come Masham, e forse nessun'altra ha pensato di fare una cosa del genere. Se facciamo tutta la strada a piedi, con i ragazzi, sì che finiremo per avere guai.

– A ogni modo è ciò che faremo – disse John.

– Che ne pensa, Pirrie? – domandò Roger.

– Quello che pensa lui non ha importanza – disse John. – Vi ho detto ciò che faremo.

Roger indicò Pirrie che li guardava in silenzio. – È lui che ha il fucile –

disse.

– Questo significa che ha la possibilità di prendere lui in mano il gioco, se vuole. Ma fino a quel momento sono io a decidere. – Guardò Pirrie. –

D'accordo?

– Perfettamente – disse Pirrie. – Posso tenere il fucile? Non penso di peccare in vanità se sottolineo che lo so usare con più abilità di voi. D'altra parte non ho mai avuto particolari ambizioni per il comando. Dovete credermi sulla parola, naturalmente.

– Può tenere il fucile – disse John.

– Così finisce la democrazia – fece Roger. – Avrei dovuto capirlo fin dall'inizio. Be', dove andiamo adesso?

– In nessun posto fino a domani mattina. Per prima cosa, abbiamo tutti bisogno di una notte di riposo, e in secondo luogo non ha senso girare al buio in una regione che non conosciamo. Faremo dei turni di un'ora di guardia a testa. Comincio io. Poi, in ordine, Roger, Pirrie, Millicent, Olivia... – ebbe un attimo di esitazione – e Ann. Sei ore di sosta saranno più che sufficienti. Poi andremo a cercare qualcosa per fare colazione. L'aria era calda, e immobile.

– Ringrazio ancora una volta Dio che non sia inverno – disse Roger. Poi chiamò i tre ragazzi. – Venite, accoccoliamoci vicini.

Lo spiazzo si stendeva poco sotto la cresta della collina. John raggiunse la vetta e si mise a sedere. In basso la brughiera si stendeva verso ovest. Presto sarebbe spuntata la luna. La sua luce aveva già cominciato a rinforzare il bagliore delle stelle.

Chissà quanto sarebbe durato ancora il bel tempo. Ebbe quasi voglia di pregare, e anche di sacrificare qualcosa agli dèi della brughiera per placare la loro collera. Guardò i tre ragazzi distesi a terra, rannicchiati tra Roger e Olivia. Forse sarebbero riusciti a ricominciare; loro, o i loro figli. Questi pensieri gli lasciarono una sensazione di stanchezza interiore, come se il suo vecchio io del passato, il suo io civile, lo sfidasse a giustificare il presente. Quando si scende sotto un certo livello, vale la pena di continuare a vivere? Aveva vissuto in un mondo che aveva impiegato quasi quattromila anni a costruirsi e, nel giro di un giorno, tutto era crollato.

O c'era ancora qualcuno che riusciva a resistere, e parlava ancora il linguaggio dell'amore mentre tutto intorno si affermava Babele? Se c'erano, pensò, dovevano morire, insieme ai loro figli, come erano morti i loro predecessori, molti anni prima, nelle arene di Roma. Per un attimo pensò che sarebbe stato bello avere una fede così e morire per essa. Poi guardò il piccolo gruppo addormentato. Erano persone che lui doveva guidare, e John capì che la loro vita significava per lui molto più di quanto avrebbe potuto significare la loro morte.

Si alzò e raggiunse in silenzio il punto in cui Ann si era coricata con Mary tra le braccia. Mary dormiva, ma alla debole luce della luna vide che Ann aveva gli occhi spalancati.

La chiamò a voce bassa.

La donna non rispose. Non mosse neanche lo sguardo. Dopo un attimo John tornò in cima alla collina.

Molti avrebbero scelto di morire piuttosto che di continuare a vivere in quelle condizioni. Ne era sicuro. E questo pensiero gli diede forza. 8

Durante il suo turno di guardia, Millicent aveva notato due o tre lampi lontani, verso sud, e molto dopo le erano giunti all'orecchio dei boati. Potevano essere state esplosioni di bombe. Ma la questione non aveva molta importanza. Con tutta probabilità non avrebbero mai saputo la vera storia di quello che era capitato agli abitanti delle grandi città. E in ogni caso, il problema non li riguardava più.

Ripresero la marcia alle prime luci del giorno. L'aria era fresca, ma si prevedeva un'altra giornata molto calda. John aveva deciso di attraversare la brughiera di Masham e raggiungere Coverdale. Da lì avrebbero preso una strada secondaria che tagliava per la brughiera di Carlton, per poi puntare a nord verso Wensleydale e raggiungere il Westmorland. Videro una fattoria, poco lontano dal punto in cui avevano dormito, e Roger propose subito di fermarsi a fare razzia. Ma John scartò l'idea perché erano ancora troppo vicini a Masham. Non potevano sapere fino a che distanza gli abitanti della città si fossero proposti di difendere la loro zona. Il rumore degli spari avrebbe potuto richiamare degli uomini armati. Si tennero quindi lontani dalle abitazioni, camminando in mezzo ai campi, o mantenendosi al riparo delle siepi e dei muriccioli che delimitavano le proprietà. Verso le sei e mezzo raggiunsero la statale a nord di Masham. Il sole aveva già cominciato a riscaldare l'aria. I ragazzi erano allegri ed esuberanti, e John fu costretto ad ammonirli di non sprecare energie in corse inutili. Sembravano un gruppo di turisti a passeggio per la campagna. Solo Ann continuava a tacere, chiusa in se stessa.

Millicent ne parlò con John quando lui si trovò a camminarle accanto mentre attraversavano un terreno sassoso.

– Ann non dovrebbe prendersela tanto a cuore, Johnny. Sono cose che possono capitare.

John le lanciò un'occhiata. La caratteristica principale di Millicent era la compostezza elegante. In quel momento sembrava che stesse facendo una normale passeggiata in campagna. Pirrie, con il fucile sotto il braccio, camminava a circa quindici metri davanti a loro.

– Non credo che si preoccupi tanto per quello che è successo – disse John. – È quello che ha fatto lei dopo, che la tortura.

– Proprio ciò che intendevo, dicendo che sono cose che possono capitare

– fece Millicent. Poi guardò John con ammirazione. – Mi è piaciuto come ti sei comportato ieri sera. Voglio dire... con calma, senza commettere errori. Mi piace l'uomo che sa ciò che vuole, e riesce a ottenerlo. A giudicare dalla faccia, pensò John, Millicent doveva avere molto più di vent'anni meno di Pirrie. Aveva una figura sottile e slanciata. I loro sguardi s'incontrarono, e lei gli sorrise. In quel sorriso John lesse qualcosa che lo fece tremare.

– Qualcuno doveva pur prendere delle decisioni – disse.

– In un primo tempo ho pensato che tu non fossi il tipo adatto a comandare, poi, ieri sera, mi sono dovuta ricredere.

Non era l'evidente desiderio della donna che lo aveva scosso, pensò John, ma il fatto che glielo avesse fatto capire in quel momento. Pirrie, lui ne ebbe la certezza, doveva essere cornuto da parecchio tempo. Ma prima era successo a Londra, in quella tana pullulante di esseri umani, dove l'indulgenza per un atto di libidine in più era normale. Lì, invece, dove i rapporti tra loro erano allo scoperto come la brughiera che stavano attraversando, il fatto acquistava tutta un'altra importanza. Forse era risorto il codice morale per cui il capo poteva scegliere le donne a suo gradimento. Ma quel vecchio modo di ammiccare, di toccare con il gomito e di alludere erano morti come le conferenze e le serate a teatro... morti, senza possibilità di resurrezione. Lo shock provocatogli dal fatto che Millicent non se ne fosse resa conto, fu la prova di quanto la sua mente si fosse adattata al nuovo stato di cose.

– Va' a prendere la sacchetta di Olivia – disse asciutto. – Lei l'ha già portata abbastanza.

Millicent inarcò le sopracciglia. – Agli ordini, Grande Capo. Parla, e io obbedisco.

Nelle vicinanze di Witton Moor trovarono quello che John stava cercando: una piccola fattoria isolata. Sorgeva su un'altura, ed era circondata da campi di patate. Dal camino usciva fumo. Per un attimo John rimase perplesso, poi si rese conto che in un luogo isolato come quello con tutta probabilità dovevano accendere il camino anche in piena estate, per preparare da mangiare. Diede le istruzioni a Pirrie. Pirrie approvò con un cenno, e si fregò il naso con tre dita della mano destra. John ricordò di avergli visto fare lo stesso gesto prima di andare a uccidere i tre uomini che avevano rapito Ann e Mary.

John e Roger si avviarono verso la fattoria. Non fecero nessun tentativo per tenersi nascosti, e avanzarono lentamente, quasi girassero da quelle parti per pura curiosità. John vide muoversi la tenda di una finestra della facciata. Fu l'unico segno che qualcuno li stesse osservando. Un vecchio cane si scaldava al sole, contro il muro della casa. Sotto i loro piedi scricchiolavano i sassi del vialetto: un rumore familiare. Sulla porta c'era un batacchio a forma di testa d'ariete. John lo sollevò e lo fece ricadere con forza. Quando sentirono un rumore di passi che si avvicinavano alla porta, i due uomini si spostarono un po' sulla destra. L'uomo che spalancò la porta fu costretto ad avanzare fin sulla soglia per vedere in faccia chi aveva bussato. Era grande e grosso, con piccoli occhi freddi nel viso arso dal sole. John vide con soddisfazione che aveva in mano un fucile.

– Che cosa volete? Non abbiamo niente da vendere, se è da mangiare che state cercando – disse.

Era ancora troppo dentro la casa.

– Grazie – disse John – ma non siamo a corto di viveri. Abbiamo qualcosa che forse vi può interessare.

– Tenetevela – disse l'uomo sulla soglia. – Tenetevela, e toglietevi dai piedi.

– In questo caso...

John fece un balzo in avanti e si appiattì contro la casa, alla destra della porta, fuori dalla vista del contadino.

L'uomo reagì all'istante. – Se è una pallottola in corpo che volete... –

Fece un passo avanti sollevando il fucile e portando il dito al grilletto. Si sentì uno sparo, e il contadino si piegò in due, come una bambola rotta, e cadde in avanti. Il dito ebbe una contrazione sul grilletto, e il colpo esplose contro la parete della casa. Il vecchio cane si alzò per abbaiare rauco al sole. Una voce gridò qualcosa dall'interno, poi ci fu di nuovo silenzio.

John prese il fucile da sotto il corpo del contadino. Una canna era ancora carica. Fece un cenno a Roger, scavalcò l'uomo, morto o moribondo, ed entrò in casa. La porta si apriva direttamente su una grande stanza di soggiorno. Il locale era in penombra, John diresse subito lo sguardo alle porte che davano accesso alle altre stanze, e alla scala d'angolo che portava al piano superiore. Passarono alcuni secondi prima che John si accorgesse della donna ferma nell'ombra accanto alla scala.

Era altissima e secca. Li stava guardando attentamente, e stringeva in mano un fucile. Roger la vide quasi nello stesso istante. Gridò: – Attento, Johnny!

La mano della donna si mosse lungo il calcio del fucile, ma anche John fece lo stesso movimento. Tra le pareti della stanza il fragore della detonazione fu molto più assordante. La donna rimase in piedi per qualche istante, poi si afferrò alla ringhiera alla sua sinistra e scivolò a terra. Cominciò a gridare nell'attimo in cui toccò il pavimento, poi il grido diventò un lamento strozzato.

– Mio Dio! – balbettò Roger.

– Non startene lì impalato – disse John. – Muoviti. Prendi quel fucile e comincia a frugare per la casa. Siamo stati fortunati due volte, ma potremmo non esserlo una terza.

Guardò Roger che toglieva con una certa esitazione il fucile dalle mani della donna che continuava a gemere. – La sua faccia...

– Tu fruga al pianterreno – disse John. – Io vado di sopra. Perquisì rapidamente le stanze del primo piano, aprendo le porte con un calcio Fu solo verso la fine della sua perlustrazione che si ricordò di aver dimenticato qualcosa: aveva sparato la seconda cartuccia e, finché non avesse ricaricato il fucile, era virtualmente disarmato. Rimaneva una sola stanza. Ebbe un attimo di esitazione, poi diede un calcio alla porta. Era una piccola stanza. Una ragazza sui quindici anni sedeva sul letto. Fissò John con occhi terrorizzati.

– I colpi di... – balbettò. – Dove sono mamma e papà? Cos'è successo?

Non li avrà...

– Non ti muovere da questa stanza – ordinò John seccamente. C'era una chiave nella serratura. John uscì e chiuse la porta a chiave. La donna al piano terreno stava ancora gemendo, ma più debolmente. Roger le si era fermato accanto e la stava guardando come se fosse ipnotizzato.

– Allora? – domandò John.

Roger alzò lentamente la testa.

– Tutto a posto. Non c'è nessun altro. – Tornò a guardare la donna. – La colazione è sul fuoco.

Pirrie comparve silenziosamente sulla soglia. Abbassò il fucile non appena ebbe visto la scena.

– Missione compiuta – commentò. – Aveva anche lei un fucile? Altro, in casa?

– Fucili o persone? – domandò John. – Di sopra non ho visto armi. Tu, Rodge?

– No – disse Roger continuando a guardare la donna.

– Di sopra c'è una ragazza. La figlia. L'ho chiusa in camera.

– E lei? – domandò Pirrie, indicando con la punta del piede la donna che rantolava.

– Ha ricevuto il colpo... in piena feccia – disse Roger. – Da pochi metri di distanza.

– In questo caso... – Pirrie si girò verso John e batté la mano sul calcio del fucile. – Se lei è d'accordo.

Roger vide John fare un cenno affermativo. Pirrie avanzò col suo solito passo tranquillo verso la donna. Mentre puntava il fucile disse: – Una pistola sarebbe stata più adatta per un lavoro del genere. – Il fucile sparò e la donna smise di gemere. – Tra l'altro non mi piace sprecare munizioni per cose non strettamente necessarie. È poco probabile che si riesca a trovare questo tipo di pallottole. Da queste parti usano tutti fucili a cartuccia.

– Non è stato neanche un cattivo affare... – disse John. – Due fucili da caccia, e forse un certo numero di cartucce, in cambio di due pallottole. Pirrie sorrise. – Mi perdonerà se considero due pallottole delle mie più preziose di mezza dozzina di cartucce. Comunque non è andata troppo male. Posso chiamare gli altri?

– Sì – disse John.

Forzando la voce, Roger chiese: – Non sarebbe meglio togliere di mezzo i cadaveri prima che arrivino i ragazzi?

– Hai ragione. – Scavalcò il corpo della donna. – Di solito c'è un ripostiglio sotto le scale... Sì, eccolo. Mettiamoli qua dentro. No, aspettate un momento. Qui ci sono le cartucce. Lasciatemele prendere. – Perlustrò ogni angolo del sottoscala. – Non mi sembra che ci sia altro. Mettetela dentro.

Per trasportare il cadavere del contadino dalla soglia al ripostiglio dovettero unire tutti i loro sforzi. Poi John uscì e agitò un braccio. La giornata era bellissima, e sembrava anche fresca, ora che il vento aveva portato lontano l'odore della polvere da sparo. Il cane si era nuovamente accucciato contro il muro. Era vecchissimo, e forse anche cieco. Un cane da guardia che continua a vivere quando è nell'impossibilità di fare la guardia diventa una cosa inutile. Ma non molto più inutile, pensò, di quei milioni di ciechi che loro stavano precedendo. Abbassò il fucile. Non valeva la pena di sprecare una cartuccia.

Le donne e i ragazzi salirono il pendio della collina. L'aria da picnic era scomparsa. I ragazzi venivano avanti in silenzio, senza correre. Davey si avvicinò a John.

– Avete dovuto sparare?

John guardò il figlio negli occhi. – Dobbiamo combattere per ottenere ciò che vogliamo. Dobbiamo lottare per vivere. Dovrai imparare.

– Li hai uccisi?

– Sì.

– Dove li hai messi?

– Li abbiamo nascosti. Adesso entra. Faremo colazione.

C'era una macchia di sangue sulla soglia, e una macchia di sangue nel punto in cui la donna era caduta. Davey guardò, ma non disse niente. Quando tutti furono in soggiorno, John disse: – Non dobbiamo fermarci a lungo. Le donne possono preparare la colazione. In cucina ci sono delle uova e un pezzo di prosciutto. Prendete tutto. Roger, Pirrie e io cercheremo se c'è qualcos'altro da portar via.

– Vi posso aiutare? – domandò Spooks.

– No. Voi ragazzi state tranquilli e cercate di riposare. Ci aspetta una giornata faticosa.

Olivia rimase a guardare, come aveva già fatto Davey, le macchie di sangue sul pavimento.

– C'erano soltanto... due persone?

– Di sopra c'è una ragazza – disse John. – La figlia. L'ho chiusa in camera.

Olivia si avviò verso la scala.

– Dev'essere terrorizzata! – disse, poi l'occhiata di John la fermò.

– Ho già detto che non abbiamo tempo da perdere in cose inutili. Guardate se c'è qualcosa che ci può servire, e non pensate ad altro. Olivia ebbe un attimo di perplessità, poi si diresse verso la cucina. Millicent la seguì. Ann e Mary si fermarono sulla soglia.

– Due donne in cucina sono già troppe. Io e Mary andiamo fuori. Non ci piace l'odore che c'è in questa stanza.

– Fate come volete. Potete anche mangiare fuori, se preferite. Ann non rispose e si allontanò con Mary. Spooks, dopo un attimo di esitazione, le seguì. Gli altri due ragazzi rimasero seduti su un vecchio divano sotto la finestra. Sulla parete di fronte un grosso orologio ticchettava ritmicamente. I ragazzi fissarono per qualche istante i movimenti del pendolo, con i suoi meccanismi visibili sotto la copertura trasparente, poi cominciarono a parlare tra loro a bassa voce. Quando la colazione fu pronta, gli uomini arrivarono con tutto quello che poteva essere utile. Avevano trovato due zaini grandi e uno piccolo, e li avevano riempiti con pezzi di prosciutto, e carne affumicata di maiale e di bue. Misero nei sacchi anche alcune pagnotte fatte in casa. In cima a tutto disposero le cartucce. Avevano trovato anche una borraccia militare. Roger suggerì di portarsi dietro un certo numero di bottiglie, ma John si oppose: quella era una regione ricca di corsi d'acqua, e il peso che dovevano trasportare era già molto.

Finita la colazione, Olivia cominciò a sparecchiare la tavola. Fu solo quando Millicent scoppiò a ridere che John si accorse di ciò che l'altra faceva. Olivia tornò a deporre i piatti sul tavolo, con un certo imbarazzo.

– È inutile lavarli – disse John. – Dobbiamo andarcene immediatamente. Questa è una località isolata, ma tutte le case sono una trappola potenziale. Gli uomini cominciarono a raccogliere le armi e gli zaini.

– E la ragazza? – domandò Olivia.

John la fissò. – Come sarebbe a dire?

– Non possiamo lasciarla... così.

– Puoi andare ad aprire la porta – disse John. – Dille che può anche uscire, se vuole. Adesso non ha più importanza.

– Ma non possiamo lasciarla qui. – Indicò il ripostiglio sotto la scala. –

Con quelli là dentro.

– Cosa suggerisci?

– Di portarla con noi.

– Non diciamo idiozie, Olivia. Sai bene che è impossibile. Olivia lo osservò con espressione decisa. Guardando lei e Roger, John pensò che le crisi provocavano dei curiosi cambiamenti nel comportamento delle persone.

– In questo caso, resto con lei – disse Olivia.

– E Roger? E Steve?

– Se Olivia vuole restare, noi ci fermiamo con lei – disse Roger. – Non hai più bisogno di noi, vero?

– E quando verrà il prossimo visitatore, chi andrà ad aprire la porta? –

domandò John. – Tu, Olivia, o Steve?

Silenzio. L'orologio continuava a ticchettare segnando il passare dei secondi di quel mattino d'estate.

– Perché non portare la ragazza con noi, se Olivia lo desidera? – osservò Roger. – Abbiamo preso anche Spooks. Una ragazza non costituirebbe un pericolo, mi pare.

John lo guardò con rabbia. – Cosa ti fa pensare che voglia venire con noi? Abbiamo appena ucciso i suoi genitori.

– Io credo che verrà – disse Olivia.

– Quanto tempo ti ci vorrà per convincerla? Quindici giorni?

Olivia e Roger si scambiarono un'occhiata.

– Voi andate avanti – disse Roger alla fine. – Vi raggiungeremo con la ragazza, se vorrà venire.

– Mi sbalordisci, Roger – disse John. – Penso che sia inutile farvi notare quanto sia stupido separare le nostre forze in questo momento, vero?

I due non risposero. Pirrie, Millicent e i ragazzi rimasero a osservare in silenzio. John guardò l'orologio.

– Olivia, ti do tre minuti per parlare con la ragazza. Se vuole venire con noi, che venga. Ma non possiamo perdere altro tempo per cercare di convincerla... nessuno di noi. D'accordo? – Olivia fece un cenno affermativo. – Vengo con te – concluse John.

Fece strada su per la scala, girò la chiave della stanza e spalancò la porta. La ragazza era scesa dal letto e si era inginocchiata. Forse in preghiera. John si fece da parte per lasciar passare Olivia. La ragazza li guardò. I suoi occhi sembravano aver perso ogni espressione.

– Vorremmo che tu venissi con noi, cara – disse Olivia. – Andiamo in un posto sicuro in mezzo alle colline. Qui saresti in pericolo.

– La mamma... l'ho sentita gridare, e poi ha smesso.

– È morta – disse Olivia. – E anche tuo padre. Non hai più motivo di restare in questa casa.

– Li avete uccisi – disse la ragazza. Poi guardò John. – È stato lui.

– Sì. Avevano viveri, e noi no. Oggi si uccide per un tozzo di pane. Noi abbiamo vinto, e loro hanno perso. Non possiamo fare diversamente. Però io desidero che tu venga con noi.

La ragazza si voltò e nascose la faccia contro le lenzuola. – Lasciatemi in pace – balbettò. – Andatevene.

John guardò Olivia e scosse la testa. La donna s'inginocchiò accanto alla ragazza e le mise un braccio attorno alle spalle.

– Non siamo gente cattiva – disse con gentilezza. – Vogliamo soltanto salvare noi stessi e i nostri figli. Ecco perché i nostri uomini uccidono, se è necessario. Poi verranno altri uomini ancora più cattivi... che uccideranno per il solo piacere di uccidere. Uomini capaci anche di torturare.

– Lasciatemi in pace – ripeté la ragazza.

– Non li precediamo di molto – continuò Olivia. – Verranno in tanti, da tutte le città, in cerca di cibo. Una casa come questa li attirerà certamente. Tuo padre e tua madre sarebbero morti comunque, e tu con loro. Non mi credi?

– Andate via – disse la ragazza senza alzare la testa.

– Te l'ho detto – disse John. – Non possiamo portarla via contro la sua volontà. Quanto a restare in questa casa con lei... tu stessa hai appena detto che è una trappola mortale.

Olivia si alzò. Sembrava convinta. Ma invece di avviarsi alla porta prese la ragazza per le spalle e la costrinse a girare la testa. Aveva una considerevole forza, e la usò tutta, ma senza brutalità.

– Ascoltami! Tu hai paura, vero? Vero?

Tenne gli occhi fissi in quelli della ragazza; e la ragazza fece segno di sì con la testa.

– Mi credi, se ti dico che ti voglio aiutare?

Ancora un cenno affermativo.

– Tu verrai con noi – disse Olivia. – Attraverseremo i Pennines, e raggiungeremo una località del Westmorland dove saremo al sicuro, dove non ci saranno più uccisioni né altro. – La normale riservatezza di Olivia era completamente scomparsa. Parlava con una forza amara che riusciva a convincere. – Tu verrai con noi. Abbiamo ucciso tuo padre e tua madre, ma se ti portiamo con noi avremo pagato una piccola parte di ciò che dobbiamo loro. I tuoi genitori non vorrebbero che tu facessi la loro stessa fine.

La ragazza continuò a guardarla in silenzio. Allora Olivia si girò verso John.

– Aspetta fuori. Le do una mano a vestirsi. Impiegheremo un paio di minuti.

John si strinse nelle spalle.

– Vado da basso a vedere che tutto sia pronto. Ricordati, solo un paio di minuti.

– Saremo pronte.

Da basso, John vide che Roger stava armeggiando con una piccola radio sulla credenza. Si girò al rumore dei passi di John che scendeva le scale.

– Niente – disse. – Ho cercato sulle stazioni del Nord, della Scozia, del Midland e Londra... niente di niente.

– E l'Irlanda? – domandò John.

– Non sono riuscito a sentirla. Però dubito che la si possa captare da qui.

– Forse l'apparecchio è guasto.

– No. Una stazione l'ho trovata. Non ho capito che lingua fosse. Sembrava centroeuropea. Avevano un tono di voce disperato, anche loro.

– E le onde corte?

– Non ho ancora provato.

– Lasciami tentare. – Roger si fece da parte e John sintonizzò l'apparecchio sulle onde corte, poi cominciò a girare l'indicatore con grande lentezza. Passò tre quarti del quadrante senza trovare niente, poi raccolse una voce, disturbata dalle scariche, ma che parlava inglese. Alzò il volume al massimo.

"... frammentarie, ma tutto indica che l'Europa occidentale abbia cessato di esistere come parte del mondo civile."

L'accento era americano.

– La bandiera a stelle e strisce sventola ancora – disse John a bassa voce.

"Numerosi aerei" continuò lo speaker "sono atterrati ieri sera in diversi aeroporti degli Stati Uniti e del Canada. Per ordine del presidente, a tutti coloro che si trovavano a bordo è stato accordato asilo. Il presidente francese e alcuni membri del suo governo, e le famiglie reali del Belgio e dell'Olanda, sono tra quelli che hanno cercato ospitalità nel nostro paese. Ci riferiscono da Halifax, Nuova Scozia, che la famiglia reale britannica e membri del governo inglese sono arrivati in quella località senza incidenti. La comunicazione informa anche che, secondo il primo ministro britannico Raymond Welling, il rapido crollo della nazione è in gran parte dovuto al diffondersi della voce secondo cui tutti i maggiori centri abitati stavano per essere distrutti con le bombe atomiche, per offrire maggiori garanzie di salvezza a quelli che sarebbero sopravvissuti. Voci, afferma Welling, assolutamente prive di fondamento, ma che tuttavia sono riuscite a creare il panico. Quando gli è stato detto che la Commissione per l'energia atomica aveva registrato nelle ultime ore diverse esplosioni nucleari in Europa, Welling ha risposto di non saperne niente, ma di ritenere possibile che elementi isolati dell'Air Force abbiano adottato misure estreme nella speranza di riconquistare il controllo della situazione."

– Così – commentò Roger – gli sono sfuggite le redini di mano, ha lasciato perdere tutto, e ha tagliato la corda.

– Resterà un mistero insoluto – fece John.

La voce dell'annunciatore continuò: "Il seguente comunicato, firmato dal presidente, è stato diramato a Washington alle ore 9 di questa sera: 'È da prevedere che la nostra nazione finirà col piangere la ricaduta nella barbarie dell'Europa, culla della civiltà occidentale. Non possiamo non essere addolorati e scossi per quanto succede dall'altra parte dell'Atlantico. Tuttavia questo non significa che ci sia pericolo di una identica catastrofe sul nostro continente. Le nostre riserve alimentari sono considerevoli, e, per quanto sia probabile che dal prossimo mese venga adottato un sistema di razionamento, ci sarà sempre cibo a sufficienza per tutti. Col tempo riusciremo a sconfiggere il virus di Chung-Li e a ritornare alla normalità. Fino a quel giorno, spetta a noi preservare, entro i confini del nostro paese, il retaggio della civiltà'.".

– Incoraggiante – fece John con amarezza.

Si girò per guardare Olivia e la ragazza che scendevano le scale. Vestita, la ragazza dimostrava due o tre anni più di Mary. Era una semplice ragazza di campagna, più florida che bella. Guardò le macchie sul pavimento ma non parlò.

– Questa è Jane – disse Olivia. – Viene con noi.

– Bene. Possiamo andare.

La ragazza si rivolse a Olivia. – Potrei... vederli per un'ultima volta?

Olivia ebbe un attimo di esitazione. John pensò ai due cadaveri, buttati uno sopra l'altro.

– No – disse brusco. – Non servirebbe né a te né a loro. E non c'è tempo da perdere.

Pensò che Jane avrebbe protestato, ma quando Olivia la spinse con dolcezza verso la porta, lei si avviò. Si fermò un attimo per guardare un'ultima volta la stanza, poi uscì.

– Andiamo – fece John.

– Ancora una cosa – disse Pirrie.

La voce della radio stava ancora parlando. L'annunciatore leggeva alcune nuove sanzioni contro gli accaparratori di viveri. Pirrie si avvicinò alla credenza e con un movimento secco fece cadere a terra la radio. L'apparecchio si ruppe con uno schianto. Pirrie cominciò a calpestare i pezzi che si erano sparsi sul pavimento. Poi batté con il tacco il groviglio di metallo, fili e frammenti di vetro, fino a ridurre il tutto in piccoli frammenti. Infine sfilò con attenzione il piede dalle macerie e raggiunse gli altri.

Il viaggio, data la presenza dei ragazzi, richiedeva marce brevi. John calcolò che avrebbero impiegato tre giorni. Il primo giorno per uscire dal Wensleydale, il secondo per attraversare la brughiera e arrivare a nord di Sedbergh, e il terzo, finalmente, per raggiungere Blind Gill. Sarebbe stato necessario tenersi nelle vicinanze delle strade principali, con la speranza di poterle percorrere per lunghi tratti. Era poco probabile incontrare ancora traffico. L'esempio di Masham doveva essere stato seguito da quasi tutte le città del North Riding; le automobili dovevano essere scomparse prima ancora di aver potuto raggiungere il Dale.

– Ci potremmo impadronire di biciclette – propose Roger mentre costeggiavano un bosco, diretti verso Coverham. – Che ne dici?

John scosse la testa. – Torneremmo a essere vulnerabili. E dovremmo trovare undici biciclette tutte insieme... altrimenti significherebbe portare qualcuno in canna, o dividere il gruppo.

– E questo non vuoi farlo.

– No.

– Sono felice che Olivia sia riuscita a convincere la ragazza a venire con noi – disse Roger. – Sarebbe stato triste pensarla sola in quella casa.

– Stai diventando sentimentale, Rodge.

– No. – Roger si fermò un attimo per sistemare meglio lo zaino. – Sei tu che ti stai indurendo. Immagino che sia un bene.

– Immagini soltanto?

– No. Hai ragione, Johnny. Deve essere così. Ce la faremo?

– Sì, ce la faremo.

Le case sul loro cammino avevano le porte chiuse e le finestre sbarrate. Se qualcuno continuava ad abitarvi, non dava però segno di vita. Videro meno gente di quanto sarebbe stato normale incontrarne in quella regione, e quando incrociavano altri gruppi, nessuno faceva il tentativo di scambiare qualche parola. Di solito la gente che incontravano cedeva loro il passo perché erano più numerosi. Due sole volte incontrarono gruppi più o meno simili al loro. Il primo era formato da cinque adulti e due bambini piccoli che dovevano essere portati in braccio. I due gruppi si fermarono a guardarsi da lontano, poi ripresero ognuno la propria strada. Il secondo comprendeva una dozzina di persone, tutte adulte, in possesso di parecchi fucili. L'incontro avvenne durante il pomeriggio, pochi chilometri a est di Aysgarth. Evidentemente gli altri erano diretti a sud, verso Bishopdale. Si fermarono in mezzo alla strada a osservare l'avvicinarsi di John e dei suoi compagni.

Quando fu a una ventina di metri dagli altri, John fece cenno ai suoi di fermarsi. I due gruppi si scrutarono per qualche secondo, poi uno degli uomini che avevano di fronte domandò: – Da dove venite?

– Da Londra.

Seguì un mormorio di curiosità ostile.

– Da queste parti c'è già poco per quelli che ci vivono – disse il capo –

senza che arrivino anche i londinesi a depredare.

John non rispose. Si limitò a sollevare il fucile. Roger e Pirrie fecero altrettanto, in silenzio.

– Dove siete diretti? – domandò l'altro.

– Vogliamo attraversare le brughiere e raggiungere il Westmorland.

– Non troverete più di quanto c'è qui. – Guardò i fucili con un luccicore negli occhi. – Se sapete usare le armi, potreste unirvi a noi.

– Le sappiamo usare – disse John – ma preferiamo starcene per conto nostro.

– In questi giorni la sicurezza sta nel numero.

John non rispose.

– Sarà più sicuro anche per i ragazzi.

– Li sappiamo proteggere – disse John.

L'uomo si strinse nelle spalle. Fece un cenno al suo gruppo di riprendere il cammino, e tutti si rimisero in marcia. Ma all'ultimo momento, il capo tornò a girarsi. – Ehi, mister, cosa dicono gli ultimi notiziari? – chiese. Fu Roger a rispondere: – Niente. Solo che il mondo comincia a diventare onesto.

L'uomo scoppiò in una risata. – Bene. Significa che si avvicina il Giorno del giudizio.

Loro rimasero fermi finché l'altro gruppo non scomparve alla vista, poi ripresero il viaggio.

Aggirarono Aysgarth per tenersi alla larga dagli sbarramenti difensivi che si vedevano ormai intorno a tutte le città. Sostarono per riposare sotto il sole del pomeriggio quando erano ancora in vista della città. La valle, un tempo fiorente, era di un colore quasi nero in mezzo al marrone delle colline. I muri di pietra su per i fianchi delle colline segnavano confini diventati inutili. A un certo punto John ebbe l'impressione di vedere una pecora, e scattò in piedi per accertarsene. Ma era soltanto una pietra bianca. Il virus di Chung-Li aveva fatto un lavoro perfetto. Mary si era messa a sedere con Olivia e Jane. I ragazzi, una volta tanto troppo stanchi per scorrazzare, riposavano uno vicino all'altro, e discutevano, a quel che John poteva comprendere dai brani di conversazione, sulla velocità dei motoscafi. Ann si era messa a sedere sotto una pianta, da sola. La raggiunse.

– Ti senti meglio?

– Sto bene.

Aveva l'aria stanca. Lui si chiese quanto fosse riuscita a dormire la notte precedente.

– Ancora due giorni di questa vita, e poi...

Ann concluse la frase: – E poi tutto tornerà normale, noi dimenticheremo ciò che è successo, e ricominceremo la vita dall'inizio. È

questo che volevi dire?

– Non esattamente. Potremo ricominciare a vivere una vita decente, però, e vedremo i nostri figli crescere come esseri umani, e non come selvaggi. Per questo vale la pena di fare qualsiasi cosa.

– E tu lo farai, vero? Il mondo sulle tue spalle.

– Fino a questo momento siamo stati fortunati – disse lui. – Può non sembrare vero, ma è così. Fortunati di essere potuti uscire da Londra, e fortunati di essere arrivati tanto a nord prima che scoppiassero guai peggiori. Questi posti sembrano deserti perché gli abitanti si sono ritirati dietro le difese, e la massa dei fuggiaschi non è ancora arrivata. Ma abbiamo al massimo un giorno di vantaggio, forse anche meno. E quando loro arriveranno...

Guardò le acque dell'Ure. Il paesaggio estivo era strano soltanto per la mancanza del verde tanto familiare. John non voleva credere a ciò che aveva detto, tuttavia sapeva che era la verità.

– ... noi saremo già a Blind Gill – concluse Ann.

– Vorrei essere già arrivato.

– Sono stanca – disse Ann, – e non voglio più parlare, né di questo né di altro. Lasciami riposare, John.

Rimase a osservarla per un momento, poi si allontanò. E nell'andarsene vide Millicent che guardava nella sua direzione da sotto un gruppo d'alberi. I loro occhi s'incontrarono, e lei gli sorrise.

La valle si restringeva in direzione di Hawes, mentre ai suoi fianchi le colline si ergevano ripide, e i muriccioli di confine si fermavano molto prima di raggiungerne le cime. Hawes non sembrava difesa come le altre città. Comunque la evitarono aggirandola a sud, guadando alcuni tributari dell'Ure, che fortunatamente avevano poca acqua in quel periodo dell'anno. Si accamparono, per la notte, all'imbocco della Widdale Gill, in un punto tra la ferrovia e la sponda del fiume. Nelle vicinanze trovarono un campo di patate, e subito si misero a scavare per farne una buona provvista. Olivia le fece bollire con la carne salata che avevano. Jane la aiutò, mentre Millicent diede un mezzo contributo svogliato.

Il sole era calato dietro le colline, ma c'era ancora una discreta luce. John guardò l'orologio. Non erano ancora le otto. Ora legale, non quella di Greenwich. Sorrise alla sottile e assurda distinzione.

Era ancora presto, e i ragazzi non sembravano affaticati. Avrebbe voluto dire di riprendere il cammino, ma era stupido cominciare la scalata alle alture del Mossdale nelle prime ore della sera. Sarebbero potuti invece ripartire il mattino alle prime luci dell'alba. Guardò le donne che preparavano la cena. Pirrie si era messo di guardia lungo la linea ferroviaria.

I ragazzi gli vennero vicino. Fu Davey a parlare. Gli si rivolse con un tono di deferenza, molto diverso dal modo di parlare del figlio al padre. –

Papà, possiamo fare dei turni di guardia anche noi?

John studiò la faccia sveglia del figlio, la figura allampanata di Spooks, e la figuretta di Steve. Erano ancora soltanto dei ragazzi che si divertivano a fare qualcosa di diverso dalla vita normale.

Scosse la testa. – Vi ringrazio per l'offerta, ma possiamo fare da soli.

– Abbiamo studiato come fare, papà. Non ha importanza che non sappiamo sparare. Basta restare svegli e gridare non appena si vede qualcuno. Questo lo possiamo fare.

– Per voi la cosa migliore è quella di mettervi a dormire subito dopo cena. Domani mattina ci alzeremo presto. Abbiamo i monti da scalare. Aveva parlato con calma, e Davey ai vecchi tempi avrebbe cercato con ostinazione di convincere il padre. Adesso si limitò a scuotere la testa rassegnato verso i compagni, poi i tre ragazzi si avviarono alla riva del fiume.

Mangiarono tutti insieme, dato che Pirrie era sceso dalla scarpata e aveva affermato che non si vedeva il minimo movimento. Alla fine della cena, John stabilì i turni di guardia per la notte.

– Non includi anche Jane? – domandò Roger.

In un primo momento John pensò che Roger stesse scherzando, e scoppiò a ridere. Poi si accorse, con sorpresa, che l'amico gli aveva rivolto la domanda con serietà.

– No – disse allora – non questa notte.

Jane sedeva accanto a Olivia. Non si era mossa dal suo fianco per tutta la giornata. John le aveva viste parlare insieme, e a un certo punto aveva anche sentito Jane ridere. Ora la ragazza si era girata e osservava i due uomini senza comprendere.

– Non vuoi ucciderci mentre dormiamo, vero, Jane? – le chiese Roger. Lei scosse solennemente la testa.

– Comunque, meglio non dartene occasione – disse John.

La ragazza si voltò di scatto. Ma per imbarazzo, non per odio.

– Ann farà il primo turno – disse John. – Tutti gli altri possono andare a dormire. Voi ragazzi spegnete bene il fuoco.

Roger lo svegliò e gli passò il fucile da caccia. John si alzò in piedi, irrigidito, e si massaggiò le gambe. La luna accendeva di riflessi le acque del fiume e disegnava le ombre delle persone distese sul terreno.

– Fa abbastanza caldo, grazie al cielo – fece Roger.

– Qualcosa da riferire?

– E cos'altro, a parte i fantasmi?

– Fantasmi? – domandò John.

– Sì, una breve traccia, e del tipo più banale. Un treno fantasma. Mi è sembrato di sentirlo fischiare in lontananza, poi, per circa dieci minuti, giurerei di averlo sentito sferragliare.

– Potrebbe esser stato veramente un treno – disse John. – Un macchinista avrebbe potuto rubare una locomotiva per tentare la fuga per ferrovia. Comunque, tutto sommato, mi sembra abbastanza impossibile.

– Preferisco pensare che si tratti di un treno fantasma. Stracarico di tutti i fantasmi degli uomini del Dale che vanno al mercato, oppure vagoni merci fantasma che trasportano il carbone estratto dalle colline. Mi chiedevo, per quanto tempo le linee ferroviarie resteranno ancora riconoscibili come linee ferroviarie? Vent'anni, trenta? E per quanto tempo gli uomini ricorderanno che una volta esistevano dei mezzi di trasporto che si chiamavano treni? Racconteremo ai nostri nipoti delle favole in cui si parla di mostri di metallo che mangiano carbone e soffiano il fumo?

– Va' a riposare – disse John. – C'è tempo per pensare ai pronipoti.

– Fantasmi – disse Roger. – Ho visto fantasmi che mi stavano attorno. Tutti i fantasmi dei miei discendenti, tutti blu e viola... John non rispose e si avviò su per la scarpata. Quando raggiunse il suo posto di guardia e abbassò gli occhi, Roger si era sdraiato per terra, e con tutta probabilità stava già dormendo.

Dalla sua posizione doveva controllare tutti e due i lati della linea ferroviaria, ma il lato rivolto verso nord era il più importante, dato che da quella parte c'era la strada statale. John si mise a sedere, accese una sigaretta, e cominciò a fumare tenendo la brace nascosta nel palmo della mano, in modo che nessuno potesse notare il barlume rosso. Veniva naturale ricorrere ai vecchi trucchi della vita militare in una situazione che presentava tanti punti analoghi.

Guardò il piccolo cilindro bianco che stringeva tra le dita. Quella del fumo era un'abitudine che sarebbe scomparsa, ma era inutile rinunciare prima di esserci costretto. Quanto tempo sarebbe trascorso prima che spedizioni americane raggiungessero i porti dimenticati per spingersi verso l'interno, distribuendo carne in scatola e sigarette, e seminare un tipo di vegetazione immune dal virus? Nei piccoli capisaldi come Blind Gill, in quei posti dove avrebbero trovato rifugio i superstiti della nazione inglese, questa attesa sarebbe diventata il sogno di tutti, una favola. Una leggenda, che avrebbe magari spinto i nuovi barbari ad affrontare l'oceano, e scoprire una terra bruciata e arida quanto la loro.

Non credeva che all'umanità restasse la possibilità di salvarsi all'ultimo minuto. Prima la Cina, poi l'Asia, e alla fine l'Europa. Il resto del mondo avrebbe subìto la stessa sorte, per quanto incredibile potesse sembrare. La natura stava passando lo straccio sulla lavagna della storia umana, lasciandola a disposizione dei patetici scarabocchi di pochi individui sopravvissuti sparpagliati qua e là per il globo.

Sentì un fruscio alle sue spalle e si spostò cautamente per vedere cosa succedeva. Quando raggiunse il bordo della scarpata scorse una figura esile che si arrampicava verso di lui. Era Millicent. La donna gli tese la mano, e lui la aiutò a superare l'ultimo metro.

– Che diavolo stai facendo? – le chiese.

– Shhh... Sveglierai tutti. – Guardò in basso, verso il gruppo addormentato, poi andò verso il posto di guardia. John la seguì. Era quasi certo del significato di quella visita. E la sfrontatezza di Millicent gli fece salire il sangue alla testa.

– Il tuo turno è fra un paio d'ore. Ti conviene tornare indietro e cercare di dormire. Domani sarà una giornata dura.

– Hai una sigaretta? – John ne prese una dal pacchetto e gliela porse. – E

da accendere?

– Non mi sembra una buona idea far vedere delle luci – disse John. –

Quando aspiri, tieni la sigaretta nascosta dietro il palmo della mano.

– Tu sai sempre tutto, vero?

Si piegò per accendere la sigaretta alla fiammella dell'accendisigari che John teneva nascosto tra le mani. I capelli neri della donna luccicavano sotto i raggi della luna. In quel momento John si accorse di non stare affrontando la situazione nel modo migliore. Era stato un errore accondiscendere alla sua richiesta, avrebbe dovuto rimandarla immediatamente a dormire. Millicent si rialzò tenendo la sigaretta nascosta dietro la mano.

– Posso fare anche a meno di dormire – disse. – Mi ricordo un week-end in cui, dal venerdì al lunedì, ho dormito meno di tre ore. E sono sempre rimasta fresca come una rosa.

– Non c'è bisogno di vantarsene. Ce l'hai scritto in faccia.

– Davvero? – Una pausa. – Cos'è successo ad Ann?

– Lo sai benissimo – disse John gelido. – Immagino che a te non sarebbe importato niente... né di quello che le è successo, né di quello che lei ha fatto dopo.

– C'è qualcosa di buono nel non avere ideali molto elevati – disse Millicent con indulgenza. – È poco probabile che si perda la testa quando ci si imbatte in qualcosa di brutto... tanto causato da altri quanto da se stessi.

John aspirò una boccata dalla sigaretta.

– Non voglio parlare di Ann. E non voglio avere complicazioni con te, è chiaro? Pensavo che l'avresti capito da sola. A parte ogni altra considerazione, questo non è il momento per le faccende di cuore.

– Quando si vuole qualcosa, è sempre il momento di averla.

– Ti sbagli. Io non voglio niente.

Millicent rise. Poi riprese a parlare con voce bassa e un po' rauca. – Non facciamo i ragazzini – disse. – Posso anche sbagliarmi, ma non su cose di questo genere.

– Credi di sapere meglio di me quello che penso?

– Non ne sarei sorpresa. Ti dirò una cosa, Grande Capo: se fosse stata Olivia a farti questa visita, l'avresti rimandata indietro senza perdere tanto tempo in chiacchiere. E poi, perché ti sei messo a parlare sottovoce? Temi che qualcuno si possa svegliare?

Non si era accorto di aver abbassato la voce. Riprese subito a parlare con voce più alta. – Faresti meglio a tornare con gli altri, Millicent. Lei rise di nuovo. – Cosa c'è di irragionevole nel non voler svegliare la gente? Non credo che gli altri possano fare a meno del sonno, come me. Ti arrabbi troppo facilmente.

– D'accordo. Non ho nessuna voglia di mettermi a discutere. Ora torna con gli altri e dimentica tutto.

– Come desideri. – Lasciò cadere la sigaretta e la schiacciò con un piede.

– Ma prima voglio fare una prova di accensione. Se non scatta la scintilla, me ne andrò subito a dormire, come una brava ragazzina ubbidiente. Gli si avvicinò.

– Non fare la stupida, Millicent.

– Che c'è di male in un bacio della buonanotte? – disse lei fermandosi di fronte a John. Poi si lasciò andare tra le sue braccia. O sorreggerla o lasciarla cadere. La sorresse. Era molto calda, e molto più morbida di quanto avesse sospettato. Si sfregò leggermente contro di lui.

– Prova di accensione soddisfacente, mi pare – disse Millicent. Si girarono insieme al rumore di alcune pietre smosse. Una figura comparve sul terrapieno di fronte a loro.

Pirrie batté una mano sul fucile che teneva sottobraccio. – Malgrado questo impiccio, a momenti vi coglievo di sorpresa. Non fa buona guardia, signor Custance.

Millicent si staccò da John. – Cosa ti salta in mente, di andare in giro nel cuore della notte?

– E se facessi la stessa domanda a te?

– Credevo che esserti goduto lo spettacolo l'ultima volta che mi hai spiato ti fosse bastato – disse lei con disprezzo. – O è così che ti diverti adesso?

– Le numerose ultime volte – disse Pirrie – mi sono adattato alla situazione come a un male minore. Devo concederti che sei stata molto discreta. Qualsiasi mio intervento avrebbe reso pubblico che ero un cornuto, cosa che ho sempre cercato di evitare.

– Non preoccuparti – disse Millicent – continuerò a essere discreta. John s'intromise. – Pirrie, tra me e sua moglie non è successo niente. E

continuerà a non succedere niente. La sola cosa che mi interessa è portarvi sani e salvi a Blind Gill.

– La mia naturale inclinazione – disse Pirrie meditando – è sempre stata quella di ucciderla, ma in una società normale l'omicidio è un rischio troppo grande. Ho sempre fatto dei piani, e anche buoni, ma non li avrei mai messi in atto.

– Henry – disse Millicent – non cominciare a fare lo stupido. Nel chiarore della luna, John vide Pirrie alzare una mano e toccarsi il naso. Ebbe uno scatto. – Adesso basta!

Con molta calma Pirrie tolse la sicura al fucile. John sollevò la doppietta.

– No – disse Pirrie – la abbassi. Sa benissimo che sono molto più abile di lei. Non voglio trovarmi costretto a fare cose che non desidero. John abbassò il fucile. Si sentì ridicolo ad aver ripescato dalla memoria la storia di Paolo e Francesca.

– Mi sono lasciato prendere la mano. Era solo uno sfogo, vero? Se avesse davvero voluto liberarsi di Millicent, niente le impediva di lasciarla a Londra.

– Molto acuto – disse Pirrie – ma fuori luogo. Ricordi che, pur essendomi unito al vostro gruppo, l'ho fatto con tutte le riserve sull'attendibilità della storia raccontata da Buckley. Ho voluto aiutarvi a rompere i cordoni della polizia perché ci tengo molto alla mia libertà d'azione. Ecco tutto.

– Continuate pure a discutere, voi due – disse Millicent – io torno a dormire.

– No – fece Pirrie – resta dove sei. Esattamente dove sei. – Toccò la canna del fucile, e lei si fermò di colpo. – Devo ammettere di aver preso seriamente in considerazione, per un attimo, l'idea di lasciare Millicent a Londra. Una delle ragioni per cui non l'ho fatto è stata la certezza che, se si fosse verificata solo una catastrofe civile, Millicent avrebbe risolto il problema offrendo i suoi servizi al capobanda locale. Non mi andava di lasciarla prosperare in quella che per lei sarebbe stata una carriera piena di successi.

– Che importanza avrebbe avuto?

– Non sono tipo da subire le umiliazioni con leggerezza. In me ci sono degli impulsi che qualcuno potrebbe definire primitivi. Mi dica, Custance... siamo tutti d'accordo sul fatto che le leggi di questo paese hanno cessato di esistere?

– Se esistessero ancora, finiremmo tutti sulla forca.

– Esatto. Ora, se cessano le leggi dello Stato, cosa rimane?

– Le leggi del clan... per la sua sopravvivenza – rispose John prudentemente.

– E della famiglia.

– All'interno del clan. Le necessità del gruppo vengono prima.

– E quelle del capofamiglia?

Millicent cominciò a ridere nervosamente, in modo quasi isterico.

– Divertiti pure, cara – continuò Pirrie. – Mi piace vederti felice. Allora, Custance? L'uomo è sempre a capo del suo gruppo familiare... Siamo d'accordo?

Quella logica pazza poteva portare a una sola conclusione.

– Sì, all'interno del gruppo – disse John, poi ebbe un attimo di esitazione. – Qui sono io che comando. L'ultima parola è la mia. Gli parve che Pirrie sorridesse, ma nella penombra non riuscì a esserne certo.

– L'ultima parola è la sua –disse Pirrie, battendo una mano sul fucile. –

Se volessi, potrei distruggere il gruppo. Sono un marito infuriato, Custance, forse perché geloso, forse perché orgoglioso. Sono deciso ad avvalermi dei miei diritti. Spero che non mi ostacolerà, perché non vorrei mettermi contro di lei.

– Conosce la strada per Blind Gill – disse John – ma potrebbe incontrare delle difficoltà a entrarci, senza di me.

– Ho un ottimo fucile e lo so usare. Penso che troverei un buon impiego con molta facilità.

Ci fu una pausa. Nel silenzio si levò all'improvviso il trillo di un uccello. Con sorpresa, John riconobbe il canto dell'usignolo.

– Allora – disse Pirrie – mi riconosce i miei diritti?

Millicent si mise a gridare: – No! John, fermalo! Non può fare una cosa simile, sarebbe disumano. Henry, ti prometto...

– Di cambiare vita? – fece Pirrie. – Queste smancerie mi fanno ridere. Custance! Posso prendere ciò che mi spetta?

La luna illuminò la canna del fucile puntata su John. E John ebbe improvvisamente paura, non solo per sé, ma per Ann e i bambini. Non aveva dubbi che Pirrie fosse implacabile. Il solo dubbio stava nello stabilire fino a che punto la sua implacabilità, se provocata, lo avrebbe portato.

– Prenda ciò che le spetta – disse.

Con voce tremante e irriconoscibile, Millicent gridò: – No! Non qui... Si lanciò verso Pirrie inciampando nelle rotaie. Lui aspettò che gli fosse quasi davanti prima di sparare. Il corpo di Millicent fu sbattuto indietro dall'impatto con il proiettile, e ricadde in mezzo ai binari. Le colline rimandarono l'eco dello sparo.

John attraversò i binari passando vicino al corpo della donna. Pirrie aveva abbassato il fucile. John gli andò accanto e guardò in basso. Lo sparo aveva svegliato tutti.

– Non è successo niente – gridò John. – Rimettetevi a dormire. Non preoccupatevi.

– Non era uno sparo del tuo fucile – gridò Roger. – C'è Pirrie con te?

– Sì. Tornate a dormire. È tutto a posto.

Pirrie si girò verso John. – Penso che convenga anche a me dormire un po'.

– Prima di tutto dovrà darmi una mano – disse John secco. – Non possiamo lasciarla qui, perché le donne ci possano meditare sopra mentre fanno il loro turno di guardia.

Pirrie fece un cenno affermativo. – Il fiume?

– Troppo poco profondo. Probabilmente rimarrebbe impigliata nel punto in cui la buttiamo. Non credo che sia una buona idea inquinare la nostra riserva d'acqua. Possiamo portarla più lontano e farla rotolare dall'altra parte del terrapieno.

Trasportarono il corpo per circa duecento metri. Era leggero, ma camminare lungo i binari non era agevole. John si sentì sollevato quando venne il momento di gettare il corpo dalla scarpata. C'erano dei cespugli sul fondo, e il corpo vi piombò dentro.

Nel chiarore della luna si poteva scorgere solo la macchia bianca della camicetta di Millicent. Nient'altro.

John e Pirrie tornarono indietro senza parlare. Quando raggiunsero il punto scelto per montare di sentinella, John disse: – Può andare, adesso. Dirò a Olivia di svegliarla quando verrà il momento del turno di guardia di vostra moglie. Nessuna obiezione, immagino?

– No, certo. Farò come vuole – disse Pirrie. Poi infilò il fucile sotto il braccio. – Buonanotte, Custance.

– Buonanotte.

Guardò Pirrie scendere la scarpata verso quelli che dormivano. Forse aveva commesso uno sbaglio. Forse avrebbe potuto salvare la vita di Millicent.

Ma con sua sorpresa si accorse che il pensiero non lo tormentava. 9

Il mattino seguente erano tutti alquanto depressi. John riferì che Pirrie aveva sparato alla moglie. Fece però credere che si fosse trattato di una disgrazia. A Roger raccontò invece com'erano andate esattamente le cose.

– Più freddo di un serpente – disse Roger scuotendo la testa. – Ci siamo portati dietro un bell'elemento.

– Già – fece John.

– Credi che avrai delle noie con lui?

– No, finché gli lascio fare ciò che vuole. Fortunatamente non ha molte ambizioni. Si riteneva soltanto in diritto di uccidere la moglie. Ann lo raggiunse poco più tardi, mentre lui si stava lavando al fiume. Gli si fermò accanto e fissò gli occhi sulle acque che scorrevano. Il sole illuminava la valle, ma sopra di loro si stavano ammassando grosse nuvole compatte. – Dove avete messo il suo corpo? – chiese. – Prima che mandi i ragazzi a lavarsi.

– È abbastanza lontano. Puoi farli venire qui senza paura. Lei lo fissò con uno sguardo privo di espressione. – Puoi benissimo dirmi cos'è successo. Pirrie non è il tipo che sbaglia a maneggiare un fucile, o che uccide senza una ragione.

Le raccontò i fatti di quella notte, senza nascondere niente.

– Cosa sarebbe successo se Pirrie non fosse comparso in quel preciso momento?

John si strinse nelle spalle. – L'avrei rimandata indietro. Cos'altro ti posso dire?

– Niente, immagino. Ormai non ha più importanza. – A un tratto domandò: – Perché non l'hai salvata?

– Impossibile. Pirrie aveva deciso di ucciderla. E avrebbe sparato anche su di me senza esitare.

– Tu sei il capo – disse Ann con amarezza. – Sceglierai sempre di startene da parte, mentre gli altri si uccidono a vicenda?

John le rispose in tono gelido: – Ho pensato che per te e i ragazzi la mia vita potesse valere più di quella di Millicent. E continuo a pensarlo, che tu sia d'accordo o no.

Per un attimo rimasero a guardarsi in silenzio. Poi Ann gli andò vicino, e lui la strinse tra le braccia.

– Scusami – mormorò lei. – Sai che non è ciò che volevo dire. Ma ci troviamo in una situazione orribile, che continua a peggiorare. Uccidere sua moglie in quel modo... che tipo di vita avremo?

– Quando saremo a Blind Gill...

– Avremo Pirrie sempre con noi? Oh, John, è proprio necessario? Non possiamo... perderlo da qualche parte?

– Ti tormenti troppo – disse John in tono affettuoso. – Pirrie è abbastanza ossequiente agli ordini. Credo che odiasse Millicent da molti anni, e tutto il sangue degli ultimi giorni gli ha dato alla testa. Ma nella valle sarà tutto diverso. Avremo le nostre leggi e un nostro ordine. Pirrie si conformerà.

– Ne sei convinto?

Le accarezzò le braccia. – E tu, come ti senti ora? Più sollevata?

– Più sollevata... sì – disse lei. – Immagino che ci si abitui a tutto, anche ai ricordi.

Alle sette erano di nuovo tutti insieme, pronti a partire. Le nuvole mostravano squarci di azzurro, ma si erano spinte fino all'orizzonte, tanto da nascondere il sole.

– Poco promettente – disse Roger.

– Meglio che non faccia troppo caldo – disse John. – Comincia la scalata. Tutti pronti?

– Vorrei che Jane venisse con me – disse Pirrie.

Si girarono tutti di scatto. La richiesta era tanto assurda da sembrare priva di significato. John non aveva ritenuto necessario che il gruppo si disponesse in un ordine particolare, e ognuno camminava a fianco di chi capitava. Jane si era automaticamente messa vicino a Olivia.

– Perché? – domandò John.

Pirrie guardò tutti a uno a uno. – Forse avrei dovuto esprimermi in un altro modo. Ho deciso che mi piacerebbe sposare Jane, se l'espressione conserva ancora il suo significato.

Olivia reagì con energia insolita: – Non sia ridicolo. È fuori discussione.

– Non vedo che impedimento ci sia – disse Pirrie. – Lei non è sposata, e io sono vedovo.

John si accorse che la ragazza stava fissando Pirrie a occhi spalancati. Ma era impossibile capire cosa stesse pensando.

– Signor Pirrie – disse Ann – questa notte ha ucciso sua moglie. Non le sembra un impedimento sufficiente?

I ragazzi guardavano la scena stupefatti. Mary girò la testa. Era stupido, pensò John, immaginare che quello fosse un mondo in cui si potesse conservare una qualsiasi forma di innocenza.

– No – disse Pirrie – non mi sembra che sia un impedimento.

– Ha anche ucciso il padre di Jane – intervenne Roger.

– Una triste necessità. Sono sicuro che Jane si è ormai rassegnata.

– Consiglio di lasciare le cose come stanno, Pirrie – disse John. – Jane adesso conosce le sue intenzioni. Ci rifletterà un giorno o due.

– No! – Pirrie stese una mano. – Vieni, Jane.

Jane rimase ferma, sempre con gli occhi fissi su di lui.

– La lasci in pace – disse Olivia. – Non la tocchi. Ha già combinato abbastanza, senza aggiungere anche questo.

Pirrie non le fece caso. – Vieni, Jane – ripeté. – Io non sono giovane né bello. Ma posso badare a te. È più di quello che molti giovani potrebbero fare in queste circostanze.

– Badare a lei o ucciderla? – chiese Ann.

– Millicent mi è stata infedele troppe volte, e stava tentando di farlo di nuovo. È la sola ragione per cui è morta.

Ann lo guardò incredula. – Parla come se le donne fossero delle bestie al guinzaglio!

– Mi spiace che la pensi così – disse Pirrie. – Jane! Vieni con me. Rimasero in silenzio a guardare Jane che lentamente andava verso Pirrie. L'uomo le strinse le mani nelle sue. – Penso che noi due andremo d'accordo – disse.

– No, Jane... non farlo! – esclamò Olivia.

– Ora – disse Pirrie – è meglio muoverci.

– Roger, John – disse ancora Olivia – non potete permetterlo!

Roger e John si guardarono.

– Credo che la cosa non ci riguardi – disse John alla fine.

– E se si fosse trattato di Mary? – domandò Olivia. – Jane ha gli stessi nostri diritti.

– Stiamo perdendo tempo, Olivia. Oggi viviamo in un mondo diverso. La ragazza è andata da Pirrie di sua spontanea volontà. Non c'è nient'altro da dire. Andiamo.

Ann si mise a fianco del marito che camminava lungo i binari. Di fronte a loro la valle si restringeva rapidamente; a nord, la strada faceva una svolta nella loro direzione.

– C'è qualcosa di mostruoso in Pirrie – disse Ann. – È cinico e brutale. Mi sembra uno sbaglio lasciare una ragazza così giovane nelle sue mani.

– È andata da lui spontaneamente.

– Perché aveva paura. Quell'uomo è un assassino.

– Lo siamo tutti.

– Non nello stesso modo. Tu non hai fatto nessun tentativo per impedire una cosa del genere. Tu e Roger avreste potuto fermarlo. Non si trattava più di una sua questione privata con Millicent. Ed eravate entrambi a pochi passi da lui.

– E lui aveva il fucile in sicura. Avremmo potuto sparargli tranquillamente.

– Allora, perché... ?

– Se ci fossero state dieci Jane, e lui le avesse volute tutte, gliele avrei lasciate prendere. Pirrie ci è più utile di quanto non lo sarebbero dieci ragazze.

– E se si fosse trattato di Mary... come ha detto Olivia?

– Pirrie mi avrebbe sparato prima di entrare in argomento. Anche questa notte avrebbe potuto farlo, con estrema facilità. Può darsi che io sia il capo, ma restiamo uniti per mutuo consenso. Non ha importanza che questo consenso sia ispirato dalla paura o meno: finché resiste, è valido. Pirrie e io non abbiamo intenzione di spaventarci l'un l'altro. Ognuno di noi sa quanto l'altro gli sia necessario. Togliere di mezzo uno di noi, potrebbe significare non raggiungere la valle.

– E quando saremo arrivati, avrai la forza di importi su Pirrie? –

domandò Ann.

– Aspettiamo di essere arrivati. Nel frattempo... – sorrise, e Ann se ne accorse.

– Cosa?

– Non penso che Jane sia il tipo di ragazza che rimane impaurita a lungo. Si scuoterà alla svelta. Dopodiché, non mi fiderei a farle fare dei turni di guardia notturni. Pirrie ha detto di volerla "sposare". È un uomo molto sicuro di sé, ma si è già sbagliato con una moglie.

– Anche se lei non avesse voluto, cos'altro avrebbe potuto fare? Non sarà bello, ma è forte.

– Ci penserete tu e Olivia, vero? Siete voi che tenete i coltelli. Lei lo fissò cercando di capire se avesse parlato seriamente.

– Ma non prima di arrivare alla valle – soggiunse John. – In ogni caso, fino a quel momento lei dovrà andarci d'accordo.

Mentre si arrampicavano verso Mossdale Head, il cielo si oscurò completamente e cominciò a piovere. Più in alto la pioggia aumentò, e quando raggiunsero la vetta videro che dall'altra parte il cielo era nero di nuvole temporalesche. Negli zaini avevano quattro impermeabili di plastica, e John li fece indossare alle donne. I ragazzi avrebbero dovuto abituarsi ad avere gli abiti bagnati. Per quanto la temperatura fosse inferiore a quella dei giorni precedenti, la giornata era però abbastanza calda.

La pioggia continuò ad aumentare di intensità, e in capo a mezz'ora uomini e ragazzi erano completamente inzuppati. John aveva attraversato altre volte i Pennines, ma sempre in macchina. Il passo gli aveva sempre dato un senso di isolamento, l'impressione di trovarsi in una zona abbandonata, nonostante la strada e la linea ferroviaria che correvano una accanto all'altra.

Ora quella sensazione era ingigantita. C'erano poche cose, tristi quanto i binari su cui non sarebbero più passati i treni. Il paesaggio, che visto da una macchina in corsa sembrava monotono, per gente a piedi, che arrancava sotto gli scrosci della pioggia, diventava di una tristezza esasperante. I pendii erano più spogli che mai. L'erica cresceva ancora, ma tutta l'altra erba era scomparsa. Gli speroni di roccia spuntavano dal terreno nudi come i denti di un teschio.

Durante la mattinata incontrarono piccoli gruppi che andavano nella direzione opposta. Ancora una volta si guardarono con sospetto e cercarono di evitarsi. Videro tre persone che avevano legato tutto ciò che possedevano sul dorso di un somarello. John e gli altri guardarono stupiti la bestia. Probabilmente l'avevano tenuta in vita con foraggio secco, dopo che tutto l'altro bestiame era stato ucciso. Una volta lontano dalla stalla avrebbe finito col morire.

– Una variante alla vecchia tecnica dei cani da slitta – disse Roger. – Li si sfrutta il più possibile, e poi li si mangia.

– Una grossa tentazione per qualsiasi altro gruppo che incontreranno, non credi? Sono sicuro che non andranno molto lontano – disse John.

– Potremmo prenderlo noi – suggerì Pirrie.

– No. Non ne varrebbe la pena, in ogni caso. Abbiamo cibo a sufficienza, e dovremmo arrivare a Blind Gill domani. Sarebbe un peso inutile.

Poco dopo Steve cominciò a zoppicare. Un rapido esame rivelò che aveva una ferita al calcagno.

– Steve! – disse Olivia – perché non hai detto che ti eri fatto male?

Il ragazzo guardò le facce degli adulti che lo stavano osservando, e cominciò a piangere.

– Non c'è niente da piangere, ometto – disse Roger. – Una ferita al calcagno è una seccatura, ma non è la fine del mondo.

Non erano i normali singhiozzi di un ragazzo. Ci si sentiva un'esperienza più sviluppata di quella di un bambino. Balbettò qualcosa, e Roger si piegò verso Steve per afferrare le parole. – Che hai, Steve?

– Se non posso camminare, voi mi abbandonerete.

Roger e Olivia si guardarono.

– Nessuno pensa di abbandonarti – disse Roger. – Come diavolo ti è venuta in mente un'idea del genere?

– Il signor Pirrie ha abbandonato Millicent.

John intervenne: – Meglio non farlo camminare. Peggiorerebbe la ferita.

– Lo porto io – disse Roger. – Spooks, mi tieni tu il fucile?

– Con piacere.

– Porteremo Steve a turno io e te, Rodge – disse John.

– Ce la faremo benissimo. Meno male che è un pulcino.

– Faremo i turni io e Roger – disse Olivia. – È nostro figlio. Dobbiamo portarlo noi. – Era la prima volta che Olivia rivolgeva la parola a John dopo la storia di Jane e Pirrie.

– Olivia... sono io che do le disposizioni. Lo porteremo io e Roger. Tu ti occuperai dello zaino di chi avrà Steve sulle spalle.

La donna rimase immobile a fissarlo per un attimo, poi si allontanò.

– Bene, montami in spalla – disse Roger al figlio.

Immediatamente il loro procedere si fece più veloce, dato che Steve aveva agito da freno, ma John non si lasciò ingannare. Portare qualcuno in spalla, anche se si trattava di un ragazzo, avrebbe aumentato le loro difficoltà. Continuarono il cammino finché ebbero oltrepassato Garsdale, poi si fermarono per il pranzo.

Il vento era cessato, ma la pioggia continuava a cadere con sempre maggiore insistenza. John lanciò un'occhiata in giro al paesaggio sconsolante.

– Nessuno di voi ha visto qualche grotta con dentro una catasta di legna?

Immagino di no. Oggi si mangia un pranzo freddo, e sotto la pioggia. Comunque potremo riposare un po' le gambe.

– Non potremmo mangiare in un posto riparato? – chiese Ann. John seguì lo sguardo della moglie. A una cinquantina di metri dalla strada c'era una piccola casa.

– Potrebbe essere vuota – disse. – Ma dovremmo andare ad accertarcene. E potremmo scoprire che non è affatto abbandonata. Non m'importa correre dei rischi quando si tratta di andare a prendere qualcosa di indispensabile, come i viveri, ma non ne vale la pena per mezz'ora di sosta.

– Davey è inzuppato.

– In mezz'ora non riusciresti ad asciugargli i vestiti. E non possiamo fermarci di più. – Poi disse al ragazzo: – Tutto bene, Davey? Marcio fino alla punta dei piedi?

Lui annuì. – Piove a dirotto...

– Allora prova a dir nove!

Davey fece del suo meglio per ridere alla vecchia battuta. John gli passò una mano tra i capelli fradici. – Sei in gamba, figlio mio. A ovest di Garsdale si stendeva una piccola pianura che sotto la pioggia fitta si era trasformata in un lago di fango da cui spuntavano qua e là delle fattorie. Guardarono in basso verso Sedbergh, situata in mezzo alle colline, in una valle oltre il Rawthey. Era incappucciata da una nuvola di fumo che il vento portava verso la brughiera. Sedbergh stava bruciando.

– Saccheggiatori – disse Roger.

John puntò il cannocchiale sulla città. – Stiamo per incrociare quelli che fuggono da nord-ovest. Una seccatura. Pensavo che questa regione fosse tranquilla.

– Sarebbe consigliabile tagliare direttamente a nord e continuare sulle montagne. Sulle alture non dovrebbe esserci pericolo – disse Roger.

– Quando una città come quella viene saccheggiata – disse Pirrie – è probabile che le valli attorno brulichino di gente. Non sarà facile continuare il cammino.

John diresse il cannocchiale verso l'imbocco della valle che dovevano percorrere. Vide del movimento, ma non riuscì a capire di cosa si trattasse. Avrebbero potuto dirigersi su Kendal, ma anche in questo caso dovevano percorrere la valle del Lune. Ma poi, se Sedbergh era caduta, perché sperare che Kendal fosse ancora salva?

Pirrie lo guardò con aria pensosa. – Se posso dare un consiglio, penso che siamo troppo poco armati, per quello che può capitare. Quelli dell'asino... avremmo potuto impossessarci di altri due o tre fucili, oltre all'animale. Non credo che si siano messi in viaggio disarmati.

– Forse la situazione non è disperata quanto sembra – disse Roger. – In ogni caso dobbiamo tentare.

John guardò verso la confluenza delle valli e dei fiumi. – Non so. Potremmo andare incontro a qualcosa che non siamo in grado di affrontare. E allora potrebbe essere troppo tardi.

– Ma non possiamo restare qui – disse Roger. – Né tornare indietro. Quindi ci conviene andare avanti.

John si girò verso Pirrie. Nel farlo si rese conto che, per quanto Roger fosse un amico, lui considerava Pirrie come suo luogotenente. Era sulla freddezza e sul discernimento di Pirrie che contava. – Secondo me non abbiamo bisogno soltanto di fucili. Se vogliamo raggiungere Blind Gill, è necessario formare un gruppo più numeroso. Che cosa ne pensa?

Pirrie fece un cenno affermativo. – Sono d'accordo. Tre uomini non sono più un numero adeguato per la difesa.

– E cosa facciamo, allora? – domandò Roger impaziente. – Sventoliamo un cartello con la scritta: "Si arruolano volontari"?

– Suggerisco di fermarci qui – disse John. – Siamo ancora sul passo, e possiamo incontrare dei gruppi che vanno da una parte o dall'altra dei monti. È poco probabile che siano saccheggiatori. Quelli se la stanno spassando in città.

Guardarono verso la valle. Anche sotto la pioggia aveva qualcosa di pittoresco. E anche sotto la pioggia le case continuavano a bruciare.

– Potremmo tendere delle imboscate ai gruppi che arrivano – disse Pirrie, pensoso. – Cento metri più indietro c'è un punto in cui ci si può tenere nascosti.

– Siamo in pochi per un'impresa del genere – disse John. – E abbiamo bisogno di volontari. Se hanno armi, poi dovremmo restituirle.

– E quindi? – incalzò Roger. – Ci accampiamo sul lato della strada?

– Sì – disse John. Guardò i suoi compagni coperti di fango. – Speriamo di non dover aspettare troppo.

Dovettero aspettare più di un'ora, e il primo incontro fu una delusione. Videro un piccolo gruppo di persone che risaliva faticosamente dalla valle. Quando furono più vicini distinsero che erano in otto. Quattro donne, due bambini (un maschio di circa otto anni, e una bambina di quattro o cinque) e due uomini. Spingevano due carrozzine cariche di utensili. Quando si trovarono a una cinquantina di metri, una casseruola cadde e rotolò rumorosamente giù per la discesa. Una delle donne si staccò dal gruppo per andarla a riprendere.

I due uomini, come le loro donne, avevano un aspetto trasandato e parevano in pessime condizioni. Uno dei due doveva aver superato di parecchio i cinquant'anni; l'altro, benché fosse più giovane, era alquanto gracile.

– Credo che non abbiano niente di utile per noi – disse Pirrie. Lui, Roger e John si erano fermati sul ciglio della strada, con le armi in mano. Le donne e i bambini si erano andati a sedere su un muricciuolo di pietre poco lontano.

John scosse la testa. – Infatti. Al massimo il bambino potrebbe avere una pistola ad acqua.

Il gruppo in avvicinamento si fermò quando vide i tre uomini fermi in cima alla collina. Ma dopo qualche mormorio e una rapida occhiata verso la valle in fiamme, ripresero il cammino, con un'espressione più evidentemente impaurita. L'uomo più anziano apriva la marcia, cercando di sembrare disinvolto, ma senza molto successo. La bambina cominciò a piangere, e una delle donne le diede uno strattone, terrorizzato e furtivo, quasi temesse che il pianto potesse tradire la loro presenza. Mentre passavano davanti a loro in silenzio, John pensò a quanto naturale sarebbe stato, solo pochi giorni prima, lo scambio di un saluto. E

quanto innaturale sarebbe apparso in quel momento.

– Fin dove pensi che possano arrivare? – chiese Roger.

– Non so. Forse fino al Wensleydale. Possono anche sopravvivere una settimana, se sono fortunati.

– Fortunati? O sfortunati?

– Già... Sfortunati, immagino.

– Sembra che abbiano intenzione di tornare indietro – disse Pirrie. John si voltò. Quelli dell'altro gruppo avevano percorso circa cento metri, poi erano tornati sui propri passi, sempre spingendo le carrozzine. Adesso la pioggia li investiva in faccia, anziché alle spalle. L'impermeabile della bambina si slacciava al collo, e lei cercava di tenerlo chiuso, ma senza riuscirci.

Si fermarono a pochi passi da loro. Fu l'uomo più anziano a parlare. – Ci siamo detti che forse state aspettando qualcosa... e che forse vi possiamo dare qualche informazione utile.

John lo scrutò. Un operaio, probabilmente. Il tipo d'uomo che lavora fedelmente e senza spirito d'iniziativa per tutta la vita. Da solo, in quel momento, aveva pochissime probabilità di sopravvivere. La sua unica possibilità consisteva nell'unirsi a qualche piccolo capobanda disposto a sorvolare sulla sua scarsa utilità e ad accontentarsi della sua devozione. Ma con le persone di cui si era circondato, anche quell'opportunità sfumava.

– No – disse John – non ci servono informazioni.

– Noi attraversiamo i Pennines – continuò l'uomo. – Abbiamo pensato che sul versante opposto la situazione deve essere più tranquilla. Forse troveremo lungo la strada una fattoria dove ci facciano lavorare in cambio di un po' di cibo. Non domandiamo molto.

Qualche mese prima, con tutta probabilità, il suo massimo sogno doveva essere quello di fare tredici al totocalcio. Le probabilità di allora erano pari a quelle che aveva adesso di realizzare la nuova speranza. John guardò le quattro donne. Una soltanto era sufficientemente giovane da poter sperare di sopravvivere per meriti erotici; la gioventù era però la sua unica dote fisica. I due bambini si accostarono al muretto su cui Ann e gli altri si erano messi a sedere. Il ragazzo non aveva scarpe, ma un paio di pantofole zuppe d'acqua.

– Allora vi conviene continuare – disse John.

– Pensate che sia possibile trovare il posto che cerchiamo? – domandò ancora l'uomo.

– È probabile.

– Questa situazione non durerà molto, vero? – chiese una delle donne. Roger girò lo sguardo verso la vallata. – Durerà fino a quando questo inferno non sarà cessato.

– Dove pensate di andare? – domandò l'altro. – Volete raggiungere anche voi lo Yorkshire?

– No – disse John. – L'abbiamo appena lasciato.

– A noi non interessa andare da una parte piuttosto che da un'altra. Abbiamo soltanto pensato che oltre i Pennines la situazione fosse più tranquilla.

– Sì. Può darsi che sia così.

– Mio padre – disse la madre dei due bambini – vuol dire che... ecco, non potremmo fare la vostra stessa strada? Saremmo in parecchi, nel caso che si incontrassero delle difficoltà. Ecco... anche voi state cercando un posto tranquillo. Voi siete gente per bene. Non come quelli che saccheggiano la città. La gente per bene dovrebbe unirsi, in momenti come questi.

– Ci sono cinquanta milioni di persone in Inghilterra – disse John. –

Probabilmente quarantanove milioni sono gente per bene, e cercano un posto tranquillo. Solo che non ci sono abbastanza posti tranquilli da accontentare tutti.

– Ecco perché la gente farebbe bene a unirsi. La gente rispettabile, intendo.

– Da quanto tempo siete in cammino? – chiese John.

La donna lo guardò, perplessa. – Siamo partiti questa mattina... Abbiamo visto le case di Sedbergh in fiamme, e che stavano bruciando la fattoria dei Follin, a cinque chilometri dal villaggio.

– Noi siamo in marcia da tre giorni. Non siamo più gente rispettabile. Abbiamo ucciso delle persone, e possiamo ucciderne altre. Vi conviene continuare da soli, come facciamo noi.

Lo fissarono senza parlare, poi l'uomo anziano disse: – Forse ci siete stati costretti. Penso che un uomo debba salvare la sua famiglia e se stesso in qualsiasi modo. Durante la Prima guerra mondiale ho ucciso anch'io, eppure i crucchi non avevano né incendiato Sedbergh, né bruciato la fattoria dei Follin. Dovevo fare certe cose, e le ho fatte. John non rispose. Vicino al muro i due ragazzi si erano messi a giocare con gli altri. Salivano, scendevano, e camminavano sul muretto in una complicata specie di corsa a ostacoli. Ann vide che John la guardava, e si alzò per andargli vicino.

– Possiamo venire con voi? – domandò il vecchio. – Faremo quello che direte voi... anche uccidere, se è necessario. E possiamo aiutarvi in tutti gli altri lavori. Non ci importa da che parte andate, per noi è lo stesso. A parte il periodo che ho trascorso nell'esercito, ho vissuto sempre a Carbeck. Ora che ho dovuto lasciarla, non ha importanza se vado di qua o di là.

– Quanti fucili avete? – domandò John.

L'uomo scosse la testa. – Nemmeno uno.

– Noi ne abbiamo tre, per difendere sei adulti e quattro bambini. Ma non sono sufficienti. Ecco perché stiamo aspettando... Vogliamo trovare altri che abbiano armi e si vogliano unire a noi. Ci spiace, ma non possiamo imbarcare passeggeri a scrocco.

– Non saremo passeggeri a scrocco. Io so fare molte cose, e so sparare bene, se mi procurate un'arma. Nei fucilieri ero tiratore scelto.

– Se fosse solo, la potrei anche accogliere. Ma così, con quattro donne e altri due bambini... No, non possiamo permetterci dei pesi extra. La pioggia era cessata, ma il cielo rimaneva grigio e minaccioso, e l'aria era fredda. L'uomo più giovane, che non aveva ancora parlato, ebbe un brivido e si strinse il sudicio impermeabile attorno al corpo. L'altro riprese, in tono disperato: – Abbiamo viveri. Nella carrozzina c'è mezzo maiale.

– Anche noi ne abbiamo. Siamo stati costretti a uccidere per procurarceli, e siamo pronti a uccidere ancora.

– Non mandateci via – disse la madre. – Pensate ai bambini. Non potete abbandonare noi e i bambini.

– Io penso ai miei figli – disse John. – Se dovessi pensare a quelli degli altri, dovrei pensare a milioni di bambini. Al vostro posto riprenderei il cammino. Se volete trovare un posto tranquillo, è meglio che lo cerchiate prima che arrivi l'ondata dei fuggiaschi.

Capivano ciò che intendeva, ma si rifiutavano di credere che li abbandonasse sul serio.

Ann gli parlò a bassa voce: – Potremmo anche farli venire con noi, non ti pare? I bambini... – John si voltò a guardarla. – Sì... non ho dimenticato quello che ho detto su Spooks. Avevo torto.

– No. Avevi ragione. Non c'è più posto per la pietà.

Ann lo fissò piena di orrore. – Non parlare così!

John indicò il fumo che saliva dalla valle. – La pietà è sempre stata un lusso. Tutto va bene quando il dramma è a una distanza considerevole, quando lo si guarda stando seduti nelle poltrone di un cinema. È molto diverso quando te lo trovi sulla soglia di casa. Su ogni soglia di casa. Olivia si era avvicinata al gruppo. E anche Jane si staccò dal muricciuolo, ma per andare accanto a Pirrie. Lui la guardò, ma non disse niente.

– Non capisco che danno potrebbero arrecarci venendo con noi – disse Olivia. – Mi sembra invece che ci potrebbero essere d'aiuto.

– Hanno permesso che il ragazzo si mettesse per strada in ciabatte –

disse John – e con questo tempo. Ormai dovresti aver capito, Olivia, che a soccombere non saranno soltanto i più deboli, ma anche i meno efficienti. Non ci sarebbero di nessun aiuto: soltanto di ostacolo.

– Io gli avevo detto di mettere gli stivali – disse la madre del ragazzo. –

Mi sono accorta che aveva le ciabatte soltanto quando eravamo a parecchi chilometri dal villaggio. E non abbiamo più avuto il coraggio di tornare indietro.

– Capisco – disse John. – Volevo semplicemente dire che è pericoloso non notare i particolari. Se non avete notato i piedi del ragazzo, potreste anche non vedere qualcosa di molto più importante. E come risultato potremmo morire tutti. Non me la sento di correre nessun rischio. Nessuno.

– Roger... – implorò Olivia.

Roger scosse la testa. – Negli ultimi tre giorni le cose sono cambiate molto. Quando io e Johnny abbiamo lanciato in aria la moneta per decidere chi dovesse essere il capo, l'ho fatto quasi per gioco. Adesso il capo è lui. Si assume ogni responsabilità in coscienza, e ci lascia fuori. Comunque, forse ha ragione.

Quelli dell'altro gruppo avevano seguito la conversazione con grande interesse. E ora il vecchio, vedendo nella sottomissione di Roger il crollo di tutte le loro speranze, si allontanò scuotendo la testa. Ma la madre dei ragazzi non si diede per vinta.

– Vi possiamo seguire – disse. – Possiamo fermarci qui, e seguirvi non appena vi muoverete. Questo non potete impedircelo.

– Vi consiglio di allontanarvi – disse John. – È inutile continuare a parlarne.

– No, ci fermiamo. Non potete obbligarci ad andare via.

Pirrie intervenne, per la prima volta. – Non possiamo obbligarvi ad andare, ma possiamo farvi restare qui quando ce ne andremo noi. – Toccò il fucile. – Penso che vi convenga andarvene subito.

– Non avrete il coraggio di farlo – disse la madre, ma senza molta convinzione.

– Lo farà – disse Ann con amarezza. – Dipendiamo tutti da lui. Fareste meglio a partire.

La donna li guardò fissa, poi si girò per chiamare i ragazzi.

– Bessie! Wilf!

I ragazzi si staccarono a malincuore dagli altri. Come sempre: facevano nuove amicizie, e poi, per un capriccio dei genitori, dovevano andarsene. La nuova amicizia aveva avuto appena il tempo di cominciare. Ann guardò i ragazzi venire verso di loro. – John, ti prego...

John scosse la testa. – Devo fare quello che ci conviene. Ci sono altri milioni di ragazzi... questi sono soltanto quelli che vediamo.

– La carità è fatta per quelli che vediamo.

– Te l'ho già detto... Carità, pietà, sono cose che vanno bene quando si ha uno stipendio fisso. Adesso abbiamo fatto tutti bancarotta.

– Custance! – esclamò Pirrie. – In fondo alla strada!

Tra Baugh Fell e Rise Hill la strada correva diritta per circa un chilometro. In fondo al rettilineo si vedevano delle figure che scendevano verso di loro.

Era un gruppo numeroso. Sette o otto uomini, con donne e qualche bambino. Avanzavano sicuri camminando al centro della strada; e anche da quella distanza si vedeva il luccichio di alcune canne di fucile.

– Proprio quello che ci serve – disse John soddisfatto.

– Se hanno voglia di discutere – osservò Roger. – Potrebbero essere del tipo che prima spara. Ci converrebbe andarci a mettere al riparo dietro il muro, e poi iniziare la conversazione.

– In questo caso, avrebbero il pretesto per sparare prima.

– Le donne e i bambini, allora.

– Stessa cosa. Loro sono tutti allo scoperto.

Il vecchio dell'altro gruppo tornò a girarsi verso di loro. – Possiamo fermarci con voi finché quelli non saranno passati?

John fu sul punto di rifiutare ma vide che Pirrie gli faceva un cenno affermativo. Capì subito ciò che l'altro pensava. Un temporaneo aumento di numero poteva giocare a loro vantaggio.

– Come volete – disse al vecchio con indifferenza.

Rimasero a guardare il gruppo che si stava avvicinando. Dopo un attimo Bessie e Wilf tornarono di corsa verso il muro, a giocare con gli altri ragazzi.

Quasi tutti gli uomini erano armati di fucile. John riuscì a distinguere un paio di calibro .300 dell'esercito, un Winchester 202, e le inevitabili doppiette. Era proprio il gruppo di cui avevano bisogno. Con loro sarebbero riusciti a passare attraverso il caos e giungere salvi a Blind Gill. Rimaneva soltanto il problema di convincerli.

Aveva sperato che si sarebbero fermati a una certa distanza, ma sembrava che non avessero sospetti, o che non nutrissero dubbi sulla loro capacità di superare gli eventi. E vennero avanti. Il loro capo era un tipo massiccio, dalla faccia tonda e rossa. Portava una cintura di pelle in cui teneva infilata una pistola. Non appena fu all'altezza del gruppo di John, si spostò sull'altro lato della strada e continuò il cammino guardandoli con indifferenza. Segno che non avevano nessuna intenzione di impadronirsi delle loro armi, o, perlomeno, che non avevano voglia di combattere per conquistarle.

– Un momento! – gridò John.

L'uomo si fermò e volse lentamente la testa verso di lui.

– Che c'è? – chiese con l'accento dello Yorkshire.

– Mi chiamo John Custance. Stiamo andando in una località che conosco, in mezzo alle colline. Mio fratello è padrone di una valle chiusa da una parte e con una strettissima apertura dall'altra. Una volta tra quelle montagne, ci sarà possibile respingere un esercito. Vi interessa?

L'altro ci pensò un attimo. – Perché ce lo racconti? – chiese poi. John indicò il fondovalle. – Laggiù le cose si stanno mettendo male. Troppo male per un gruppo piccolo come il nostro. Cerchiamo reclute. L'uomo sogghignò. – Capita che noi non si voglia cambiare. Ce la caviamo benissimo così.

– Ve la siete cavata fino a questo momento – disse John – finché c'erano patate in terra e carne da rubare nelle fattorie. Ma la carne finirà presto, e non ce ne sarà altra. Il prossimo anno non riuscirete a trovare patate nei campi.

– Ci penseremo quando sarà venuto il momento.

– Vi dico io come: diventando cannibali. È questo che volete?

Il capo, personalmente, restava ostile. John però si accorse che le sue parole avevano fatto colpo su quelli che lo seguivano. Forse non gli sarebbe stato difficile unire le due bande. Magari all'interno dell'altro gruppo esisteva già perfino un partito di opposizione.

– Può darsi che vada così – disse l'uomo. – Ma in questo momento non mi sembra il caso di seguirvi.

– Come vuoi – disse John, poi guardò le donne e i bambini dell'altro gruppo. Erano cinque donne e quattro bambini di età tra i cinque e i quindici anni. – Quelli che non riusciranno a trovare un pezzo di terra e a conservarla, finiranno col diventare selvaggi, ammesso che sopravvivano. A voi forse potrà piacere. A noi no.

– Te lo dico io cosa non mi piace: le chiacchiere. Non ho mai perso tempo con quelli che hanno la lingua lunga.

– Fra qualche anno non avrete più nemmeno bisogno di parlare – disse John. – Tornerete ai grugniti e al linguaggio dei segni. Io parlo perché ho qualcosa da dire, e se avete buon senso capirete che vi conviene ascoltare.

– Ci conviene? Non è alla vostra convenienza che stai pensando?

– Se non fosse così, sarei uno stupido. Ma voi ne ricaverete un vantaggio ancora più grande. A noi serve un aiuto temporaneo per raggiungere la valle di mio fratello: in cambio vi offriamo un posto dove potrete vivere relativamente in pace, e allevare i vostri figli in modo che si distinguano dagli animali selvatici.

L'uomo guardò quelli del suo gruppo, quasi per scrutare l'effetto che le parole di John avevano avuto sugli altri. Poi disse: – Ancora chiacchiere. Pensi che ci cacceremo di testa nostra in quest'avventura donchisciottesca?

– Avete un posto migliore dove andare? A proposito, sapete dove andare? Che male vi farebbe, venire con noi per dare un'occhiata?

L'uomo era sempre ostile, ma un po' sconcertato, adesso. Alla fine si voltò verso i compagni. – Voi che ne dite?

Prima che chiunque aprisse bocca, aveva già letto la risposta sulla faccia di tutti.

– Potremmo benissimo andare a vedere – disse un tizio grasso dalla pelle scura. Ci fu un mormorio di approvazione, e l'uomo dalla faccia rossa tornò a girarsi verso John.

– Bene. Mostraci la strada per la valle di tuo fratello. Decideremo quando l'avremo vista. Dov'è?

Deciso a non rivelare dove si trovasse Blind Gill, o anche a dirne il nome, John stava preparandosi a fornire una risposta evasiva, quando intervenne Pirrie, brusco. – Questi sono affari del signor Custance, non vostri. È lui che comanda qui. Fate ciò che vi dirà di fare, e andrà tutto bene.

John sentì un gemito di Ann alle sue spalle. Lui stesso non riuscì a trovare una giustificazione all'insolenza di Pirrie. Quel comportamento non poteva che aumentare l'ostilità del capo dell'altro gruppo. Pensò di dire qualcosa per rimediare, ma si trattenne. Anzitutto sarebbe stato inutile, e poi cominciava a fidarsi di Pirrie.

– È così, eh? – disse l'uomo. – Dovremmo fare quello che dice il signor Custance? Mettetevi bene in testa questo: io sono il capo del mio gruppo, e se volete venire, i miei ordini valgono anche per voi.

– Sei grande e grosso – disse Pirrie – ma la situazione richiede cervello. E temo che tu ne abbia poco.

L'uomo dalla faccia rossa parlò con voce stranamente calma. – Non tollero insulti dai piccoli bastardi soltanto perché sono piccoli. Qui attorno non ci sono poliziotti, quindi sono io che do gli ordini. Il primo è che tutti tengano la lingua a posto.

Batté la mano sul calcio della pistola infilata nella cintura, per dare maggior peso alle sue parole. In quell'attimo Pirrie alzò il fucile. L'uomo cominciò a estrarre la pistola. Ma la canna era ancora nella cintura quando Pirrie sparò. Da quella breve distanza la pallottola sollevò letteralmente l'uomo da terra, e lo fece ricadere all'indietro sul ciglio della strada. Pirrie rimase fermo, col fucile puntato.

Alcune donne gridarono. John fissò gli uomini che gli stavano di fronte. Trattenne l'impulso di sollevare la doppietta, e fu felice di vedere che anche Roger non si era mosso. Alcuni uomini fecero il tentativo di imbracciare le armi, ma l'incidente si era svolto in un modo troppo rapido per loro, ed era stato troppo sorprendente. Uno di loro sollevò a metà la canna del fucile; con la massima calma Pirrie lo prese di mira, e l'altro rinunciò.

– Mi spiace – disse John – ma avrebbe dovuto sapere che non si minaccia un uomo armato se non si è sicuri di saper sparare per primi. L'offerta è sempre valida. Chi vuole unirsi a noi e venire nella valle, sarà il benvenuto.

Una delle donne si era inginocchiata accanto all'uomo caduto. Alzò la testa e disse: – È morto.

John fece un lieve cenno con la testa. Poi si rivolse agli altri. – Avete deciso?

L'uomo grasso si fece avanti. – Sono d'accordo: era lui che doveva stare più attento. Io vengo con voi. Mi chiamo Parsons, Alf Parsons. Lentamente, con gesto quasi rituale, Pirrie abbassò la canna del fucile. Poi si avvicinò al cadavere e gli tolse la pistola dalla cintura. La prese per la canna e la consegnò a John. Alla fine si rivolse agli altri: – Mi chiamo Pirrie. Questo alla mia destra è Buckley. Come ho già detto, il capo è il signor Custance. Quelli che vogliono unirsi a noi vengano avanti per stringere la mano al signor Custance e dire come si chiamano. Okay?

Alf Parsons fu il primo, ma subito gli altri si misero in fila dietro di lui. Può darsi che sarebbe venuto il tempo in cui avrebbero piegato il ginocchio a terra, ma in quel momento la semplice stretta di mano aveva lo stesso valore di un giuramento.

John si rese conto che entrava in un nuovo ruolo. Il comando del piccolo gruppo, ottenuto per caso, lo aveva portato alla cerimonia in cui accettava la fedeltà degli uomini di un altro gruppo. Si stava riformando l'antico schema feudale, e lui fu sorpreso di accettarlo come una cosa normale, e anche di provarne piacere. Gli strinsero la mano, e si presentarono. Joe Harris... Jess Awkright... Bill Riggs... Andy Anderson... Will Secombe... Martin Foster.

Le donne non andarono a stringergli la mano. I mariti le presentarono indicandole. Awkright disse: – Mia moglie Alice. – Riggs disse: – Questa è mia moglie, Sylvie. – Foster, un tipo magro dai capelli grigi, indicò con la mano:

– Mia moglie, Hilda, e mia figlia, Hildegard. – Alf Parsons disse: –

L'altra è la moglie di Joe Ashton, Emily. Quando avrà superato lo shock, sarà contenta. Lui la maltrattava sempre.

Tutti gli uomini del gruppo di Joe Ashton si erano presentati. Il vecchio del primo gruppo si avvicinò a John.

– Non ha cambiato idea, signor Custance? Non possiamo restare con voi?

John si rese conto in quel momento che un signorotto, accresciuta la sua potenza, poteva anche aiutare i deboli, se non altro come atto di pura vanità. Dopo l'incoronazione le suppliche dei mendicanti diventavano blandizie. Era persino divertente.

– Potete restare – disse, e gli lanciò la sua doppietta. – Tenga. Ho appena ereditato una pistola.

Quando Pirrie aveva ucciso Joe Ashton, i ragazzi che stavano giocando accanto al muro si erano immobilizzati in quella curiosità che aveva sostituito la vecchia paura. Poi avevano ripreso a giocare. Il nuovo gruppo di ragazzi li raggiunse, e dopo un attimo cominciarono a giocare tutti insieme.

– Signor Custance, mi chiamo Noah Blennitt – disse il vecchio – e questo è mio figlio Arthur. Lei è mia moglie Iris. Poi c'è sua sorella, Nelly, mia figlia minore Barbara, e la maggiore, Katie. Katie è sposata. Suo marito lavora nelle ferrovie, e si trovava nel Sud quando i treni hanno smesso il servizio. Le siamo molto riconoscenti, signor Custance. E siamo tutti pronti a servirvi.

Katie guardò John con aria smarrita. – Non sarebbe una buona idea bere una tazza di tè? Ne abbiamo una grossa scatola piena, e abbiamo anche del latte condensato. L'acqua la possiamo prendere dal ruscello.

– Sarebbe un'ottima idea – disse John – se solo esistesse un pezzo di legno asciutto nel raggio di venti chilometri.

Lei lo guardò con un sussulto di trionfo. – Non si preoccupi, signor Custance. Nella carrozzina abbiamo un fornello a spirito.

– Avanti, allora. Prenderemo il tè prima di rimetterci in marcia. –

Guardò il cadavere di Joe Ashton. – Qualcuno dovrebbe toglierlo dalla strada – disse.

Due uomini dell'ex gruppo di Ashton si affrettarono a eseguire. 10

Quando ripresero il cammino, Pirrie rimase per un certo tempo accanto a John. Jane, a un cenno di Pirrie, si tenne a dieci passi dietro di loro. John, come prima aveva fatto Joe Ashton, prese la testa della colonna, composta ora di trentaquattro persone: dodici uomini, dodici donne, e dieci ragazzi. John aveva scelto i quattro uomini che dovevano stare con lui in testa alla colonna, e i cinque da mettere con Roger in coda. Pirrie avrebbe potuto muoversi a suo piacimento.

Mentre scendevano a valle, un poco discosti dagli altri, John disse: – È

andato tutto per il meglio. Ma è stato un bel rischio.

Pirrie scosse la testa. – Sarebbe stato un rischio maggiore non ucciderlo. Molto maggiore. Anche se fossimo riusciti a convincerlo di cederle il comando, non avremmo mai potuto fidarci di lui.

– Era tanto importante che io conservassi il comando? – disse John. –

Dopotutto, la cosa essenziale è raggiungere Blind Gill.

– È la cosa essenziale, vero, ma non dobbiamo dimenticare ciò che potrà accadere una volta arrivati.

– Una volta arrivati?

Pirrie sorrise. – La sua piccola valle sarà tranquilla e isolata, ma sarà anche difesa. In altre parole, si troverà in stato di assedio, e perciò esisterà qualcosa come una legge marziale, e qualcuno che la fa rispettare.

– Non ne vedo il motivo. Immagino che un comitato di persone elette dalla comunità sarebbe in grado di prendere le decisioni.

– Io invece sono convinto che i tempi dei comitati siano finiti. Le parole di Pirrie intercettarono un pensiero che a John era balenato poco prima. E proprio per questo, rispose a Pirrie con una certa irritazione:

– Allora, si torna ai tempi del feudalesimo? Questo significherebbe perdere fiducia nelle nostre capacità di affrontare la situazione in modo democratico. Non lo credo possibile.

– Lo pensa davvero, signor Custance? – Pirrie calcò leggermente sulla parola "signor" per far capire che, dopo l'uccisione di Joe Ashton, quell'espressione era diventata una specie di titolo. Tranne che per Ann, Roger e Olivia, John era diventato "il signor Custance". Gli altri venivano tutti chiamati semplicemente per nome o per cognome. Era un piccolo particolare con un grosso significato. Chissà, pensò John, se Davey sarebbe diventato "signore" per diritto di successione? Il pensiero lo infastidì.

– Comunque – disse secco – se c'è una persona che dà gli ordini a quelli della valle, non può essere che mio fratello. La terra è sua, ed è lui il più adatto a stabilire come debba essere difesa.

Pirrie sollevò una mano in un gesto di ironica rassegnazione. – Tanti saluti al comitato – disse. – Questo è un altro motivo per cui dovrà restare lei al comando finché non raggiungeremo Blind Gill. Qualcun altro potrebbe essere meno incline ad accettare lo stato di fatto. Scesero nella valle e passarono accanto ai segni di distruzione già visti dall'alto. I gruppi di scampati cercavano di evitarli: non avevano il coraggio di chiedere aiuto a una banda armata. Vicino a Sedbergh videro un gruppo, numeroso quanto il loro, che usciva dalla città. Le donne erano agghindate con gioielli costosi, e uno degli uomini aveva le braccia cariche di oggetti d'oro. Mentre John stava guardando, l'uomo ne buttò via uno, come se fosse troppo pesante, e uno dei suoi compagni lo raccolse per soppesarlo, poi lo scagliò lontano con una risata. Continuarono il cammino mantenendosi a una certa distanza dalla banda di John, e il pezzo d'oro rimase a brillare in mezzo al campo di terra bruciata.

Mentre salivano verso la valle del Lune sentirono delle grida acute che venivano da una fattoria isolata. I ragazzi e le donne ne rimasero scossi. C'erano due o tre uomini armati davanti alla porta della fattoria. John continuò la sua strada, e le grida si affievolirono in lontananza. Le carrozzine dei Blennitt vennero abbandonate quando lasciarono la strada principale alla periferia di Sedbergh, e tutto il carico fu distribuito tra sei adulti, per i quali la marcia si fece chiaramente più faticosa, e quando John ordinò una sosta, all'inizio della brughiera, i sei non nascosero il sollievo. Non pioveva più, e le nuvole si erano ridotte a cirri alti nel cielo. Sopra le curve delle colline, a ovest, le nubi erano illuminate dai raggi del sole al tramonto.

– Attraverseremo la brughiera domani mattina – disse John. – Secondo i miei calcoli non dovremmo essere a più di quaranta chilometri dalla valle, ma continuare di notte non sarebbe facile. Spero di arrivare entro domani sera. Per questa notte, quello mi sembra un buon rifugio – disse, indicando una casa in rovina che sorgeva un poco più in alto. – Pirrie, per favore, prenda un paio di uomini e vada a controllare se è vuota. Senza esitazioni Pirrie indicò Alf Parsons e Bill Riggs, e i due uomini accettarono senza discutere dopo aver avuto un cenno di conferma da John. I tre uomini si arrampicarono verso la casa. Quando furono a una ventina di metri, Pirrie fece loro cenno di mettersi al riparo in un fossato. Poi prese la mira e sparò un colpo a una delle finestre del piano superiore. Si sentì lo sparo e il lieve rumore dei vetri infranti. Poi, silenzio. Dopo un minuto, Pirrie si alzò per avviarsi verso la casa. A parte il fucile che stringeva sotto il braccio, lo si sarebbe preso per una guardia forestale che faceva un giro di servizio. Raggiunse la porta e la spalancò con un calcio. Poi scomparve all'interno.

Ancora una volta John si rese conto di quale formidabile avversario sarebbe stato Pirrie se avesse avuto ambizioni di comando. Era entrato, da solo, in una casa che si poteva soltanto presumere vuota. Se aveva dei nervi, era difficile immaginare una situazione in cui fossero più tirati. A una delle finestre del piano superiore comparve una faccia, quella di Pirrie, poi subito si ritirò. Aspettarono, e alla fine lo videro uscire. Percorse tranquillamente il sentiero, e i due uomini gli si misero al fianco per tornare verso il gruppo.

– Tutto a posto? – domandò John.

– Sì. Non ci sono neanche cadaveri da seppellire. I padroni di casa devono essersene andati prima che arrivassero gli sciacalli.

– L'hanno saccheggiata?

– Sì. Comunque non erano dei professionisti.

– Ci darà riparo per la notte – disse John. – I letti li lasceremo ai ragazzi. Gli altri si potranno arrangiare per terra.

Pirrie guardò attorno pensoso. – Trentaquattro. La casa non è molto grande. Jane e io sfideremo l'inclemenza del tempo. – Fece un cenno alla ragazza, e lei gli venne vicino. La faccia ingenua da contadina esprimeva solo rassegnazione. Pirrie la prese sottobraccio e le sorrise. – Sì, penso proprio che dormiremo all'aperto.

– Come volete – disse John. – Per questa notte non farete turni di guardia.

– Grazie, signor Custance – disse Pirrie.

John trovò al piano superiore una stanza con due letti piccoli, e chiamò Davey e Mary per vedere se ci stavano. C'era anche un bagno sul pianerottolo, con rubinetti ancora funzionanti, e lui mandò i due ragazzi a lavarsi. Quando furono usciti dalla stanza, si mise a sedere sul letto e guardò fuori dalla finestra verso la valle. Era una vista stupenda. Quelli che avevano vissuto lì dovevano aver amato quel panorama... un'indicazione, se ce ne fosse bisogno, che i tesori spirituali erano aleatori quanto quelli materiali.

I suoi pensieri furono interrotti dall'ingresso di Ann. Appariva stanca, e John le indicò l'altro letto.

– Riposati. Ho mandato i ragazzi a ripulirsi.

Lei attraversò invece la stanza e si mise a guardare dalla finestra.

– Tutte le donne mi fanno delle domande – disse. – Che carne dobbiamo usare per cena questa sera? Possiamo usare le patate sperando di trovarne altre domani? Conviene farle cuocere intere o sbucciate? Perché lo chiedono a me?

– E perché no?

– Se a te piace fare da padrone, non significa che io debba essere la padrona.

– Le hai lasciate a sbrigarsela da sole?

– Ho detto loro di chiedere a Olivia.

John sorrise. – Hai delegato le responsabilità, come fa una vera padrona. Ann rimase un attimo in silenzio. Poi chiese: – Era proprio necessario unirci agli altri, e trasformare il nostro gruppo in un piccolo esercito?

John scosse la testa. – No. Non certo ai Blennitt... ma sei stata tu a volerli, non ricordi?

– Non li volevo affatto. Però era mostruoso abbandonare quei bambini. Poi non intendevo loro... io parlavo degli altri.

– Con i Blennitt, soltanto con i Blennitt, le nostre probabilità di riuscita sarebbero ulteriormente diminuite. Con gli altri abbiamo quasi la certezza di raggiungere la valle.

– Sotto la guida del generale Custance, con l'assistenza del suo sicario di fiducia Pirrie.

– Sottovaluti Pirrie, se pensi che sia soltanto un assassino.

– Non mi interessa quanto sia meraviglioso. È un assassino, e non mi piace.

– Anch'io lo sono. – Fissò la moglie. – E anche altri. Gente che non avrebbe mai pensato di diventarlo.

– Non c'è bisogno che mi ricordi cos'è successo. Pirrie però è diverso. John si strinse nelle spalle. – Abbiamo bisogno di lui... fino al momento in cui avremo raggiunto Blind Gill.

– Non continuare a dirlo.

– Ma è vero.

– John, l'influenza che quell'uomo ha su di te è spaventosa. Ti ha trasformato in una specie di boss della malavita... e i ragazzi cominciano ad aver paura di te.

– Se qualcosa mi ha cambiato, è il genere di vita che dobbiamo vivere, non Pirrie. Io vi devo guidare verso la salvezza, tutti, e niente mi può fermare. Mi domando se ti rendi conto della fortuna che abbiamo avuto ad arrivare fin qui. Oggi pomeriggio, con la valle che sembrava un campo di battaglia... ma era solo una scaramuccia, paragonato a quello che sta succedendo a sud... siamo arrivati fin qui, e la via è libera. Ma non possiamo rilassarci finché non saremo a destinazione.

– E quando saremo a destinazione?

– Te l'ho già spiegato – disse con pazienza. – Potremo ricominciare a vivere una vita normale. Non crederai che a me piaccia tutto questo, vero?

– Non lo so. – Distolse lo sguardo da lui e riprese a guardare dalla finestra. – Sai dov'è Roger?

– Roger? Non saprei.

– Lui e Olivia hanno dovuto portare in spalla Steve, dal momento che tu eri occupato a comandare. Sono rimasti indietro. E quando sono arrivati per dormire, hanno trovato libero soltanto lo sgabuzzino.

– Perché non sono venuti a dirmelo?

– Non volevano disturbarti. Quando hai chiamato Davey, Spooks è rimasto ai piedi della scala. Non ha osato salire, e Davey non ha osato fartelo notare. Ecco cosa intendevo quando ho detto che i ragazzi ti temono.

John non rispose. Uscì dalla stanza. – Rodge! – chiamò. – Vieni su, vecchio mio. E anche Olivia e i ragazzi, naturalmente.

– Sei magnanimo, adesso – disse la voce di Ann alle sue spalle. – Ma non credo che servirà a qualcosa.

Lui rientrò nella stanza e prese Ann per le braccia. – Domani sera sarà tutto finito. Metterò ogni cosa nelle mani di David, e mi dedicherò soltanto a coltivare patate e barbabietole. Mi vedrai trasformarmi in uno stupido vecchio sbadigliante e sporco di terra... Va bene così?

– Se potessi crederti...

– Te lo giuro – disse, e la baciò.

Roger entrò con Steve e Spooks alle calcagna. – Olivia arriva subito, Johnny.

– Che diavolo ti è venuto in mente di ficcarti nello sgabuzzino? C'è un sacco di spazio in questa casa. Possiamo riunire i due letti e far dormire i ragazzi. A noi rimane un morbido pavimento. Ci sono parecchi tappeti nuovi nelle stanze... I nostri ospiti dovevano essere benestanti. Nell'armadio, poi, ho visto che ci sono delle coperte.

Mentre parlava, John si accorse che il suo tono era eccessivamente accalorato, innaturale, con la cordialità del superiore che vuole mettere a loro agio i dipendenti. Ma da tempo i rapporti tra lui e Roger erano cambiati, e nessuno di loro due poteva far niente per riportare la loro relazione sul vecchio piano di amicizia.

– Sei stato gentile, Johnny – disse Roger. – Lo sgabuzzino era bello, ma puzzava di scarafaggi. Ragazzi, preparatevi per andare a lavarvi. Dal vano della finestra Ann disse: – Ecco che se ne vanno.

– Chi? – domandò John.

– Pirrie e Jane. Vanno a fare una passeggiata prima di cena, immagino. Olivia era entrata nella stanza mentre Ann stava parlando. Aprì bocca per dire qualcosa, poi vide John e rimase zitta.

– Pirrie il dongiovanni – disse Roger. – Mica malaccio, per la sua età. Ann si girò verso Olivia. – Sei tu che hai in custodia i coltelli – disse. –

Vedi di darne a Jane uno molto affilato, quando rientra per cena. E dille di non avere fretta di restituirlo.

– No! – Il grido gli era sfuggito involontariamente, e subito John moderò la voce. – Abbiamo ancora bisogno di Pirrie. E la ragazza è contenta così. Ed è contenta di essere ancora al mondo.

– Adesso possiamo farcela da soli – disse Ann. – Domani sera tutto tornerà alla normalità. Vuoi Pirrie perché lo consideri indispensabile alla nostra salvezza, o perché hai cominciato ad apprezzarlo per quello che è?

– Te l'ho già detto – disse John in tono stanco – non voglio correre rischi. Forse domani sera non avremo più bisogno di Pirrie, ma non posso dire che mi sorrida l'idea di istigare la ragazza a tagliargli la gola.

– Potrebbe farlo di sua spontanea volontà – disse Roger.

– In questo caso – domandò Ann – cosa faresti, John? La condanneresti per alto tradimento?

– No. L'abbandonerei.

– Penso che avresti davvero il coraggio di farlo.

Olivia fece sentire la sua voce, per la prima volta da quando era entrata:

– Pirrie ha ucciso Millicent.

– E non l'abbiamo abbandonato, vuoi dire? – John riprese a parlare in tono esasperato. – Non capite che le buone maniere e la giustizia non funzionano finché non ci sono mura per respingere la barbarie? Pirrie ci è più utile di quanto non lo siano tutti gli altri. Jane è un peso inutile, come i Blennitt. Potrà restare con noi finché riuscirà a badare a dove mette i piedi, non oltre.

– È un vero capo – disse Ann. – Notate il senso di dedizione, e soprattutto la certezza irremovibile che ciò che dice è giusto, perché lo dice lui.

– Hai qualche argomento da opporre?

– No. Non un argomento che tu riusciresti ad apprezzare.

– Rodge! – esclamò John appellandosi all'amico. – Tu capisci cosa voglio dire?

– Sì, ti capisco – disse Roger. Poi soggiunse, quasi in tono di scusa: –

Ma capisco anche quello che dice Ann. Non ti faccio un rimprovero, Johnny. Ti sei assunto l'incarico di guidarci, e non puoi pensare ad altro. E

Pirrie si è rivelato l'unico sul quale puoi contare.

John fu sul punto di replicare, ma vide le loro tre facce, e ricordò come erano sempre stati uniti. In passato... tanto tempo prima, quando si trovavano insieme nelle gite al mare, o attorno a un tavolo di bridge... Improvvisamente ricordò chi era lui, e chi erano loro: Ann, sua moglie, e Roger e Olivia, i suoi migliori amici.

Ebbe un attimo di esitazione. – Sì, credo di capirlo anch'io – disse. –

Sentite, di Pirrie non m'importa un accidente.

– Io penso il contrario – fece Roger. – A te interessa superare gli ostacoli, e anche a lui. Non è solo questione di utilità pratica. Ripeto, non intendo criticarti. Io non avrei saputo essere all'altezza della situazione, perché non avrei avuto il fegato. Ma se ne fossi stato capace, avrei provato per Pirrie esattamente quello che provi tu.

Ci fu una breve pausa prima che John rispondesse. – Prima arriveremo alla valle, meglio sarà. Dev'essere bello ritornare normali. Olivia lo guardò. I suoi occhi timidi lo scrutavano dalla tonda faccia bonaria. – Sei sicuro di volerlo, Johnny?

– Sicurissimo. Ma se avessimo un altro mese di fronte a noi, anziché un solo giorno, non lo sarei più tanto.

– Abbiamo fatto delle cose orribili – disse Ann. – Chi più, chi meno, forse, ma ne abbiamo fatte... se non altro per avere accettato le offerte di Pirrie. Mi domando se riusciremo mai a dimenticare.

– Il peggio è passato – disse John. – Non avremo altre difficoltà da superare.

Mary e Davey entrarono in camera correndo. Ridevano rumorosamente.

– Calma, voi due – disse John.

Non gli sembrava di aver parlato in modo diverso dal suo solito. In passato una simile ammonizione avrebbe avuto pochissimo effetto. Ora i ragazzi ammutolirono di colpo e rimasero a fissarlo. Anche Ann, Roger e Olivia lo guardarono.

John si chinò verso Davey. – Domani sera dovremmo essere dallo zio David. Sei contento?

– Sì, papà.

Il tono era di entusiasmo, ma velato di eccessivo rispetto. Nelle prime ore del mattino John fu svegliato da uno sparo, e mentre balzava a sedere, ne sentì un secondo, da lontano. Allungò la mano verso la pistola e chiamò Roger.

– Cosa c'è? – domandò Ann.

– Niente, con tutta probabilità. Forse qualche vagabondo che sperava di rubare indisturbato. Tu e Olivia restate in questa stanza e badate ai ragazzi. Io scendo a vedere.

La sentinella avrebbe dovuto essere di pattuglia attorno alla casa, ma John trovò Joe Harris, la sentinella di turno, intenta a guardare da una finestra del pianterreno. Era un uomo magro dalla pelle scura, con una folta barba irsuta. I suoi occhi brillavano al raggio della luna che penetrava dalla finestra.

– Che succede? – domandò John.

– Li ho visti mentre mi trovavo all'esterno – disse Harris. – Venivano dalla strada di Sedbergh. Ho pensato che fosse meglio non disturbarli nel caso volessero proseguire il cammino senza fermarsi, così sono rientrato in casa e li ho tenuti d'occhio dalla finestra.

– Bene, e poi?

– Si sono diretti verso la casa. Quando ne sono stato certo, ho sparato un colpo a quello che stava davanti a tutti.

– L'hai colpito?

– No, non credo. Uno di loro ha risposto allo sparo, e poi si sono nascosti. Sono ancora là fuori, signor Custance.

– Quanti sono?

– Difficile dirlo, con questa luce. Potrebbero essere una dozzina... forse anche di più.

– Così tanti?

– Ecco perché ho sperato che se ne andassero per i fatti loro.

– Rodge! – chiamò.

– Eccomi. – Roger era fermo sulla porta. C'erano anche altri, in silenzio.

– Sono tutti alzati?

– Tre o quattro sono nell'atrio.

Dal buio venne la voce di Noah Blennitt. – Io e Arthur siamo qui, signor Custance.

John si rivolse a Roger. – Manda uno di sopra, alla finestra della camera posteriore. Che tenga gli occhi aperti. Non dobbiamo correre il rischio che aggirino la casa e ci attacchino da quella parte. Poi mettine due a ogni finestra delle camere che danno sulla facciata. Noah, lei si piazzi all'altra finestra del pianterreno. Vi do il tempo di prendere posizione, poi, al mio grido, sparate qualche colpo. Potrebbe bastare a spaventarli e convincerli a cambiare strada. Se restano, sparate non appena vi si presenta un bersaglio. Ci troviamo in una posizione più favorevole. Le donne e i ragazzi, ovviamente, stiano lontani dalle finestre.

Li sentì correre per la casa secondo le istruzioni di Roger. Dalla stanza accanto venne il pianto di una bambina, Bessie Blennitt. Aprì la porta e vide Bessie seduta su un piccolo letto improvvisato. La madre cercava di calmarla.

– Io la porterei nelle stanze sul retro – disse John. – Ci sarà meno rumore.

La sottomissione della donna lo sorprese. – Certo, signor Custance, subito. Vieni anche tu, Wilf. Adesso il signor Custance ci difenderà. Si rivolse alle altre donne: – Anche voi fareste bene a ritirarvi nelle stanze posteriori.

Poi andò a inginocchiarsi accanto a Joe Harris. – Nessun movimento?

– Mi è sembrato di vedere qualcosa. Ma le ombre giocano strani scherzi. Guardò dalla finestra. Non c'era traccia di nubi, e il cielo era pieno di stelle. Il caso giocava uno scherzo a entrambe le parti: la luce della luna dava ai difensori un considerevole vantaggio, ma, se ci fossero state le nubi, con tutta probabilità i rapinatori non avrebbero visto la casa, discosta e leggermente più in alto rispetto alla strada.

Gli parve di vedere un'ombra muoversi. Poi ne fu certo. Era a una quindicina di metri dalla casa. Gridò: – Ora!

Per quanto non avesse molte probabilità di colpire il bersaglio, con una pistola mirò all'ombra intravista, e sparò attraverso la finestra aperta. Gli spari che seguirono fecero un certo effetto, almeno sonoro. Un colpo, comunque, era andato a segno: un'ombra si sollevò e ricadde immediatamente a terra. John si riparò contro la parete in attesa della risposta al fuoco. Ci fu un solo sparo. Poi si sentì un mormorio di voci e il gemito dell'uomo colpito.

L'intensità del fuoco doveva essere stata una brutta sorpresa per gli aggressori, che probabilmente non si erano aspettati che una casa isolata fosse difesa in forze. John, mettendosi nei panni del capo avversario, pensò che, incontrando una difesa del genere, se la sarebbe squagliata con tutti i suoi uomini il più presto possibile. Però, sempre mantenendo quel punto di vista, c'erano altri ostacoli: la luna aiutava i difensori, e spandeva un chiarore sufficiente per trasformare gli attaccanti in buoni bersagli, nel caso in cui avessero tentato un'improvvisa ritirata. John scrutò il cielo in cerca di qualche nuvola. Se ci fosse stata la probabilità che a un certo punto la luna venisse coperta, era logico pensare che la ritirata sarebbe avvenuta in quel momento. Ma le stelle splendevano limpide dappertutto. C'era da fare anche un'altra considerazione. Se i difensori fossero stati sopraffatti, gli attaccanti avrebbero fatto un grosso bottino di armi, e forse di munizioni. Valeva la pena di correre dei rischi per impadronirsi di armi. Tra l'altro era probabile che gli assalitori fossero in maggioranza, sia di uomini che di armi.

Si rese improvvisamente conto che la sua dimostrazione di forza poteva essere stata un errore tattico. Gli spari di due o tre fucili, anziché di sette, li avrebbe forse convinti a non rischiare oltre. Pirrie avrebbe potuto... Pirrie, ricordò, era da qualche parte a consumare le nozze!

I ragazzi dovevano essere tutti svegli, ma rimanevano in silenzio. Sentì qualcuno scendere le scale, poi udì la voce di Roger che lo chiamava. –

Johnny!

– Sì? – rispose, senza staccare gli occhi dalla finestra.

– Cosa facciamo? Uno di loro è venuto allo scoperto: lo stendiamo, o aspettiamo che apra lui le danze?

Non voleva essere di nuovo il primo a far fuoco. Ormai gli altri conoscevano la loro forza. Riprendere a sparare sarebbe stato uno spreco di munizioni, senza la prospettiva di un risultato concreto.

– Aspetta. Diamo loro un po' di tempo.

– Pensi che...

Nel chiarore della luna si levò un grido: – All'assalto! – John si riparò automaticamente nell'attimo in cui una scarica di proiettili colpì la casa provocando un crepitio di mattoni e di vetri infranti. Dal primo piano uno dei suoi uomini rispose al fuoco.

John chiamò Roger. – Va' di sopra, e di' agli uomini di sparare non appena vedono qualche bersaglio. Ma se quelli decidono improvvisamente di abbandonare l'assedio, lasciamoli andare.

Uno dei bambini cominciò a piangere. John si sentì tutt'altro che ottimista sulla possibilità che gli attaccanti levassero l'assedio. Probabilmente avevano fatto le sue stesse considerazioni, e avevano deciso che era più conveniente rischiare.

Mentre durava la tregua, parlò attraverso la finestra. – Non vogliamo noie. Se ve ne andate, sospenderemo il fuoco.

Aveva avuto la precauzione di tenersi al riparo dello stipite. Per tutta risposta due o tre colpi entrarono dalla finestra e andarono a colpire la parete opposta della stanza. Fuori, un uomo scoppiò a ridere, e lui sparò in direzione della risata. Seguì un breve scambio dì fucilate. Guardando attentamente nella notte vide una figura sollevarsi tra le ombre. Sparò. Qualcosa volò nell'aria, colpì la parete della casa, e cadde a terra, non molto lontano dalla finestra presso cui si trovavano lui e Joe Harris. Gridò: – A terra, Joe!

L'esplosione schiantò i vetri che erano rimasti ancora intatti. Ma non fece altri danni. Dalla casa partì una raffica rabbiosa. Bombe a mano, si disse con rabbia. Perché non ci aveva pensato prima?

Buona parte dei fucili erano stati certamente presi nelle caserme, dove c'erano anche le bombe a mano. Forse gli uomini che li stavano assediando erano proprio dei militari. La loro stessa baldanza lo lasciava supporre. Questo faceva diminuire le loro probabilità di salvezza. Qualche altro ordigno avrebbe mancato il bersaglio, come il primo, ma alla fine altri sarebbero entrati dalle finestre, mettendo a tacere le stanze a una a una. La situazione era improvvisamente cambiata. Era arrivato a pochi passi dalla valle, e si trovava di fronte alla morte quasi sicura per tutti. Impartì rapidamente alcuni ordini a Joe Harris. – Va' di sopra e di' a tutti di continuare a sparare. Ma mirando a qualcosa, non a casaccio. Non appena vedono che qualcuno alza il braccio, lo prendano subito di mira. Se non riusciamo a impedire il lancio delle bombe a mano, per noi è finita.

– Agli ordini, signor Custance.

Non sembrava molto preoccupato. Forse gli mancava l'immaginazione necessaria per capire cosa significassero le bombe a mano, o forse nutriva una cieca fiducia nella capacità di John come capo. Pirrie aveva fatto un buon lavoro, sotto questo aspetto, lui però avrebbe preferito che adesso Pirrie fosse lì al suo fianco. Se qualcuno dei suoi uomini fosse riuscito a colpire un avversario, in quelle condizioni di luce, poteva considerarla una fortuna. Pirrie avrebbe saputo distinguere ogni ombra pericolosa con la massima facilità.

John fece fuoco a un'ombra in movimento. Al piano di sopra, altri spararono. Dall'esterno si levò un'intensa scarica concentrata contro una delle finestre del primo piano. Nello stesso tempo, dalla parte opposta del giardino si levò un braccio, e una seconda bomba a mano volò nell'aria. Colpì ancora una volta la parete della casa, ed esplose senza procurare danni. John sparò verso il punto in cui l'aveva vista lanciare. Seguì una rapida scarica di fucileria, interrotta all'improvviso da un grido di dolore. Qualcuno aveva colpito un secondo avversario.

Era incoraggiante, ma niente di più. Le loro probabilità di salvezza non aumentavano. John fece nuovamente fuoco, e si riparò in tempo per evitare il colpo che venne sparato contro la finestra. Gli attaccanti non si lasciavano certo scoraggiare da quei colpi centrati dai difensori. Anche quando, dopo un ulteriore scambio di fucilate, vide un braccio sollevarsi e ricadere senza aver lanciato la bomba a mano, pensò a un caso fortunato, insufficiente a far rinascere una speranza. Dopo due secondi la granata esplose, e diede inizio a tutta una serie di scoppi: l'uomo colpito doveva essere carico di bombe. Si sentirono grida disordinate, e gemiti. John riprese a sparare, e i suoi compagni fecero altrettanto. Questa volta gli altri non risposero al fuoco.

Poco dopo, con suo grande stupore, vide le figure degli attaccanti abbandonare i nascondigli in cui si erano appostati, e fuggire verso la valle cercando di correre curvi il più possibile. Riprese a sparare, e nello stesso tempo cercò di contare il numero degli attaccanti. Potevano essere da dieci a venti, più quei due o tre rimasti sul terreno.

Tutti si affollarono nella stanza, donne e ragazzi compresi. Alla debole luce John riuscì a scorgere le loro facce, soddisfatte e felici. Parlavano tutti contemporaneamente, e John fu costretto ad alzare la voce per farsi sentire.

– Joe! Devi fare ancora mezz'ora di guardia. Da questo momento però saranno due le sentinelle. Con Joe farà il suo turno Noah. Jess farà il turno seguente assieme a Roger. Poi Andy e Alf. Io farò il mio turno con Will. Comunque, d'ora in poi, prima si dà l'allarme, poi si rimugina su quali intenzioni abbiano.

– Io speravo che proseguissero la loro strada – disse Joe Harris.

– Sì, capisco – fece John. – Ora tutti gli altri possono andare a dormire.

– Nessun segno di Pirrie e della sua donna? – domandò Alf Parsons.

– Jane... è là fuori... – balbettò Olivia.

– Li vedremo arrivare. E ora tornate a dormire.

– Se quella banda li scopre, per loro è finita – disse Parsons. John andò alla finestra. – Pirrie! Jane! – chiamò. Dall'esterno non giunse nessuna risposta. La luna sembrava stendere un manto di ghiaccio sul terreno.

– Dobbiamo andare a cercarli? – chiese Parsons.

– No – rispose John. – Questa notte nessuno esce di casa. Non sappiamo se quelli se ne sono andati, o se si sono fermati nelle vicinanze in attesa di un'occasione migliore. E ora, a letto. Domani sarà una giornata lunga. Si dispersero in silenzio, seppure con qualche riluttanza. John salì al piano di sopra con Roger, dietro Ann, Olivia e i ragazzi. Entrò in bagno, e Roger rimase ad aspettarlo sul pianerottolo.

– Temevo che stavolta fosse quella buona... – disse Roger.

– Per le bombe a mano?

– Già. Siamo stati fortunati.

– Io non riesco a capire. Abbiamo avuto la fortuna di uccidere l'uomo che teneva le bombe a mano, e questo deve averli scossi parecchio. Ma mi sorprende che abbiano immediatamente rinunciato all'impresa. È strano. Roger sbadigliò. – Be', l'hanno fatto. Che ne pensi di Pirrie e di Jane?

– Che erano così lontani da non sentire gli spari, o che sono stati sorpresi e uccisi. Quei tipi non sparavano male. All'aperto, Pirrie e Jane erano senza protezione.

– Tanto lontani da non sentire gli spari! – disse Roger ridendo. – Sui sentieri dell'amore.

– Se Pirrie avesse sentito la sparatoria, sarebbe tornato.

– C'è un'altra possibilità – suggerì Roger. – Jane potrebbe essersi nascosta un coltello sotto la gonna senza che nessuno le dicesse niente. Queste idee vengono, alle donne.

– E dove sarebbe Jane, allora?

– Potrebbe essersi imbattuta nei nostri amici. O forse ha pensato che non avrebbe più goduto di molte simpatie se fosse venuta a raccontarci di aver ucciso il marito la notte di nozze.

– Ha sufficiente buon senso per capire che da sola non avrebbe possibilità di salvezza.

– Le donne sono strane creature – disse Roger. – Novantanove volte su cento fanno delle cose sensate senza esitare. La centesima fanno una cosa assurda con lo stesso identico entusiasmo.

– Mi sembri allegro, stanotte – osservò John.

– E chi non lo sarebbe, dopo una vittoria come la nostra? La seconda bomba a mano ha urtato il muro a pochi centimetri dalla mia finestra.

– E non proveresti il minimo dispiacere se Pirrie fosse stato ucciso, o da Jane o da quelli delle bombe.

– Nessun dolore particolare. Per niente, anzi. Te l'ho già detto, io non ho motivi per essere attaccato a Pirrie. Io non devo guidare il gruppo.

– È per questo che mi definisci... attaccato a Pirrie?

– Non ci sono molti Pirrie in circolazione. È la perla nell'ostrica: dura e brillante, ma, per quanto riguarda l'ostrica, una malattia.

– E l'ostrica? – domandò John con ironia. – È forse il mondo che noi conosciamo?

– L'analogia è troppo complicata. E sono anche stanco. Comunque, sai quello che penso di Pirrie. In situazioni particolari, non ha prezzo. Ma prego Iddio di non dover vivere in questa situazione per sempre.

– Prima era un pacifico cittadino. Non ci sono ragioni per credere che non possa tornare quello di una volta.

– Non si può rimettere una perla nell'ostrica. Non mi va l'idea di vivere nella valle con Pirrie al fianco, pronto a darmi una gomitata per ricordarmi la sua presenza.

– Nella valle comanderà David, se qualcuno dovrà comandare. Non io, né Pirrie. Questo lo sai.

– Non ho mai conosciuto tuo fratello – disse Roger – e so molto poco di lui. Però lui non è stato costretto a guidare la sua famiglia e gli amici attraverso un mondo che si sfascia appena lo tocchi.

– Non significa niente.

– Credi? – Roger tornò a sbadigliare. – Be', sarai stanco, va' a dormire. Io è inutile che mi corichi, per mezz'ora prima del mio turno. Guarderò soltanto se i ragazzi si sono addormentati.

Si fermarono sulla soglia della camera da letto. Ann e Olivia si erano sdraiate per terra su delle coperte stese sotto la finestra. Ann sollevò la testa, ma non disse niente. Un raggio di luna illuminava il letto matrimoniale ricavato unendo i due letti singoli. Mary si era rannicchiata contro la parete. Davey e Steve dormivano al centro, uno accanto all'altro. Spooks, con una faccia stranamente adulta senza occhiali, era coricato dalla parte opposta. Anche lui era sveglio, e teneva gli occhi fissi al soffitto.

– Non pensare che non sia grato a Pirrie per tutte le volte che ci ha tolto dai guai – disse Roger. – Però sono contento di aver scoperto che possiamo anche fare a meno di lui.

Nel nuovo sistema di vita le ore di sonno erano distribuite tra le nove di sera e le quattro del mattino. I ragazzi, quando era possibile, andavano a letto un'ora prima e dormivano fino al momento in cui era pronta la colazione. Cominciò a schiarire durante l'ultimo turno di guardia, quello di John e Will Secombe, e i due uomini si allontanarono dalla casa per esaminare il campo di battaglia. A circa quindici metri dalla casa videro il corpo di un uomo con la testa fracassata da un colpo di fucile. Dimostrava venticinque anni e indossava l'uniforme dell'esercito; al petto si era appuntato un grosso gioiello. Se quelle pietre erano diamanti, come avevano l'aria di essere, quella spilla doveva valere una fortuna. C'erano ancora dei brandelli di divisa sul corpo del secondo cadavere. Lo spettacolo, qui, era più raccapricciante. Evidentemente l'uomo aveva le bombe a mano appese alla cintura, e quella che gli era sfuggita dalle dita le aveva fatte scoppiare. Sarebbe stato molto difficile identificarlo. John chiamò Secombe, e insieme trascinarono lontano i cadaveri, nascondendoli sotto uno strato di agrifoglio.

Secombe era un biondo dalla pelle chiara. Doveva avere circa trentacinque anni, ma sembrava molto più giovane. Diede un calcio a una gamba rimasta scoperta, poi si guardò le mani con disgusto.

– Vai a lavarti – disse John. – Farò io la guardia. Comunque fra poco è l'ora della sveglia.

– Grazie, signor Custance. Non ho mai visto nessuno conciato in quel modo, neanche durante la guerra.

Quando fu solo, John fece un altro giro d'ispezione. L'uomo con le bombe a mano aveva avuto anche un fucile. Ma era contorto e inutilizzabile. Non c'erano altre armi in giro. Quella appartenuta all'altro cadavere doveva essere stata raccolta dagli attaccanti durante la ritirata. Non trovò altro, tranne due o tre caricatori vuoti, e un certo numero di bossoli. Si guardò attorno in cerca di qualche segno di Pirrie o di Jane, ma non vide niente. Nella luce dell'alba la valle si stendeva lontano senza il minimo segno di vita. Il cielo era ancora sereno e prometteva una bella giornata.

Pensò di chiamare ancora una volta, poi decise che sarebbe stato inutile. Secombe uscì di casa, e John guardò l'orologio. – Bene. Puoi dare la sveglia.

La colazione era quasi pronta, e al piano di sopra i ragazzi si stavano preparando vociando. A un tratto John sentì Roger esclamare: – Mio Dio!

Erano nella stanza da dove John aveva diretto le operazioni della notte. John seguì lo sguardo di Roger che guardava dalla finestra. Sul sentiero stava avanzando Pirrie, con il fucile sotto il braccio. Jane lo seguiva a qualche passo.

– Pirrie! – esclamò John. – Che cosa diavolo è andato a fare in giro?

Pirrie sorrise. – Non le sembra una domanda indiscreta? – Indicò il giardino. – Avete già fatto pulizia, vedo.

– Allora ha sentito.

– Sarebbe stato difficile il contrario. Sono riusciti a lanciare qualche bomba a mano dentro la casa?

John scosse la testa.

– Lo immaginavo.

– Se ne sono andati quando cominciavamo a temere il peggio. Non riesco ancora a capire il perché.

– Probabilmente il fuoco incrociato li ha colti alla sprovvista – disse Pirrie.

– Fuoco incrociato?

Pirrie indicò a destra della casa, dove il terreno si alzava ripido.

– Vuol dire... che sparava da lassù?

– Naturalmente – disse Pirrie.

– Naturalmente – ripeté John. – Questo spiega molte cose. Mi chiedevo chi di noi fosse stato tanto abile da colpire gli avversali al buio, e uccidendoli, non solo ferendoli. – Fissò Pirrie. – Quindi ha sentito quando l'ho chiamata, dopo che hanno abbandonato il campo. Perché non mi ha risposto?

Pirrie sorrise. – Ero occupato.

Procedettero senza incidenti per tutto il giorno, anche se un po' a rilento, per lo più attraverso la brughiera, ma a tratti furono costretti ad abbandonare la strada per superare alture spoglie e sassose, o per seguire il corso di uno dei tanti fiumi che si infilavano nelle valli. Il sole salì alle loro spalle nel cielo senza nubi, e prima di mezzogiorno la temperatura divenne infuocata. John ordinò la sosta per la colazione con un certo anticipo, poi disse alle donne di far riposare i ragazzi sotto un gruppo di sicomori.

– Non vuoi forzare la marcia? – domandò Roger. John scosse la testa. –

Siamo quasi arrivati. Raggiungeremo la valle prima di sera, se è questo che vuoi sapere. I ragazzi sono sfiniti.

– Anch'io – disse Roger. Si sdraiò per terra, e incrociò le braccia sotto la testa. – Pirrie invece è sempre pieno di energie.

Pirrie stava spiegando qualcosa a Jane indicando la pianura che si stendeva a sud.

– Ormai non gli pianterà più un coltello nel cuore – soggiunse Roger. –

Un'altra Sabina che ha fatto ritorno a casa. Mi domando come verranno fuori i piccoli Pirrie.

– Millicent non aveva bambini.

– Forse per colpa di Pirrie, ma molto più probabilmente per colpa di Millicent. Era il tipo di donna che non sopporta il peso dei figli. Le avrebbero limitato la libertà.

– Millicent sembra ormai molto lontana – disse John.

– La relatività del tempo. Quanto ne è passato dal giorno in cui ti ho trovato sulla gru? Sembrano passati sei mesi.

Nella brughiera non avevano incontrato nessuno per tutto il giorno, ma quando scesero dalle montagne per attraversare la pianura a nord di Kendal, videro le tracce ormai familiari del passaggio di quell'animale da preda che era l'uomo. Case che bruciavano, e qualche grido lontano, che poteva essere tanto di dolore quanto di esultanza selvaggia. La vista e i rumori della morte. Poi sentirono qualcos'altro: il lezzo agrodolce della carne in putrefazione.

Ma la marcia non fu interrotta, e presto ricominciarono a salire le colline che li separavano dal loro rifugio. Nel cielo si sentiva il canto di qualche allodola, e una gazza corse davanti a loro per qualche metro. A un certo punto videro un cervo. Era a circa trecento metri; Pirrie si inginocchiò per prendere accuratamente la mira, ma l'animale scattò dietro un gruppo di rocce prima che lui potesse sparare. Anche da quella distanza avevano notato quanto l'animale fosse magro. John si domandò di cosa si nutrisse. Forse di muschio e di altre piante simili.

Verso le cinque raggiunsero le rive del Lepe. Scorreva con la pacifica violenza di sempre. In quel punto il fiume scendeva tra pareti di roccia, così che neppure l'assenza di erba lo rendeva diverso dai loro ricordi. Ann andò accanto a John. Era più calma e più serena di quanto non lo fosse mai stata dal giorno della partenza da Londra.

– A casa! Finalmente.

– Fra tre chilometri – disse John. – Ma vedremo l'imbocco della valle fra due chilometri. Conosco questo tratto di fiume alla perfezione. Più avanti c'è un punto in cui si può arrivare al centro camminando su delle pietre che affiorano. Là io e Dave eravamo soliti andare a pesca.

– Ci sono pesci nel Lepe? Non lo sapevo.

John scosse la testa. – Non ne abbiamo mai presi dentro la valle. Ma qui ci sono le trote. – Sorrise. – Potremo mandare delle spedizioni munite di reti. Darà un po' di varietà alla nostra dieta.

– Sì. Amore, ora comincio a credere che tutto andrà per il meglio, e che torneremo a essere felici e umani.

– Certo. Non ne ho mai dubitato.

– Ecco la palizzata di Dave – disse John. – Sembra solida. Erano arrivati in vista dell'ingresso di Blind Gill. La strada piegava fino a unirsi al fiume, e l'alta palizzata correva dalle sue rive fino alla parete a strapiombo sul lato opposto. Al centro, la palizzata aveva una parte scorrevole che si poteva aprire come un cancello.

Pirrie si mise accanto a John. Anche lui ammirò il bastione difensivo.

– Un ottimo lavoro. Quando saremo dall'altra...

Una raffica di mitra lo interruppe. Per un attimo John rimase immobile in piedi al centro della strada. Poi urlò, più confuso che spaventato: –

Dave!

Una seconda raffica, e questa volta John si lanciò di corsa per andare vicino a Davey e a Mary. Agli altri gridò: – Gettatevi nel fossato! – Vide Ann che vi trascinava Davey e Spooks, mentre Mary era già sul fondo. Fece gli ultimi passi e si accucciò accanto a loro.

– Che cosa succede, papà? – disse Mary.

– Da dove sparano? – chiese Ann.

Indicò la palizzata. – Di là. Siete tutti al riparo?... Chi è quello sulla strada? Pirrie!

Il corpo minuto di Pirrie giaceva disteso al centro della carreggiata. Sotto di lui si allargava una chiazza di sangue.

Ann afferrò John per un braccio nell'attimo in cui stava per alzarsi.

– No! Rimani dove sei. Pensa ai ragazzi... A me.

– Devo tirarlo via di là – disse John. – Non avranno il coraggio di spararmi.

Ann continuò a trattenerlo. Cominciò a piangere, poi supplicò Mary di aiutarla, e Mary afferrò il padre per la giacca. Mentre cercava di liberarsi, John vide qualcuno uscire dal fossato e andare di corsa verso Pirrie. Era una donna.

John cessò di lottare, sbalordito. – Jane! – mormorò.

La ragazza afferrò Pirrie per le spalle e lo sollevò. Non guardò nemmeno verso la palizzata dove c'era la mitragliatrice. Si fece passare un braccio di Pirrie attorno alle spalle, e un po' sollevandolo, un po' trascinandolo, riuscì a portarlo fino al fossato. Lo fece scivolare accanto a John, poi si mise a sedere e appoggiò la testa di Pirrie sulle proprie ginocchia.

– È... morto? – domandò Ann.

Aveva del sangue poco sopra una tempia. John l'asciugò, e vide una ferita superficiale. Una pallottola l'aveva colpito di striscio, ma con forza sufficiente da farlo cadere. C'era un'altra escoriazione sull'altro lato della testa. Probabilmente se l'era fatta cadendo a terra, e forse il colpo l'aveva fatto svenire.

– Sopravviverà – disse John. Jane alzò la testa; aveva gli occhi pieni di lacrime. – Di' a Olivia di passarci delle bende – aggiunse John. – E del cotone.

Ann spostò gli occhi da Pirrie alla palizzata. – Ma perché ci hanno sparato? Cos'è successo?

– È stato un equivoco – disse John. – Soltanto un equivoco. Chiariremo tutto facilmente.

11

Ann cercò di fermarlo quando lo vide legare un grosso fazzoletto bianco all'estremità di un bastone. – Non puoi andare! Ti spareranno. John scosse la testa. – No. Non lo faranno.

– Ci hanno già sparato senza che li provocassimo! Spareranno anche a te.

– Senza provocarli? Una banda come la nostra, armata, che avanza lungo la strada? È stato più sbaglio mio che loro. Avrei dovuto immaginare cos'avrebbero pensato.

– Chi? David?

– Probabilmente non lui. Non può stare tutto il tempo vicino alla palizzata. Dio sa chi è stato a sparare. Adesso sarà diverso. Vedranno avanzare un uomo disarmato con una bandiera bianca in mano. Non avranno motivo di sparare.

– Ma potrebbero farlo.

– No.

Ebbe una strana sensazione nel camminare in mezzo alla strada, verso la palizzata, con quella bandiera bianca in mano. Non era esattamente paura. Piuttosto quel senso di stanchezza e di eccitazione che aveva provato a volte quando era febbricitante. Cominciò a contare mentalmente i passi. Uno, due, tre, quattro, cinque... Vide la canna della mitragliatrice che spuntava da una feritoia a circa tre metri da terra. David aveva costruito una piattaforma all'interno.

Si fermò a due o tre metri dalla palizzata e guardò verso l'alto. Una voce gridò: – Be', che vuoi?

– Vorrei parlare con David Custance.

– Davvero? Adesso è impegnato. Comunque, la risposta è no.

– È mio fratello.

Ci fu un momento di silenzio. Poi la voce disse: – Suo fratello è a Londra. Chi sei?

– John Custance. Siamo scappati da Londra. C'è voluto un po' di tempo per arrivare fin qui. Posso vederlo?

– Aspetta. – Ci fu un mormorio, ma John non riuscì a capire quello che si dicevano. – D'accordo. Rimani lì, lo mandiamo a chiamare. John si allontanò di alcuni passi e rimase a guardare il Lepe. Dall'altra parte della palizzata si sentì il rumore di una macchina che si avviava lungo la strada che saliva alla fattoria. Sembrava il rumore dell'utilitaria di David. Chissà quanta benzina avevano ancora di scorta. Probabilmente non molta. Ma non aveva importanza: prima la gente si fosse abituata a un mondo senza motori, e anche senza bestie da soma, meglio sarebbe stato per tutti.

Chiamò l'uomo di guardia. – La gente che sta con me... può uscire dal fossato? Senza che spariate?

– Stanno bene dove sono.

– Non c'è nessun motivo per non farli salire in strada.

– Il fossato va benissimo.

John pensò di polemizzare, poi decise di lasciar perdere. Chiunque ci fosse dall'altra parte, era un uomo di cui in seguito avrebbe dovuto condividere la vita. Dato che voleva fare sfoggio della sua breve autorità, meglio lasciarlo fare. L'irritazione di John era stata mitigata dalla velocità con cui l'altro aveva acconsentito a chiamare David. Questo, se non altro, faceva volatilizzare il timore che David avesse perso il controllo della valle.

– Informo i miei di quello che succede – disse.

– Fa' come ti pare – rispose la voce con indifferenza. – Basta che li tieni lontani dalla strada.

Pirrie si era ripreso. Ascoltò quello che disse John, ma non fece commenti.

– Pensi che andrà tutto bene? – domandò Roger.

– E perché no? Quello della mitragliatrice ha il grilletto facile, ma non ci darà più fastidio quando saremo dall'altra parte.

– Non sembra molto ansioso di lasciarci passare – ribatté Alf Parsons.

– Esegue solo degli ordini. E... ehi!

Dall'altra parte arrivò il rumore di una macchina in avvicinamento.

– Dev'essere David – disse John, scattando in piedi.

– Ann, vieni a parlargli anche tu.

– Non è un rischio? – domandò Roger.

– Non mi sembra, visto che c'è David.

– Anche Davey e Mary sarebbero contenti di venire – disse Ann.

– Certo.

– No – disse Pirrie a voce bassa, ma in tono deciso. John si voltò a guardarlo. – Perché? Cos'è che non va?

– Credo che siano più al sicuro qui. – Una breve pausa. – Non dovreste andare là sotto tutti insieme.

Ci volle qualche secondo a John per comprendere il sottinteso, e ci riuscì solo perché era stato Pirrie a parlare, con il suo cinico realismo.

– D'accordo – rispose. – Questo m'insegna come si comporterebbe lei al mio posto, vero?

Pirrie sorrise, e Ann chiese: – Dov'è il problema?

In quell'istante John sentì la voce di David che lo chiamava da lontano. –

John!

– Niente, non importa, Ann. Tu resta qui. Non ci vorrà molto a chiarire le cose con David.

Si era quasi aspettato di veder aprire il portone, poi capì che la loro cautela, forse eccessiva ma giustificata, avrebbe consigliato di non far scorrere il battente finché il fratello non lo avesse riconosciuto, e lui non avesse dichiarato chi erano le persone che lo accompagnavano. Si fermò a pochi passi dalla palizzata, senza la possibilità di vedere che cosa combinassero dall'altra parte.

– Dave! Sei lì?

Sentì la voce di David. – Sì, certo... Aprite! Come diavolo fa a passare se la porta resta chiusa?

Vide la canna della mitragliatrice spostarsi leggermente nell'attimo in cui socchiudevano il portone. Proprio non volevano correre rischi. Strisciò all'interno, e vide David. Si abbracciarono. Subito il portone venne richiuso alle sue spalle.

– Come hai fatto ad arrivare? – domandò David. – Dove sono Davey, Ann e Mary?

– Fuori, nel fossato. I tuoi uomini a momenti ci ammazzavano tutti. David lo fissò. – Non posso crederci! Avevo detto a quelli della palizzata che ti aspettavo, ma ormai non speravo più che ce l'avresti fatta. La proibizione di uscire da Londra... e poi le voci sui disordini, sui bombardamenti... Ti avevo dato per morto.

– È una lunga storia – disse John. – Può aspettare. Posso far entrare il mio gruppo?

– Il tuo... gruppo? Ah già, mi hanno detto che c'era una banda.

– Esatto. Trentaquattro persone. Dieci sono ragazzi. Abbiamo fatto parecchia strada insieme, e io li ho portati qui.

Guardò la faccia di David. Gli aveva visto una sola volta quell'espressione: quando alla morte del nonno avevano saputo che lui ereditava tutta la valle. Era un'espressione che tradiva colpa e imbarazzo.

– C'è qualche difficoltà, Johnny – disse David.

– In che senso?

– Siamo già in troppi. Quando le cose hanno cominciato a mettersi male, i vicini si sono riversati nella valle. I River da Stonebeck, eccetera. È stato il loro figlio che ha portato la mitragliatrice... l'ha presa in una caserma vicino a Windermere. Con lui sono venuti tre o quattro militari. Stiamo già tirando la cinghia. Ce la caviamo discretamente, ma non abbiamo un margine per gli imprevisti: un cattivo raccolto di patate, o cose del genere.

– I miei trentaquattro faranno tirare ancora di più la cinghia, ma sanno lavorare – disse John. – Te lo garantisco.

– Non è questo il punto – disse David. – La terra non sarà in grado di mantenere tanta gente. Siamo già al limite.

Seguì un breve silenzio. Il Lepe scorreva fragorosamente alla loro destra. L'uomo che faceva bollire una pentola sul fuoco, e i due sulla piattaforma, non potevano sentire. Tuttavia John abbassò la voce. – Cosa mi consigli? Di tornare a Londra?

David lo afferrò per un braccio. – Dio mio, no! Non essere stupido. Ho cercato di spiegartelo... posso far passare te, Ann e i ragazzi. Ma non gli altri.

– Dave, lascia entrare tutti. Puoi... devi farlo. David scosse la testa. – Lo farei, se potessi. Non capisci? Quelli che sono con te non sono i primi che rimandiamo indietro. Ne sono già arrivati altri; alcuni erano parenti di quelli che già si trovavano nella valle. Siamo stati inflessibili. Comunque ho sempre detto che tu e la tua famiglia sareste dovuti entrare. Ma trentaquattro... Anche se dessi il mio consenso, gli altri non lo permetterebbero mai.

– La terra è tua.

– Nessuno può più avere della terra senza il consenso degli altri. Sono in maggioranza. Johnny, capisco che non ti vada l'idea di abbandonare della gente che ha fatto il viaggio con te. Ma devi farlo. Non c'è alternativa.

– C'è sempre un'alternativa.

– No. Inventa qualche scusa, e fa' venire qui Ann e i ragazzi. Gli altri... sono armati, vero? Se la caveranno benissimo.

– Tu non sai cosa sia fuori di qui.

Si fissarono.

– Capisco che non ti piaccia farlo, John, ma devi. Non puoi mettere la salvezza di quella gente alla pari con quella di Ann e dei tuoi figli. John scoppiò a ridere. I due uomini sulla piattaforma si girarono a guardare.

– Quel Pirrie legge nel pensiero!

– Pirrie?

– Uno di quelli che sta con me. Non credo che ce l'avremmo fatta ad arrivare, senza di lui. Volevo portare Ann e i ragazzi con me, prima. Ma lui me l'ha impedito, facendoli restare insieme agli altri. Ho capito subito che voleva difendere se stesso e gli altri contro un possibile tradimento, e all'inizio mi sono indignato. Ora però... se loro fossero qui, dentro la palizzata, mi chiedo che cosa farei.

– Questo è un grosso guaio. Non lo puoi ingannare in qualche modo?

– No, non Pirrie. – John guardò lontano, verso la cerchia delle colline. –

Se respingi gli altri, respingi anche noi... anche Davey.

– Questo Pirrie... forse potrei convincere i miei a lasciar passare una persona in più. Lo si può corrompere?

– Sì, ma gli altri devono avere intuito qualcosa, e si insospettiranno se dirò loro che non possono entrare tranquillamente, come avevo promesso. Non sarà possibile accogliere i ragazzi senza far passare tutti.

– Deve pur esserci una via d'uscita.

– È ciò che ho già detto io. Ormai non abbiamo più libertà d'azione. –

Guardò il fratello. – In un certo senso, Dave, siamo nemici.

– No. Troveremo un modo. Ecco... tu torna indietro, e io ordinerò ai miei di fare una sortita, protetti dal fuoco della mitragliatrice... tu potresti dire ad Ann e ai ragazzi di tenersi al riparo fin quando non avremo cacciato gli altri...

John sorrise con ironia. – Anche se io fossi in grado di fare una cosa del genere, non si otterrebbe nessun risultato. I miei sono ormai decisi a tutto. Il fossato presenta un ottimo riparo, e la mitragliatrice non li può spaventare.

– Allora... non so. Ma qualcosa dovremo escogitare.

John tornò a guardare la valle. Il terreno era ben coltivato, quasi interamente a patate. – Ann comincerà a domandarsi perché stia tanto tempo a discutere, per non parlare degli altri. Devo andare. Che facciamo, Dave?

Lui aveva ormai deciso, e il disagio del fratello non poteva fargli cambiare idea. Alla fine Dave disse, forzando le parole a uscire: –

Cercherò di convincerli. Torna fra un'ora. Vedrò se sarà possibile farvi passare tutti. Nel frattempo possiamo anche pensare a qualche altra soluzione. Pensaci, Johnny.

– Cercherò. Arrivederci, Dave.

– Salutami tutti... salutami Davey.

– Certo. Naturalmente.

I due uomini scesero dalla piattaforma per aprire il portone. John scivolò per la fessura, e si allontanò senza voltarsi.

Lo stavano attendendo con ansia. Lasciandosi scivolare nel fossato, dalle loro facce capì che si aspettavano brutte notizie. Non poteva essere altrimenti, dal momento che il portale di accesso alla valle non si era spalancato immediatamente.

– Com'è andata, signor Custance? – chiese Noah Blennitt.

– Non bene. – Raccontò il colloquio avuto col fratello, accennando solo di sfuggita all'invito fatto a lui e alla sua famiglia.

– Posso capire il loro punto di vista – disse Roger alla fine. – Ma lui può fare entrare te, Ann e i ragazzi, vero?

– Lui non può far niente. Sono gli altri che decidono. E sembra che non vogliano cedere.

– Accetta i fatti, Johnny – disse Roger. – Tu ci hai portato fin qui, e noi non abbiamo perso niente. Ora non è logica la tua rinuncia solo perché non possiamo entrare anche noi.

Il mormorio degli altri era abbastanza incerto da suonare incoraggiante. Non lo avrebbero fermato, pensò, mentre erano ancora scossi dalla loro stessa generosità. Avrebbe potuto prendere Ann e i ragazzi, raggiungere il portone, e vederlo spalancarsi sulla valle... Guardò Pirrie. E Pirrie ricambiò l'occhiata con calma. La mano destra, con le unghie sempre ben curate, era appoggiata sul calcio del fucile.

Vista scoppiare la bolla della tentazione, John si domandò come si sarebbe comportato se avesse goduto di una libertà reale e non solo apparente. Un feudatario pronto a vendere i suoi sudditi. Probabilmente nel Medioevo si comportavano in quel modo; molti, almeno.

– Ci ho pensato – disse, fissando Pirrie – e francamente non vedo come mio fratello possa convincere gli altri. Come ho detto, molti hanno visto cacciare via i loro parenti. Questo ci lascia due alternative: andarcene anche noi e cercare un rifugio da qualche altra parte, o tentare di conquistare la valle con la forza.

– No! – esclamò Ann, sconvolta.

– Vuoi combattere contro lo zio Dave, papà? – domandò Davey. Gli altri non parlarono.

– Decideremo soltanto quando avrò parlato di nuovo con mio fratello –

disse John. – Forse c'è una possibilità di trattare in via pacifica. Voi, comunque, cominciate a pensarci.

– Io ripeto che dovresti accettare l'offerta che ti hanno fatto – disse Roger.

Questa volta non ci fu alcun mormorio. Il momento di indecisione era stato superato, e i sudditi si aspettavano che il signorotto adempisse i suoi doveri nei loro confronti.

– Che cosa ne pensa, signor Custance? – chiese Alf Parsons.

– Lo dirò dopo aver parlato con mio fratello.

Pirrie rimase in silenzio e sorrise leggermente. Con la testa fasciata sembrava un vecchio fragile e innocuo. Jane gli sedeva accanto in atteggiamento protettivo.

Soltanto quando John si alzò per andare alla palizzata, Pirrie si decise a parlare. – Osservi bene quello che c'è dall'altra parte. Chiaro?

– Chiaro – disse John.

Se aveva sperato che il fratello riuscisse a convincere gli altri, la speranza svanì nell'attimo in cui vide la faccia di David. Quattro o cinque uomini lo avevano accompagnato alla palizzata, forse per dare man forte ai tre di guardia, nell'eventualità che la banda di John tentasse di penetrare con la forza. John vide che c'era un telefono dietro la palizzata. In caso la situazione fosse diventata pericolosa, avrebbero potuto chiamare rinforzi immediatamente. Si guardò attorno in cerca di altri sistemi difensivi.

– Gli altri non sono d'accordo, Johnny – disse David. – Del resto, non possono fare altrimenti.

Gli uomini che lo avevano accompagnato rimasero a pochi passi, e questo fece capire a John, più di ogni altra cosa, quanto il fratello avesse le mani legate.

– Dunque, dobbiamo riprendere il cammino. Va bene. Ho portato i tuoi saluti a Davey. Mi spiace che tu non lo possa vedere.

– Senti... – disse improvvisamente David – ho trovato la soluzione. John lo guardò con aria interrogativa. E intanto annotava mentalmente l'angolo formato dalla staccionata e dal fiume.

– Di' loro che non c'è niente da fare – continuò David – e che vi conviene cercare da qualche altra parte. Ma non allontanatevi molto per questa notte. Fa' in modo che tu, Ann e i ragazzi restiate in coda alla colonna... e poi tornate indietro. Vi lascerò entrare. Rimarrò tutta la notte vicino alla palizzata per evitare sorprese.

John riconobbe che l'idea era sensata, ma per altra gente e in altre condizioni. Non ne fu minimamente tentato. Tantopiù che David non aveva messo in conto un intervento di Pirrie per sventare il piano. Errore comprensibile, non conoscendo Pirrie.

– Sì – disse lentamente – penso che possa funzionare. Comunque, vale la pena di tentare. Ma non vorrei che i ragazzi venissero falciati da quella mitragliatrice.

– Non c'è pericolo – disse David con entusiasmo. – Fammi il fischio dei vecchi tempi, quando sarai nelle vicinanze. E poi, c'è la luna piena.

– Già – disse John.

12

John si lasciò cadere nel fossato.

– Non è possibile entrare pacificamente – disse subito. – Mio fratello ha tentato di convincerli, ma inutilmente. Così, come ho detto, ci rimangono due alternative. Andarcene da qualche altra parte, o aprirci la strada con la forza. Ci avete riflettuto?

Seguì un lungo silenzio.

– Sta a lei decidere, signor Custance – disse Alf Parsons alla fine. –

Faremo ciò che dirà lei.

– Bene – fece John. – Per prima cosa, mio fratello mi assomiglia, e porta un giubbotto blu su una camicia a scacchi bianchi e neri. Lo dico perché lo possiate riconoscere. Non voglio che gli sia fatto del male, se è possibile.

– Allora si va allo scontro – commentò Joe Harris.

– Sì, ma non subito: questa notte. Ora battiamo in ritirata e portiamoci fuori vista. Dobbiamo far credere che rinunciamo all'idea di entrare nella valle. La nostra sola speranza è di coglierli di sorpresa. Ubbidirono immediatamente. Uscirono dal fossato e ripresero la marcia, allontanandosi dalla valle. John restò in coda alla colonna, e Pirrie e Roger gli si misero al fianco.

– Continuo a pensare che tu stia facendo la cosa sbagliata – disse Roger.

– Puoi abbandonarci, e tornare indietro con la tua famiglia. Ti lasceranno entrare.

– Non penso che sarà facile, anche cogliendoli di sorpresa – disse Pirrie, pensoso. – A meno che non esista qualche strada per passare dalle colline.

– No. Anche se possono esserci dei passaggi, sarebbe un tentativo inutile. I fianchi della collina sono ripidi, e sarebbe impossibile evitare di far cadere dei sassi. Denunceranno subito la nostra presenza, e offriremmo un facile bersaglio.

– Immagino – proseguì Pirrie – che non stia pensando di sferrare un attacco frontale contro la palizzata.

– No. – Guardò Pirrie dritto nelle pupille. – Come si sente, ora?

– Normale.

– Tanto da poter percorrere mezzo chilometro nelle acque gelide di un fiume?

– Sì.

Roger e Pirrie lo fissarono senza capire.

– Mio fratello ha costruito la palizzata sul lato compreso tra la riva del fiume e la montagna, dando però per scontato che sul lato contiguo il fiume fosse uno sbarramento sufficiente. In effetti, vicino alla riva le acque sono profonde e vorticose: parecchio bestiame è scomparso in quelle acque, e anche degli uomini. Tuttavia, quand'ero ragazzo, una volta sono caduto nel fiume e non sono annegato: al centro c'è una specie di rialzo... avevo soltanto undici anni, eppure sono riuscito a rimanere lì restando con la testa fuori dall'acqua.

– Stai suggerendo di guadare tutti insieme il fiume? – chiese Roger. – Ci vedranno. E come faremo a raggiungere la riva, se ai lati le acque sono profonde come hai detto?

Pirrie, come John immaginava, afferrò subito l'idea. – Dovrò andare a mettere fuori combattimento quelli della mitragliatrice – disse. – E il resto del gruppo?

– Io verrò con lei – disse John. – Mi farò dare una delle carabine. Non ho un'ottima mira, ma in due avremo comunque maggiori probabilità di riuscita. Tu, Roger, dovrai prendere d'assalto la palizzata non appena avremo messo a tacere la mitragliatrice. Puoi camminare nel fossato con gli uomini e fermarti a un centinaio di metri. La palizzata non è impossibile da scalare. Gireranno la mitragliatrice verso di noi non appena si accorgeranno di essere attaccati alle spalle: quello sarà il momento in cui dovrete entrare in azione voi.

– Funzionerà? – domandò Roger dubbioso.

Fu Pirrie a rispondere. – Sì. Penso proprio di sì.

Andò accanto ad Ann e guardò i ragazzi che dormivano. Davey, Spooks e Steve stavano rannicchiati uno accanto all'altro; Mary, leggermente discosta, teneva la testa appoggiata a un braccio. Raccontò sottovoce alla moglie il piano di David.

Quando ebbe terminato, lei sbottò: – Perché non hai accettato? Ce l'avremmo fatta. Ci saremmo liberati in qualche modo di Pirrie... –

rabbrividì – uccidendolo, se necessario. Si è già uccisa tanta gente innocente, e altra ne morirà ancora. Oh, perché non hai accettato? Siamo ancora in tempo?

Il sole era calato, e la luna non era ancora comparsa. Era buio completo. Quasi non riuscivano a vedersi in faccia.

– Io sono contento di Pirrie – disse lui.

– Contento!

– Sì, esatto. Ho avuto bisogno del suo grilletto facile per imparare a indurirmi, ma è stato questo a guidarmi sulla retta via. Ann, alcune delle cose che ho dovuto fare per arrivare fin qui sono state brutte. Non sarei mai riuscito a giustificarle ai miei occhi, se non con la speranza che, una volta nella valle, tutto sarebbe stato diverso.

– E lo sarà?

– Lo spero ancora. Ed è per questo che non accetterò di salvarmi grazie a un tradimento.

– Tradimento di chi?

– Di tutti. – Accennò verso il gruppo. – Sarebbe un tradimento abbandonarli adesso.

– Non ti capisco – disse Ann scuotendo la testa. – Non riesco a capire. Non è un tradimento verso David, cercare di entrare con la forza?

– David non ha più una sua volontà. In caso contrario ci avrebbe fatti entrare. Tu lo sai. Pensaci, Ann! Lasciare fuori Roger e Olivia... e Steve, e Spooks. Cosa potresti dire a Davey? E a tutti quei poveri cristi? A Jane... e, sì, anche a Pirrie. Per quanto sia grande il disprezzo che provi per lui, non puoi dimenticare che senza il suo aiuto non saremmo mai arrivati alla valle.

Ann guardò i ragazzi addormentati. – Io penso soltanto che questa notte saremmo potuti entrare nella valle... e senza combattere.

– Ma portandoci dietro dei brutti ricordi.

– Ne abbiamo già altri.

– Non dello stesso genere.

Lei fece una pausa prima di rispondere. – Sei tu il capo, no? Il signorotto medievale... sei stato tu a dirlo.

– Che importanza ha?

– Per te, molta. Me ne rendo conto in questo momento. Ha più importanza della nostra salvezza e di quella dei ragazzi.

– Tesoro, di che stai parlando?

– Del dovere. È questo, no? Non si tratta di Roger, Olivia, Steve o Spooks... non loro considerati in sé e per sé. È in gioco il tuo onore, l'onore del capo. Non sei più un singolo individuo, sei diventato un ruolo.

– Domani sarà passato. E dimenticheremo tutto ciò.

– No. Prima eri riuscito quasi a convincermi, solo adesso però ho capito la verità. Sei cambiato, e non puoi tornare quello di prima.

– Non sono cambiato.

– Quando sarai il re di Blind Gill, quanto tempo ci vorrà perché ti mettano in testa una corona?

Il pericolo maggiore, pensò John, era annidato tra l'ansa del fiume e il punto, a circa trenta metri dalla palizzata, dove l'ombra delle colline annullava il chiarore della luna. Se avessero aspettato che la luna fosse alta nel cielo, sarebbe diventato impossibile passare inosservati, a così pochi metri dai guardiani.

In quel momento la zona illuminata era una striscia di una sola ventina di metri. Avevano inoltre la speranza che l'attenzione dei difensori fosse tutta rivolta alla strada, e non al fiume apparentemente impraticabile. Pirrie si abbassò in modo da tenere fuori dall'acqua solo la testa, le spalle e la mano che stringeva il fucile. John lo seguì.

L'acqua era molto più fredda di quanto ricordasse, e lo sforzo di camminare contro corrente era estenuante. Un paio di volte Pirrie scivolò, e lui fu costretto a sorreggerlo. Per loro fortuna le acque scorrevano con fragore tale da soffocare ogni rumore.

Avanzarono lentamente, e alla fine, con soddisfazione, rientrarono nella zona buia. L'ombra era lunga, ma non molto larga. Dalla loro posizione potevano vedere la strada al chiaro di luna e la barricata. In quel momento John sentì aumentare le sue speranze.. Se la palizzata fosse stata in ombra, anche un ottimo tiratore come Pirrie avrebbe avuto delle difficoltà. Quando furono a dieci metri dalla barriera, Pirrie si fermò.

– Che c'è? – chiese John, allarmato.

– Sono... esausto – mormorò Pirrie, senza fiato.

Ricordò di colpo che Pirrie era anziano, non molto robusto, che aveva sulle spalle una giornata di marcia, e che solo poche ore prima era stato ferito. Puntò i piedi sul fondo, e passò il braccio libero attorno alla vita di Pirrie.

– Riposi un attimo – mormorò. – Se non ce la fa, torni indietro. Io proseguirò da solo.

Rimasero in quella posizione per parecchi secondi. Pirrie tremava violentemente. Infine si riscosse. – Sto bene, ora.

– Sicuro?

Senza rispondere, Pirrie ricominciò a camminare. Arrivarono all'altezza della barricata, e proseguirono lungo il Lepe.

John guardò indietro. Lo sbarramento era illuminato dalla luna. Sulla piattaforma c'erano tre uomini. Ai piedi della barricata ce n'erano altri tre o quattro, forse addormentati.

– Qui? – sussurrò a Pirrie.

– Cerchiamo un punto più al sicuro. Li posso centrare anche da una ventina di metri più in là...

Sembrava aver ripreso tutta l'energia. John pensò che forse era indistruttibile. Si trascinò dietro al compagno; adesso era lui a sentirsi affaticato.

Alla fine Pirrie si fermò e si voltò, lottando contro la corrente. Erano penetrati di venticinque metri all'interno della valle. John si trovava alla sinistra di Pirrie.

– Cerchi di colpire quello sulla destra – disse lui. – Io penso agli altri due.

– Prima la mitragliatrice – disse John.

Pirrie non perse tempo a replicare. Alzò il fucile alla spalla, e John fece altrettanto.

Uno sparo, e nella luce della luna si vide l'uomo dietro la mitragliatrice sollevarsi di scatto, gridando, e ricadere all'indietro. Cercò disperatamente di afferrarsi alla piattaforma, ma non ci riuscì. John mirò al suo uomo, ma non lo colpì. La cosa più sorprendente fu che il secondo colpo di Pirrie mancò il bersaglio. I due uomini sulla piattaforma cercarono di girare la mitragliatrice verso di loro. Pirrie sparò ancora, e uno dei due cadde riverso sull'arma. L'altro lo fece rotolare via e girò la canna. John e Pirrie spararono ancora, ma senza successo. Gli uomini ai piedi della piattaforma si erano alzati e stavano imbracciando le armi. Poi la mitragliatrice cominciò a sgranare proiettili e fiammate.

Non riuscirono a sparare più di dodici colpi prima che Pirrie facesse la sua terza vittima, e l'arma ammutolì. Anche gli uomini a terra avevano cominciato a sparare, ma il sibilo di singoli proiettili sembrava una sciocchezza, al confronto.

– La scala... – disse Pirrie. – Teniamoli lontani dalla piattaforma... La sua voce si era fatta nuovamente debole, ma John lo vide caricare l'arma con i soliti movimenti precisi, e poi colpire l'uomo che stava per raggiungere la piattaforma. John cercò di capire se Roger e gli altri avessero dato il via all'assalto alla palizzata, ma non gli giunse all'orecchio nessun rumore. Ormai, però, dovevano averla raggiunta. Guardò la cima della palizzata, per vedere se qualcuno cominciava a scavalcarla. All'improvviso, in tono del tutto naturale, Pirrie gli disse: – Prenda questo – e gli porse il fucile.

– Ma...

– Imbecille, mi hanno colpito.

Il fischio di una pallottola si spense nell'acqua, poco lontano da loro. John vide una chiazza scura allargarsi su una spalla di Pirrie. Prese il fucile del compagno, lasciando cadere il proprio nell'acqua.

– Si afferri stretto – disse a Pirrie.

– Non si preoccupi per me, badi alla scala!

Un uomo stava salendo sulla piattaforma. John sparò, ricaricò, sparò. Colpì il bersaglio al terzo colpo. Si girò verso Pirrie.

– Adesso...

Ma Pirrie era scomparso. A John parve di vederlo alcuni metri più a valle, ma non ne fu certo. Tornò a concentrarsi sulla barricata. Alcune figure la stavano scavalcando. Una era già dietro la mitragliatrice e la stava puntando verso il basso.

Vide gli ultimi difensori buttare a terra le armi. Allora cominciò a guardarsi attorno per cercare il modo di raggiungere la riva. 13

In quella stanza, tanti anni prima, erano entrati lui e David, uno accanto all'altro, stringendosi per mano per vincere il timore che assale di fronte alla morte. Erano entrati per vedere la salma di nonno Beverley. In tutti quegli anni la stanza non era cambiata. David non aveva mai sentito il bisogno di modernizzare l'ambiente che lo circondava.

Ann disse: – Tesoro... mi spiace per quello che ho detto questa notte. Ora sarà tutto diverso. Avevi ragione.

Nel pomeriggio di un giorno lontano, il notaio era venuto a leggere le ultime volontà del nonno; e David si era sentito imbarazzato e colpevole nell'apprendere che aveva ereditato terra e capitale (un bravo agricoltore non deve mai separare le due cose). "Ecco" pensò in quel momento John

"alla fine ho avuto tutto io."

– Non è colpa tua – disse Ann. – Non devi tormentarti.

Sua madre gli aveva detto: "Non avertene a male, caro. Non significa che il nonno non ti volesse bene. Te ne voleva tanto. Me l'ha detto. Ma sapeva che David voleva diventare agricoltore, e tu no. Vorrà dire che io lascerò i miei soldi a te... quelli che mi ha lasciato tuo padre. Potrai frequentare l'università e diventare il migliore ingegnere del mondo. Lo capisci, vero?"

Aveva detto di sì, confuso più dalla serietà di sua madre che da tutto il resto. Aveva sempre saputo che Blind Gill sarebbe andata a David. Né la valle né i soldi contavano nulla, per lui, di fronte alla crescente sensazione di disgusto dovuta alla morte del nonno. Dopo i funerali aveva cercato di dimenticare al più presto quei momenti.

"Avrai sempre quanto ti basta" gli aveva detto la madre. Lui aveva fatto un cenno, impaziente, ansioso di finire quella conversazione che era soltanto uno spiacevole ultimo legame con la morte. Aveva fatto poco caso al tono con cui aveva parlato la madre, così come non aveva notato il crescente pallore di lei durante l'ultimo anno. Non capiva, come invece lei aveva capito, che la parabola della vita di sua madre volgeva al termine. Ann gli andò vicino e gli mise una mano sulla spalla. – Johnny, devi liberarti da questi pensieri.

Dopo erano venute le vacanze con gli zii, e la cameratesca amicizia con David, tanto più profonda per il loro grande isolamento. O c'era stato, nascosto, un risentimento per ciò che David possedeva? Un odio di cui lui stesso non si era reso conto? Non credeva che fosse così, ma il pensiero cominciò a roderlo.

– Tutto andrà bene – disse Ann. – I nostri figli cresceranno tranquilli, anche se il mondo sta andando in rovina. Davey coltiverà la valle. –

Guardò la salma composta sul letto. – David lo desiderava tanto.

– Farà più che coltivarla – disse John. – Ne sarà il proprietario. È un bel pezzo di terra, anche se non come quello che Caino lasciò a Enoch.

– Non parlare così. Non sei stato tu a ucciderlo... È stato Pirrie.

– Ne sei sicura? Io no. Facciamo ricadere tutte le colpe su Pirrie. Lui è morto, scomparso nel fiume. Così la terra potrà tornare a produrre latte e miele, e fiorire di innocenza. È giusto tutto questo?

– John! È stato Pirrie.

Lui la fissò negli occhi. – Mi ha dato il suo fucile... in quel momento aveva capito che per lui era finita. Quando l'ho visto trascinato via dalle acque ho pensato di buttarglielo dietro... era il fucile che ci ha aperto un varco attraverso l'Inghilterra. Avrei anche raggiunto la riva molto più facilmente senza il fucile. Ma l'ho tenuto.

– Puoi buttarlo via, adesso. Non sei obbligato a tenerlo.

– No. Pirrie aveva ragione. Non si butta via un buon fucile. – Guardò l'arma appoggiata all'armadio. – Sarà di Davey, quando sarà cresciuto abbastanza.

Ann fu scossa da un brivido. – No. Non ne avrà bisogno. Il suo sarà un mondo di pace.

– Anche Enoch era un uomo di pace – disse John. – Ha vissuto nella città che suo padre gli aveva costruito. Ma continuò a tenere alla cintura il pugnale del padre.

Si avvicinò al letto e si chinò a baciare il fratello. Aveva baciato la fronte di un altro morto pochi giorni prima, ma sembrava che fossero passati secoli tra i due commiati. Si avviò alla porta.

– Dove vai? – domandò Ann.

– C'è tanto da fare – disse. – C'è da fondare una città.

FINE