venerdì 17 febbraio 2017


EROS
G. VERGA "EROS" Ed. Treves, 1884 : "Egli era ritto, immobile, serio — troppo serio per gli abiti che indossava — e avea tuttora un leggiero strato di polvere sui capelli e sul viso; dovea essere giovane, [p. 7]invecchiato anzi tempo, pallido, biondo, elegante, alquanto calvo.
— Dovete parlarmi? domandò la marchesa dopo un breve silenzio.
— Sì.
— Sedete adunque.

Egli volse un’occhiata sulle seggiole ed il canapè, ingombri di vesti e di arnesi muliebri, e rispose secco secco: — Grazie.
— Vi chiedo scusa per la mia cameriera: disse la moglie arrossendo impercettibilmente.
Alberti inchinò appena il capo.
— Scusatemi piuttosto la mia visita importuna. Mi premeva di parlarvi... stasera.
Cecilia gli lanciò uno sguardo rapido e penetrante, e domandò:
— Avete perduto?
— Non ho giocato.
— Vi battete...?
— Sì.
Ella impallidì.
— Tranquillizzatevi, soggiunse il marchese. Non mi batto col conte Armandi.
Ella si rizzò a sedere sul letto, rossa in viso, coi capelli sciolti, e il corsetto discinto: — Perchè mi dite cotesto, signore?
— Perchè il mio amico Armandi è spadaccino famoso, e avreste potuto essere inquieta per me.
La donna rimase a fissarlo con istraordinaria fermezza.
— Perchè vi battete? [p. 8]
Il marito sorrise — sorriso grottesco su quel viso impassibile — e rispose tranquillamente:
— Per voi.
La marchesa si passò il fazzoletto sulle labbra.
— Galli aveva lo scilinguagnolo un po’ sciolto e pretendeva avervi vista alla Scala, in dominò, nel palco del mio amico Armandi.
— Eravate a cena?
— Sì.
— Ah, vi battete per un cattivo scherzo da dessert! — diss’ella sorridendo amaramente.
Il marchese la guardò fiso. Poscia coll’aria più indifferente del mondo, prese un dominò ch’era sulla seggiola più vicina, lo buttò sul canapè, e sedette di faccia a lei. — Perdonatemi, soggiunse; non potevo lasciar calunniare mia moglie.
Ella s’inchinò, troppo profondamente ed ironicamente forse, e perciò tutto il sangue le corse al viso:
— Tutti sanno che Galli è geloso di voi perchè gli avete rubato l’Adalgisa!
— Lo sapete anche voi? rispose il marchese accavallando l’una gamba sull’altra.
— Scusatemi, debolezze di donne! diss’ella un po’ pallida, e cercando di sorridere.
— E di uomini, se volete; aggiunse il marito con galanteria.
Ci fu un istante di silenzio: ella giocherellava collo sparato del suo corsetto; egli dondolava la gamba posta a cavalcioni: evitavano di guardarsi."