martedì 3 ottobre 2017

JOSEPH-IGNACE GUILLOTIN 
Estratto da "Tempi glaciali"
Fred Vargas 
Einaudi
“Adamsberg accese la luce di parcheggio e si girò verso il comandante.
– Si ricorda della Rivoluzione? – domandò staccandosi una pallina di lappola dai pantaloni.
– Francese? Non c’ero ma me ne ricordo, sí.
– Meglio cosí, perché io invece no. Ma so che a un certo punto un ingegnere ha proposto di adottare la ghigliottina per i condannati a morte, perché tutti fossero giustiziati nello stesso modo e senza soffrire. All’epoca non si trattava di usarla per il Terrore.
– Non un ingegnere, ma un grande medico. Il dottor Guillotin.
– Ecco.
– Joseph-Ignace Guillotin.
– Come vuole.
– Che dapprima fu medico del conte di Provenza.
– Danglard, vuole che le disegni quel disegno, sí o no?
– Forza.
– A una certa data il re è ancora re. E non mi dica che si chiamava Luigi XVI, lo so. Durante una riunione Guillotin presenta la sua macchina. Dicono che ci fosse anche il re.
– Prima dell’agosto 1792, allora.
– Certo, Danglard.
Il comandante aggrottò le sopracciglia, e Adamsberg si accese una sigaretta stropicciata, offrendone una al suo vice. Le due braci brillarono nell’abitacolo silenzioso.
– Si potrebbe credere di essere soli al mondo, – disse Adamsberg sottovoce. – Dov’è la gente? Gli altri?
– Ci sono. Non stanno disegnando disegni sul ciglio della strada, tutto qui.
– Si dice, – riprese Adamsberg, – che il dottore abbia presentato un progetto di ghigliottina classica. Perché in realtà la ghigliottina esisteva già da un bel pezzo.
– Dal XVI secolo. Ma Guillotin l’aveva migliorata.
– Perché, com’era prima, la ghigliottina?
– Con una lama convessa.
– Quindi cosí, – disse Adamsberg disegnando sul parabrezza appannato due barre verticali e, fra le due, una linea a forma di mezzaluna.
– Cosí. Oppure con una lama dritta. E Guillotin ha ritenuto che una lama obliqua sarebbe stata molto piú efficace e rapida.
– Be’, non è quello che hanno detto a me. A me hanno detto che è stato il re, il quale si intendeva molto piú di meccanica che di politica, a prendere il disegno, esaminarlo, pensarci su e poi barrare la lama curva con un tratto obliquo, per indicare la sua modifica. È stato lui a trasformare la macchina, è stato lui a migliorarla.
Adamsberg aggiunse una linea trasversale al suo disegno sul parabrezza.
– Cosí.
Anche Danglard abbassò il finestrino e scosse fuori la cenere. Adamsberg staccò una seconda pallina di lappola. Se erano davvero sementi avrebbe potuto piantarle nel suo minuscolo giardino. La appoggiò sul cruscotto.
– Che cos’è questa storia? – domandò Danglard.
– Una storia, appunto, e non ho detto che sia vera. Dico che la raccontano. Che Luigi XVI avesse disegnato personalmente lo strumento perfetto che lo avrebbe decapitato.
Danglard era scontento, soffiava il fumo tra i denti.
– Dove l’ha letto?
– Non l’ho letto. Ricorda il vecchio erudito di place Edgar Quinet? È stato lui a raccontarmelo un giorno, disegnando la stessa cosa col dito sul tavolino umido, al caffè Vicking. Mi dispiace, Danglard, – aggiunse rimettendo in moto. – Non è un disonore non sapere qualcosa. Altrimenti io sguazzerei in un fiume di fango.”