ORA IL MARE SI RISVEGLIA
(Now Wakes the Sea, Fantasy and Science Fiction, 19639)
James G. Ballard
Tutti i racconti
Vol. II (1963-1968)
Quella notte Mason sentì di nuovo il rumore del mare che si avvicinava, il rombo soffocato dei marosi che risalivano le strade tutto intorno.
Risvegliato dal sonno, corse fuori sotto la luce della luna, guardando le case dai cornicioni bianchi immobili come sepolcri in mezzo ai cortili d'asfalto lambiti dall'acqua. A duecento metri di distanza le onde si
sollevavano e ribollivano, invadendo le strade con il loro sciacquio. La schiuma filtrava tra le palizzate e gli spruzzi riempivano l'aria di un pungente odore di salmastro.
Più a largo, lo sciabordio del mare aperto si spingeva tra i tetti delle case sommerse e i cavalloni si rifrangevano contro isolati comignoli. Tirandosi indietro con un sussulto quando la schiuma fredda gli punse i piedi, Mason guardò la casa dove sua moglie dormiva. Ogni notte il mare si avvicinava
di qualche metro, una ghigliottina sibilante che attraversava i prati deserti.
Per mezz'ora Mason restò a guardare le onde che volteggiavano tra i tetti. La spuma luminosa gettava un velo sulle nuvole che correvano nel vento buio e copriva le sue mani di una pellicola che le faceva sembrare di cera.
Alla fine le onde cominciarono a ritirarsi, e la conca profonda d'acqua illuminata si ritrasse lungo le strade deserte, rigettando fuori le file di case e offrendole di nuovo alla luce della luna. Mason corse tra le bollicine che svanivano, ma il mare gli fuggiva davanti, sparendo dietro gli angoli delle case e scivolando sotto le porte dei garage. Scattò fino in fondo alla strada, ma l'ultimo residuo venne trascinato attraverso il cielo dietro la guglia della chiesa. Esausto, Mason tornò a letto, con il suono delle onde morenti che gli invadeva il cervello anche mentre si addormentava.
«Ieri notte ho visto il mare» disse alla moglie mentre facevano colazione.
Con calma, Miriam gli rispose: «Richard, il mare più vicino è a quasi duemila chilometri da qui.» Guardò per un istante suo marito, mentre le sue pallide dita giocherellavano con la coda di capelli neri sulla sua nuca.
«Va' pure in cortile e guarda: non c'è nessun mare.» «Ma cara, l'ho visto.»
«Richard...»
Mason si alzò e sollevò i palmi in un gesto lento e calcolato. «Miriam, ho sentito gli spruzzi sulle mani. Le onde si rompevano ai miei piedi. Non stavo sognando.»
«E invece dev'essere stato proprio così.» Miriam si appoggiò alla porta, come se tentasse di tagliare fuori lo strano mondo notturno di suo marito. Con i lunghi capelli corvini che le incorniciavano il viso ovale e la vestaglia scarlatta aperta a rivelarne il lungo collo e i seni pallidi, ricordava a Mason un'eroina preraffaellita in una posa eroica. «Richard, devi andare dal dottor Clifton. Cominci a spaventarmi.»
Mason sorrise, gli occhi rivolti alle cime dei tetti sopra gli alberi. «Io non mi preoccuperei. Quello che sta accadendo è molto semplice. La notte sento il rumore del mare, esco e guardo le onde alla luce della luna, e poi
torno a letto.» Si interruppe, un accenno di stanchezza sul volto. Alto e magro, Mason era ancora convalescente dalla malattia che l'aveva tenuto
in casa per i precedenti sei mesi. «È strano, però» riprese. «L'acqua è
molto luminosa. Ne dovrei dedurre che la salinità sia ben al di sopra della norma...»
«Ma Richard...» Miriam si guardò intorno impotente, esasperata dalla calma del marito. «Il mare non è là, ma solo nella tua mente. Non c'è nessun altro che possa vederlo.»
Mason annuì, le mani in tasca. «Forse perché nessun altro lo ha ancora sentito.»
Uscito dalla stanza della colazione, andò nel suo studio. Il divano sul quale aveva dormito durante la malattia era ancora in un angolo, con dietro la sua libreria personale. Mason si sedette, prendendo un grande mollusco fossile da una mensola. Durante l'inverno, mentre era confinato a letto, la conchiglia liscia e a forma di tromba, con la sua capacità di evocare mari antichi e spiagge sommerse, gli aveva dato gioie illimitate e una
cornucopia infinita di immagini e ricordi. Cullandola dolcemente tra le mani come fosse il frammento di una scultura greca trovato nel letto
prosciugato di un fiume, rifletteva su come sembrasse una navicella temporale, la condensazione di un altro universo. Gli veniva quasi da credere che il mare notturno che turbava il suo sonno fosse stato rilasciato
dalla conchiglia quando, inavvertitamente, ne aveva graffiato una delle
elici.
Miriam lo seguì nella stanza e tirò le tende come se sapesse che suo marito stava rientrando nel mondo crepuscolare del suo letto da malato. Lo prese per le spalle.
«Richard, stammi a sentire. Stanotte, quando sentì le onde, svegliami e usciamo insieme.»
Mason si liberò con gentilezza dalla presa. «Che tu lo veda o meno è irrilevante, Miriam. Il fatto è che lo vedo io.»
Più tardi, camminando per strada, Mason raggiunse il punto dove si era
trovato la notte precedente, guardando le onde che si rompevano e si allungavano verso di lui. Dalle case che aveva visto sommerse venivano i rumori delle tranquille attività domestiche. L'erba sui prati era sbiancata
dal calore di luglio, e gli irrigatori ruotavano illuminati dal sole, disegnando arcobaleni nell'aria trasparente. Indisturbata dalle piogge fin
dall'inizio della primavera, la polvere estiva si era sistemata tra le palizzate di legno e gli idranti.
La strada, uno qualunque della dozzina di viali che segnavano i confini
della cittadina, procedeva a nordovest per trecento metri per poi sfociare nella piazza che ospitava il centro commerciale del quartiere. Mason si schermò gli occhi e guardò la torre dell'orologio in cima alla biblioteca e le
guglie della chiesa, identificando le protuberanze che erano emerse dalle
profonde acque marine. Erano tutte esattamente nella posizione che
ricordava.
La strada piegava leggermente avvicinandosi al centro commerciale, e
per una curiosa coincidenza segnava i confini della spiaggia che sarebbe esistita se quell'area avesse subìto un'inondazione. A circa un chilometro e mezzo dalla cittadina, questa bassa cresta, che contribuiva a formare gli
orli di un grande bacino naturale nel quale era racchiusa la pianura
alluvionale più in basso, culminava in una piccola sporgenza gessosa.
Benché fosse nascosta in parte dalle case, Mason non ebbe difficoltà a riconoscervi il promontorio che si era sollevato come una città fortificata sopra il mare. Le onde ne avevano lambito i fianchi alzando spruzzi
altissimi, ricaduti con una lentezza quasi ipnotica verso le acque. Di notte
il promontorio sembrava più grande e spoglio, un bastione eretto contro il
mare e resistente all'erosione. Una sera, si ripromise Mason, sarebbe
andato fino al promontorio e avrebbe lasciato che le onde lo svegliassero trovandolo già lì in cima.
Una macchina gli passò accanto e il guidatore lo guardò incuriosito mentre lui se ne stava in mezzo alla strada, la testa rivolta verso l'alto. Non volendo apparire più eccentrico di quanto non fosse già considerato - il solitario e sognante marito della bella ma sterile signora Mason - Richard svoltò sulla strada che correva parallela alla cresta. Avvicinandosi lentamente alla sporgenza guardò oltre le siepi, cercando tracce di giardini acquitrinosi o di macchine trascinate via dalla corrente.
Le case erano state sommerse dall'inondazione.
Le visioni marine erano cominciate solo tre settimane prima, ma Mason era già convinto della loro assoluta validità. Evidentemente, dopo essersi ritirata durante la notte l'acqua non lasciava alcuna traccia sulle centinaia
di case che sommergeva, e lui non provava nessuna preoccupazione per la
gente annegata che continuava a dormire indisturbata nell'immensa
cassaforte liquida del mare mentre lui restava a contemplare le onde
luminose che si rompevano sopra i tetti. Nonostante questo paradosso, era stata la sua totale convinzione che il mare fosse autentico a indurlo a confessare a Miriam di essersi svegliato una notte sentendo un rumore di onde fuori della finestra e di essere uscito per trovarsi davanti il mare che scorreva per le strade e tra le case del quartiere. All'inizio lei si era limitata a sorridere, prendendolo come un modo di illustrare il suo strano mondo
personale. Poi, tre notti dopo, si era svegliata e lo aveva sentito rientrare e chiudere la porta a chiave, ed era rimasta attonita notandone la respirazione accelerata e il viso sudato.
Da allora passava le giornate guardando di sottecchi fuori della finestra in cerca di un segno qualsiasi che annunciasse la presenza del mare. A preoccuparla almeno quanto la visione in sé era la calma assoluta di suo marito di fronte a questa terrificante apocalisse inconscia.
Stanco per la camminata, Mason si sedette su un muretto ornamentale, riparato dalle case che lo circondavano dai cespugli di rododendri. Per qualche minuto restò a giocherellare con la polvere ai suoi piedi, spostandone i granelli bianchi con un ramo. Benché informe e passiva, la polvere condivideva alcune della qualità evocative del mollusco fossile, ed emanava una strana luce compatta.
Davanti a lui, la strada faceva una curva e si abbassava all'improvviso, allontanandosi verso i campi. Il promontorio di gesso, coperto da un manto
d'erba verde, si elevava nel cielo sereno. Sul pendio era stata eretta una baracca di lamiera, e un piccolo gruppo di figure si muoveva intorno all'entrata di un condotto minerario, sistemando un paranco di legno.
Pensando quanto sarebbe stato meglio aver preso la macchina della moglie, Mason vide le figure trasformarsi in puntini e poi sparire una per una nella miniera.
L'immagine di questa elusiva pantomima lo accompagnò per tutta la giornata trascorsa in biblioteca, sovrapponendosi al ricordo delle onde scure che percorrevano le strade notturne. A dar forza a Mason era la convinzione che ben presto anche altre persone si sarebbero accorte del mare.
Quella notte, andando a letto, trovò Miriam ancora vestita di tutto punto e seduta sulla poltrona accanto alla finestra, con un'espressione di calma determinazione sul volto.
«Che fai lì?» le chiese. «Aspetto.»
«Cosa?»
«Il mare. Non preoccuparti, ignorami e va' pure a letto. Non mi importa di restare qui con la luce spenta.»
«Miriam...» Con gesti pieni di stanchezza, Mason la prese per una mano e tentò di farla alzare dalla sedia. «Tesoro, cosa credi di ricavarne?»
«Non è ovvio?»
Mason si sedette ai piedi del letto. Per un qualche motivo, che non era solo il desiderio di proteggerla, voleva tenere sua moglie lontana dal mare.
«Miriam, non capisci? Potrebbe darsi che io non lo veda davvero, in senso
letterale. Potrebbe essere...» improvvisò «un'allucinazione, o un sogno.»
Miriam scosse il capo, le mani che stringevano i braccioli della poltrona. «Non credo. E comunque, voglio scoprirlo.»
Mason si stese sul letto. «Mi chiedo se il tuo sia l'approccio giusto...»
Miriam si protese verso di lui. «Richard, prendi tutto questo con troppa calma; accetti questa visione come se fosse solo una strana emicrania. È questo che mi terrorizza. Se tu fossi davvero spaventato da questo mare non mi preoccuperei tanto, ma...»
Mezz'ora dopo Mason si addormentò nella stanza buia, mentre il volto scavato di sua moglie lo fissava nelle tenebre.
Le onde mormoravano, e il sibilo distante della schiuma che si abbatteva fuori dalle finestre lo risvegliò dal suo sonno, mentre il rombo soffocato delle onde lunghe e i rumori delle acque profonde rullavano contro le sue
orecchie. Mason scese dal letto e si vestì rapidamente, sentendo il sibilo dell'acqua che si ritirava lungo la strada. Nell'angolo della stanza, sotto i riflessi delle acque agitate, Miriam dormiva sulla poltrona e un raggio di luna le illuminava il collo.
Mason corse verso le onde, i piedi nudi che scivolavano silenziosi sul pavimento. Incespicò nella risacca luminosa quando un'onda gli irruppe ai piedi con un ruggito gutturale. Caduto sulle ginocchia, sentì l'acqua fredda e lucente, brulicante di microrganismi, scorrergli sul petto e sulle spalle per poi placarsi e ritrarsi, risucchiata nella bocca dell'ondata successiva.
Mason, il vestito bagnato che gli pendeva addosso come un animale annegato, percorse il mare con lo sguardo. Alla luce della luna le case bianche avanzavano nell'acqua come i palazzi di una Venezia spettrale,
mausolei sulle antiche vie di una necropoli insulare. Solo le guglie della chiesa erano ancora visibili. L'acqua si approssimava al picco di marea, spingendosi per altri venti metri lungo la strada, e la spuma arrivava quasi alla casa di Mason.
Attese un intervallo tra due onde e si inoltrò nell'acqua bassa verso il viale che si inerpicava in direzione del promontorio. A quel punto la marea aveva già attraversato la strada, sommergendo i campi scuri e sbattendo contro le porte delle case.
A meno di un chilometro dal promontorio sentì le acque più profonde sollevarsi e sospirare. Senza fiato, si appoggiò a una palizzata mentre la schiuma fredda gli lambiva le gambe, tirandolo verso la risacca. Illuminata
dalle nuvole che correvano in cielo, vide la figura pallida di una donna in piedi tra le acque, su un parapetto di pietra in cima alla scogliera, con i lunghi capelli che sembravano bianchi sotto la luce della luna. Più in basso, le onde luminose balzavano e volteggiavano come acrobati.
Mason corse sull'asfalto, perdendo di vista la donna quando la strada curvò e delle case si frapposero tra lui e lei. L'acqua ristagnava, e Mason vide per l'ultima volta il profilo color ghiaccio della donna in mezzo alla spuma. Poi la marea prese a placarsi e a ritrarsi, e il mare scomparve tra le case, privando la notte della sua luce e del suo moto perpetuo.
Quando anche le ultime bollicine si furono dissolte sull'asfalto umido, Mason rivolse lo sguardo al promontorio, ma la figura luminosa era scomparsa. I suoi vestiti bagnati si asciugarono mentre rientrava verso casa lungo strade deserte. L'ultima punta di salmastro volò via dalle siepi disperdendosi nell'aria notturna.
La mattina dopo disse a Miriam: «Era davvero un sogno, dopo tutto.
Penso che ormai il mare sia andato via. Comunque, ieri notte non ho visto
nulla.»
«Grazie al cielo, Richard. Ne sei sicuro?»
«Assolutamente sì.» Mason sorrise con fare incoraggiante. «Grazie per aver vegliato su di me.»
«Lo farò anche stanotte.» Miriam alzò una mano. «Insisto. Sono in
ottima forma anche dopo ieri notte, e voglio che questa cosa sparisca una volta per tutte.» Aggrottò le sopracciglia, china sulle tazze di caffè. «È
strano, ma una volta o due mi è parso addirittura di sentire il mare.
Sembrava un essere molto vecchio e cieco, qualcosa che si risvegli dopo milioni di anni.»
Mentre andava in biblioteca, Mason fece una deviazione verso la sporgenza gessosa, e parcheggiò la macchina nel punto in cui aveva visto la figura della donna dai capelli bianchi che, sotto la luce della luna, guardava il mare. Il sole batteva sull'erba pallida, illuminando l'ingresso della miniera, intorno al quale si stava svolgendo la consueta, confusa attività.
Per il quarto d'ora successivo Mason andò avanti e indietro per i viali alberati, guardando, oltre le siepi, le finestre delle cucine. Quella donna doveva certamente abitare in una delle case dei dintorni, e magari aveva ancora addosso il suo vestito nero, sotto la vestaglia.
Più tardi, in biblioteca, riconobbe un'auto che aveva visto sul promontorio. Il guidatore, un uomo anziano vestito di tweed, stava esaminando le teche che contenevano i reperti geologici della zona.
«Chi era quel tipo?» chiese a Fellowes, il responsabile della sezione antichità, quando la macchina fu ripartita.
«Il professor Goodhart, un membro di un'equipe di paleontologi. A quanto pare hanno scoperto uno strato ossifero interessante.» Fellowes indicò la collezione di femori e frammenti di mandibole. «Con un po' di fortuna potremmo procurarci qualche altro esemplare.»
Mason guardò le ossa, rendendosi conto che tutto d'un tratto una parallasse nella sua mente si stava chiudendo.
Ogni notte, quando il mare emergeva dalle strade buie e le onde si allungavano sempre più verso casa sua, Mason si svegliava accanto alla moglie addormentata e usciva nell'aria densa di spruzzi, muovendosi
nell'acqua sempre più fonda in direzione del promontorio. Lì vedeva la donna dai capelli bianchi sull'orlo della scogliera, il volto sollevato sopra il ribollire della spuma. Non riusciva mai a raggiungerla prima che la marea cambiasse, e finiva per cadere in ginocchio sull'asfalto bagnato, esausto, mentre intorno a lui riaffioravano le strade.
Una volta un'autopattuglia della polizia lo inquadrò con i suoi fari, accasciato contro il palo di sostegno di un cancello. Un'altra notte si
dimenticò di chiudere la porta d'ingresso rientrando a casa. Per tutta la colazione Miriam non fece che guardarlo con un'espressione bellicosa,
concentrandosi sulle ombre che gli circondavano gli occhi come manette.
«Richard, credo che dovresti smettere di andare in biblioteca. Sembri esausto. Non avrai ricominciato a sognare il mare, spero!»
Mason scosse il capo, imponendosi un sorriso stanco. «No, quella è una storia chiusa. Forse sto lavorando troppo.»
Miriam gli prese le mani. «Sei caduto ieri?» Esaminò i palmi. «Tesoro,
sanguinano ancora! Devi esserteli graffiati poche ore fa. Non te lo
ricordi?»
Confuso, Mason inventò una storia che potesse soddisfarla, poi si portò il caffè nello studio e guardò la foschia mattutina che sostava tra i tetti, un morbido lago di opacità che seguiva gli stessi contorni del mare di
mezzanotte. La nebbia si dissolse al sole, e per un attimo la realtà assai più
modesta del mondo quotidiano riprese il controllo, colmandolo di dolorosa nostalgia.
Senza riflettere, Mason si sporse a prendere la conchiglia fossile sulla
mensola, ma la sua mano si ritrasse involontariamente prima di toccarla.
Miriam era in piedi alle sue spalle. «È davvero odiosa» commentò.
«Dimmi un po' Richard, cosa pensi sia stato a provocare il tuo sogno?»
Mason si strinse nelle spalle. «Forse è stato una specie di ricordo...» Si chiese se parlare a Miriam delle onde che sentiva ancora nel sonno, e della donna con i capelli bianchi sull'orlo della scogliera che sembrava fargli
cenno. Ma, come tutte le donne, Miriam pensava che ci fosse spazio solo per un enigma nella vita di suo marito. Per una sorta di logica invertita, lui sentiva che la sua dipendenza dal reddito della moglie e la mancanza di
autostima gli dessero il diritto di nasconderle qualcosa di se stesso.
«Richard, cosa c'è che non va?»
Nella sua mente la nebbiolina di spruzzi si aprì come un ventaglio diafano e l'incantatrice delle onde si voltò a guardarlo.
Il mare, che ormai gli arrivava alla vita, ribolliva nel prato in un vero e proprio gorgo. Mason si tolse la giacca e la gettò in acqua, poi passò in
strada. Più alte di quanto lo fossero mai state, le onde avevano infine raggiunto casa sua, buttando giù la porta, ma Mason si era dimenticato di sua moglie. La sua attenzione era concentrata sul promontorio, letteralmente avvolto da una tempesta continua di spruzzi che quasi oscuravano la figura in piedi sulla cresta.
Mentre Mason avanzava a tutta forza, affondando a tratti fino alle spalle, banchi di alghe luminose fluttuavano nell'acqua tutto intorno a lui. L'aria salina gli bruciava gli occhi. Quando raggiunse le pendici del promontorio era quasi esausto, e cadde in ginocchio.
Sopra di sé poteva sentire gli spruzzi che si facevano sonoramente spazio tra le pietre sul bordo della scogliera, soffocando con i loro toni alti il basso costante dei flutti. Guidato dalla musica, Mason scalò il fianco del promontorio mentre la luna si proiettava sul mare in tempesta in una miriade di riflessi. Quando raggiunse la cresta, la veste nera nascondeva il viso della donna, ma lui riuscì comunque a vederne la figura slanciata ed eretta e i fianchi sottili. All'improvviso, apparentemente senza muovere un solo muscolo, la donna prese a spostarsi lungo il parapetto.
«Aspetta!»
Ma il suo grido si perse nel vento. Mason corse verso di lei, e la figura si voltò e lo guardò. I capelli bianchi le si attorcigliarono intorno al viso come una spuma di fili argentati e poi si dipanarono a svelare un volto con le orbite vuote e la bocca incavata. Una mano che sembrava un pugno di bastoncini bianchi si aprì ad artiglio verso di lui, e la figura si sollevò nell'oscurità vorticante come un gigantesco uccello.
Senza capire se l'urlo provenisse dalla sua bocca o dallo spettro, Mason inciampò all'indietro. Prima di riuscire a recuperare l'equilibrio sfondò la staccionata di legno e cadde nella miniera in un ghigno di catene e pulegge, sentendo il rumore del mare che rimbombava nell'oscurità.
Dopo aver ascoltato la descrizione del poliziotto, il professor Goodhart scosse il capo.
«Ho paura di no, sergente. Abbiamo lavorato allo strato ossifero per tutta la settimana, e nessuno è caduto nella miniera.» Una delle fragili traversine di legno dondolava nell'aria pungente. «Ma grazie comunque di avermi avvisato. Credo proprio che dovremo costruire una staccionata più robusta, se questo tipo fa il sonnambulo da queste parti.»
«Non credo che si prenderà il disturbo di arrivare fin qui» disse il sergente. «È una bella scalata.» E poi aggiunse: «Giù alla biblioteca dove
lavora mi hanno detto che avete trovato un paio di scheletri nella miniera, ieri. So che è scomparso solo da due giorni, ma non è possibile che uno dei due sia il suo?» Il sergente scrollò le spalle. «Magari è entrato in azione qualche acido naturale, per esempio...»
Il professor Goodhart batté con il piede sull'erba cosparsa di gesso. «È carbonato di calcio allo stato puro, con uno spessore di più di un
chilometro, e si è depositato durante il Triassico, duecento milioni di anni fa, quando da queste parti c'era un grande mare interno. Gli scheletri che abbiamo trovato ieri, uno maschile e l'altro femminile, sono due Cro-Magnon, e appartengono a due pescatori che vivevano sulla riva ben prima che il mare si prosciugasse. Vorrei poter essere più preciso - e devo
ammettere che è un problema riuscire a capire come abbiano fatto questi Cro-Magnon a finire nello strato ossifero. Questo condotto è stato scavato almeno trent'anni fa. Comunque, questo è un mio problema, più che suo.»
Tornando all'autopattuglia, il sergente scuoteva il capo. Mentre si allontanavano guardò la fila infinita di tranquille casette di campagna.
«A quanto pare un tempo qui c'era un mare. Un milione di anni fa.»
Raccolse una giacca di flanella appallottolata sul sedile posteriore. «Ora che ci penso, ecco di cosa odora la giacca di Mason: di salsedine.»