martedì 19 marzo 2019


ORA IL MARE SI RISVEGLIA

(Now Wakes the Sea, Fantasy and Science Fiction, 19639)
James G. Ballard 
Tutti i racconti
Vol. II (1963-1968)

Quella notte Mason sentì di nuovo il rumore del mare che si avvicinava, il  rombo  soffocato  dei  marosi  che  risalivano  le  strade  tutto  intorno. 
Risvegliato dal sonno, corse fuori sotto la luce della luna, guardando le case dai cornicioni bianchi immobili come sepolcri in mezzo ai cortili d'asfalto  lambiti  dall'acqua.  A  duecento  metri  di  distanza  le  onde  si 
sollevavano  e ribollivano,  invadendo  le  strade con il  loro sciacquio. La schiuma  filtrava  tra  le  palizzate  e  gli  spruzzi  riempivano  l'aria  di  un pungente odore di salmastro.
Più a largo, lo sciabordio del mare aperto si spingeva tra i tetti delle case sommerse e i cavalloni si rifrangevano contro isolati comignoli. Tirandosi indietro con un sussulto quando la schiuma fredda gli punse i piedi, Mason guardò la casa dove sua moglie dormiva. Ogni notte il mare si avvicinava 
di qualche metro, una ghigliottina sibilante che attraversava i prati deserti.
Per  mezz'ora Mason restò  a guardare le  onde che volteggiavano tra i tetti. La spuma luminosa gettava un velo sulle nuvole che correvano nel vento buio e copriva le sue mani di una pellicola che le faceva sembrare di cera.
Alla fine le onde cominciarono a ritirarsi, e la conca profonda d'acqua illuminata si ritrasse lungo le strade deserte, rigettando fuori le file di case e offrendole di nuovo alla luce della luna. Mason corse tra le bollicine che svanivano, ma il mare gli fuggiva davanti, sparendo dietro gli angoli delle case e scivolando sotto le porte dei garage. Scattò fino in fondo alla strada, ma  l'ultimo  residuo  venne  trascinato  attraverso  il  cielo  dietro  la  guglia della chiesa. Esausto, Mason tornò a letto, con il suono delle onde morenti che gli invadeva il cervello anche mentre si addormentava.
«Ieri  notte  ho  visto  il  mare»  disse  alla  moglie  mentre  facevano colazione.
Con calma, Miriam gli rispose: «Richard, il mare più vicino è a quasi duemila chilometri da qui.» Guardò per un istante suo marito, mentre le sue pallide dita giocherellavano con la coda di capelli neri sulla sua nuca.
«Va' pure in cortile e guarda: non c'è nessun mare.» «Ma cara, l'ho visto.»
«Richard...»
Mason si alzò e sollevò i palmi in un gesto lento e calcolato. «Miriam, ho sentito gli spruzzi sulle mani. Le onde si rompevano ai miei piedi. Non stavo sognando.»
«E invece dev'essere stato proprio così.» Miriam si appoggiò alla porta, come se tentasse di tagliare fuori lo strano mondo notturno di suo marito. Con  i  lunghi  capelli  corvini  che  le  incorniciavano  il  viso  ovale  e  la vestaglia scarlatta aperta a rivelarne il lungo collo e i seni pallidi, ricordava a Mason un'eroina preraffaellita in una posa eroica. «Richard, devi andare dal dottor Clifton. Cominci a spaventarmi.»
Mason sorrise, gli occhi rivolti alle cime dei tetti sopra gli alberi. «Io non mi preoccuperei. Quello che sta accadendo è molto semplice. La notte sento il rumore del mare, esco e guardo le onde alla luce della luna, e poi 
torno a letto.» Si interruppe, un accenno di stanchezza sul volto. Alto e magro, Mason era ancora convalescente dalla malattia che l'aveva tenuto 
in  casa  per  i  precedenti  sei  mesi.  «È  strano,  però»  riprese.  «L'acqua  è 
molto luminosa. Ne dovrei dedurre che la salinità sia ben al di sopra della norma...»
«Ma Richard...»  Miriam si guardò intorno impotente, esasperata dalla calma del marito. «Il mare non è  là, ma solo nella tua mente. Non c'è nessun altro che possa vederlo.»
Mason annuì, le mani in tasca. «Forse perché nessun altro lo ha ancora sentito.»
Uscito dalla stanza della colazione, andò nel suo studio. Il divano sul quale aveva dormito durante la malattia era ancora in un angolo, con dietro la sua libreria personale. Mason si sedette, prendendo un grande mollusco fossile da una mensola. Durante l'inverno, mentre era confinato a letto, la conchiglia liscia e a forma di tromba, con la sua capacità di evocare mari antichi  e  spiagge  sommerse,  gli  aveva  dato  gioie  illimitate  e  una 
cornucopia  infinita  di  immagini  e  ricordi.  Cullandola  dolcemente  tra  le mani  come  fosse  il  frammento  di  una  scultura  greca  trovato  nel  letto 
prosciugato  di  un  fiume,  rifletteva  su  come sembrasse  una  navicella temporale,  la  condensazione  di  un  altro  universo.  Gli  veniva  quasi  da credere che il mare notturno che turbava il suo sonno fosse stato rilasciato 
dalla  conchiglia  quando,  inavvertitamente,  ne  aveva  graffiato  una  delle 
elici.
Miriam lo seguì nella stanza e tirò le tende come se sapesse che suo marito stava rientrando nel mondo crepuscolare del suo letto da malato. Lo prese per le spalle.
«Richard, stammi a sentire. Stanotte, quando sentì le onde, svegliami e usciamo insieme.»
Mason si liberò con gentilezza dalla presa. «Che tu lo veda o meno è irrilevante, Miriam. Il fatto è che lo vedo io.»
Più tardi, camminando per strada, Mason raggiunse il punto dove si era 
trovato  la  notte  precedente,  guardando  le  onde  che  si  rompevano  e  si allungavano verso di lui. Dalle case che aveva visto sommerse venivano i rumori delle tranquille attività domestiche. L'erba sui prati era sbiancata 
dal  calore  di  luglio,  e  gli  irrigatori  ruotavano  illuminati  dal  sole, disegnando  arcobaleni  nell'aria trasparente.  Indisturbata  dalle  piogge  fin 
dall'inizio della primavera, la polvere estiva si era sistemata tra le palizzate di legno e gli idranti.
La strada, uno qualunque della dozzina di viali che segnavano i confini 
della cittadina, procedeva a nordovest per trecento metri per poi sfociare nella piazza che ospitava il  centro commerciale del  quartiere. Mason si schermò gli occhi e guardò la torre dell'orologio in cima alla biblioteca e le 
guglie della chiesa, identificando le protuberanze che erano emerse dalle 
profonde  acque  marine.  Erano  tutte  esattamente  nella  posizione  che 
ricordava.
La strada piegava leggermente avvicinandosi al centro commerciale, e 
per una curiosa coincidenza segnava i confini della spiaggia che sarebbe esistita se quell'area avesse subìto un'inondazione. A circa un chilometro e mezzo dalla cittadina, questa bassa cresta, che contribuiva a formare gli 
orli  di  un  grande  bacino  naturale  nel  quale  era  racchiusa  la  pianura 
alluvionale  più  in  basso,  culminava  in  una  piccola  sporgenza  gessosa. 
Benché fosse nascosta in parte dalle case, Mason non ebbe difficoltà a riconoscervi il promontorio che si era sollevato come una città fortificata sopra  il  mare.  Le  onde  ne  avevano  lambito  i  fianchi  alzando  spruzzi 
altissimi, ricaduti con una lentezza quasi ipnotica verso le acque. Di notte 
il promontorio sembrava più grande e spoglio, un bastione eretto contro il 
mare  e  resistente all'erosione.  Una  sera,  si  ripromise  Mason,  sarebbe 
andato fino al promontorio e avrebbe lasciato che le onde lo svegliassero trovandolo già lì in cima.
Una  macchina  gli  passò  accanto  e  il  guidatore  lo  guardò  incuriosito mentre lui se ne stava in mezzo alla strada, la testa rivolta verso l'alto. Non volendo apparire più eccentrico di quanto non fosse già considerato - il solitario e sognante marito della bella ma sterile signora Mason - Richard svoltò  sulla  strada  che  correva  parallela  alla  cresta.  Avvicinandosi lentamente alla sporgenza guardò oltre le siepi, cercando tracce di giardini acquitrinosi o di macchine trascinate via dalla corrente. 
Le case erano state sommerse dall'inondazione.
Le visioni marine erano cominciate solo tre settimane prima, ma Mason era già convinto della loro assoluta validità. Evidentemente, dopo essersi ritirata durante la notte l'acqua non lasciava alcuna traccia sulle centinaia 
di case che sommergeva, e lui non provava nessuna preoccupazione per la 
gente  annegata  che  continuava  a  dormire indisturbata  nell'immensa 
cassaforte liquida del mare mentre lui restava a contemplare le onde 
luminose che si rompevano sopra i tetti. Nonostante questo paradosso, era  stata  la  sua  totale  convinzione  che  il  mare  fosse  autentico  a  indurlo  a confessare a Miriam di essersi svegliato una notte sentendo un rumore di onde fuori della finestra e di essere uscito per trovarsi davanti il mare che scorreva per le strade e tra le case del quartiere. All'inizio lei si era limitata a sorridere, prendendolo come un modo di illustrare il suo strano mondo 
personale. Poi, tre notti dopo, si era svegliata e lo aveva sentito rientrare e chiudere  la  porta  a  chiave,  ed  era rimasta  attonita  notandone  la respirazione accelerata e il viso sudato.
Da allora passava le giornate guardando di sottecchi fuori della finestra in cerca  di un segno qualsiasi che annunciasse la presenza del mare. A preoccuparla almeno quanto la visione in sé era la calma assoluta di suo marito di fronte a questa terrificante apocalisse inconscia.
Stanco per la camminata, Mason si sedette su un muretto ornamentale, riparato  dalle  case  che  lo  circondavano  dai  cespugli  di  rododendri.  Per qualche  minuto  restò  a  giocherellare  con  la  polvere  ai  suoi  piedi, spostandone i granelli bianchi con un ramo. Benché informe e passiva, la polvere condivideva alcune della qualità evocative del mollusco fossile, ed emanava una strana luce compatta.
Davanti a lui, la strada faceva una curva e si abbassava all'improvviso, allontanandosi verso i campi. Il promontorio di gesso, coperto da un manto 
d'erba verde, si elevava nel cielo sereno. Sul pendio era stata eretta una baracca  di  lamiera,  e  un  piccolo  gruppo  di  figure  si  muoveva  intorno all'entrata  di  un  condotto  minerario,  sistemando  un  paranco  di  legno. 
Pensando  quanto  sarebbe  stato  meglio  aver  preso  la  macchina  della moglie, Mason vide le figure trasformarsi in puntini e poi sparire una per una nella miniera.
L'immagine di questa elusiva pantomima lo accompagnò per tutta la giornata  trascorsa  in  biblioteca,  sovrapponendosi  al  ricordo  delle  onde scure  che  percorrevano  le  strade  notturne.  A dar  forza  a  Mason  era  la convinzione che ben presto anche altre persone si sarebbero accorte del mare.
Quella notte, andando a letto, trovò Miriam ancora vestita di tutto punto e seduta sulla poltrona accanto alla finestra, con un'espressione di calma determinazione sul volto.
«Che fai lì?» le chiese. «Aspetto.»
«Cosa?»
«Il mare. Non preoccuparti, ignorami e va' pure a letto. Non mi importa di restare qui con la luce spenta.»
«Miriam...» Con gesti pieni di stanchezza, Mason la prese per una mano e tentò di farla alzare dalla sedia. «Tesoro, cosa credi di ricavarne?» 
«Non è ovvio?»
Mason si sedette ai piedi del letto. Per un qualche motivo, che non era solo il desiderio di proteggerla, voleva tenere sua moglie lontana dal mare. 
«Miriam, non capisci? Potrebbe darsi che io non lo veda davvero, in senso 
letterale. Potrebbe essere...» improvvisò «un'allucinazione, o un sogno.»
Miriam scosse il capo, le mani che stringevano i braccioli della poltrona. «Non credo. E comunque, voglio scoprirlo.»
Mason si stese sul letto. «Mi chiedo se il tuo sia l'approccio giusto...»
Miriam si protese verso di lui. «Richard, prendi tutto questo con troppa calma; accetti questa visione come se fosse solo una strana emicrania. È questo che mi terrorizza. Se tu fossi davvero spaventato da questo mare non mi preoccuperei tanto, ma...»
Mezz'ora dopo Mason si addormentò nella stanza buia, mentre il volto scavato di sua moglie lo fissava nelle tenebre.
Le onde mormoravano, e il sibilo distante della schiuma che si abbatteva fuori dalle finestre lo risvegliò dal suo sonno, mentre il rombo soffocato delle onde lunghe e i rumori delle acque profonde rullavano contro le sue 
orecchie. Mason scese dal letto e si vestì rapidamente, sentendo il sibilo dell'acqua che si ritirava lungo la strada. Nell'angolo della stanza, sotto i riflessi delle acque agitate, Miriam dormiva sulla poltrona e un raggio di luna le illuminava il collo.
Mason corse verso le onde, i piedi nudi che scivolavano silenziosi sul pavimento. Incespicò nella risacca luminosa quando un'onda gli irruppe ai piedi con un ruggito gutturale. Caduto sulle ginocchia, sentì l'acqua fredda e lucente, brulicante di microrganismi, scorrergli sul petto e sulle spalle per poi  placarsi  e  ritrarsi,  risucchiata  nella  bocca  dell'ondata  successiva. 
Mason,  il  vestito  bagnato  che  gli  pendeva  addosso  come  un  animale annegato,  percorse  il  mare con  lo  sguardo. Alla  luce  della  luna  le  case bianche  avanzavano  nell'acqua  come  i  palazzi  di  una  Venezia  spettrale, 
mausolei sulle antiche vie di una necropoli insulare. Solo le guglie della chiesa erano ancora visibili. L'acqua si approssimava al picco di marea, spingendosi per altri venti metri lungo la strada, e la spuma arrivava quasi alla casa di Mason.
Attese un intervallo tra due onde e si inoltrò nell'acqua bassa verso il viale che si inerpicava in direzione del promontorio. A quel punto la marea aveva già attraversato la strada, sommergendo i campi scuri e sbattendo contro le porte delle case.
A meno di un chilometro dal promontorio sentì le acque più profonde sollevarsi e sospirare. Senza fiato, si appoggiò a una palizzata mentre la schiuma fredda gli lambiva le gambe, tirandolo verso la risacca. Illuminata 
dalle nuvole che correvano in cielo, vide la figura pallida di una donna in piedi tra le acque, su un parapetto di pietra in cima alla scogliera, con i lunghi  capelli  che  sembravano  bianchi  sotto  la  luce  della  luna.  Più  in basso, le onde luminose balzavano e volteggiavano come acrobati.
Mason corse sull'asfalto,  perdendo di  vista  la donna quando la  strada curvò e delle case si frapposero tra lui e lei. L'acqua ristagnava, e Mason vide per l'ultima volta il profilo color ghiaccio della donna in mezzo alla spuma. Poi la marea prese a placarsi e a ritrarsi, e il mare scomparve tra le case, privando la notte della sua luce e del suo moto perpetuo.
Quando anche le ultime bollicine si furono dissolte sull'asfalto umido, Mason  rivolse  lo  sguardo  al  promontorio,  ma  la  figura  luminosa  era scomparsa. I suoi vestiti bagnati si asciugarono mentre rientrava verso casa lungo  strade  deserte.  L'ultima  punta  di  salmastro  volò  via  dalle  siepi disperdendosi nell'aria notturna.
La mattina dopo disse a Miriam: «Era davvero un sogno, dopo tutto. 
Penso che ormai il mare sia andato via. Comunque, ieri notte non ho visto 
nulla.»
«Grazie al cielo, Richard. Ne sei sicuro?»
«Assolutamente sì.» Mason sorrise con fare incoraggiante. «Grazie per aver vegliato su di me.»
«Lo  farò  anche  stanotte.»  Miriam  alzò  una  mano.  «Insisto.  Sono  in 
ottima forma anche dopo ieri notte, e voglio che questa cosa sparisca una volta  per  tutte.»  Aggrottò le  sopracciglia,  china  sulle tazze di  caffè. «È 
strano,  ma  una  volta  o  due  mi  è  parso  addirittura  di  sentire  il  mare. 
Sembrava un essere molto vecchio e cieco, qualcosa che si risvegli dopo milioni di anni.»
Mentre  andava  in  biblioteca,  Mason  fece  una  deviazione  verso  la  sporgenza gessosa, e parcheggiò la macchina nel punto in cui aveva visto la  figura  della  donna  dai  capelli  bianchi  che,  sotto  la  luce  della  luna, guardava il mare. Il sole batteva sull'erba pallida, illuminando l'ingresso della  miniera,  intorno  al  quale  si  stava  svolgendo  la  consueta,  confusa attività.
Per il quarto d'ora successivo Mason andò avanti e indietro per i viali alberati, guardando, oltre le siepi, le finestre delle cucine. Quella donna doveva certamente abitare in una delle case dei dintorni, e magari aveva ancora addosso il suo vestito nero, sotto la vestaglia.
Più  tardi,  in  biblioteca,  riconobbe  un'auto  che  aveva  visto  sul promontorio.  Il  guidatore,  un  uomo  anziano  vestito  di  tweed,  stava esaminando le teche che contenevano i reperti geologici della zona.
«Chi  era  quel  tipo?»  chiese  a  Fellowes,  il  responsabile  della  sezione antichità, quando la macchina fu ripartita.
«Il  professor  Goodhart,  un  membro  di  un'equipe  di  paleontologi.  A quanto  pare  hanno  scoperto  uno  strato  ossifero  interessante.»  Fellowes indicò la collezione di femori e frammenti di mandibole. «Con un po' di fortuna potremmo procurarci qualche altro esemplare.»
Mason  guardò  le  ossa,  rendendosi  conto  che  tutto  d'un  tratto  una parallasse nella sua mente si stava chiudendo.
Ogni  notte,  quando  il  mare  emergeva  dalle  strade  buie  e  le  onde  si allungavano sempre più verso casa sua, Mason si svegliava accanto alla moglie  addormentata  e  usciva  nell'aria  densa  di  spruzzi,  muovendosi 
nell'acqua sempre più  fonda in direzione  del  promontorio. Lì vedeva la donna dai capelli bianchi sull'orlo della scogliera, il volto sollevato sopra il ribollire della spuma. Non riusciva mai a raggiungerla prima che la marea cambiasse, e finiva per cadere in ginocchio sull'asfalto bagnato, esausto, mentre intorno a lui riaffioravano le strade.
Una  volta  un'autopattuglia  della  polizia  lo  inquadrò  con  i  suoi  fari, accasciato contro il palo di sostegno di un cancello. Un'altra notte si 
dimenticò  di  chiudere  la  porta d'ingresso  rientrando a  casa.  Per  tutta  la colazione  Miriam  non  fece  che  guardarlo  con  un'espressione  bellicosa, 
concentrandosi sulle ombre che gli circondavano gli occhi come manette.
«Richard, credo che dovresti smettere di andare in biblioteca. Sembri esausto. Non avrai ricominciato a sognare il mare, spero!» 
Mason scosse il capo, imponendosi un sorriso stanco. «No, quella è una storia chiusa. Forse sto lavorando troppo.»
Miriam gli prese le mani. «Sei caduto ieri?» Esaminò i palmi. «Tesoro, 
sanguinano  ancora!  Devi  esserteli  graffiati  poche  ore  fa.  Non  te  lo 
ricordi?»
Confuso, Mason inventò una storia che potesse soddisfarla, poi si portò il caffè nello studio e guardò la foschia mattutina che sostava tra i tetti, un morbido  lago  di  opacità  che  seguiva  gli  stessi  contorni  del  mare  di 
mezzanotte. La nebbia si dissolse al sole, e per un attimo la realtà assai più 
modesta del mondo quotidiano riprese il controllo, colmandolo di dolorosa nostalgia.
Senza riflettere, Mason si sporse a prendere la conchiglia fossile sulla 
mensola, ma la sua mano si ritrasse involontariamente prima di toccarla. 
Miriam  era  in  piedi  alle  sue  spalle.  «È  davvero  odiosa»  commentò. 
«Dimmi un po' Richard, cosa pensi sia stato a provocare il tuo sogno?» 
Mason si strinse nelle spalle. «Forse è stato una specie di ricordo...» Si chiese se parlare a Miriam delle onde che sentiva ancora nel sonno, e della donna con i capelli  bianchi  sull'orlo della scogliera che sembrava fargli 
cenno. Ma, come tutte le donne, Miriam pensava che ci fosse spazio solo per un enigma nella vita di suo marito. Per una sorta di logica invertita, lui sentiva che la sua dipendenza dal reddito della moglie e la mancanza di 
autostima gli dessero il diritto di nasconderle qualcosa di se stesso. 
«Richard, cosa c'è che non va?»
Nella sua mente la nebbiolina di spruzzi si aprì come un ventaglio diafano e l'incantatrice delle onde si voltò a guardarlo.
Il mare, che ormai gli arrivava alla vita, ribolliva nel prato in un vero e proprio gorgo. Mason si tolse la giacca e la gettò in acqua, poi passò in 
strada.  Più  alte  di  quanto  lo  fossero  mai  state,  le  onde  avevano  infine raggiunto casa sua, buttando giù la porta, ma Mason si era dimenticato di sua  moglie.  La  sua  attenzione  era  concentrata  sul  promontorio, letteralmente  avvolto  da  una  tempesta  continua  di  spruzzi  che  quasi oscuravano la figura in piedi sulla cresta.
Mentre Mason avanzava a tutta forza, affondando a tratti fino alle spalle, banchi di alghe luminose fluttuavano nell'acqua tutto intorno a lui. L'aria salina gli bruciava gli occhi. Quando raggiunse le pendici del promontorio era quasi esausto, e cadde in ginocchio.
Sopra  di  sé  poteva  sentire  gli  spruzzi  che  si  facevano  sonoramente spazio tra le pietre sul bordo della scogliera, soffocando con i loro toni alti il basso costante dei flutti. Guidato dalla musica, Mason scalò il fianco del promontorio  mentre  la  luna  si  proiettava  sul  mare  in  tempesta  in  una miriade di riflessi. Quando raggiunse la cresta, la veste nera nascondeva il viso della donna, ma lui riuscì comunque a vederne la figura slanciata ed eretta e i fianchi sottili. All'improvviso, apparentemente senza muovere un solo muscolo, la donna prese a spostarsi lungo il parapetto.
«Aspetta!»
Ma il suo grido si perse nel vento. Mason corse verso di lei, e la figura si voltò  e  lo  guardò.  I  capelli  bianchi  le  si  attorcigliarono  intorno  al  viso come una spuma di fili argentati e poi si dipanarono a svelare un volto con le orbite vuote e la bocca incavata. Una mano che sembrava un pugno di bastoncini  bianchi  si  aprì  ad  artiglio verso  di lui,  e la  figura  si  sollevò nell'oscurità vorticante come un gigantesco uccello.
Senza capire se l'urlo provenisse dalla sua bocca o dallo spettro, Mason inciampò all'indietro. Prima di riuscire a recuperare l'equilibrio sfondò la staccionata  di  legno  e  cadde  nella  miniera  in  un  ghigno  di  catene  e pulegge, sentendo il rumore del mare che rimbombava nell'oscurità.
Dopo aver ascoltato la descrizione del poliziotto, il professor Goodhart scosse il capo.
«Ho paura di no, sergente. Abbiamo lavorato allo strato ossifero per tutta la settimana, e nessuno è caduto nella miniera.» Una delle fragili traversine di  legno  dondolava  nell'aria pungente.  «Ma grazie comunque  di  avermi avvisato. Credo proprio che dovremo costruire una staccionata più robusta, se questo tipo fa il sonnambulo da queste parti.»
«Non  credo  che  si  prenderà  il  disturbo  di  arrivare  fin  qui»  disse  il sergente. «È una bella scalata.» E poi aggiunse: «Giù alla biblioteca dove 
lavora mi hanno detto che avete trovato un paio di scheletri nella miniera, ieri. So che è scomparso solo da due giorni, ma non è possibile che uno dei due sia il suo?» Il sergente scrollò le spalle. «Magari è entrato in azione qualche acido naturale, per esempio...»
Il professor Goodhart batté con il piede sull'erba cosparsa di gesso. «È carbonato  di  calcio  allo  stato  puro,  con  uno  spessore  di  più  di  un 
chilometro, e si è depositato durante il Triassico, duecento milioni di anni fa, quando da queste parti c'era un grande mare interno. Gli scheletri che abbiamo  trovato  ieri,  uno  maschile  e  l'altro  femminile,  sono  due  Cro-Magnon, e appartengono a due pescatori che vivevano sulla riva ben prima che  il  mare  si  prosciugasse.  Vorrei  poter  essere  più  preciso  -  e  devo 
ammettere che è un problema riuscire a capire come abbiano fatto questi Cro-Magnon a finire nello strato ossifero. Questo condotto è stato scavato almeno trent'anni fa. Comunque, questo è un mio problema, più che suo.»
Tornando  all'autopattuglia,  il  sergente  scuoteva  il  capo.  Mentre  si allontanavano guardò la fila infinita di tranquille casette di campagna. 
«A quanto pare un tempo qui  c'era un mare. Un milione di anni fa.» 
Raccolse una giacca di flanella appallottolata sul sedile posteriore. «Ora che ci penso, ecco di cosa odora la giacca di Mason: di salsedine.»