domenica 26 agosto 2018


IGNAZIO ROSARIO
di Gianfranco Giudice
Mi ricorda mamma, che suo padre, ovvero mio nonno Ignazio Rosario in Calabria, contadino e gestore di una rivendita di sale e tabacchi in un paese della pre Sila, mi regalava quando tornavamo al paese cinquemila lire. Me li regalava cucendo assieme con ago e filo cinque mezzi da mille perché non li perdessi. Ho ricordi precisi di nonno Ignazio, anche se morì che ero ragazzino, aveva i baffoni alla Francesco Giuseppe, fumava la pipa, era molto ingegnoso nel riparare ogni cosa, come era del resto era comune nelle società contadine. Amava tantissimo i fiori che curava personalmente, ogni tanto cucinava in casa. Pur essendo mio nonno un tipico uomo del Sud di quei tempi, aveva alcuni tratti che potremmo definire femminili. Era meticoloso fino alla mania in alcune cose, ricorda mamma che aveva un baule in cui conservava tutte le sue cose personali, vestiti, carte, annotazioni, registri e contabilità della tabaccheria. Negli ultimi anni annotava pure quando si svegliava di notte. Parlava da solo, ripeteva spesso le stesse cose. Mi hanno sempre detto che assomiglio molto a nonno Ignazio Rosario, anche nel modo di camminare, forse l’unica differenza è che non ho affatto il pollice verde, però in compenso mi piace maneggiare ago e filo, ho fumato la pipa e spesso mi faccio delle belle chiacchierate da solo. Spesso non sono neppure d'accordo con me stesso.