mercoledì 1 agosto 2018



L’ELEFANTE DI LAKOFF E LE PARTITE DI CALCIO.
Elio Truzzolillo

Un mostro si aggira per il nostro paese dominato dall’analfabe-tismo funzionale, dal becero populismo, dal fascino perverso del politicamente scorretto, dalle fake news, dalle istanze anti scientifiche e dal machismo adolescenziale, questo mostro è la mancanza di voglia di combatterle. Spesso questo mostro è il risultato di discutibilissime analisi.

Lo spunto è dato da un articolo de Linkiesta dal titolo “Non pensare all’elefante: se conti-nuate a dire che Salvini è un razzista finirete per rafforza-rlo”. https://www.linkiesta.it/it/article/2018/07/31/non-pensate-allelefante-se-continuate-a-dire-che-salvini-e-un-razzista/39007/
Tutte palle! Ma andiamo per gradi.

Il concetto di fondo sarebbe stato elaborato (in realtà è un concetto vecchio come il cucco) dal socio-linguista americano George Lakoff agli inizi degli anni duemila. Egli spiegava la maggior efficacia comunicativa del partito repubblicano, il cui simbolo è appunto l’elefante, con il fatto che i democratici continuavano a confutare gli argomenti dei repubblicani contribuendo così a diffonderli. Insomma, con un’espressione italiana i democratici si facevano “dettare l’agenda” dai repubblicani. Lo stesso starebbe accadendo in Italia con Salvini, che, imponendo ogni giorno nuove provocazioni riprese dagli oppositori, si avvantaggerebbe dalla visibilità data dai suoi critici. Tutte palle!

Sono davvero concetti triti e ritriti che gli esperti di comunicazione ci propinano ogni volta sempre uguali e sempre a posteriori. In pratica costoro costatano quale sia il partito o il leader politico del momento, quindi ci spiegano (col senno del poi) quali meravigliose doti comunicative abbiano, consigliandoci di “non stare al loro gioco”. Lo hanno detto con Bossi (anche lui era un genio) e con Berlusconi, lo hanno detto con Renzi e oggi lo dicono con Salvini (e Di Maio). Sembrano proprio quei giornalisti sportivi che ci spiegano a fine partita come fosse inevitabile un certo risultato (prima della partita invece presentavano la sfida come piena di incognite e incertezze). Sono un po’ gli esperti del giorno dopo.

Il fatto è che non esiste una strategia comunicativa che in breve tempo può ribaltare posizioni e simpatie che si sono sedimentate nel tempo per mille fattori diversi. La verità è quindi molto più banale: in questo momento Salvini ha, per vari e complessi motivi, il vento in poppa. Potrebbe anche tirare fuori il suo pisellino (o pisellone) e urinare alla Camera dai banchi del governo senza perdere consenso. Anzi, gli esperti celebrerebbero questo fatto come un capolavoro di comunicazione. Parlerebbero di gesto che simbolicamente richiama un senso liberazione, di capacità del leader di immedesimarsi con la vita quotidiana degli elettori, di atavico richiamo alla nostra fanciullezza, quando la mamma ci faceva fare pipì dietro i cespugli. State inoltre certi che questi stessi esperti, quando Salvini perderà consenso, ci spiegheranno che ha pagato la sua sovra esposizione mediatica e il suo continuo saltare tra una provocazione e l’altra senza costrutto. D’altronde sono gli stessi che prima hanno celebrato le doti di leadership di Renzi (quando era al 40%) e poi ci hanno spiegato che ha perso consenso per l’eccessiva personalizzazione del suo modo di fare politica. Oppure che, sempre parlando di Renzi, prima hanno dichiarato che il suo successo era dato dal fatto che era capace di andare oltre alla sinistra, poi ci hanno spiegato con la stessa faccia tosta che ha perso consenso perché ha abbandonato le istanze della sinistra.

D’altronde quando Lakoff ha sviluppato la sua “originale” teoria? Agli inizi degli anni duemila, cioè agli inizi del doppio mandato di Bush junior, periodo in cui evidentemente le idee repubblicane godevano di grande popolarità. Chissà se il buon Lakoff la pensava allo stesso modo durante il doppio mandato di Obama (o forse i repubblicani erano diventati improvvisamente imbecilli)

Evidentemente le cose sono molto più complesse, la sovra esposizione mediatica può tanto avvantaggiare quanto danneggiare a seconda dell’effetto di molti altri fattori. Per cui la prossima volta che sentite un giornalista che vi spiega che il goal “era nell’aria” commentando una vittoria al 90º, fate un bel sorriso.

Vale sempre la pena di far sentire la propria voce se si ritiene che il tema sia importante e se si pensa di avere buone argomentazioni (ma non esiste la ricetta perfetta che spieghi come farlo). Altrimenti le suffragette inglesi non avrebbero dovuto battersi per il voto alle donne solo perché all’inizio il consenso sembrava minoritario. O nessuno avrebbe dovuto parlare di abolizione della schiavitù quando gli interessi a favore della stessa sembravano troppo forti. Le cose cambiano, lentamente ma cambiano, anche quando ci sembra di vivere in un momento in cui sembra inutile affermare certi valori. Abbiate un po’ di pazienza e non vi fate impressionare.