POPULISMI
Sergio Rizzitiello
Nella vita politica italiana e internazionale si dà di solito un’accezione negativa al termine “populismo”, soprattutto si dà significato spregiativo a chi si fa protagonista di populismo.
Cerchiamo di capire perché.
Una ragione è voler determinarne il significato come sinonimo di istintivo, , irrazionale, emotivo, in antitesi perciò con tutto ciò che si reputa con ragionevole, razionale.
Insomma, il populista insegue una condotta impulsiva e scatena per questo gli impulsi più grossolani, più puerili, più volgari della gente, immagino col solo intento per spingerle a votarlo, a indicarlo come guida per conquistare un suo prestigio personale, un suo potere personale.
Ora non metto in dubbio che nella vita politica si siano espresse tali persone che hanno saputo cavalcare fenomeni di emotività collettiva, però non sempre è stato così, anzi a voler guardare bene all'interno dei due fenomeni più clamorosi di totalitarismo del Novecento, quello nazista e comunista, si danno cose un po’ diverse e sorprendenti.
Hitler è vero che magnetizzava le masse, solleticava i più bassi istinti, però poi aveva bisogno di un capillare piano razionale, demandato all'intelligenza luciferina di Goebbels, di repressione. Lo stesso sterminio degli ebrei è stato deciso ed eseguito con piani scientifici, con tutto l’apparato “razionale” di cui i gerarchi nazisti erano capaci e disponevano.
Stesso discorso vale per Stalin quando scientemente ingigantiva la macchina burocratica in maniera spaventosa al preciso scopo di opprimere, sterminare, reprimere e questo lo faceva in modo freddo, distaccato, razionale.
Mi sento di poter dire che si insegue un pregiudizio grossolano quando si fa coincidere politica svolta in modo passionale, il populismo, con politica negativa, sbagliata, soltanto foriera di sciagure e sventure.
Giustamente un liberale intelligente come l’americano Murray Newton Rothbard scrisse un po’ di anni fa che non è tanto importante se le cose si dicono in modo freddo o emotivo, ma quello che si dice, quello che si critica e quello che si propone per superare ciò che si critica.
Altra questione che egli ha scritto è stata quella di osservare che gli intellettuali che sostengono il potere, e in Italia sono spesso tutti a sinistra, di solito vedono male il populista perché li scalza dalle loro giustificazioni di "laudatori", perché il populista riesce a scardinare in un sol colpo quella rete di alibi intorno al potere che essi tanto faticosamente hanno costruito.
Insomma, mi pare così di poter concludere: si guardi oltre alla parte critica anche alla parte costruttiva, si giudichi non il modo (basta che non sia violento) ma il contenuto delle proposte, non ci si lasci ingannare dagli “intellettuali” di regime che hanno tutto l’interesse per distruggere coloro che danno fastidio allo status quo, al potere di turno, al regime di turno, all'oppressore di turno.Sul populismo
Nella vita politica italiana e internazionale si dà di solito un’accezione negativa al termine “populismo”, soprattutto si dà significato spregiativo a chi si fa protagonista di populismo.
Cerchiamo di capire perché.
Una ragione è voler determinarne il significato come sinonimo di istintivo, , irrazionale, emotivo, in antitesi perciò con tutto ciò che si reputa con ragionevole, razionale.
Insomma, il populista insegue una condotta impulsiva e scatena per questo gli impulsi più grossolani, più puerili, più volgari della gente, immagino col solo intento per spingerle a votarlo, a indicarlo come guida per conquistare un suo prestigio personale, un suo potere personale.
Ora non metto in dubbio che nella vita politica si siano espresse tali persone che hanno saputo cavalcare fenomeni di emotività collettiva, però non sempre è stato così, anzi a voler guardare bene all'interno dei due fenomeni più clamorosi di totalitarismo del Novecento, quello nazista e comunista, si danno cose un po’ diverse e sorprendenti.
Hitler è vero che magnetizzava le masse, solleticava i più bassi istinti, però poi aveva bisogno di un capillare piano razionale, demandato all'intelligenza luciferina di Goebbels, di repressione. Lo stesso sterminio degli ebrei è stato deciso ed eseguito con piani scientifici, con tutto l’apparato “razionale” di cui i gerarchi nazisti erano capaci e disponevano.
Stesso discorso vale per Stalin quando scientemente ingigantiva la macchina burocratica in maniera spaventosa al preciso scopo di opprimere, sterminare, reprimere e questo lo faceva in modo freddo, distaccato, razionale.
Mi sento di poter dire che si insegue un pregiudizio grossolano quando si fa coincidere politica svolta in modo passionale, il populismo, con politica negativa, sbagliata, soltanto foriera di sciagure e sventure.
Giustamente un liberale intelligente come l’americano Murray Newton Rothbard scrisse un po’ di anni fa che non è tanto importante se le cose si dicono in modo freddo o emotivo, ma quello che si dice, quello che si critica e quello che si propone per superare ciò che si critica.
Altra questione che egli ha scritto è stata quella di osservare che gli intellettuali che sostengono il potere, e in Italia sono spesso tutti a sinistra, di solito vedono male il populista perché li scalza dalle loro giustificazioni di "laudatori", perché il populista riesce a scardinare in un sol colpo quella rete di alibi intorno al potere che essi tanto faticosamente hanno costruito.
Insomma, mi pare così di poter concludere: si guardi oltre alla parte critica anche alla parte costruttiva, si giudichi non il modo (basta che non sia violento) ma il contenuto delle proposte, non ci si lasci ingannare dagli “intellettuali” di regime che hanno tutto l’interesse per distruggere coloro che danno fastidio allo status quo, al potere di turno, al regime di turno, all'oppressore di turno.