martedì 26 dicembre 2017



LA MOSCA
di Katherine Mansfield

Racconto simbolico ed inquietante è "La Mosca" del 1922. Un dirigente d'azienda vecchio e solo, dopo la visita di un dipendente che gli ha fatto ricordare il proprio figlio, rimane perso nei suoi pensieri, sopraffatto dal dolore per la morte dell'unico figlio morto nella Prima Guerra Mondiale. Prima evoca i suoi sacrifici, il coraggio preso per crescerlo e dargli una vita sicura e stabile, poi ne commemora la personalità gioiosa, amabile... E nel mentre si accorge di una mosca rimasta intrappolata nell'inchiostro del gran calamaio sulla scrivania. Con la penna il signore salva l'animale, poggiandolo su una carta assorbente;  osserva la fatica della mosca che si asciuga con le zampette il corpo, elogia il suo coraggio, il sacrificio, ma sempre con la penna e d'improvviso, inonda la mosca d'inchiostro. L'azione si ripete finché il povero animale non muore, così con disinteresse getta il cadavere nel cestino. Tuttavia, ritornando alla realtà, non riesce a ricordare a cosa stesse pensando inizialmente.

"Ne ha di fegato il diavoletto, pensò il padrone, e provò una sincera ammirazione per il coraggio della mosca. Era così che si dovevano affrontare le cose; era quello lo spirito giusto. Non darsi mai per vinti; era solo questione di… Ma la mosca aveva di nuovo terminato il suo faticoso compito, e il padrone ebbe appena il tempo d’intingere di nuovo la penna e di centrare in pieno quel corpo appena ripulito con un altro gocciolone d’inchiostro nero. Cosa sarebbe successo stavolta? Seguì un penoso momento d’incertezza. Ma ecco che le zampe anteriori si agitarono di nuovo; il padrone sentì un gran sollievo. Si chinò sulla mosca e le disse teneramente: «Che carognetta ingegnosa…». E gli venne persino la brillante idea di soffiarle sopra per aiutarla ad asciugarsi più in fretta. Ma ora negli sforzi della mosca c’era qualcosa di timido e debole, e il padrone, intingendo la penna ben dentro il calamaio decise che quella sarebbe stata l’ultima. Lo fu. L’ultima goccia cadde sulla carta assorbente fradicia e la mosca, inzuppata, vi restò immobile. Le zampe posteriori erano appiccicate al corpo; quelle anteriori non si vedevano più. «Avanti – disse il padrone – sbrigati!». E la stuzzicò con la penna – invano. Non accadde nulla, ne’ poteva accadere. La mosca era morta."