L'amore che torna
Guido Da Verona
"Da quando ella era divenuta «la mia amica», poichè amava ella stessa chiamarsi così, io vivevo nell'ardore di una febbre in cui erano gioie forse più acute che nella voluttà di possederla e tormenti più acerbi che nell'assoluta rinunzia. Sentivo confusamente che se fosse partita, se non avessi potuto più soffrire della sua presenza, mi sarei creduto per sempre incapace di accendere in me un altro desiderio, di esprimere un'altra ammirazione, di conoscere o di pensare un'altra bellezza, la quale somigliasse lontanamente alla sua.
Per questo le andai vicino, e dimenticando il fugace rancore le parlai quasi tremante.
— Non andrete via, — la pregai. — Non posso lasciarvi partire!
Mi guardò a lungo, mi porse la mano, ebbe un sorriso pieno di tristezza, mi disse:
— Anch'io vorrei forse restare, ma invece devo, devo andarmene via... — Poi soggiunse: — Ritornerò; verrete voi a vedermi... chissà!
— No, Elena: se partite questa volta, non ci vedremo più; mai più.
— Perchè mi dite questo? Anche la prima volta noi credevamo che sarebbe stato così, ed invece... La vita è tanto bizzarra!
— Elena, io farò in modo che non ci si riveda.
— Voi? e perchè?
— Perchè è sempre triste, enormemente triste, rimanere a mezza strada fra l'indifferenza e l'amore, fra la curiosità e il desiderio, fra quello che è stato e quello che poteva essere. Un sogno si può talvolta sopprimere, ma incatenarlo, precludere ad esso l'avvenire, questo no. D'altronde fra voi e me l'amicizia non è possibile. Perchè essere solamente amici quando è lecito amarsi? Elena, da che vi conosco non ho avuto verso di voi la più piccola irriverenza, non ho tentato mai di spingere la nostra intimità oltre il limite che le avete voluto prefiggere, trovando questo, non solo naturale, ma opportuno, perchè siete fra quelle donne che si debbono avere sempre o non avere mai.
— Credete proprio che ci siano tali donne? — ella rispose con volubilità. E, nel fissarmi, qualcosa di crudele attraversò la sua ferma bellezza.
— Se vi sono, — risposi — hanno certamente il diritto di farci anche soffrire.
— Sentite, — m'interruppe, con riso pieno d'ironia su la bocca giovine, — credo che voi parliate con molta facilità... Veramente vi ammiro!
— Perchè? — feci, un po' confuso.
— Via! Mi piace la sicurezza con la quale dite queste cose molto gravi e molto serie. Parlando con voi, talvolta mi sembra di assistere alla recitazione d'un ottimo attore.
— È dunque singolare che si abbia entrambi, esattamente, la medesima impressione.
— Eccovi súbito mordace. Ma no!... io trovo questa
una cosa naturale! Passiamo tante ore, qui, soli, nè possiamo far altro che parlare. Ditemi, avete avute molte amanti voi?
— Sì, molte, come tutti gli uomini che possiedono le qualità essenziali per piacere alle donne, ossia un bel nome, un patrimonio mai esausto, e molta disinvoltura.
— Credete che queste qualità bastino sempre?
— Sempre almeno per correre quella via battuta che si chiama la via del cuore femminile.
— E ne avete amate molte?
— No, amate no. Le ho predilette, come alcuni prediligono i fiori. Mi è piaciuto coltivarle, carezzarle, per ricevere in cambio il loro profumo, persuaso che questo profumo sia forse nella donna la cosa migliore. Ma purtroppo non ho mai saputo dare un'importanza grave ai sentimenti che sfioravano il mio cuore sbadato. Poi un'altra cosa vi dirò: mi è mancata una, forse la più superficiale, fra quelle distrazioni che ad altri uomini rendono così attraente il gioco dell'amore; voglio dire il capriccio, la passione che nasce per puntiglio, la tenacità. Davanti ad una porta che si chiudeva con ostinatezza non mi sono mai fermato a lungo; andavo altrove... e di porte che si aprono ve ne son tante al mondo!
Ella sorrise evasivamente, con un sorriso incomprensibile, alzando la mano verso una parete ov'erano in mostra, dietro un cristallo, alcuni ritratti di donne; poi, dalla parete, verso un quadro, e disse:
— Quelle, per esempio?
Anch'io volsi da quella parte gli occhi, e risposi con una certa pacatezza:
— Sì, quelle, oppure tante altre che non ricordo più.
— Voi parlate come Don Giovanni in un giorno di noia...
— Oh, no! — risposi ridendo. — La vostra ironia non mi ferisce affatto, perchè davvero non penso di aver seminate molte vittime lungo il mio cammino. Anzi la mia coscienza dorme tranquilla. Ho conosciute molte donne, ho creduto di amarne alcuna, mi sono accorto alla fine
di non aver amato mai. E per questo ve ne parlo senza gioia, senza rancore, come potrei ricordare il nome dei cavalli preferiti che ho fatto correre su gli ippodromi, quand'ero più ricco, e degli amici che m'hanno aiutato a dissipare gaiamente la vita. Lo scopo nel mondo è provare molte sensazioni: se poi si confondono insieme, che importa? La sensazione è un sentimento che scende sino al fiore dell'anima e non la pénetra, ma la fascia soltanto: per questo è più soave. Senza tormentarvi, senza farvi male, vi dà una specie d'ebbrezza. Ecco, vi dirò: vi sono alcuni profumi così intensi che son quasi un sapore; la sensazione è tale: un profumo che vi porta tutta l'anima di una cosa e vi commuove come un sentimento.
Da capo, su le sue labbra, quell'impercettibile segno d'irrisione che talora pareva un freddo scherno, talvolta un'addolorata ironia.
— Perchè, — le domandai dopo un silenzio — perchè mi guardate così?
— Io?... — fece trasognata. — Non saprei.
— Volete forse ripetermi la frase di prima, dirmi...
— Che siete un commediante? Sì, forse. Ma la commedia è vita in chi la rappresenta bene."
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