ATTRAVERSO IL GRIGIO DI GUARDI
ALBERTO SAVINIO
Eatratto da "Ascolto il tuo cuore, città"
Adelphi
[...]Nietzsche una notte era appoggiato al parapetto del ponte della Paglia, guardava i diagrammi delle luci nella laguna, le gondole nere e silenziose, udiva il cupo richiamo dei gondolieri, e sciolse un canto a Venezia.
Venezia è la città più « ritrattata » del mondo. Il ritratto più bello glie lo ha fatto Guardi, e oggi riposa su un cavalletto nel museo Poldi Pezzoli di Milano. È un ritratto grigio. Ma il grigio stasera si è annegrato e Venezia. si nasconde. Attraverso il grigio di Guardi, il canto di Nietzsche tira un sottile filo d'argento.
Stavo sul ponte
Poco fa nella bruna notte.
Di lontano veniva un canto:
Di gocciole d'oro sgorgava
Via sul tremante piano del mare.
Gondole, lumi, musica
Ebri si scioglievano nel barlume dell'alba.
La mia anima come una cetra
Sfiorata da mano invisibile
Si cantava in segreto una canzone di gondoliere,
Tremando di confusa felicità.
L'ascoltava qualcuno?
Nietzsche scrisse questo canto nei primi giorni del 1888, al termine di quell'anno fatale in cui si dice che egli naufragò nella pazzia. L'atto che dichiarò Nietzsche pazzo, è l'abbraccio che nell'inverno del 1889, in una via di Torino, egli diede a un cavallo. Ma quel cavallo Nietzsche non lo abbracciò da pazzo, sì perché aveva visto il carradore frustarlo a sangue. In quell'abbraccio è tutta la repressa passione di Nietzsche, tutto il bisogno d'amore di lui non amato, tutta la sua pietà
nonché agli uomini, ma agli animali, alle cose, all'universo, alle stelle : tutto il suo istinto di madre. Negli Uomini della Poesia, in questi uomini, che sóno assieme donne, in queste creature che sulla faccia visibile portano l'invisibile e ambigua maschera dell'Ermafrodito, è anche un misterioso istinto di madre; e tutte le cose essi le considerano con materna proprietà, come
se le avessero generate. Bisogna capire la loro intolle-
ranza, e perdonarla. Che si può sapere? La « pazzia » di
Nietzsche è forse la sua ragione suprema, la sua più alta
lucidità; tanto più dolorosa perché disaccordata con la
ragione di quaggiù. Quanto più patetica suona ora la domanda di Nietzsche veneziano a riguardo della sua anima : « L'ascoltava qualcuno? ». Un mio amico, sapendo che io andavo esplorando Milano, amichevolmente mi confidò: «C'è a Milano un museo degli orrori. È un segreto. Pochi lo conoscono. È stato raccolto da un ricco signore che aveva la
mania dei mobili strani, degli oggetti mostruosi ». Ma
il mio amico non ricordava il nome. Infine, dopo un lungo brancolare fra nebbie di assonanze, scoprimmo
che l'autore del museo degli orrori è il nobile Gian Giacomo Poldi Pezzoli di Albertone. Quel mio amico lo credevo intelligente, ma ora mi sono ricreduto. Non perché egli ignorasse il museo Poldi Pezzoli, e sulla fede di una fama menzognera scambiasse questa magnifica raccolta di cose d'arte per un museo degli
orrori, ma perché credeva che io fossi attirato dallo strano e dal mostruoso, né ha capito che io cerco invece l'anima segreta delle cose, e per trovarla sono costretto molte volte a guardare dietro la loro facciata
consunta dall'uso e divenuta irriconoscibile.
Il museo Poldi Pezzoli è uno dei più belli d'Europa.
Serba intatto il suo carattere di galleria privata, di abitazione adorna. Nell'anticamera il visitatore è accolto dal padrone di casa, immobile su un cavalletto. Il nobile Gian Giacomo porta due scopettoni imponenti, ha l'occhio pollino, il sinistro un poco divergente. Al
lato opposto dell'anticamera, il visitatore è ricevuto da
una grassa signora in camicia, ferma essa pure su un
cavalletto; ma costei non è la padrona di casa. È una
donna senza nome, ritratta da Jacopo Negretti, altrimenti detto Palma il Vecchio. Le fragole delle mamme occhieggiano tra le crespe della camicia. Una stop-
pa flava fluisce sulle spalle a ponte. L'occhio, il volto
hanno quel che di tardo, di bovino piace ai pittori
di mestiere, e a coloro che nella loro serena rozzezza
mentale ripongono ogni fiducia nella impassibile salute della bestia. L'incontro con la vera padrona di casa non avviene in anticamera, ma in una sala interna; e non direttamente ma indirettamente, per il tramite di una ignuda giovinetta accosciata che affida la sua anima a Dio.
Quasi obliando la corporea salma Fidando in Quei che volentier perdona...
La « Fiducia in Dio » è stata eseguita per commis-
sione di Rosa Poldi Pezzoli, madre del fondatore del
« museo degli orrori » ; e sotto questa celebre scultura,
in cui la perfezione arriva fino alla soglia della bana-
lità ma non la supera, è ricordato che « La fece - Lo-
renzo Bartolini - a me - Rosa Trivulzio - vedova Poi-
di - dappoiché - solo in Dio - protettore - e consolato-
re - unico - non manchevole - posi fiducia - MDCCC
XXXV ». Nei ricchi, la devozione fa parte delle belle
maniere.
se le avessero generate. Bisogna capire la loro intolle-
ranza, e perdonarla. Che si può sapere? La « pazzia » di
Nietzsche è forse la sua ragione suprema, la sua più alta
lucidità; tanto più dolorosa perché disaccordata con la
ragione di quaggiù. Quanto più patetica suona ora la domanda di Nietzsche veneziano a riguardo della sua anima : « L'ascoltava qualcuno? ». Un mio amico, sapendo che io andavo esplorando Milano, amichevolmente mi confidò: «C'è a Milano un museo degli orrori. È un segreto. Pochi lo conoscono. È stato raccolto da un ricco signore che aveva la
mania dei mobili strani, degli oggetti mostruosi ». Ma
il mio amico non ricordava il nome. Infine, dopo un lungo brancolare fra nebbie di assonanze, scoprimmo
che l'autore del museo degli orrori è il nobile Gian Giacomo Poldi Pezzoli di Albertone. Quel mio amico lo credevo intelligente, ma ora mi sono ricreduto. Non perché egli ignorasse il museo Poldi Pezzoli, e sulla fede di una fama menzognera scambiasse questa magnifica raccolta di cose d'arte per un museo degli
orrori, ma perché credeva che io fossi attirato dallo strano e dal mostruoso, né ha capito che io cerco invece l'anima segreta delle cose, e per trovarla sono costretto molte volte a guardare dietro la loro facciata
consunta dall'uso e divenuta irriconoscibile.
Il museo Poldi Pezzoli è uno dei più belli d'Europa.
Serba intatto il suo carattere di galleria privata, di abitazione adorna. Nell'anticamera il visitatore è accolto dal padrone di casa, immobile su un cavalletto. Il nobile Gian Giacomo porta due scopettoni imponenti, ha l'occhio pollino, il sinistro un poco divergente. Al
lato opposto dell'anticamera, il visitatore è ricevuto da
una grassa signora in camicia, ferma essa pure su un
cavalletto; ma costei non è la padrona di casa. È una
donna senza nome, ritratta da Jacopo Negretti, altrimenti detto Palma il Vecchio. Le fragole delle mamme occhieggiano tra le crespe della camicia. Una stop-
pa flava fluisce sulle spalle a ponte. L'occhio, il volto
hanno quel che di tardo, di bovino piace ai pittori
di mestiere, e a coloro che nella loro serena rozzezza
mentale ripongono ogni fiducia nella impassibile salute della bestia. L'incontro con la vera padrona di casa non avviene in anticamera, ma in una sala interna; e non direttamente ma indirettamente, per il tramite di una ignuda giovinetta accosciata che affida la sua anima a Dio.
Quasi obliando la corporea salma Fidando in Quei che volentier perdona...
La « Fiducia in Dio » è stata eseguita per commis-
sione di Rosa Poldi Pezzoli, madre del fondatore del
« museo degli orrori » ; e sotto questa celebre scultura,
in cui la perfezione arriva fino alla soglia della bana-
lità ma non la supera, è ricordato che « La fece - Lo-
renzo Bartolini - a me - Rosa Trivulzio - vedova Poi-
di - dappoiché - solo in Dio - protettore - e consolato-
re - unico - non manchevole - posi fiducia - MDCCC
XXXV ». Nei ricchi, la devozione fa parte delle belle
maniere.