domenica 10 gennaio 2016





ISLAM: TERRORISMO TRA RELIGIONE E PROGETTO POLITICO 
Riproposta di una discussione del 10 Gennaio 2014
Gianfranco Giudice: 
«TERRORISMO. La parola fa riferimento ad azioni volte a seminare terrore, dunque possono esistere azioni terroristiche compiute da chiunque e con le finalità più disparate, anche originate dalla pura follia individuale. Quando invece si parla di terrorismo ("il terrorismo") in modo generale, storicamente si parla di progetti politici, per quanto aberranti. Il terrorismo è una delle forme (aberranti) della politica storicamente date, con la religione c'entra poco, la religione che diventa fanatismo può poi giustificarlo ideologicamente, e anche questo è storicamente dato. Quando si parla di terrorismo islamico, si tratta dunque di un (aberrante) progetto politico, condito di fanatismo religioso. Al di là delle tante e delle troppe parole che si dicono, dei tanti che sputano sentenze come se fossero verità assolute, quel che a me pare è che siamo dentro la storia del mondo che cerca un nuovo equilibrio da almeno venticinque anni, equilibrio che conosceremo solo quando arriverà, perché la storia non fa previsioni. Quando crollò l'Impero romano sotto l'urto della migrazione delle popolazioni germaniche, ci vollero secoli perché nascesse il nuovo equilibrio nell'Europa medioevale, che non era né solo romana, né solo germanica, era un prodotto nuovo, l'Europa cristiana. Oggi l'Occidente è in un fuoco simile, perché quelle attuali non sono emigrazioni, bensì migrazioni di popoli. Il mondo che verrà non lo conosciamo, sarà un inedito, i tempi della storia accelerano ma per vedere il nuovo mondo ci vorrà almeno tutto il XXI secolo. Io spero tanto che il mondo nuovo conserverà il meglio della nostra cultura, frutto della rivoluzione scientifica, dell'illuminismo, della rivoluzione francese e delle conquiste del movimento operaio. Spero, ma non so. Detto tutto ciò, resta certo la domanda cruciale e angosciante: che fare di meglio ora, dopo avere cercato di comprendere quel che accade oltre la cronaca? »
Bruno Perlasca: 
«Siccome si sentono giudizi a vanvera su maggioranze, minoranze e presunte egemonie, sgombriamo il campo da un equivoco di fondo: l'Islam, inteso come religione, è una galassia di 1 miliardo e 600 milioni di musulmani, quindi berciare come ha fatto ieri sera Ferrara da Santoro che l'Islam è impegnato in una guerra santa contro l'Occidente cristiano-giudaico è una fesseria assoluta che fa solo il gioco dei terroristi. 
Bisogna parlare dei musulmani non dell'Islam, dei musulmani estremisti, radicali, fondamentalisti, terroristi che sono una infima minoranza rispetto a un miliardo e 600 milioni di persone. Davvero si crede che un miliardi e 600 milioni di persona siano in guerra con l'Occidente?
Il problema è organizzare politicamente e mobilitare la stragrande maggioranza dei musulmani ed è un problema che riguarda tutti, Occidente e Paesi a egemonia islamica. Poi esiste un problema enorme di ridefinizione del rapporto tra la religione islamica e la modernità e questa è tutta un'altra storia.»
Adria Bartolich: 
« Ida Magli sull'Islam "appartengono all’Antico Testamento e di conseguenza ad una cultura che li affida all’obbedienza; che li mantiene «relativi» a Dio. Gesù Cristo, al contrario, ha creduto nell’Uomo con tutta la debolezza, la fragilità che questo comporta»
Adria Bartolich: 
«hanno STATI deboli e arretrati e nelle situazioni di crisi tornare alla religione come unico collante del mondo arabo rappresenta, per loro, la soluzione. Però, scusatemi, io non regalo comprensione gratuita a nessuno. La verità è che "l'islam moderato" ha tenuto una posizione debole, molto debole. E onestamente la sua esistenza sembra più rappresentare un bisogno di supporto e legittimazione di alcune posizioni per parte della sinistra terzomondista, accogliente e includente ( di fronte al terrorismo e al fondamentalismo) che qualcosa di realmente esistente . Le uniche posizioni veramente critiche sono quelle di coloro che hanno fatto propria la cultura occidentale. E adesso questa latitanza si paga. Qualcosa sul genere "Islam moderato " se ci sei batti un colpo. Ma se non lo batte? Non se lo batte un intellettuale o un poeta, o un musicista; se non lo battono i governi, gli imam, i capi delle comunità, i mass media del mondo arabo? Cosa facciamo? Non è un problema da poco perchè tocchera a noi trovare la soluzione. Pensate di costringere Islam moderato ad uscire ed esporsi " so che ci sei ", oppure chiedendo che finalmente dicano qualcosa di importante e serio sul tema e si organizzino per sconfiggere l'egemonia e l'avanzata dei Fratelli musulmani alle elezioni? Perchè se gli intellettuali stanno ad occidente e il popolo ad oriente, capite che c'è una cesura irrimediabile. Chi può fare questo se non loro? Però questo significa mettere in discussione, almeno in parte, il tema religioso. I fondamentalisti non si organizzano nel Partito della destra nazionale ma nel partito islamico.Non si può prescindere da questo dato di realtà. Guardate, che se non si riesce a sconfiggerli culturalmente , e non ci arriviamo con le posizioni da Mani Tese bensì con un dibattito molto più approfondito sulle ragioni vere di questa recludescenza fondamentalista , e l'aggressione diventa militare, non è che ci siano molte soluzioni, se non provvedimenti molto forti sul piani delle'ordine pubblico. Ad aggressione militare risposta militare, e giuro è l'ultima cosa che vorrei....aggiungo ...certo che si il dibattito , quando si alza di livello, incomincia ad essere " vabbé ma anche i cattolici rompono i coglioni con santi e crocefissi..." mi chiedo quale sia ormai il livello del dibattito interno dei partiti. Praticamente luoghi di perdizione.»
Andrea Taiana: 
«anche gli ebrei appartengono all'antico testamento. la differenza risiede altrove, risiede nel passaggio attraverso la cultura illuminista occidentale, non è questione di Cristo o antico testamento»
Adria Bartolich: 
«Gli ebrei sono il popolo della diaspora, i musulmani no. Certo la cultura illuminista è una parte significativa delle differenze anche se non l'unica. Secondo me ci sono anche aspetti teologici di una certa rilevanza, ma comunque il risultato resta.»
Bruno Perlasca:
«Sulla frase di Ida Magli ci sarebbe da discutere a lungo. Quanto all'Islam moderato si potrebbe anche concludere, come fa qualcuno, che l'Islam moderato non esiste, ma esistono centinaia di milioni di musulmani moderati e nemici del terrorismo. Contro il terrorismo l'unica strategia è la mobilitazione di massa e il rafforzamento dell'intelligence, la strategia militare non serve a nulla. La pochezza della classe politica europea si vede anche da come non riescano a imporre ai leader dei paesi a egemonia musulmana che considerano alleati l'organizzazione di questa mobilitazione contro il terrorismo e continuino invece a trescare con regimi come quello dell'Arabia Saudita che finanziano il terrorismo più sanguinario. Per esempio il leader turco, che vuole tanto entrare in Europa, porti in piazza la maggioranza silenziosa del suo Paese contro i fanatici estremisti.»
Adria Bartolich: 
«però bisogna fare una distinzione tra persone e movimenti collettivi, altrimenti non ne veniamo fuori. le persone possono essere brave e cattive ovunque, sui movimenti collettivi e le loro ragioni culturali bisogna, invece, esprimere giudizi politici.»
Paolo Bolzani: 
«Anche i tedeschi non erano tutti nazisti, ma c'era il nazismo in Germania. Stati islamici teocratici, movimenti organizzati per il terrorismo e la conquista e gestione di territori, proselitismo a livello internazionale in occidente con attentati..tutto questo e' l'islam militante che utilizza la religione come arma di sterminio di massa. Dire che non tutti i musulmani sono terroristi è una banalità che serve solo a non affrontare il problema politico. Dire che l'islam è diviso e si ammazzano fra loro dai tempi di Maometto a cosa serve?. Certo una bella e approfondita analisi. Una trasmissione alla radio era la discussione sul bisogna fare trattativa coi terroristi a Parigi "perché sono persone e hanno il diritto alla vita". Ecco. Quanto all'Islam moderato è la foglia di fico per tutti gli ignavi: questo fino a che non vedo un movimento politico organizzato, armato, che combatte contro l'altro Islam, in tutte le zone di guerra in corso. E l'Europa e Usa con loro. Senza gridare "Dio è dalla nostra parte" ma la" viva libertà" sì.»
Bruno Perlasca: 
«Ci mancherebbe che qualcuno dicesse che tutti i musulmani sono terroristi. Quello che ho detto è che la stragrande maggioranza dei musulmani sono CONTRO il terrorismo, anche perché molti lo pagano sulla loro pelle. È continuare a dire che l'Islam è in guerra con l'Occidente che è una solenne fesseria. »
Paolo Bolzani:
«non vedo (meno male) eserciti che impugnano la Bibbia. Gli eserciti che impugnano il Corano e il diffondersi di teocrazie islamiche sono invece il problema attuale, nei fatti qui ed ora". »
Bruno Perlasca: 
«Il problema esiste e va affrontato, ma nessuno riuscirà mai a convincermi che Cristianesimo ed Ebraismo siano le sole religioni "ontologicamente" compatibili con la libertà e che questa sia iscritta inevitabilmente nel loro destino, mentre l'Islam educhi inevitabilmente alla schiavitù e alla violenza. La situazione attuale è frutto della storia politica dei popoli. Le nostre radici culturali, che comprendono anche il paganesimo, non sono "geneticamente" inclini all'amore, alla pace e alla libertà. Pensarlo è una forma di presunzione intellettuale e genera discriminazione.»
Carlo Ferrario: 
«I cristiani non si ricordano dei roghi per gli eretici, della città di Beziers ("uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi", dei catari, dell'Inquisizione, delle crociate,della tratta dei neri d'Africa ecc.: non si può condannare i delitti degli altri se prima non ci si pente dei propri... Che coda sarebbe l'Italia in mano ai Salvini e ai Giuliano Ferrara!»
Paolo Bolzani: 
«O perbacco, Carlo. Ancora i roghi. Ti sei dimenticato delle crociate. Noi in occidente siamo andati avanti. L' Islam no. Non so su compatibilità ontologica, Bruno. Mentre tu la pensi come Obama e Cameron (il problema non è l'Islam) io la penso come al Sisi, che ha detto (8 gennaio)   “It’s inconceivable,” he said, “that the thinking that we hold most sacred should cause the entire umma [Islamic world] to be a source of anxiety, danger, killing and destruction for the rest of the world. Impossible!”  What a refreshingly honest statement to come from not only a political leader but a Muslim political leader who has much to lose, not least his life. Contrast his very true words with the habitual reassurances of the Western establishment that Islamic world violence is a product of anything and everything but Islam.  Even after the appearance of the Islamic State, politicians like U.S. President Obama and U.K. Prime Minister Cameron insist that the “caliphate” is not Islamic, despite all the evidence otherwise. Yet here is Sisi, the pious Muslim, saying that the majority of the terrorism plaguing the world today is related to the holy texts of Islam themselves: "That thinking [that is responsible for producing “anxiety, danger, killing and destruction” around the world] -- I am not saying “religion” but “thinking” -- that corpus of texts and ideas that we have sacralized over the centuries, to the point that departing from them has become almost impossible, is antagonizing the entire world. It’s antagonizing the entire world." https://m.youtube.com/watch?v=DEhNarfrlec
Gianfranco Giudice:
«Il problema è anche capire quali siano le vere ragioni della guerra in atto, quali gli interessi geopolitici in campo, che cosa sia esattamente l'Isis, perché il fondamentalismo religioso arriva dopo a giustificare la violenza, a motivare e arruolare i suoi soldati, non prima a causarla, anche perché il fondamentalismo esisteva anche prima che scoppiasse il caos in atto, ed era tenuto a bada, perché da venti anni a questa parte agisce come ideologia di guerra in modo efficace.»

mercoledì 6 gennaio 2016

ELOGIO DI SC'VÈIK

Elogio di Sc’vèik, il personaggio simbolo di tutti gli anti-militaristi, anti-gerarchici, anti-borghesi, anti-vecchi barbosi paludati, anti-saccenti, anti-conformisti, anti-clericali, anti-signorebene-damedicarità, anti-funzionari statali imbolsiti, anti-soverchiatori da scrivania, anti-ignoranti che si riempiono la bocca di discorsi altisonanti. Sc’vèik è uno dei più eroici anti-eroi della letteratura. Un brano: [...] Mikulàšek tacque limitandosi a guardare atterrito il tenente. Se in quel momento si accorse finalmente di star seduto su tavolo, la sua disperazione dovette essere ancora maggiore, dato che i suoi piedi toccavano le ginocchia dell’ufficiale che gli stava seduto davanti. ”Insomma volete dirmi come vi chiamate?” esclamò dal basso il tenente verso Mikulàšek. Ma questi continuò a tacere. Come spiegò dopo, era stato colto da una sorta di intorpidimento all’improvviso arrivo del tenente. Avrebbe voluto scender giù, ma non ci era riuscito, avrebbe voluto rispondere, ma non gli era stato possibile, avrebbe voluto smettere di fare il saluto, ma non c’era stato verso. ”Faccio rispettosamente notare, signor Oberleutenant,” si sentì Sc’vèik, ”che la pistola non è carica.” ”Faccio rispettosamente notare, signor Oberleutenant, che non abbiamo cartucce, e che sarà un bell’affare abbatterlo giù dal tavolo. Mi permetto di osservare, signor Oberleutenant, che si tratta di Mikulàšek, attendente del maggiore Wenzl. È uno che perde sempre la parola ogni volta che vede qualcuno dei signori ufficiali. Si vergogna proprio di parlare. Come dico, è per l’appunto una meschina bestia, un bolso. Il signor maggiore Wenzl lo pianta sempre nel corridoio quando va in città, e lui gironzola come un derelitto nella baracca passando da un attendente all’altro. Avesse almeno motivo per temere qualcosa, ma invece non ha combinato niente di male.” Sc’vèik sputò, e dalla sua voce, e dal fatto che trattava Mikulàšek da animale, si avvertiva il suo completo disprezzo per l’inettitudine dell’attendente del maggiore Wenzl e per il suo comportamento tutt’altro che marziale. ”Permetta,” continuò Sc’vèik, ”che gli dia un’annusata.” Sc’veik tirò giù Mikulàšek, che continuava ancora a guardare il tenente con occhi inebetiti, e, depostolo a terra, gli annusò i pantaloni. ”Ancora no,” dichiarò, ”ma sta già cominciando. Debbo buttarlo fuori?” ”Buttatelo fuori, sì!” Sc’vèik condusse nel corridoio il tremolante Mikulàšek, chiuse la porta alle sue spalle e gli disse: ”E così, scemo che non sei altro, ti ho salvato la vita! […]”
CHE COS'È UNA "BELLA" MENZOGNA?

Nel gennaio 1889 sulla rivista londinese “The Nineteenth Century” compare un dialogo di Mr. Oscar Wilde dal titoloThe Decay of Lying – An observation , i cui personaggi rappresentano due giovani esteti, Cyril e Vivian (i nomi dei due figli di Wilde), in amabile conversazione all’interno di una biblioteca di una dimora nella campagna del Nottinghamshire.
"Loro non si ergono mai oltre il livello della falsa dichiarazione, ed effettivamente si accordano a dimostrare, a discutere, ad argomentare. Che differenza dal temperamento del vero bugiardo, con le sue frasi franche, impavide, la sua superba irresponsabilità, il suo sano, naturale disprezzo per ogni tipo di prova! Dopotutto, che cosa è una bella menzogna? Semplicemente ciò che è di per sé evidente. Se un uomo è sufficientemente privo di immaginazione per produrre una evidenza a supporto di una menzogna, tanto vale che dica la verità subito." (Oscar Wilde "La decadenza della menzogna")
FELICITÀ...IL DESTINO È PER ISTANTI FELICI 
Così F. Nietzsche, Umano, troppo umano. 
471 Periodi felici. — Un'epoca di felicità non è possibile in quanto gli uomini vogliono desiderarla, ma non averla e ciascuno, quando per lui giungono i giorni buoni, impara addirittura a invocare inquietudine e miseria. Il destino degli uomini è predisposto per istanti felici — ogni vita ne ha — ma non per periodi felici. Tuttavia, nella fantasia umana essi continueranno a esistere come l'«al di là dei monti», come retaggio degli avi; infatti l'idea di un'epoca felice la si è ricavata, da tempi remoti, da quello stato in cui l'uomo, dopo l'immane fatica della caccia e della guerra, si abbandona al riposo, distende le membra e sente frusciare intorno a sé le ali del sonno. L'uomo sbaglia se immagina, secondo quell'antica abitudine, di poter anche partecipare, dopo interi periodi di miseria e fatica, a uno stato di felicità di corrispondente intensità e durata.

martedì 22 dicembre 2015

IL BOSCO INCANTATO 
Teatro Sociale dal 20 al 27 dicembre 2015 






sabato 19 dicembre 2015

PAROLE SENZA FATTI: APPLICARE IL RASOIO DI OCKHAM?


"entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem" oppure "frustra fit per plura quod per pauciora" ("Il rasoio di Ockham") 
Non è soltanto regola fondamentale di ogni scienza. Quello che ci dice è, anche, che bisogna metter confini tra le parole e le cose, per evitare di far passare per cose esistenti quelle che sono solamente chiacchiere, e per non credere che tutte le nostre parole si riferiscono a cose esistenti. Spesso pensiamo che ci sia una corrispondenza reale alle parole, mentre dovremmo chiederci se  le parole poggino  soltanto su altre parole e non su cose. 

venerdì 18 dicembre 2015



LIBERTA' NELLA SOLITUDINE

....each in the cell of himself is almost convinced of his freedom...
"But in the importance and noise of to-morrow
When the brokers are roaring like beasts on the floor of the Bourse,
And the poor have the sufferings to which they are fairly accustomed,
And each in the cell of himself is almost convinced of his freedom,
A few thousand will think of this day
As one thinks of a day when one did something slightly unusual."
From Another Time by W. H. Auden
'A ZUPPA 'E LATTE

Luca ~Tummasì, Tummasì, scétate songh' 'e nnove! Io lo so che stai sveglio, è inutile che fai finta di dormire.  Tommasì, scétate songh' 'e nnove.  E questo vuoi fare!  Vedete se è possibile; nu cetrulo luongo luongo che dorme fino a quest'ora!  Io, all'età tua, alle sette e mezza saltavo dal letto come un grillo per accompagnare mio padre che andava a lavorare.  Lo accompagnavo fino alla porta, ci baciavo la mano… perché allora si baciava la mano al genitore… poi me ne tornavo e mi coricavo un'altra volta. Hai capito, svegliati? È meglio ca nun te dongo retta, se no ci facciamo la croce a prima matina.
Tommasino ~ 'A zuppa 'e latte!
Luca  ~ E questa è la sola cosa che pensi: 'A zuppa 'e latte, 'a cena, 'a culazione, 'o pranzo”…  alzati, 'a zuppa 'e latte te la vai a prendere in cucina perché non tieni i servitori.
Tommasino ~ Se non me la portate dentro il letto non mi soso.
Luca ~ No, tu ti sosi, se no ti faccio andare a coricare all'ospedale.
Concetta ~ 'A colla… Io nun capisco che 'o faie a ffà, stu Presebbio.  Na casa nguaiata, denare ca se ne vanno… e almeno venisse bbuono!
Tommasino ~ Non viene neanche bene.
Luca ~ E già come se fosse la prima volta che lo faccio! Io sono stato il padre dei Presepi… venivano da me a chiedere consigli… mo viene lui e dice che non viene bene.
Tommasino  A me non mi piace.
Luca ~ questo lo dici perché vuoi fare il giovane moderno che non ci piace il Presepio… il superuomo. Il Presepio che è una cosa commovente, che piace a tutti quanti…
Tommasino ~A me non mi piace.  Ma guardate un poco, mi deve piacere per forza?
Luca ~ Sùsete! Hai capito sùsete?
Tommasino ~  'A zuppa 'e latte!
Concetta ~ Alzati, bello di mammà, alzati!
Luca ~ Embè, si le porte 'a zuppa 'e latte dint' 'o lietto ve mengo 'a coppa abbascio a tutte e due!   Lo stai crescendo per la galera!
Concetta ~ Quello mo si alza!
Luca ~ È incominciato il telegrafo senza fili.
Tommasino ~  'A zuppa 'e latte!
Luca ~ Embè, mo te mengo 'a colla nfaccia.
Concetta  ~ Alzati, bello 'e mammà. Ti lavi tanto bello, e mammà intanto ti prepara nu bello zuppone.
Luca  ~ Niente affatto. 'O zuppone s''o va a piglià in cucina. Che l'hai presa per una serva, a tua madre? Eh? Tua madre non serve!  Pasqualino si è alzato?
Concetta ~ Sì, sì, si è alzato quello scocciante di tuo fratello!  Cu' nu raffreddore che ha tenuto, è stato capace di stare una settimana a letto.

LE SORPRESE DELLA STORIA


Ma forse dovremmo  provare ad analizzare il jihadismo islamista dell’Isis come uno dei molti movimenti rivoluzionari che fanno parte del percorso della storia umana... La storia, come sempre, continuera' a sorprenderci, e, come sempre, scopriremo di essere "impreparati". Ma questo perche' la storia non dipende quasi mai dai calcoli degli uomini, ma dall’evolversi di realtà e situazioni che portano inevitabilmente a nuovi scenari.

giovedì 17 dicembre 2015




LA VITA È BELLEZZA ( ZWEIG) 

 La vita è bellezza, ma solo nella sofferenza trova un senso (Stefan Zweig "Dostoevskij",  pagg. 118, euro 14,50 Castelvecchi). Zweig, scrittore austriaco ebreo e' morto suicida in Brasile. Zweig coglie l'essenza tragica, la vicinanza con l'abisso, la dimestichezza con i demoni, l'esperienza di Dio come tormento, il male e la perdizione come occasione di salvezza e redenzione, l'oscillazione tra generosità e dissolutezza, la centralità assoluta dell'anima. Kirillov, Satov, Raskol'nikov, Karamazov: i suoi personaggi, per Zweig, vivono nell'agitazione, intorno all'anima si forma il loro corpo, le passioni plasmano le loro figure. 
SINISTRA: È ORA DI FINIRLA CON LE QUESTIONI IDENTITARIE 

Ho l'impressione che la sinistra abbia una sola strada: finirla con le questioni identitarie e non fare la sinistra. Domandarsi perché nelle fabbriche non fa più presa sugli operai, smetterla di cullarsi nell’illusione che la Cgil possa ancora portare consensi elettorali, capire una volta per tutte che il voto degli operai, anche dei metalmeccanici, è andato al centrodestra in alcune zone, alla Lega in altre e ora ai grillini. E che l’emorragia non si ferma...
ON CROIT QUE SELON LE DÉSIR...

On croit que selon son désir on changera autour de soi les choses, on le croit parce que, hors de là, on ne voit aucune solution favorable. On ne pense pas à celle qui se produit le plus souvent et qui est favorable aussi : nous n’arrivons pas à changer les choses selon notre désir, mais peu à peu notre désir change. La situation que nous espérions changer parce qu’elle nous était insupportable nous devient indifférente. Nous n’avons pas pu surmonter l’obstacle, comme nous le voulions absolument, mais la vie nous l’a fait tourner, dépasser, et c’est à peine alors si en nous retournant vers le lointain du passé nous pouvons l’apercevoir, tant il est devenu imperceptible.
— 
Marcel Proust, Albertine disparue ou La fugitive (La fuggitiva o Albertine scomparsa, Alla ricerca del tempo perduto, VI, p.38):
“Si crede che si potranno mutare a piacere le cose intorno a noi; lo si crede perché, fuori di questa, non si scorge nessun’altra soluzione favorevole. Non si pensa a quella che più spesso si avvera e che è, anch’essa, favorevole: noi non riusciamo a mutare le cose conforme al nostro desiderio, ma poco a poco il nostro desiderio muta. La situazione che desideravamo mutare perché insopportabile ci diviene indifferente. Non abbiamo potuto sormontare l’ostacolo, come volevamo assolutamente, ma la vita ce lo ha fatto aggirare, oltrepassare; e facciamo fatica allora, se, volgendoci verso le lontananze del passato, riusciamo a scorgerlo, tanto è diventato impercettibile”.

mercoledì 16 dicembre 2015



MINISTERO DELLE CIRCONLOCUZIONI

Leggendo  il Capitolo X  di Charles Dickens "La piccola Dorrit",  mi sono accorto  di aver sbagliato a considerare questa opera  un pò  "romanzo d'appendice", lunghissimo, complicatissimo con intrecci di numerosi personaggi. 
Rileggendolo possiamo scoprire diverse altre chiavi di  lettura. Questa per esempio: Dickens fa, nel capitolo decimo, un mirabile efficacissimo attacco alle istituzioni ed alla pubblica amministrazione, malate di burocratismo, il cui funzionamento è orientato sul “non-fare”. Stupenda minuziosa descrizione del "Ministero delle Circonlocuzioni",   anticipazione della descrizione del funzionamento organizzativo de "Il castello" di Kafka.

"....È vero che l'arte di non far le cose è l'oggetto e lo studio principale di tutte le pubbliche amministrazioni e di tutti gli uomini politici che circondano il lodato Ministero. È vero che ogni nuovo presidente del Consiglio ed ogni nuovo governo, venuti al potere per avere sostenuto che la tal cosa si debba fare, si danno subito a tutt'uomo per trovare il mezzo di non farla. È vero che, compiute appena la elezioni generali, tutti quei deputati che si sono sgolati e slogati e dimenati perchè la tal cosa non si è fatta, e che hanno interpellati gli amici dell'onor avversario di dichiarare perchè non l'hanno fatta, e che hanno asserito che bisogna farla, e che si son obbligati di farla, incominciano subito a ricercare in qual modo si possa non farla. È vero che le discussioni di ambo i rami del Parlamento, durante tutta la sessione, tendono uniformemente alla deliberazione finale di non farla.”
Estratto di: Dickens, Charles. “La piccola Dorrit.” 1857

giovedì 3 dicembre 2015

LA STORIA AL DI LÀ DELLE INTENZIONI

LA STORIA DA SEMPRE SI SVILUPPA AL DI LÀ DELLE NOSTRE (BUONE) INTENZIONI. 
Per quelli che tutti i giorni, per posa "corretta", ci dicono di amare una società multiculturale, multireligiosa e multietnica e dicono con orrore “non vorremmo mica credere allo scontro di civiltà di Huntington” hanno mai letto una riga del suo libro? Si sono mai posti la domanda se, per lo studioso, tale scontro fosse lo scenario desiderato e non una sua ipotesi di studio, una previsione sul possibile, un caveat, e, in ogni caso non un incitamento allo scontro. Allora si scoprirebbe che, in realtà, nella visione di Samuel P. Huntington lo scontro di civiltà è , in parte, una descrizione di ciò che succede, e soprattutto una previsione non irragionevole di ciò che potrebbe essere, mai ma, proprio mai, non un auspicio. Uno studioso sociale o di geopolitica, come è nel suo caso, ha il diritto/dovere di enucleare e porre in evidenza alla comunità scientifica come a chiunque sia interessato a conoscere, anche attraverso gli scenari predittivi, il nostro futuro prossimo venturo. Huntington sostiene nel libro che se prima della caduta del Muro il divisorio dei conflitti planetari era la classe e quindi il conflitto Est-Ovest (capitalismo contro comunismo) dopo la caduta, la frizione, la linea di potenziale scontro si sposta sui popoli e prevalentemente sul confine Nord-Sud, e verso la Cina. «Gli scontri più pericolosi del futuro – sintetizza Huntington – nasceranno probabilmente tra l’arroganza occidentale, l’intolleranza islamica e l’intraprendenza sinica». Come dargli torto.


domenica 29 novembre 2015



LA GUERRA È IN CORSO DA ANNI

La guerra è in corso da anni, anche se noi fingiamo che non ci sia. Il non pronunciare la parola non vuol dire scongiurarla. Gli esorcismi non servono a niente. Noi siamo quelli delle bandiere della pace fuori dalle finestre e sul profilo fb. Ma è bene ricordare le immagini di Papa Francesco e dei due bambini che lanciavano le colombe in piazza San Pietro: le colombe liberate furono ghermite in volo da cornacchie e gabbiani. Le fecero fuori in pochi secondi. Ecco. Aspettiamo il prossimo attentato per la celebrazione del lutto di Michele Serra.

sabato 28 novembre 2015




PIÙ SICUREZZA?

Cosa significa più sicurezza e meno libertà?. Vuol dire dichiarare uno stato di emergenza (sta avvenendo in Francia). Vuol dire autorizzare i servizi segreti e le polizie ad intercettare, pedinare, arrestare e violare domicili senza vincoli, uccidere i presunti terroristi che spesso sono cittadini europei (come in queste ore in Francia). Il confine tra autorità e libertà, tra sicurezza e diritti individuali, è sempre labile ed elastico. Le intercettazioni delle NSA, con lo Stato che monitora gran parte dei suoi cittadini, originano proprio dalle normative antiterrorismo. Dare ai  servizi segreti e alle polizie più risorse e maggior possibilità di azione sarà una strada obbligata, ma andrà parallelamente rafforzato il controllo di Parlamento e opinione pubblica.
LA NOSTRA BREVE VITA DURA IL TEMPO DI UN SONNO 

La tempesta atto IV, scena 1 Prospero:" We are such stuff As dreams are made on, and our little life Is rounded with a sleep." 

IL SOTTOSUOLO DELLA NOSTRA COSCIENZA

«Vi giuro, signori, che l'esser troppo consapevoli è una malattia, un'autentica, assoluta malattia». Fëdor Dostoevskij," Memorie del sottosuolo"
L'uomo di Dostoevskji, prigioniero nel labirinto della coscienza, è "naturalmente" inerte: gli esseri attivi sono quelli limitati; in loro trionfa la ragione, con le sue rigide leggi. Ma essi ignorano la vera natura umana, con il suo caotico divenire, cosciente e incosciente. L'uomo autentico dostoevskijano non è l’uomo esteriore, ma quello interiore, che si nasconde e si rifugia nella propria tana. Il "sottosuolo" è la nostra vita psichica con le sue libere irrazionalità, con la sua assenza di ogni legge, in contrasto con il mondo esterno, con le sue convenienze e regole. 

martedì 24 novembre 2015

COSA SUCCEDE ALLA CULTURA LAICA E A QUELLA CRISTIANA? 

"La moderna cultura laica è fondata sulla dialettica, che risolve i conflitti nati entro la storia in una linea ascendente, che di superamento in superamento corre sul filo del progresso. La cultura cristiana è invece fondata sulla compresenza, eroica e immutabile, di verità e inautenticità, di contingente e di eterno, di terreno e di divino, una lacerazione esistenziale che occupa l’intera storia e sarà sanata misteriosamente solo al compimento del tempo" Geno Pampaloni, Prefazione a Divo Barsotti, Cor ad cor, 1982 (La Locusta, Vicenza).
Mi chiedo che ne è stato della dialettica alla base della cultura laica? Che ne è stato della nozione di progresso che vedeva un rapporto sinergico, necessario tra quello tecnico-scientifico e quello sociale?. Che ne è dell’intellettuale cristiano, che ormai  non si sente di affermare alcunchè e pensa solo a mimetizzarsi tra le voci del mondo?

lunedì 23 novembre 2015




NOTE DI LETTURA: METAFISICA?

Occorre tornare a occuparsi attivamente di metafisica, cercando di portare alla luce quali nuove concezioni della realtà siano adeguate ai risultati odierni delle scienze e agli sviluppi recenti delle vicende umane. La vera questione non è se la realtà esista o no, né se sia modificabile da noi solo in parte o totalmente. Le vere questioni sono: che cosa c’è? Ci sono le cose che sembrano non esistere? Com’è fatta la realtà? È ordinata? Ha senso? Ha valore in sé? È solo la scienza che può rispondere a queste domande o anche la filosofia, accanto e insieme alla scienza, ha voce in capitolo? Dalla visione scientifica della realtà cosa emerge? Emerge un senso, un valore delle cose? La visione scientifica della realtà è unitaria o no? È compito della filosofia collegare le varie parti della scienza o è la scienza stessa a doverlo fare? 
Nel suo libro Introduzione alla verità (Bollati Boringhieri, Torino 2011) FRANCA D'AGOSTINI invita  i filosofi contemporanei a tornare a pronunciarsi sulla realtà, perché la rinuncia a farlo non è stata la scomparsa della metafisica, bensì “la persistenza ostinata e implicita di una sua versione antica, settecentesca. Dunque il punto è che la metafisica, ossia la nostra concezione di ‘fatto’ e ‘realtà', è rimasta molto indietro: al Settecento, o forse all’Ottocento, mentre alla luce delle nuove evidenze della scienza e della vita forse abbiamo altri ‘fatti’ con cui fare i conti. [...] ampliate la vostra ontologia, rendete duttile la vostra logica, e non avrete più molte ragioni di scetticismo riguardo alla verità.” L'autrice vede come causa del blocco della riflessione metafisica un’errata interpretazione di Kant presente nella filosofia di Nietzsche. Franca D'Agostini  immagina un dialogo virtuale con Nietzsche, dove lei attacca la famosa posizione nietzscheana non ci sono fatti, solo interpretazioni e gli risponde: “è un fatto che non esistono fatti? Se non lo è, come mai dici che le cose stanno così? Inoltre, posto che non sia un fatto bensì un’interpretazione, è un fatto che è un’interpretazione?”. Prosegue D’Agostini, “È chiaro che non ci intendiamo: usiamo ‘fatto’ in modi diversi. Più precisamente: io uso ‘fatto’ in modo mobile e leggero, per riferirmi a una qualsiasi occorrenza, evento, o azione e situazione. Nietzsche usa ‘fatto’ in modo molto pesante, presumibilmente per riferirsi a fattualità dure, nude e crude. Ma attenzione: io non ho preso nessuna decisione riguardo a come sono fatti i fatti: potrebbero essere interpretazioni o sciami di microparticelle, oggetti del senso comune o astrazioni. Invece si direbbe che Nietzsche abbia già preso questa decisione (se no non direbbe che ‘non esistono’) Visibilmente, Nietzsche usa qui una metafisica (una concezione della realtà) molto restrittiva, ed è nella luce di questa metafisica che preferisce i fatti-interpretazioni ai fatti-fatti. [...] occorre una metafisica per sbarazzarsi della metafisica [...] la ‘rinuncia’ alla metafisica è in verità l’adesione a una metafisica dogmatica, non problematizzata. E più propriamente [...] questa metafisica non problematizzata è [...] un kantismo interpretato in senso iperempirista, con relativo svilimento del realismo, e potenziale deriva costruzionista”.
 



P B 

venerdì 20 novembre 2015




MORTE DELLE IDEOLOGIE??? 

Abbiamo, chi più chi meno, celebrato come progresso dell'umanità il superamento delle ideologie e delle loro false certezze. Ed ora ci troviamo ad affrontare una delle ideologie più pervicaci e mortifere, mascherata dentro un messaggio religioso, e ci troviamo nudi e spogli con il nostro relativismo nichilista. Facciamo fatica a capire quali siano i valori da difendere. Le nostre armi culturali si manifestano deboli. Ci chiediamo quale sia la nostra identità.  È solo riconoscendo tutto questo in modo chiaro e netto che possiamo ripartire. Basta che lo vogliamo.




CI VOGLIONO ARMI CULTURALI.

Bisogna porsi le domande e non accettare le certezze di chi ha facili risposte. Il mondo è diventato più complesso e più difficile rispetto alla nostra capacità di spiegazione. Però non dobbiamo fermarci nel porci le domande e nel cercare risposte. L'orrore non deve paralizzarci. È quello che vogliono i nemici della vita che ci troviamo di fronte.
Abbiamo, chi più chi meno, celebrato come progresso dell'umanità il superamento delle ideologie e delle loro false certezze. Ed ora ci troviamo ad affrontare una delle ideologie più pervicaci e mortifere, mascherata dentro un messaggio religioso, e ci troviamo nudi e spogli con il nostro relativismo nichilista. Facciamo fatica a capire quali siano i valori da difendere. Le nostre armi culturali si manifestano deboli. Ci chiediamo quale sia la nostra identità.  È solo riconoscendo tutto questo in modo chiaro e netto che possiamo ripartire. Basta che lo vogliamo.
È LA POLITICA CHE HA SMARRITO LA PROPRIA MISSIONE

Le civiltà non muoiono sotto l'urto di "barbarie esterne", ma a causa di una fatale progressiva decomposizione interna. Non è che dobbiamo rileggere Toynbee e il suo pessimismo, che ha origine in Spengler, per recitare la solfa del declino dell'Occidente. Certo ha un certo valore la sua osservazione che quando una civiltà  si universalizza (oggi diciamo globalizza) si avvicina al tramonto. Ma io credo che la causa più profonda della crisi sia d'ordine politico. D'accordo sul fatto che le cose non possano andare sempre bene, che l'uomo invecchi,  che le civiltà siano mortali (come dice Toynbee, che non vengano assassinate, ma si suicidino). Ma il tema più importante è di vedere come una buona politica possa proteggerci o almeno ridurre l'impatto delle tempeste che  mettono in discussione esistenza quell'insieme di valori  che si chiamiamo civiltà. Una buona politica deve vigilare continuamente e favorire con tutte le forze il mantenimento dell'unità organica (vita) contro la dispersione (morte). In altri termini la politica deve avere capacità di scelta  fra quei  cambiamenti della società che la consolidano e quelli che invece la compromettono. La politica, oggi, ha smarrito questa missione.

lunedì 16 novembre 2015






STRAGE A PARIGI....MA CI CHIEDIAMO QUALE SIGNIFICATO?

Ci troviamo di fronte a un risveglio da un  sogno in cui a tutto davamo senso e ragione. Scopriamo che il reale resta lì, colla durezza delle sue resistenze e delle contraddizioni irrisolte. 
"L'illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l'obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all'insegna di trionfale sventura" (M. Horkheimer, T.W. Adorno, Dialettica dell'Illuminismo, Torino 1967, p. 11).
Abbiamo creduto che la ragione della modernità avesse soluzioni nette e sicure. Ma i fatti di ogni giorno ci spiazzano perchè ci fanno  riscoprire, attraverso l'evidenza della nostra finitudine e della morte, la totale mancanza  di ogni "senso" ideale. È questo il risultato della perdita  delle  sicurezze, attraverso l'incontro con  la morte, con il nulla, con l'assenza di  fondamento. Ci troviamo a navigare verso l'ignoto, "senza senso".  Avevamo abbandonato da tempo la sicurezza che veniva dalle risposte totalizzanti della ragione moderna, ma ora il disinteresse a porsi la domanda sul senso, più ancora che la sua  mancanza, rischia di diventare una malattia letale  dell'Occidente nel XXI Secolo.

sabato 7 novembre 2015

MA LA SUA OMBRA PUÒ MOLTO

[...] Allora potete passare di sera sull'ombra del gigante.
- Come si fa?
- Il grande gigante, che abita non lontano da qui, non è in grado di fare niente con il suo corpo; le sue mani non sollevano neppure un filo di paglia; le sue spalle non potrebbero portare nemmeno un fagotto; ma la sua ombra può molto, anzi tutto. Perciò al sorgere e al calare del sole è molto potente, e così di sera ci si può sedere sul collo della sua ombra, il gigante si avvia lentamente verso la riva e la 

sua ombra porta il viandante al di là dell'acqua. Ma se a mezzogiorno volete trovarvi in quell'angolo del bosco dove fitti cespugli costeggiano la riva, potrò traghettarvi io stesso e presentarvi alla bella Lilie; se invece temete il caldo di mezzogiorno potrete cercare il gigante verso sera in quell'insenatura di rocce; si mostrerà di sicuro cortese.[...] citazione da LA FIABA
di Johann Wolfgang Goethe

martedì 6 ottobre 2015





COLLINE COME ELEFANTI BIANCHI 

Ho riletto  "Colline come elefanti bianchi " di Ernest Hemingway. 
Questo racconto di Hemingway credo porti innanzitutto  a riflettere sul valore della libertà e a chiederci se sia il valore più importante. Spesso intendiamo liberta' come "io voglio vivere nella leggerezza, nella irresponsabilita' della ricerca della mie voglie"  dei diritti per fare cio' che mi pare. In questo caso parliamo di sopprimere la vita, perche' poi facciamo la vita di prima, perche' questa creatura e' concepita per leggerezza in un rapporto che vale poco. Poi c'e' il ruolo dell'uomo, orrendo, "dai cara che e' facile, che poi starai bene" . Ma anche ci costringe a guardare in generale dentro alle piccole e grandi scelte che abbiamo fatto  in passato, a come abbiamo dato priorita' a cio' che in quel momento ci sembrava piu' importante, non valutando abbastanza alle conseguenze non solo per noi stessi, ma per gli altri. 
[Lei «E potremmo avere tutto questo» disse la ragazza. «E potremmo avere tutto e ogni
giorno lo rendiamo più impossibile.
Lui «Che hai detto?»
Lei «Ho detto che potremmo avere tutto.»
Lui «Possiamo avere tutto.»
Lei «No che non possiamo.»
Lui «Possiamo avere il mondo intero.»
Lei «No che non possiamo.»
Lui «Possiamo andare dappertutto.»
Lei «No che non possiamo. Non è più nostro.»
Lui « È nostro.»
Lei «No, non lo è. E quando te l'hanno portato via, non riesci a riaverlo mai più.»
Lui «Ma non ce l'hanno portato via.»
Lei «Aspettiamo e vedremo.»]

[Le colline che attraversano la valle dell'Ebro erano lunghe e bianche. Di qua non c'era ombra né alberi, e la stazione era tra due file di binari sotto il sole. Contro il fianco della stazione c'era l'ombra calda dell'edificio e una tenda, fatta di filze di tubetti di bambù, appesa davanti alla porta aperta del bar, per tener fuori le mosche. L'americano e la ragazza che era con lui sedevano a un tavolo all'ombra, fuori dall'edificio. Faceva molto caldo e il direttissimo da Barcellona doveva arrivare di lì a quaranta minuti. Si fermava due minuti in quella stazione e proseguiva per Madrid.
«Cosa prendiamo?» chiese la ragazza. Si era tolta il cappello e lo aveva messo sul tavolo.
«Fa piuttosto caldo» disse l'uomo.
«Beviamo una birra.»
«Dos cervezas» disse l'uomo verso la tenda.
«Grandi?» chiese una donna dalla soglia.
«Sì. Due grandi.»
La donna portò due bicchieri di birra e due sottocoppe di feltro. Mise sul tavolo le sottocoppe di feltro e i bicchieri di birra e guardò l'uomo e la ragazza. La ragazza stava guardando verso la fila lontana di colline. Sotto il sole erano bianche, e i campi erano bruni e riarsi.
«Sembrano elefanti bianchi» disse.
«Non ne ho mai visto uno» disse l'uomo bevendo la sua birra.
«No, non potresti averlo fatto.»
«Potrei sì» disse l'uomo. «Il semplice fatto che tu lo dica non prova nulla.»
La ragazza guardò la tenda di bambù. «Ci hanno dipinto qualcosa sopra» disse,
«Cosa dice?»
«Anis del Toro. È una bibita.»
«Perché non l'assaggiamo?»
L'uomo gridò: «Senta» attraverso la tenda. La donna uscì dal bar.
«Quattro reales.»
«Vogliamo due Anis del Toro.»
«Con acqua?»
«Lo vuoi con l'acqua?»
«Non so» disse la ragazza. «È buono con l'acqua?»
«Buonissimo.»
«Li volete con l'acqua?» chiese la donna.
«Sì, con l'acqua.»
«Sa di liquirizia» disse la ragazza, e depose il bicchiere.
«È così per tutto.»
«Sì» disse la ragazza. «Tutto sa di liquirizia. Tutte le cose, in particolare, che si sono aspettate tanto. Come l'assenzio.»
«Oh, smettila.»
«Hai cominciato tu» disse la ragazza, «lo mi divertivo. Me la spassavo.»
«Be', cerchiamo di spassarcela.»
«Ci stavo provando. Dicevo che i monti sembravano elefanti bianchi. Non è stata un'osservazione intelligente?»
«È stata un'osservazione intelligente.»
«Volevo assaggiare questa nuova bibita. È tutto quello che facciamo, no? Guardare cose e assaggiare nuove bibite.»
«Credo di sì.»
La ragazza guardò le colline.
«Sono belle» disse. «Veramente non sembrano elefanti bianchi. Alludevo solo al colore della pelle tra gli alberi.»
«Un altro bicchiere?»
«D'accordo.»
Il vento caldo spinse contro il tavolo la tenda di bambù.
«La birra è bella fresca» disse l'uomo.
«Deliziosa» disse la ragazza.
«È davvero un'operazione semplicissima, Jig» disse l'uomo. «Veramente non la si può neanche chiamare un'operazione.»
La ragazza guardò il terreno sul quale poggiavano le gambe del tavolo.
«So che non ci faresti neanche caso, Jig. È una cosa da nulla, veramente. Serve solo a far passare l'aria.»
La ragazza non disse niente.
«Verrò con te e starò sempre con te. Fanno solo entrare l'aria e poi è tutto
perfettamente naturale.»
«E cosa faremo, dopo?»
«Staremo benissimo, dopo. Come stavamo prima.»
«Cosa te lo fa credere?»
«È l'unica cosa che ci preoccupa. È l'unica cosa che ci ha reso infelici.»
La ragazza guardò la tenda di bambù, tese la mano e s'impadronì di due filze di tubetti.
«E tu pensi che dopo staremo bene e saremo felici?»
«Lo so. Non devi aver paura. Conosco un sacco di gente che l'ha fatto.»
«Anch'io» disse la ragazza. «E dopo erano tutte così felici!»
«Be'» disse l'uomo «se non vuoi, nessuno ti obbliga. Non vorrei che lo facessi, se non vuoi. Ma so che è semplicissimo.»
«E tu lo vuoi davvero?»
«Credo che sia la cosa migliore. Ma non voglio che tu lo faccia, se davvero non vuoi.»
«E se lo faccio tu sarai felice e le cose torneranno come prima e tu mi vorrai bene?»
«Ti voglio bene anche adesso. Lo sai che ti voglio bene.»
«Lo so. Ma se lo faccio, poi sarà di nuovo bello se dico che le cose sono come elefanti bianchi, e ti farà piacere?»
«Mi farà molto piacere. Anche adesso mi fa piacere, ma non riesco a pensarci, tutto qui. Sai come divento quando sono preoccupato.»
«Se lo faccio, non sarai più preoccupato?»
«Non sarò preoccupato per questo perché è una cosa semplicissima.»
«Allora lo farò. Perché di me non m'importa nulla.»
«Come sarebbe?»
«Di me non m'importa nulla.»
«Be', importa a me.»
«Oh, sì. Ma a me no. E lo farò e poi tutto andrà bene.»
«Non voglio che tu lo faccia se la pensi così.»
La ragazza si alzò in piedi e camminò fino in fondo alla stazione. Dall'altra parte, di là dai binari, c'erano dei campi di grano e degli alberi sulle rive dell'Ebro. Lontano, oltre il fiume, c'erano delle montagne. L'ombra di una nuvola passava sul campo di grano e tra gli alberi si vedeva il fiume.
«E potremmo avere tutto questo» disse la ragazza. «E potremmo avere tutto e ogni giorno lo rendiamo più impossibile.»
«Che hai detto?»
«Ho detto che potremmo avere tutto.»
«Possiamo avere tutto.»
«No che non possiamo.»
«Possiamo avere il mondo intero.»
«No che non possiamo.»
«Possiamo andare dappertutto.»
«No che non possiamo. Non è più nostro.»
« È nostro.»
«No, non lo è. E quando te l'hanno portato via, non riesci a riaverlo mai più.»
«Ma non ce l'hanno portato via.»
«Aspettiamo e vedremo.»
«Vieni all'ombra» disse lui. «Non devi sentirti così.»
«Non mi sento in nessun modo» disse la ragazza. «So come stanno le cose, tutto qui.»
«Non voglio che tu faccia nulla che tu non voglia fare...»
«E che non mi faccia bene» disse lei. «Lo so. Non potremmo ordinare un'altra birra?»
«Certo. Ma tu devi capire...»
«Capisco. Non potremmo stare zitti per un po'?»
Si sedettero al tavolo e la ragazza guardò verso la collina dalla parte riarsa della valle e l'uomo guardava lei e il tavolo.
«Devi capire» disse «che non voglio che tu lo faccia, se non vuoi. Sono prontissimo ad andare fino in fondo, se per te significa qualcosa.»
«E per te significa qualcosa? Ce la potremmo cavare.»
«Certo che significa qualcosa. Ma io voglio solo te. Non voglio nessun altro. E so che è una cosa semplicissima.»
«Sì, tu sai che è semplicissima.»
«Hai ragione di parlare così, ma lo so.»
«Adesso faresti qualcosa per me?»
«Per te farei qualunque cosa.»
«Vorresti per piacere per piacere per piacere per piacere per piacere per piacere per piacere smettere di parlare?»
Lui non disse nulla ma guardò le valigie contro il muro della stazione. C'erano attaccate le etichette di tutti gli alberghi dove avevano passato la notte.
«Ma io non voglio che tu lo faccia» disse «non me ne importa niente.»
«Adesso grido» disse la ragazza.
La donna uscì dal bar con due bicchieri di birra e li depose sui sottocoppa di feltro umido. «Il treno arriva fra cinque minuti» disse.
«Cos'ha detto?» chiese la ragazza.
«Che il treno arriva fra cinque minuti.»
La ragazza rivolse alla donna un sorriso raggiante, per ringraziarla.
«Sarà meglio che io porti le valigie dall'altra parte della stazione» disse l'uomo. La ragazza sorrise anche a lui.
«D'accordo. Poi torna qui e finiamo la birra.»
Lui raccolse le due pesanti borse e girando intorno alla stazione le portò sugli altri binari.
Guardò in fondo ai binari ma non riuscì a scorgere il treno. Tornando indietro passò attraverso il bar, dove stavano bevendo i passeggeri in attesa del treno. Bevve un Anis al bar e guardò i passeggeri. Aspettavano tranquillamente il treno. L'uomo uscì attraverso la tenda di bambù. La ragazza era seduta al tavolo e gli sorrise.
«Ti senti meglio?» domandò lui.
«Mi sento bene» disse lei. «Non ho niente. Mi sento bene.»]





P B 

NOI VIVIAMO DI EMOZIONI



NOI VIVIAMO DI EMOZIONI

Noi viviamo di emozioni, senza di esse la nostra esistenza non avrebbe senso. Noi vogliamo le passioni, l'amore, per dare un senso alla nostra esistenza. Senza aver osato, senza aver vissuto con un pizzico di follia, non c'è vita. Non sono le grandi cose, ma le piccole scosse che fanno la differenza.

giovedì 27 agosto 2015

Le picconate delle statue  dell’Isis come quelle di Maometto con gli idoli alla Mecca

La distruzione del tempio a Palmira si inserisce in una lunga tradizione di attacchi contro l’arte pre-islamica (e, in misura minore, cristiana e musulmana) da parte dell’Isis. Mi chiedo se gli episodi di Palmira, Mosul e Nimrod siano da liquidare come semplici «atti di barbarie», come gesto che dimostrerebbe come lo Stato Islamico detesti l’umanità, e sia nemico di tutto ciò che è bello. Mi chiedo però se questa interpretazione non nasca dalla reticenza a considerare la vera natura ed origine di questi gesti. Cerchiamo di non vedere cioè la solida  base teologica che rappresenta  uno dei punti di forza del gruppo jihadista, e di ignorare che proprio questa potrebbe essere una delle ragioni per cui continua ad attirare volontari da tutto il mondo islamico e non solo.  Con quelle picconate i terroristi dell’Isis vogliono ripercorrere le orme di Maometto, quando il profeta distrusse gli idoli alla Mecca. Con la dichiarazione della nascita del “Califfato”,  si intendeva annunciare la creazione di un equivalente contemporaneo del regno dei cosiddetti “Califfi ben guidati”, i quattro successori di Maometto che guidarono la comunità musulmana tra il 632 e 661.Come possiamo sconfiggere l’Isis senza avere il coraggio di comprendere tutto questo? 

lunedì 17 agosto 2015



Vogliamo parlare del disastro di Obama in Libia? 

Vi faccio vedere io come si fa in Libia, altro che i disastri di Bush in Afganistan e Iraq, diceva Obama. Il Washington Post del 5 agosto ha pubblicato una ricostruzione del fallimento dei piani di Obama  in Libia dopo la morte di Gheddafi (2011).  La giornalista Missy Ryan ricorda che il presidente Barack Obama aveva scelto proprio la Libia come una “priorità personale” per mostrare la capacità (sua e) dell’America di ricostruire un paese dopo un intervento militare – e quindi per marcare la differenza con le due guerre volute dal predecessore George W. Bush in Iraq e in Afghanistan. La Libia doveva essere un caso modello: prima intervento militare leggero, soltanto con aerei e logistica (il cosiddetto “leading from behind”), poi stabilizzazione del paese, a partire dall’economia e dalla politica. Purtroppo su Obama incombe una grande maledizione. Vediamo il fallimento dei tentativi di Obama di creare alleati locali, di crearsi amici nei paesi arabi. Nascono accordi  storti che finiscono male. Tutto finisce in delusione reciproca combinata con irrilevanza e disastro finale. 

venerdì 14 agosto 2015




MA QUANTI GIOVANI HOLDEN, SIGNORA MIA...
Ma quanti Giovani Holden nelle chiacchere di ogni giorno!!!!!. Mi chiedo come un libro del 1951 possa essere così attuale. Quanti Holden ci sono che hanno una parola per criticare tutto, ai quali  fanno schifo un sacco di cose, per i quali un sacco di persone sono sbagliate. Quanti Holden ci sono che hanno la dote speciale che permette loro di vedere  (nessuno può farlo meglio di loro) ciò che sta dietro l’apparenza e ciò che sta dietro quello che sta dietro l’apparenza. Quanti si sentono di aver il punto di vista inattaccabile del giovane Holden: quello di avere sempre e comunque ragione?. La parola "phony" ricorre nel testo in  inglese decine di volte: "phony" come falso, posticcio, menzognero, per tutto quello che nel mondo Holden vede negativamente.  È così che il giovane Holden nasconde la propria incapacità psicologica di crescere mascherandola con la barriera protettiva della presunzione morale: il vuoto di valore che egli vede tutto intorno non è altro che lo specchio della sua contorta condizione interiore. Il distacco, il disprezzo e  il cinismo verso il mondo degli adulti, diventa un modo di negare una corresponsabilità che nei fatti non può che esserci. L'ipocrisia (phoniness) che Holden denuncia negli altri è quella stessa che si porta dentro.

giovedì 13 agosto 2015


  • Secondo il ricercatore, molti palestinesi catturati dalle milizie sciite in Iraq sono stati brutalmente torturati e costretti a "confessare" il loro presunto coinvolgimento nel terrorismo. Dal 2003, il numero dei palestinesi lì presenti è sceso da 25.000 a 6.000.
  • La cosa più interessante è la totale indifferenza mostrata dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani, dai media e dall'Autorità palestinese (Ap) verso il maltrattamento dei palestinesi nei paesi arabi. I giornalisti internazionali non si preoccupano dei palestinesi del mondo arabo perché non si può incolpare Israele della loro condizione.
  • Le Nazioni Unite e altri organismi internazionali ovviamente non sentono parlare della pulizia etnica dei palestinesi nel mondo arabo. Essi sono talmente ossessionati da Israele che preferiscono ignorare le sofferenze dei palestinesi sotto i regimi arabi.
  • I dirigenti dell'Ap vogliono denunciare alla Corte penale internazionale "i crimini di guerra" commessi da Israele. Tuttavia, quando si tratta di pulizia etnica e delle torture cui sono sottoposti i palestinesi in paesi come l'Iraq, la Siria e il Libano, essi preferiscono fare finta di niente.
  • La notizia che un arabo viene ucciso o torturato non merita alcuna menzione in un importante quotidiano occidentale. Ma quando un palestinese si lamenta delle autorità israeliane o dei coloni ebraici, molti giornalisti si precipitano a coprire questo sviluppo "di rilievo".
  • Non solo i paesi arabi disprezzano i palestinesi, ma vogliono anche che essi siano un problema esclusivamente di Israele. Dal 1948, i governi arabi si rifiutano di permettere ai palestinesi di risiedere in modo permanente nei loro paesi e diventare cittadini con pari diritti. Ora, questi paesi arabi li uccidono, li torturano e li sottopongono a pulizia etnica, e fanno questo mentre i leader di tutto il mondo continuano a nascondere la testa sotto la sabbia e a stigmatizzare Israele.

http://it.gatestoneinstitute.org/6336/pulizia-etnica-palestinesi

mercoledì 12 agosto 2015



IL PAPA E GLI IMMIGRATI
Per Papa Francesco respingere in mare gli immigrati è un atto di guerra. Lo ha affermato il 7 agosto  nel dialogo a braccio con i ragazzi del Movimento Eucaristico Giovanile, prendendo spunto dal dramma che si sta consumando in Asia dove i «boat people» in fuga dal Myanmar sono respinti nell’Oceano.Mi domando quale sia il senso che debba essere attribuito a questo duro pronunciamento del Papa? Mi chiedo cosa significhi dire che ”i respingimenti sono veri e propri atti di guerra”? il Papa ci sta chiedendo di aprire le nostre case e lasciarci investire da tutte queste masse disperate?. Ciò che mi sembra di capire è che Papa Francesco faccia innanzitutto un collegamento fra flussi migratori e il tema antropologico della conflittualità, intesa come situazione di tensione ricorrente a cui dobbiamo necessariamente far fronte. Ma una interpretazione buonista delle sue parole mi sembra fuorviante.  Non credo che il Papa sostenga uno spirito di accoglienza irresponsabile. Il richiamo mi sembra sia duplice: il primo si riferisce al concetto che un uomo dotato di buon senso non può pensare che sia meglio stare in guerra piuttosto che in pace con gli altri; il secondo è che tale punto di arrivo non possa essere raggiunto senza lottare, senza battersi e senza impegnarsi direttamente. Per questo interpreto il discorso del Papa ben diverso dal buonismo pacifista che nasconde falsità e sbocchi ben più disastrosi.  La strada indicata credo sia quella di non rassegnarsi al male e di non  fermarsi a soluzioni apparentemente più  comode, in quanto è il conflitto che  costituisce l’essenza  del percorso di tutti noi, incluso quello  dell'accoglienza e della  ricerca della convivenza con i diversi. Purchè, io credo, non ci nascondiamo che  tutto questo assume  caratteristiche problematiche e conflittuali molto difficili da gestire.