domenica 23 dicembre 2018

È UN PROBLEMA 

Agatha Christie

1.

La conobbi in Egitto, verso la fine della guerra. Sophia Leonides era stata trasferita al Cairo dove occupava un posto importante alle dipendenze del Foreign Office. Dapprima l'apprezzai per le sue capacità d'impiegata, poi, molto presto, mi resi conto che aveva un'intelligenza brillantissima che le aveva procurato un posto del genere ad appena ventidue anni, e apprezzai molto anche il suo delizioso senso dell'umorismo.
Divenimmo amici. Era piacevolissimo passeggiare insieme, uscire qualche volta per una cenetta, di tanto in tanto fare due salti in un locale notturno. Credevo che quello che provavo per lei non andasse più in là del piacere di stare in sua compagnia, ma quando, alla fine della guerra in Europa, venni comandato in Oriente, m'accorsi che si trattava di ben altro: amavo Sophia e desideravo sposarla.
Stavamo facendo colazione al Shepheard quando feci questa scoperta che, per la verità, non mi sorprese: fu come l'affiorare di un sentimento che già da lungo tempo mi riscaldava il cuore e al quale mi abituai subito. Mi resi conto che avevo sempre amato tutto di lei: i capelli neri, ondulati, che fluivano superbi, gli occhi azzurri e luminosi, il mento piccolo e volitivo insieme, il naso regolare.
Ammiravo anche la sua finissima eleganza. Quel giorno indossava un tailleur grigio chiaro con una camicetta bianca di chiffon. Trovavo Sophia così tipicamente inglese da commuovermi. Erano ormai tre anni che vivevo lontano dalla mia terra. Non si può essere più inglesi di così! continuavo a ripetermi, e mi chiedevo se anche nell'intimo lei avesse la stessa impronta londinese che si notava nel suo aspetto.
Ma mi arrestai per una considerazione. Durante i nostri lunghi colloqui avevamo toccato i più svariati argomenti, con relative intime confidenze: simpatie, sogni per il futuro, commenti sugli amici.
Eppure, Sophia non aveva mai fatto cenno a una casa, a una famiglia sua. Era una buona ascoltatrice. Sapeva tutto di me ma io, in effetti, non sapevo nulla di lei. Confesso che fino a quel momento non ci avevo fatto caso; allora, però, mi resi conto che doveva pur avere una vita intima, che mi era rimasta fino ad allora segreta. A un tratto, mi chiese a che cosa pensassi. Risposi con sincerità: A voi. Vedo disse. E sembrava davvero vedere qualcosa dinanzi a sé. Precipitosamente, le dissi: Sophia! Non so quando potrò tornare in Inghilterra. Forse trascorreranno due anni prima che ci si riveda. Ma voglio dirvi che non appena mi sarà possibile tornerò in patria, verrò a cercarvi e chiederò la vostra mano. Non batté ciglio, e continuò a fumare senza guardarmi. Pensai che non avesse capito le mie parole. Cercai di spiegarmi meglio. Ascoltatemi, Sophia. Sono fermamente deciso a non fare una cosa: sposarvi adesso. Prima di tutto, potreste respingermi e forse la disperazione mi porterebbe a legarmi a una scialba, comune donna qualsiasi. E se non mi respingeste, che potremmo fare? Sposarci per separarci subito? Oppure fidanzarci e lasciarvi ad attendermi per un periodo così lungo? Non lo sopporterei. Potreste, nel frattempo, innamorarvi di qualcun altro e sentirvi legata a me per lealtà. Assolutamente impossibile. Viviamo in una atmosfera strana, eccitante, morbosa: si vedono ovunque amori e matrimoni subito spezzati. No, Sophia. Io vorrei sapervi a casa vostra, libera e indipendente, a giudicare con serenità questo torbido mondo del dopoguerra e a decidere quello che più fa per voi. Desidero un sentimento duraturo. Non ammetto mezzi termini nel matrimonio. Nemmeno io confermò lei. D'altra parte... insomma! Voglio rivelarvi i miei sentimenti. Senza indulgere in frasi romantiche? mormorò Sophia. Sto cercando di non farvi capire fino a che punto vi amo! L'ho capito benissimo, e mi piacete così. Al vostro ritorno in Inghilterra, se lo desiderate ancora, venite pure a trovarmi. Nessun dubbio su questo. In ogni sentimento c'è un dubbio, Charles. Possono sempre intervenire fattori imponderabili a sconvolgere i nostri piani. Per cominciare, voi sapete ben poco di me. Non so nemmeno dove abitiate, in Inghilterra. A Swinly Dean. Annuii. Conoscevo bene il notissimo sobborgo di Londra, che vanta tre magnifici campi di golf per i finanzieri della City. Sophia disse, con voce cantilenante: In una piccola casa deforme... Ebbi un lieve moto di stupore. Lei completò la citazione: E vissero tutti insieme in una piccola casa deforme... Come la nostra. Proprio piccola, no; ma decisamente strana. Figuratevi che è costruita per metà in legno e con il tetto in pendenza. Avete una famiglia numerosa? Fratelli, sorelle? Un fratello, una sorella, una madre, un padre, uno zio, una zia acquisita, un nonno, una prozia! Alla buon'ora! esclamai, strabiliato. Lei rise. Normalmente non viviamo tutti insieme: è stata la guerra, con i relativi bombardamenti, a creare questo stato di cose. Ma non so... aggrottò le sopracciglia, pensierosa. Forse, spiritualmente, la famiglia è vissuta sempre insieme sotto gli occhi e la protezione del nonno. Ha una forte personalità, il nonno. Ottant'anni passati, alto circa due metri. Vicino a lui scompaiono tutti. Un uomo interessante dissi. Interessante, sì. E' un greco di Smirne. Aristides Leonides. E aggiunse, ammiccando: Ricchissimo. Temo che non ci saranno più ricchi, alla fine della guerra. Il nonno resterà ricco disse convinta Sophia. Nessuno riuscirà a portargli via le sue ricchezze. Sarà lui a escogitare espedienti per assorbire quelle degli altri. Mi domando se vi piacerà. A voi piace? chiesi. Più di qualsiasi altra creatura al mondo.

2.

Trascorsero proprio due anni prima che potessi tornare in Inghilterra. Durante quel periodo avevo scritto a Sophia e ricevuto sue notizie abbastanza di frequente. Non c'eravamo scambiati lettere d'amore, ma di profonda amicizia, commentando le vicende quotidiane della vita, esprimendo idee e riflessioni. Io mi accorgevo che il mio sentimento s'approfondiva col passare del tempo, e mi pareva lo stesso anche per lei. Arrivai a Londra in una grigia, calma giornata di settembre. La luce della sera dorava le foglie sugli alberi, con le quali il vento scherzava lieve. Dall'aeroporto spedii a Sophia un telegramma: Appena arrivato. Vi aspetto per cena da Mario alle 21. Charles
Due ore dopo ero seduto a un caffè e stavo scorrendo il Times. Nella pagina degli annunci, gli occhi si fermarono sul nome Leonides. Lessi il trafiletto d'un fiato. Brenda Leonides annuncia, con profondo cordoglio, che il giorno 19 settembre, nella sua abitazione di Three Gables, Swinly Dean, è deceduto, all'età di 88 anni, il suo adorato marito Aristides Leonides. Immediatamente sotto, c'era un altro annuncio. Improvvisamente, nella sua abitazione di Three Gables, a Swinly Dean, è deceduto Aristides Leonides. Lo annunciano, profondamente addolorati, i figli e i nipoti. I funerali avranno luogo nella chiesa di Saint Eldred, a Swinly Dean. Mi colpì la stranezza di quel disgiungersi dei parenti nell'annunciare la morte del vecchio, ma subito mi commossi per Sophia. Corsi a spedire un secondo telegramma.
Leggo ora notizia morte nonno. Addoloratissimo. Fatemi sapere quando potrò vedervi. Charles
 Poco dopo, a casa di mio padre, ricevetti un telegramma di Sophia
Sarò da Mario alle nove. Sophia
 Eccitato, nervoso al pensiero di rivederla, trovavo esasperante la lentezza del tempo. Mi precipitai al ristorante da Mario con mezz'ora di anticipo. Sophia arrivò con solo cinque minuti di ritardo. L'emozione è sempre forte quando si rivede dopo molto tempo una persona che è stata sempre presente in noi. Infatti, quando Sophia entrò, attraverso la porta girevole, il nostro incontro mi apparve del tutto irreale. Era vestita di nero, e questo fatto, per qualche ragione, mi sorprese. Molte altre donne si vestivano di nero, ma mi sorprendeva che Sophia fosse il genere di persone che si vestivano a lutto, anche se per un parente stretto. Prendemmo posto a un tavolo e ordinammo due cocktail. Iniziammo una conversazione rapida, quasi febbrile, scambiandoci domande sui vecchi amici del Cairo. Quell'artificio era quello che ci voleva per superare il primo imbarazzo. Le espressi poi il mio dolore per la morte del nonno. Lei mi spiegò tranquillamente che quella morte era avvenuta molto all'improvviso. Tornammo quindi ai nostri ricordi. Ma io mi sentivo a disagio, mi sembrava che ci fosse qualcosa di strano fra noi, oltre al primo, logico senso d'imbarazzo. Sophia era strana, titubante, quasi fosse sul punto di farmi una confidenza che non si decideva ad affrontare. Doveva forse svelarmi che amava un altro, e che i suoi sentimenti per me erano frutto di un errore? Ma no, sentivo che non si trattava di questo. Intanto, la nostra conversazione superficiale continuava. A un tratto, inaspettatamente, mentre il cameriere portava il caffè e, chinandosi, ritirava i bicchieri, tutto tornò come di consueto fra me e Sophia. Sedevamo insieme, come un tempo, a un piccolo tavolo di un ristorante, ed era come se non ci fossimo separati mai. Sophia! dissi. Charles! rispose lei di slancio. Trassi un profondo sospiro di sollievo. Grazie al cielo, è passata! Cos'avevamo? Cosa c'era tra noi, poco fa? Probabilmente era colpa mia. E adesso, va tutto bene? Sì, tutto bene. Ci guardammo sorridendo. Cara! esclamai. Quando ci sposiamo? Il suo sorriso si spense. Quel qualcosa era tornato fra noi. Non lo so disse. Non so, Charles, se potremo sposarci mai... Perché dici così, Sophia? Perché? Forse mi senti estraneo, hai bisogno di tempo per abituarti a me? O c'è qualcun altro nella tua vita? No dissi sono uno sciocco! Sento che non si tratta di questo. Infatti disse lei. Tacqui, guardandola ansiosamente. E lei continuò, con voce sommessa: Si tratta... della morte del nonno. La morte del nonno? E che mutamento radicale può portare? Spero che non penserai al denaro. Se anche non ti avesse lasciato nulla, ti assicuro cara... M'interruppe con un mesto sorriso. Non si tratta di questo. So che tu saresti disposto a prendermi col solo abito che indosso. Comunque, il nonno ha lasciato il suo capitale intatto. Allora, cosa c'è? Vedi, c'è la sua morte. Sono convinta, Charles, che non sia stata naturale. Penso che qualcuno l'abbia ucciso...La guardai fissamente. Ma... che strana idea. Che cosa ti fa pensare una cosa simile? Non sono la sola a pensarlo. Il primo ad avere dei dubbi è stato il medico, che non ha voluto firmare il certificato di morte. Ha disposto per un'autopsia. E' evidente che sospetta qualcosa di grave. Non obiettai più nulla. Sophia era una ragazza equilibratissima e, se aveva preso in considerazione quell'ipotesi, si poteva essere certi che doveva esserci un fondamento. Insistetti, comunque, calorosamente. I sospetti potrebbero anche essere infondati e, quand'anche fossero del tutto giustificati, non capisco come questo fatto possa incidere sul nostro futuro. Moltissimo, Charles. Tu appartieni al Corpo diplomatico, dove si è molto scrupolosi nei riguardi delle mogli. Accennai a una protesta, ma lei era irremovibile. No, non negare, so benissimo che è così. Io sono tremendamente orgogliosa, e voglio che il nostro matrimonio si risolva in un dolce legame eterno, non che rappresenti per te un sacrificio fatto in nome dell'amore. Non precipitiamo le cose, Sophia! dissi. Il medico potrebbe anche essersi sbagliato. Potrebbe, sì. Ma se, invece, non ha sbagliato, io voglio scoprire se chi ha ucciso il nonno è proprio la persona che penso. Hai dei sospetti? Forse. E forse sarebbe onesto fartelo sapere... Ma... no, non ti dirò nulla, Charles. Ho già parlato troppo. Sono venuta da te solo per cercare di spiegarti la situazione. Non possiamo decidere nulla finché tutto non sarà chiarito. Potresti dirmi che cosa pensi, però. Lei scosse il capo. Preferisco tacere. Perché, Sophia? Perché non voglio influenzarti. Desidero che tu guardi le cose dal di fuori. E come potrei entrare nella faccenda? Un debole sorriso le illuminò i grandi occhi azzurri. Per mezzo di tuo padre rispose. Al Cairo avevo detto a Sophia che mio padre era sovrintendente a Scotland Yard. E ricopriva ancora quella carica. Allora è proprio così grave? esclamai. Credo di sì. Vedi l'uomo che siede a quel tavolo vicino alla porta? Ebbene? Era alla stazione di Swinly Dean quando ho preso il treno. E ti ha seguita fin qui? Sì. Penso che siamo tutti... come dire... sotto sorveglianza... pedinati appena ci allontaniamo da casa. Ma io volevo vederti a ogni costo. Sporse in avanti il piccolo mento aggressivo. E così sono uscita dalla finestra del bagno e mi sono lasciata calare a terra lungo le tubature dell'acqua. Tesoro! La polizia è in gamba, però. Naturalmente è stata messa in allarme dal telegramma che ti ho spedito. Comunque siamo qui insieme, come volevo. Da questo momento, però, dobbiamo agire indipendentemente l'uno dall'altro. Fece una pausa, poi aggiunse: Purtroppo non c'è alcun dubbio sui nostri sentimenti. Nessun dubbio. Ma non direi purtroppo. Siamo sopravvissuti alla guerra, sfuggiti per miracolo a infinite possibilità di morte violenta: non vedo perché dovrebbe dividerci la morte, ancorché violenta, di un uomo anziano. Era vecchio, vero?Ottantotto anni. Già, ho letto sul Times. Un'età rispettabile, mi sembra. E qualsiasi medico potrebbe trovare naturale la morte di un uomo così anziano, comunque fosse avvenuta.Se tu avessi conosciuto il nonno rispose Sophia ti saresti sorpreso di vederlo morire di qualsiasi cosa!

3.

Mi ero sempre interessato al lavoro di mio padre senza mai prevedere, però, l'eventualità di parteciparvi di persona. Non l'avevo ancora visto. Al mio arrivo, lui era fuori casa e io, dopo un bagno caldo, ero uscito per incontrare Sophia. Quando rientrai la sera, Glover, il domestico, mi disse che era nel suo studio.
Lo trovai seduto alla scrivania, intento a scartabellare un voluminoso fascio di carte. Quando mi vide entrare, si alzò di scatto.
Charles! esclamò. Era un pezzo che non ci vedevamo!
Un francese sarebbe rimasto disgustato da quell'apparente freddezza, ma tutta l'emotività del nostro incontro, avvenuto dopo cinque anni di guerra e di lontananza, si manifestò con quella frase. Papà e io ci volevamo un gran bene, e non avevamo bisogno di smancerie per intenderci.
Ho del buon whisky disse. Raccontami di te. Mi dispiace di non essere stato a casa quando sei arrivato. Ma sono sommerso dal lavoro.
Sono alle prese con un caso molto difficile...
Accesi una sigaretta, mi accomodai in poltrona, e poi chiesi: Si tratta di Aristides Leonides?
Aggrottò le sopracciglia, meravigliato.
Come fai a saperlo?
Ho indovinato?
Ti ho chiesto come fai a saperlo.
Sono stato informato.
Mio padre attendeva in silenzio, guardandomi fisso.
Informato da fonte diretta aggiunsi.
Avanti. Spiegati.
Non so se ti farà piacere, papà. Al Cairo ho conosciuto Sophia Leonides, nipote di Aristides. Sono innamorato di lei e la sposerò.
Abbiamo cenato insieme, poco fa.
Avete cenato insieme? A Londra? Non riesco a capire come ci sia riuscita. Avevamo pregato la famiglia, con molta cortesia s'intende, di non uscire di casa.
Be', sai... è uscita dalla finestra.
Al vecchio sfuggì un sorriso.
Piuttosto in gamba la tua ragazza, a quanto pare.
In gamba anche il tuo servizio di polizia, papà. Un agente l'ha seguita fino al ristorante, e ne avrai conferma dal suo rapporto. Si tratta di un individuo alto, con gli occhi scuri, vestito di blu.
Mio padre mi guardò fisso.
Dimmi, è una cosa seria questo amore?
Sì, papà, è una cosa seria.
Dopo una pausa, chiesi: Perché me lo domandi?
Una settimana fa non me ne sarei preoccupato troppo. La ragazza appartiene a una famiglia rispettabile ed erediterà anche molto denaro. Poi ti conosco, e so che non perdi facilmente la testa. Ma adesso...
Cosa c'è adesso, papà?
Tutto potrebbe andare bene lo stesso, se...
Se... ?
Se il fatto l'avesse commesso la persona che dico io.
Era la seconda volta che sentivo quella frase. Mi incuriosii.
E chi sarebbe questa persona?
Lui mi guardò fisso.
Dimmi tu, piuttosto. Che cosa sai con precisione della faccenda?
Niente.
Mi guardò sorpreso.
Ma la ragazza non ti ha raccontato?
No. M'ha detto che era meglio che guardassi la cosa dal di fuori.
Non ne vedo la ragione.
Come? Non ti sembra evidente?
Niente affatto, Charles.
Cominciò a camminare su e giù per la stanza, agitato. Teneva in bocca il sigaro acceso, che poco dopo lasciò spegnere. Questo era, per lui, il più evidente segno di concitazione.
In definitiva, che cosa sai di quella famiglia? disse a un tratto.
So che c'era un vecchio nonno e molti figli e molti nipoti e molti parenti. Ma non conosco con precisione i legami di parentela. Sarebbe bene, papà, che tu me ne facessi un quadro preciso.
Va bene. Sedette. Comincerò dal principio, e precisamente da Aristides Leonides. Quando arrivò in Inghilterra, aveva ventiquattro anni.
Già dissi era un greco originario di Smirne.
Lo sapevi?
E' l'unica cosa che so.
In quel momento entrò Glover ad annunciare l'ispettore Taverner.
E' al corrente della cosa disse mio padre. Sarà meglio farlo entrare. L'ho incaricato d'indagare sulla famiglia sulla quale ne sa, quindi, più di me.
Gli chiesi se fosse stata la polizia locale a interpellare Scotland Yard.
Sì rispose mio padre perché Swinly Dean si trova sotto la giurisdizione di Londra.
Entrò l'ispettore Taverner. L'avevo conosciuto molti anni prima, e mi salutò cordialmente, congratulandosi per il mio felice ritorno.
Sto facendo a Charles un quadro della famiglia Leonides disse mio padre. Se sbaglio, vi prego di correggermi. Leonides venne a Londra nel 1884. Cominciò la sua attività aprendo un piccolo ristorante a Soho. Fece fortuna. Ne aprì un secondo, e presto divenne proprietario di sei o sette locali, che gli rendevano molto bene.
Gli andava bene qualsiasi iniziativa lo interruppe Taverner.
Infatti, aveva un fiuto particolare confermò mio padre. Per farla breve, si trovò presto a possedere parecchi dei migliori ristoranti di Londra. Specializzatosi in quel genere di affari, accumulò una fortuna enorme.
Non solo aggiunse Taverner. Investiva denaro anche in altre branche d'affari. Per esempio commerciava in abiti usati, in gioielli fantasia e in altro ancora. Naturalmente aveva, per così dire, il pelo sullo stomaco.
Secondo voi era un poco di buono, allora.
No, non voglio dire questo disse Taverner scuotendo la testa. Non usciva mai dai limiti della legge. Così è riuscito ad aumentare ancora la sua fortuna durante quest'ultima guerra, nonostante l'età avanzata.
Eppure, ripeto, non è mai uscito dalla legalità. Oserei dire che quando escogitava un nuovo mezzo per fare quattrini, non c'era ancora la legge che lo vietasse; e, appena la legge lo contemplava, lui ne aveva già escogitato un altro.
Mi fate un quadro poco lusinghiero di lui.
Vi sembrerà strano ma, nonostante tutto, era un uomo affascinante.
Una fortissima personalità che, con un potere quasi magnetico, tirava dalla sua uomini e donne. Le donne andavano pazze per quel vecchio miliardario greco.
Aveva fatto un matrimonio strano intervenne mio padre con la figlia di un gentiluomo di campagna.
Ricca? chiesi.
Lui scosse il capo.
No, si trattava veramente d'amore. Si conobbero in occasione del matrimonio di un'amica di lei. Il pranzo di nozze si tenne in uno dei ristoranti di Leonides. La ragazza lo conobbe e se ne innamorò pazzamente. I genitori di lei non ne volevano sapere, ma a lungo andare dovettero cedere. Come hai sentito, lui possedeva un fascino straordinario: era un tipo stravagante, dinamico. La ragazza, che era sempre vissuta in un ambiente monotono, evidentemente ne rimase attratta.
Fu un matrimonio felice?
Stranamente, fu molto felice. Più d'un amico di famiglia aveva interrotto i rapporti con la novella sposa, ma né lei né lui se ne preoccuparono: stavano benissimo da soli. Leonides fece costruire un'assurda casa a Swinly Dean e là vissero e misero al mondo otto figli. Una vera famiglia patriarcale. Il vecchio Leonides si dimostrò abilissimo, come al solito, nello scegliere quel quartiere. A quell'epoca non era ancora di moda. Non erano stati allestiti i campi di golf, e vi abitavano gentiluomini, innamorati dei propri giardini, che accolsero con entusiasmo il nuovo vicino, e ricchi uomini d'affari che avevano interessi commerciali con lui. I due coniugi vissero perfettamente felici, credo, finché lei non morì di polmonite nel 1905

Lasciandolo con otto figli?
No. Uno era morto in tenera età, altri due perirono nella prima guerra mondiale, e una ragazza, sposata in Australia, morì laggiù. In seguito un'altra rimase vittima di un incidente automobilistico, e l'ultima morì un paio d'anni fa. Sono rimasti due soli figli. Il maggiore, Roger, sposato senza discendenti, e Philip, marito di una nota attrice, con tre figli: la tua Sophia, Eustace e Josephine.
E vivono tutti a... come si chiama... a Three Gables?
Sì, Roger Leonides andò a stabilirsi là quando perse la casa in un bombardamento, mentre Philip e la famiglia ci vivevano già dal 1937.
C'è anche una vecchia zia, la signorina de Haviland, sorella della prima signora Leonides. A quanto sembra aveva sempre odiato il cognato, ma quando morì la sorella accettò l'invito di lui e si occupò dell'educazione dei nipoti.
Deve averlo fatto per uno scrupoloso senso del dovere intervenne Taverner. Ma non mi sembra di quelle persone che cambiano facilmente opinione: probabilmente ha continuato a condannare Leonides e i suoi sistemi.
Concludendo, una bella famigliola dissi io. Insomma, secondo voi, chi ha ucciso il vecchio?
Taverner scosse il capo.
E' troppo presto per dirlo.
Via lo incalzai capite quello che voglio dire. Chiedo solo quali sono le vostre supposizioni. Non siamo in tribunale.
No disse Taverner, accigliato. Probabilmente non compariremo mai in tribunale per questo caso.
Intendete dire che si potrà scartare l'ipotesi di assassinio?
Questo no. Certamente è stato assassinato o, per essere più esatti, è morto avvelenato. E voi sapete come vanno le cose in questi casi: è difficilissimo provarlo. Tutte le ipotesi possono convergere su un punto...
Ecco, è proprio questo punto che sto cercando. Immagino che avrete le vostre opinioni in proposito.
Io sono solo sicuro che si tratta di assassinio e basta. Ma il caso è molto difficile.
Guardai mio padre con aria interrogativa.
Nei casi di assassinio disse lui di solito la soluzione esatta è la più evidente. Il vecchio Leonides si sposò una seconda volta dieci anni fa.
A settantotto anni?
Sì. E con una ragazza di ventiquattro.
Commentai la frase con un breve fischio significativo.
E che tipo è questa ragazza, se è lecito?
Perfettamente a posto. Lavorava in una pasticceria. Molto graziosa.
Di una bellezza delicata, fragile.
Sarebbe lei, dunque, la... soluzione evidente?
Ecco precisò Taverner. Vi faccio notare che lei ha ora trentaquattro anni. Un'età pericolosa. E in casa c'è un altro uomo, giovane, il precettore dei nipoti. Costui non è andato in guerra per un vizio cardiaco o qualcosa del genere. Sono amici per la pelle.
Lo guardai, pensieroso. Mio padre aveva detto che la seconda signora Leonides era una persona perbene, ma quanti delitti vengono commessi all'ombra della rispettabilità!
Che tipo di veleno hanno usato? chiesi. Arsenico?
Non abbiamo ancora il referto, ma il medico sospetta che si tratti di eserina.
Un veleno non comune. Sarà facile trovare chi l'ha venduto.
E invece no. L'avevano in casa. Serviva, in gocce, per gli occhi.
Leonides soffriva di diabete aggiunse mio padre. Faceva regolarmente iniezioni di insulina. L'insulina è confezionata in fiale ermeticamente chiuse da una capsula di gomma. L'ago della siringa deve assorbire il liquido penetrando attraverso la capsula.
Immaginavo il seguito, e conclusi: La fiala conteneva eserina anziché insulina.
Esattamente.
E chi faceva le iniezioni a Leonides?
Sua moglie.
Adesso capivo quello che aveva voluto dire Sophia quando aveva esclamato: La persona che penso io.
La famiglia viveva in accordo con la seconda signora Leonides?
domandai.
No. I rapporti erano di pura cortesia formale.
La cosa, ora, mi appariva chiarissima. Ma l'ispettore Taverner non sembrava per nulla soddisfatto.
Che complicazioni vedete? gli chiesi.
Questa, per cominciare. Se la colpevole fosse lei, non riesco a capire perché non ha sostituito, alla bottiglietta che aveva contenuto il veleno, un'altra vuota di insulina vera.
Già, è strano. Aveva a portata di mano altre bottigliette vuote?
Certamente. Ce n'era una quantità di piene e di vuote. Se avesse provveduto alla sostituzione, solo un medico su dieci sarebbe stato in grado di farsi venire un sospetto, poiché l'avvelenamento da eserina lascia ben poche tracce sul cadavere, così, invece, il medico fece subito ricerche per appurare se vi fosse stato qualcosa che non funzionava nell'ultima iniezione praticata al vecchio, e così scoprì che non si trattava di insulina.
Già osservai pensieroso. O la signora Leonides ha agito molto scioccamente, o è stata scaltrissima.
Volete dire...?
Voglio dire che può essersi comportata così proprio per portarvi alla conclusione che un modo d'agire così stupido non è verosimile. Avete qualche altro indizio?
A questo punto, mio padre disse: Praticamente, ogni componente della famiglia potrebbe essere l'assassino. C'era sempre in casa una riserva d'insulina per quindici giorni di cura. Non si può escludere che una delle fiale sia stata manipolata e rimessa a posto da uno qualunque di loro, con la consapevolezza che, un momento o l'altro, la moglie l'avrebbe usata.
Le fiale erano a portata di mano?
Certo. Si trovavano in uno scomparto dell'armadietto farmaceutico, in bagno. Tutti i familiari entravano e uscivano liberamente da quella stanza.
Vi siete già prospettati i motivi che potrebbero avere spinto al delitto?
Mio padre sospirò.
Mio caro. Aristides Leonides era immensamente ricco. E' vero che manteneva negli agi tutta la famiglia. Ma non è improbabile che, per qualcuno, quel tenore di vita non fosse sufficiente.
E chi avrebbe ricavato i maggiori benefici dalla sua morte, era proprio la vedova. Lei, da parte sua, non è ricca.
E' poverissima, anzi.
Qualcosa scattò nella mia mente. Era la citazione fatta da Sophia.
Improvvisamente ricordai l'intero verso della filastrocca:
C'era una volta un uomo deforme su una strada tutta tortuosa.
Trovò un'acciaccata moneta vicino a una scala sbilenca.
Aveva un gatto rognoso che catturò un topo sciancato.
E vissero tutti insieme in una piccola casa deforme.

Mi rivolsi a Taverner.
E voi cosa ne pensate della signora?
Non mi sono ancora fatto un'idea precisa. Ha un carattere chiuso...
non è facile indovinare cosa pensa. Le piace la bella vita. Su questo, metterei la mano sul fuoco. Ha l'aria di una grossa gatta indolente che faccia le fusa... Io non ho nessuna prevenzione contro le gatte disse sospirando comunque noi abbiamo bisogno di prove.
Già pensai tutti desideriamo la prova che accusi la signora Leonides. La desideriamo Sophia e io, l'ispettore Taverner... Una volta trovata quella prova, per me tutto sarebbe stato felicemente a posto. Invece... Sophia non era sicura, e l'ispettore e io sospiravamo nel dubbio.

4.

Il giorno dopo mi recai con Taverner a Three Gables. La mia posizione, per la verità, non era chiara, anzi, era assai poco ortodossa. Ma mio padre non era certo un tipo ortodosso. Io avevo una certa esperienza.
Agli inizi della guerra avevo lavorato per una delle squadre speciali di Scotland Yard e questo mi conferiva, agli occhi del vecchio, una patente di capacità.
Per risolvere questo caso, bisogna conoscere tutto il possibile di ognuna delle persone di famiglia. Dobbiamo osservarli mentre vivono tra loro, nell'intimità. Tu sei l'unico che possa aiutarci in questo senso.
Quell'idea non mi entusiasmava.
Dovrei fare la spia, in poche parole. E per di più servendomi di Sophia, che mi ama e che, soprattutto, ha fiducia in me!
Il vecchio si era arrabbiato molto.
Non ragionare come un piccolo borghese! Tanto per cominciare, sei convinto che non sia stata la tua ragazza ad assassinare il nonno?
E' semplicemente assurdo pensarlo.
Bene. Anche noi pensiamo la stessa cosa. E' stata assente molti anni ma è sempre stata in rapporti affettuosi col vecchio, il quale, del resto, le aveva già assicurato una forte rendita. Lui, inoltre, avrebbe accolto con gioia la notizia del suo fidanzamento con te, e sono sicuro che le avrebbe progettato un matrimonio sfarzoso. I sospetti su di lei sono ingiustificati. Comunque, se questa faccenda non verrà chiarita, non ti sposerà mai. Stando a quanto mi hai detto sul suo carattere, ne sono più che sicuro. Nota bene che si tratta di un delitto che potrebbe non essere mai chiarito. Noi possiamo anche avere la convinzione che la moglie di Leonides e il giovane precettore siano i colpevoli, ma la difficoltà sta proprio nel provarlo. Se non troveremo una prova schiacciante contro di loro, rimarrà sempre l'ombra del dubbio. Te ne rendi conto?
Me ne rendevo perfettamente conto.
Il vecchio continuò, più calmo: Perché non dici tutto a Sophia?
Dovrei chiedere a Sophia di...?
Lui annuì energicamente. Certo, non vorrei mai che tu agissi slealmente. Parlane con la ragazza e senti cosa ne pensa.
Fu così che il giorno seguente arrivai a Swinly Dean con l'ispettore Taverner e il sergente Lamb.
Dopo aver superato il primo campo di golf, ci inoltrammo lungo un viale alberato che in tempi lontani doveva essere stato chiuso da una cancellata. Certamente la guerra, e le requisizioni di materiale che a essa si accompagnano, lo avevano reso di libero accesso. Al termine del lungo viale circondato da rododendri, dopo un'ampia curva, ci trovammo in uno spiazzo di fronte alla casa.
Era incredibile! Mi chiesi perché si chiamasse Tre Frontoni, dato che sarebbe stato più appropriato dire Undici Frontoni! La cosa più curiosa è che aveva l'aria di essere deforme. E si capiva perché. Era il classico tipo di villino inglese, ma era un villino gonfiato, fuori da qualsiasi proporzione. Sembrava una casa di campagna vista attraverso un gigantesco specchio deformante. Tutto era gigantesco...
era una piccola casa deforme che era cresciuta come un fungo durante la notte.
Era proprio l'idea che un greco, proprietario di ristoranti, poteva farsi di un'abitazione inglese. Voleva essere una casa da inglese...
ma era costruita con le dimensioni di un castello! Pensai alla prima moglie di Leonides e alla sorpresa che doveva aver provato nel vederla. Certamente lui non le aveva detto nulla per farle una sorpresa. Mi chiesi se lei avesse sorriso o se fosse rabbrividita.
Comunque, lì lei era vissuta felicemente.
Mastodontica, vero? disse Taverner. Il vecchio ha speso qui un patrimonio, come se avesse riunito in un blocco solo tre costruzioni indipendenti, ognuna con cucina e servizi. All'interno è ammobiliata come un albergo di lusso.
Sophia apparve alla porta d'ingresso. Era a capo scoperto e indossava una camicetta verde e una gonna di tweed.
Rimase stupefatta vedendomi.
Tu! esclamò.
Vorrei parlarti dissi. Dove possiamo andare?
Ebbe un attimo di esitazione, poi si voltò e disse: Per di qua.
Attraversammo lo spiazzo erboso dal quale si godeva uno splendido panorama. L'occhio spaziava sul primo campo di golf, sulle colline che lo circondavano e sulla campagna sconfinata che si perdeva verso l'orizzonte.
Sophia mi fece entrare in un grande giardino roccioso alquanto trascurato e m'invitò a sedere su una rustica panchina di legno assai scomoda.
Allora? disse con tono poco incoraggiante.
Le dissi del mio incarico... le dissi tutto. Lei mi ascoltò con attenzione, e alla fine sospirò profondamente.
Un uomo in gamba, tuo padre.
Certo, sa quello che vuole. Ma questa volta la sua idea non mi piace per niente.
Oh no disse lei. Credo, anzi, che sia l'unica cosa utile da fare.
Tuo padre ha capito di cosa ho bisogno meglio di te.
Con un improvviso gesto di disperazione esclamò, torcendosi le mani: Io devo scoprire la verità, capisci? Devo saperlo.
Per noi due, cara? Ma...
Non solo per noi due, Charles. Devo sapere per me stessa, per ritrovare la pace interiore. L'altra sera non te l'ho detto, ma... la verità è che ho paura.
Paura?
Sì, paura. La polizia ha un'ipotesi, tuo padre anche, tu pure. Tutti pensiamo che sia stata Brenda.
Ma le probabilità...
D'accordo. E' probabile. Ma quando io mi dico che probabilmente è stata Brenda, so che si tratta di una supposizione che corrisponde a un desiderio. Ma in realtà, non sono affatto sicura che sia così.
Non ne hai la certezza, vuoi dire?
Non so, Charles. Tu hai solo sentito parlare della cosa, non conosci ancora nell'intimo i componenti della nostra famiglia. Per esempio, io non credo che Brenda sia capace d'impegolarsi in una faccenda così pericolosa, per nessuna ragione. E' troppo scaltra e prudente.
E che cosa mi dici di lui, di quel Lawrence Brown?
E' un coniglio. Non avrebbe mai avuto il coraggio di fare una cosa simile.
Non puoi affermarlo categoricamente, però.
Hai ragione. Le persone, a volte, riservano delle sorprese. Ma Brenda, per esempio, ha agito sempre conseguentemente col suo carattere. Io la definirei una donna da harem. Pigra, morbosamente attratta da dolciumi, vestiti, gioielli. Passa le giornate sdraiata a leggere racconti insulsi, oppure va al cinematografo. E sembrerà incredibile, se si pensa che il nonno aveva ottantotto anni, ma lei ne subiva enormemente il fascino. Lui esercitava uno strano influsso sulle donne. Penso che Brenda si sentisse, in casa sua, come una regina o almeno come la favorita di un sultano. Doveva vivere in uno stato di strana eccitazione romantica. Ci ha sempre saputo fare, il nonno, con le donne, e quel suo fascino non scomparve nemmeno a tarda età.
Comunque, a me il problema di Brenda interessava meno dell'altro di cui Sophia mi aveva parlato poco prima.
Perché hai detto d'aver paura? le chiesi.
Lei rabbrividì.
Perché è la verità rispose quasi in un soffio. E' molto importante che tu capisca quello che ti dico, Charles. Noi siamo una famiglia strana... C'è in noi una specie di crudeltà, anzi, molte forme diverse di crudeltà... E la diversità di queste forme mi preoccupa...
Dovette leggere nel mio viso un grande stupore, poiché aggiunse: Cercherò di essere più chiara. Prendi il nonno, per esempio. Una volta ci raccontò che da ragazzo, a Smirne, durante una rissa, aveva accoltellato due uomini dai quali era stato gravemente insultato.
Raccontò l'episodio con indifferenza, come si trattasse di una cosa più che naturale. A me, cresciuta in Inghilterra, fece uno strano effetto sentir parlare di un fatto così orribile con tanta naturalezza...
Annuii.
Questo è un esempio. Poi c'è stata la nonna. Non l'ho conosciuta, ma ho sentito parlare molto di lei. Doveva avere quella forma di crudeltà che deriva dalla mancanza assoluta d'immaginazione. Simile a quella dei vecchi generali, pieni d'arroganza e di rettitudine insieme, per nulla impressionati dalle responsabilità che si assumono decretando la vita o la morte del loro prossimo.
Forse esageri, cara.
Sì, forse. Ma ho un sacro terrore di questi personaggi che abbondano in rettitudine e in crudeltà. Poi, c'è mia madre. Un'attrice. Tanto cara, ma assolutamente priva di senso della misura. E' così innocente nel suo feroce egoismo, che vede le cose solo in funzione del proprio interesse. Anche questo per me è pericoloso. Poi c'è Clemency, la moglie di zio Roger, una scienziata che si dedica ora a ricerche importanti. Anche lei, a modo suo, può essere definita crudele, dotata com'è di uno spaventoso sangue freddo. Suo marito, zio Roger, è esattamente l'opposto. E' un uomo caro e amabile, ma se la collera gli dà alla testa non sa più controllarsi. Infine c'è mio padre.
Fece una lunga pausa.
Mio padre riprese lentamente domina se stesso con un esagerato autocontrollo. Non si sa mai cosa pensi, non lascia trasparire mai i suoi sentimenti. Probabilmente la sua è una forma di difesa contro il temperamento troppo estroverso di mia madre. Qualche volta, però, il suo eccessivo autocontrollo mi preoccupa.
Tesoro dissi tu lavori troppo di fantasia. Comunque, secondo te, ognuno dei tuoi familiari sarebbe capace di commettere un delitto.
E' quello che penso, infatti. Io stessa ne sarei capace.
Tu? Non lo credo proprio.
Io, sì. Non devi far eccezione per me. Anch'io potrei assassinare qualcuno... Rimase un attimo in silenzio, poi aggiunse: Ma, in ogni caso, solo se ne valesse veramente la pena.
Sorrisi. Per me era un'idea assurda. Anche lei sorrise.
Forse sono pazza... disse. Comunque, dobbiamo scoprire la verità sulla morte del nonno. Voglia il cielo che la colpevole sia Brenda!
Improvvisamente, provai una gran pena per Brenda Leonides.

5.

A un tratto vedemmo arrivare lungo il sentiero un'alta figura femminile che camminava con passo elastico.
Aveva un vecchio cappello di feltro in testa, e indossava una gonna senza più forma e un giubbetto di lana.
Ecco zia Edith disse Sophia.
La donna si curvò due o tre volte sulle aiuole fiorite, poi si avvicinò a noi. Mi alzai.
Ti presento Charles Hayward, zia Edith. Charles, questa è mia zia, la signorina de Haviland.
Edith de Haviland era una donna sulla settantina. Aveva il volto solcato di rughe, occhiali a pince-nez, e una massa di grigi capelli arruffati.
Come state? mi chiese. Mi hanno parlato molto di voi. Siete appena tornato dall'Oriente, vero? Vostro padre come sta?
Piuttosto sorpreso dalla domanda, risposi che stava benissimo.
L'ho conosciuto da ragazzo disse lei. Ero amica di sua madre, molto amica. Voi assomigliate alla nonna. Siete venuto per aiutarci?
Spero di potervi essere utile.
Abbiamo bisogno di aiuto continuò. La casa è piena di poliziotti.
Ce li troviamo tra i piedi a ogni passo. Che orrore. Un giovanotto come si deve non dovrebbe entrare nella polizia.
Si rivolse alla nipote.
Nannie chiedeva di te. Per il pesce.
Che noia! sospirò Sophia. Vado subito.
Si diresse in fretta verso la casa. La vecchia signorina si incamminò lentamente nella stessa direzione. Io mi misi al suo fianco.
Non sapremmo come fare senza Nannie disse lei. Quasi tutti hanno in casa una vecchia Nannie che lava, stira, cucina... sono fedelissime.
La nostra l'ho assunta io, molti anni fa.
Si fermò per liberare il piede da un'erbaccia che vi si era impigliata.
Che roba! brontolò. Si ha un bel pulire, si ha un bel darsi da fare, ma mai che si riesca a tenere in ordine.
Calpestò più volte, rabbiosamente, l'erbaccia.
Brutto affare, caro signor Hayward disse guardando verso casa. Che ne pensa la polizia, del fatto? Ma già, è inutile chiedervelo. Io, poi, non riesco a convincermi che Aristides sia stato avvelenato. Per la verità, non riesco nemmeno a credere che sia morto. Per quanto mi riguarda, l'ho sempre detestato, ma non posso arrendermi all'idea che non ci sia più. La casa sembra vuota, senza di lui.
Non risposi per non interromperla. Edith de Haviland sembrava in vena di reminiscenze.
Ci pensavo stamattina continuò. Sono qui da più di quarant'anni.
Venni qui alla morte di mia sorella. Fu lui a chiedermelo. Sette figli: il più piccolo aveva un anno. Potevo permettere che venissero allevati da un greco qualsiasi? No. Era stato un matrimonio detestabile, a mio modo di vedere, quello di mia sorella Mary!
Ipnotizzata da quel meridionale. Devo comunque dire che lui mi ha lasciato piena libertà, in fatto d'amministrazione. Ho potuto pensare come volevo alle bambinaie, alle governanti, agli studi. Anche per l'alimentazione ho fatto a modo mio. Mi sono ben guardata dal nutrirli con gli orribili piatti del suo paese che lui voleva per sé.
E da allora, non vi siete più mossa di qui?
No. Anche se sembrerà strano. Quando i bambini, diventati grandi, si sposarono, avrei potuto anche andarmene, ma non l'ho fatto. Chissà, forse mi ero affezionata al giardino. O forse è stato per Philip. Un uomo che sposa un'attrice non può aspettarsi che l'organizzazione familiare sia delle migliori. E così ho dovuto occuparmene io. Mi chiedo perché le attrici mettano al mondo dei figli. Appena nata la bambina, lei se n'è andata a Edimburgo per una serie di recite.
Philip, del resto, ha fatto una cosa intelligente, a un bel momento: ha preso tutti i suoi libri ed è venuto a stabilirsi qui.
Di che cosa si occupa Philip Leonides? chiesi.
E' scrittore. Non so per quale motivo insista a scrivere dato che nessuno legge i suoi libri. Trattano di particolari episodi storici che proprio non interessano. Infatti, non avrete mai sentito parlare di lui, vero?
Ammisi che era così.
Ha troppo denaro proseguì la signorina de Haviland. Questo è il suo male. Molta gente metterebbe da parte le fantasie e imparerebbe a vivere, se avesse meno denaro.
Gli rendono qualcosa i suoi libri?
Nemmeno per sogno. Ma lui è convinto di essere qualcuno nel campo delle ricerche storiche. Del resto, non ha bisogno che gli rendano, i libri. Aristides gli aveva fissato una rendita di circa centomila sterline. Una cifra enorme. Senza considerare, poi, l'eredità che sarebbe venuta. Il vecchio voleva che i suoi figli fossero finanziariamente indipendenti. Roger dirige la Cooperativa Ristoranti, Sophia ha una forte rendita, e in banca c'è un capitale che frutta per i bambini.
Allora, nessuno era in attesa dell'eredità.
Mi diede una strana occhiata.
Con l'eredità, ciascuno avrebbe aumentato il proprio capitale. Ma non era necessario che morisse. Anche da vivo, avrebbe dato loro tutto il denaro che avessero chiesto.
Avete qualche sospetto sulla persona che può aver commesso il delitto, signorina de Haviland?
Ci pensò un momento, poi rispose: No, davvero! Certo, la cosa mi ha sconvolta. Non è divertente sapere che in famiglia c'è un Borgia redivivo. E la polizia, immagino, si accanirà contro la povera Brenda.
Perché? Non la credete sulla strada buona?
Non saprei. Ho sempre considerato Brenda una donnina inutile e sciocca, e non riesco davvero a vederla nel ruolo di avvelenatrice.
Riconosco che, se una donna di ventiquattro anni sposa un uomo di quasi ottanta, lo fa solo per denaro. E' naturale, quindi, che desiderasse diventare al più presto una ricca vedova. E poiché Aristides era singolarmente robusto e, nonostante il diabete, minacciava di vivere cent'anni, non è escluso che si sia stancata di aspettare.
In questo caso...
In questo caso, tanto meglio. Tutto si risolverebbe in uno scandalo, ma, dopotutto, lei non è della famiglia.
Non avete altre supposizioni da fare?
Quali altre supposizioni potrei fare?
Rimasi pensieroso. Sospettavo che, sotto quel vecchio cappelluccio di feltro, si agitassero più pensieri di quanti la signorina non ne esprimesse. Dietro quell'apparenza sbrigativa, quasi scostante, si indovinava un cervello attivissimo. Mi chiesi, per un momento, se l'assassina non fosse proprio lei.
L'idea non era assurda. Ricordavo la violenza con cui aveva battuto in terra il piede per liberarsi di una cosa che le dava fastidio, ricordavo il vocabolo usato da Sophia. Crudeltà. La guardai di sottecchi.
Se avesse avuto una buona ragione per farlo, forse... Ma quale poteva essere questa buona ragione? Non conoscevo ancora l'ambiente e le persone per rispondere a questo interrogativo.

6.

Venni introdotto in un atrio spaziosissimo, arredato fastosamente con mobili di quercia scura muniti di maniglie d'ottone lucenti. Di fronte alla porta d'ingresso, dove normalmente è visibile la scala che conduce ai piani superiori, si alzava, quasi a fare da schermo, una parete bianca con una porta.
Di lì mi spiegò la signorina si entra nella parte della casa riservata a mio cognato. Il piano terreno, invece, appartiene a Philip e a Magda.
Aprì una porta sulla sinistra e mi introdusse in un vasto salotto. Le pareti erano tappezzate d'azzurro, i divani e le poltrone erano ricoperti di pesante broccato. Sui vari tavolinetti e alle pareti c'era un gran numero di fotografie di attori, attrici e ballerini e disegni di scene teatrali. Su tutto, risaltava il dipinto di una ballerina di Degas. C'era profusione di fiori, soprattutto enormi crisantemi gialli e garofani multicolori, artisticamente disposti in vasi di pregio.
Immagino che vorrete vedere Philip disse la signorina de Haviland.
Vedere Philip? Giuro che la cosa m'interessava assai poco. Invece avrei voluto rivedere Sophia, che aveva tanto calorosamente approvato il progetto di mio padre e che adesso, in cucina, era occupatissima a preparare il pesce, dopo avermi lasciato solo a decidere come comportarmi. Dovevo presentarmi a Philip Leonides come pretendente della figlia, come un amico capitato di passaggio, oppure come un alleato della polizia?
La signorina non mi lasciò il tempo di rispondere alla sua affermazione. Evidentemente non si era trattato di una domanda: lei mi pareva infatti più incline a comandare che a chiedere.
Andremo in biblioteca disse infatti.
Usciti dal salotto e attraversato un corridoio, entrammo in un'altra stanza, una sala vastissima, carica di libri. I volumi non erano confinati negli scaffali alti fino al soffitto, ma sparsi sulle poltrone, sui tavoli, perfino sul pavimento. Nonostante ciò, non davano l'impressione di essere in disordine. L'atmosfera dell'ambiente era fredda, e mancava il caratteristico odore degli studi maschili: l'aroma del tabacco. Infatti, Philip Leonides non fumava.
Quando entrammo, lui si alzò. Era alto, sulla cinquantina, straordinariamente bello. Avevo sentito parlare moltissimo della quasi leggendaria bruttezza di Aristides Leonides e, non so perché, mi aspettavo che il figlio fosse altrettanto brutto. Comunque, non ero davvero preparato a quella perfezione di lineamenti. Naso diritto, ovale perfetto, fronte ampia, capelli nerissimi, ondulati, appena spruzzati d'argento alle tempie.
Ecco Charles Hayward mi presentò la signorina, rivolta a Philip.
Piacere disse lui.
Mi chiedevo se avesse già sentito parlare di me, mentre mi tendeva freddamente la mano, con espressione distaccata. Quel tono gelido mi dava maledettamente ai nervi.
La signorina de Haviland chiese: Dove sono quegli odiosi poliziotti?
Sono stati qui?
Credo che l'ispettore... come si chiama... Guardò un foglio sul tavolo. Taverner... credo che verrà tra poco a parlare con me.
Dov'è adesso?
Non so, zia Edith. Forse di sopra.
Con Brenda?
Proprio non so.
Per la verità, guardando Philip Leonides ci si chiedeva come avesse potuto avvenire un assassinio nell'atmosfera respirata da lui.
Magda è già alzata? chiese ancora la zia.
Non so. Di solito non si alza prima delle undici.
E' proprio da lei puntualizzò Edith de Haviland.
In quel momento si spalancò una porta dietro le mie spalle e una figura femminile fece il suo ingresso. Sembrava che fossero entrate tre donne invece di una. Fumava una sigaretta da un lunghissimo bocchino e indossava una vestaglia di seta color pesca di cui reggeva lo strascico con una mano. Una cascata di capelli color tiziano le pioveva sulle spalle. Aveva un volto senza ombra di trucco, materialmente e spiritualmente, dall'aria ancora insonnolita. Gli occhi erano grandi e blu e cominciò un soliloquio con voce strascicata ma armoniosa.
Tesoro! E' una cosa insopportabile, proprio insopportabile. Pensa a quando la notizia sarà sui giornali! Dio! E dovrò sopportare anche un interrogatorio, vero? Non so proprio come dovrò vestirmi, per l'occasione. In nero, no. Forse il rosso cupo sarebbe più intonato. Il guaio peggiore è che ho perduto l'indirizzo di quel tale che mi procurava i buoni alla borsa nera. Adesso, se andassi a cercarlo, la polizia mi seguirebbe e sarebbero guai. Philip! Ma come fai a startene così calmo? Non ti rendi conto che adesso avremmo potuto andarcene da questa orribile casa? Dio, Dio, la libertà! Fin che era vivo lui non ci si poteva allontanare. Povero vecchio! Ci voleva troppo bene. A dispetto delle malignità che quella Brenda metteva in giro su fantasiosi apprezzamenti fatti da lui contro noialtri. Che perfida creatura! Se ce ne fossimo andati lasciandolo in mano a quella donna, avrebbe finito con l'influenzarlo contro di noi. Povero, caro vecchio!
Del resto, aveva già quasi novant'anni e a quell'età anche i caratteri più forti s'indeboliscono... Sai cosa penso, Philip? Credo che sia un'ottima occasione per rappresentare quella commedia di Edith Thompson. Questo delitto ci procurerà molta pubblicità. Bildenstein vorrebbe formare una compagnia per mettere in scena un drammone in versi sulla vita dei minatori. L'occasione può esser buona. La mia parte è bellissima. So che si ostinano a dire che dovrei attenermi al repertorio brillante per via del nasetto all'insù. Se è per questo, ci sono tante commedie brillanti che piacciono e che fanno tenere il fiato sospeso fino all'ultima scena. So come si recitano. Si assume quell'aria svagata, un po' frivola, che piace sempre al pubblico...
Col braccio fece un ampio gesto, e la sigaretta cadde dal bocchino andando a bruciacchiare la scrivania in mogano di Philip. Lui, sempre impassibile, la raccolse e la schiacciò nel portacenere.
E poi bisbigliò Magda Leonides, spalancando improvvisamente gli occhi solo terrore...
L'espressione di paura aleggiò sul suo viso per circa venti secondi, poi assunse un aspetto rilassato e si trasformò infine in un viso infantile, imbronciato, pronto alle lacrime.
Improvvisamente tutte queste emozioni furono cancellate come da un colpo di spugna e, girandosi verso di me, domandò in tono serio: Non vi pare, signore, che potrei sostenere parti sia tragiche sia brillanti con identico successo?
Risposi che certo era così. Per la verità, non avevo nessun elemento di giudizio, ma volevo riuscire gradito alla madre di Sophia.
La donna riprese a parlare al marito: Quando vedrò l'ispettore...
Lui ebbe un brivido impercettibile.
Non è affatto necessario che tu veda l'ispettore, Magda.
Come? Ma caro, non hai alcuna immaginazione! Dovrò parlargli a lungo, anzi. Vorrà conoscere tutti i particolari, le piccole circostanze che ciascuno di noi può avere osservato...
Mamma! esclamò Sophia, che era entrata in quel momento. Spero che non andrai a raccontare all'ispettore le tue solite fantasie.
Sophia... cara!
Su, mamma, il tuo saggio di recitazione l'hai già fatto. Ma non va.
Occorrono sentimenti meno scoperti, meno enfasi, un senso di dolente protezione verso le persone della famiglia.
Il volto di Magda rivelò uno stupore ingenuo, infantile.
Ma io sarò capace...
Sì, mamma, lo credo. Comunque, ti ho preparato la cioccolata. E' in salotto.
Oh, bene, stavo morendo di fame.
Sulla soglia si fermò, e rivolta a me disse: Non sapete quanto sia delizioso avere una figlia.
E con questa affermazione finì il suo spettacolo.
Sa il cielo cosa diavolo racconterà alla polizia, quella! disse la signorina de Haviland.
Non ti preoccupare la rassicurò Sophia.
Ti rendi conto che è un'irresponsabile?
Sta' tranquilla disse Sophia. La mamma reciterà come vuole il regista. E il regista sono io.
Uscì, per rientrare subito dopo.
Papà disse c'è l'ispettore Taverner. Ti dispiace se rimane qui anche Charles?
Vidi un'espressione sbalordita formarsi sul viso di Philip Leonides, e non potei che giustificarla. Ma il suo autocontrollo vinse ancora una volta.
Rimanga, rimanga pure.
Taverner entrò: tranquillo, sicuro di sé, con l'aria di un uomo d'affari che ha un grosso colpo in vista.
Mi dispiace darvi questa noia disse. Ma spero di risolvere presto la faccenda e lasciarvi in pace. In questo caso, nessuno sarà più contento di me. Non ho la vocazione per la parte del carnefice.
Parlando, aveva avvicinato una poltrona alla scrivania, sedendosi accanto al telefono. Io sedetti poco discosto.
Ai vostri ordini, ispettore disse Philip, e si sedette a sua volta.
La signorina de Haviland chiese: Avete bisogno di me, ispettore?
Per il momento no, signorina. Più tardi, se non vi rincresce, scambierò due parole anche con voi.
Bene. Mi troverete di sopra disse, e uscì.
Ai vostri ordini, ispettore ripeté Philip.
So che siete molto occupato cominciò Taverner e non voglio portarvi via troppo tempo. Ma posso dirvi, in via confidenziale, che i nostri sospetti sono ormai confermati: vostro padre non è morto di morte naturale. Il suo decesso è stato causato da una dose eccessiva di fisostigmina, meglio conosciuta sotto il nome di eserina.
Philip annuì; ma il suo volto non mostrò alcuna particolare emozione.
Vorrei sapere continuò Taverner se nutrite qualche sospetto.
Cosa dovrei congetturare? Sono dell'opinione che mio padre abbia ingerito il veleno per errore.
Davvero pensate così, signor Leonides?
Mi sembra una versione assai verosimile. Aveva quasi novant'anni come sapete, e una vista imperfetta.
Secondo voi avrebbe riempito la boccetta dell'insulina con le gocce per gli occhi? Ma vi sembra davvero credibile?
Philip non rispose. Il suo volto era più che mai impassibile.
Taverner proseguì: Abbiamo ritrovato il contagocce dell'eserina nella spazzatura. Nessuna impronta digitale sul vetro. Se la cosa fosse normale, qualche impronta ci dovrebbe essere: di vostro padre o di sua moglie o del cameriere.
Philip trasalì. Poi, con affettazione, disse: Che c'entra il cameriere?
Temete che sospettiamo di lui? Certo, le occasioni non gli sarebbero mancate, ma non si riuscirebbe a capire la ragione di un simile gesto da parte sua. Vostro padre aveva l'abitudine di dargli una gratifica, oltre lo stipendio, e ogni anno gliel'aumentava. Inoltre, aveva dichiarato che tale elargizione sostituiva la somma che avrebbe voluto destinargli come legato per testamento. Dopo sette anni di servizio, la cifra annuale si era fatta considerevole. A parer mio, a Johnson conveniva che vostro padre vivesse il più a lungo possibile. Inoltre era in rapporti eccellenti con il suo padrone, e ha un passato irreprensibile. Risulta onestissimo e fedele. Nessun sospetto, quindi, su di lui.
Philip, impassibile, disse: Benissimo.
Ora, signor Leonides, vorreste darmi qualche particolare su come avete trascorso la giornata in cui è morto vostro padre?
Certo, ispettore. Sono rimasto tutto il giorno in questa stanza.
Fatta eccezione per le ore dei pasti, naturalmente.
In tutto il giorno non avete visto vostro padre?
Ci siamo salutati la mattina, dopo colazione, come al solito.
Eravate solo con lui?
C'era anche la mia matrigna.
Avete notato qualcosa di anormale, in lui?
Con una punta d'ironia, Philip rispose: No. Non aveva scritto in faccia che era destinato a essere ucciso proprio quel giorno.
L'appartamento di vostro padre è del tutto separato da questo?
Sì. Vi si accede solo dalla porta che si trova nell'ingresso.
E quella porta, normalmente, rimane chiusa?
No.
Mai ?
Non mi risulta che venisse mai chiusa.
Quindi ognuno poteva passare liberamente da una parte all'altra della casa?
Appunto. Stavamo separati solo per rispetto alla reciproca libertà.
Come avete saputo della morte di vostro padre?
Da mio fratello Roger, che occupa l'ala est del piano superiore. Si è precipitato giù a dirmi che papà aveva avuto un attacco improvviso. Mi sono subito recato da lui e l'ho trovato che stentava a respirare e appariva stremato.
Che cos'avete fatto allora?
Ho telefonato subito al medico. Evidentemente nessuno ci aveva ancora pensato. Il dottore non era in casa e quindi ho lasciato un messaggio pregandolo di venire appena possibile.
Poi?
Mio padre stava molto male ed è morto prima che il medico arrivasse.
La voce di Philip non era incrinata da alcuna emozione. Sembrava che raccontasse un fatto di cronaca.
Dove si trovavano gli altri familiari?
Mia moglie era a Londra. Tornò poco dopo. Credo che non ci fosse nemmeno Sophia. Invece i piccoli Eustace e Josephine erano in casa.
Spero che non mi riterrete troppo indiscreto, signor Leonides, se vi chiedo che cosa succederà alla vostra situazione finanziaria dopo la morte di vostro padre.
Sono ammirato dalla minuziosità delle vostre indagini. Mio padre ci aveva resi finanziariamente indipendenti molti anni fa. Mio fratello Roger era stato messo a capo della Cooperativa Ristoranti in qualità di direttore e principale azionista. A me, aveva dato un capitale che considerava equivalente alla posizione di mio fratello. Ora, fra titoli, assicurazioni e altro, quel capitale può essere valutato intorno alle centocinquantamila sterline circa. Potevo usare il capitale a mio piacimento. La stessa somma era stata assegnata alle mie due sorelle, che però sono morte da tempo.
E, dopo tutto questo, vostro padre poteva ancora considerarsi ricco?
Per sé aveva riservato una rendita quasi modesta. Diceva che, così, la vita lo interessava di più. Da quel momento, infatti e per la prima volta un lieve sorriso gli increspò le labbra grazie a varie speculazioni, divenne più ricco di prima, se possibile.
Voi e vostro fratello siete venuti ad abitare nella casa paterna in seguito a qualche dissesto finanziario?
No. Mio padre insisteva sempre nel dirci che saremmo stati i benvenuti in casa sua. Per ragioni familiari trovai conveniente questa sistemazione e venni qui con i miei nel 1937. Ero molto affezionato a mio padre. Non pagavo affitto, ma sostenevo la mia aliquota di tasse.
E vostro fratello?
Mio fratello si stabilì qui in seguito al bombardamento della sua casa londinese, nel 1943.
Conoscete, in qualche modo, le disposizioni testamentarie di vostro padre?
Le conosco benissimo. Rifece il testamento qualche anno fa. Riunì la famiglia e ci lesse le clausole. Credevo che l'avvocato Gaitskill vi avesse già informato di tutto. A ogni modo, riassumendo, le cose stanno così: un lascito di centomila sterline, libere da tassa di successione, alla mia matrigna, in aggiunta alla quota legittima che le spetta come vedova. Il rimanente del patrimonio è stato diviso in tre parti uguali: una destinata a me, l'altra a mio fratello, la terza da tenere a frutto per i tre nipoti. Il patrimonio è vistoso ma, naturalmente, le tasse di successione incideranno parecchio.
Nessun legato per la servitù o per beneficenza?
No, perché gli stipendi della servitù venivano fortemente aumentati per ogni anno di servizio prestato.
Scusate ancora, signor Leonides, ma... come vanno attualmente le vostre finanze?
Come ben sapete, oggigiorno paghiamo tasse enormi, ma le mie entrate sono largamente sufficienti per le esigenze del fisco, per quelle mie e di mia moglie. Inoltre, il povero papà ci faceva spesso consistenti regali in denaro, e in caso di necessità interveniva con aiuti immediati.
Con un freddo sorriso, aggiunse: Su questo posso tranquillizzarvi, ispettore. Nessuna ragione finanziaria poteva farmi desiderare la morte di mio padre.
Mi rincrescerebbe molto se avessi offeso la vostra suscettibilità, signor Leonides, ma il nostro dovere comporta anche questo tipo di indagini. E ora debbo rivolgervi qualche domanda un po' delicata.
Correvano buoni rapporti tra vostro padre e sua moglie?
Rapporti ottimi, a quanto mi risulta.
Nessun litigio?
Non credo.
La differenza d'età era forte?
Sì, molto.
Avevate approvato il secondo matrimonio di vostro padre?
Nessuno chiese la mia approvazione.
Questa non è una risposta, signor Leonides.
Dal momento che insistete, vi dirò che consideravo quel matrimonio una pazzia.
Avete fatto qualche tentativo per dissuadere vostro padre?
No, perché mi sono trovato di fronte al fatto compiuto.
E' stato un dispiacere per voi?
Philip non rispose.
Voglio dire insistette Taverner questo fatto ha destato in voi qualche risentimento?
Mio padre era perfettamente libero di agire come meglio gli piaceva.
I vostri rapporti con la signora Leonides sono sempre stati cordiali?
Sempre.
Anche amichevoli?
Ci vediamo di rado.
Potete dirmi qualcosa di Lawrence Brown?
No. Dopotutto, l'aveva assunto mio padre.
Ma come precettore dei vostri figli, signor Leonides.
Giustissimo. Mio figlio ha sofferto di paralisi infantile.
Fortunatamente si trattava di un caso leggero. I medici consigliarono di non mandarlo alla scuola pubblica, e mio padre allora decise l'assunzione di un precettore per il bambino e per mia figlia Josephine. La scelta, in quell'epoca, era assai limitata a causa della guerra: costui era disponibile perché dichiarato inabile al servizio militare. Le informazioni risultarono ottime. Mio padre e la zia, che si erano sempre occupati dei bambini, ne furono molto soddisfatti. Io posso dire che il suo insegnamento è stato sempre serio e coscienzioso.
Alloggia negli appartamenti di vostro padre, vero?
Sì.
Non avete mai osservato qualche segno che suggerisse un'intesa tra il giovanotto e la vostra matrigna?
Mai.
E non vi è giunto all'orecchio qualche pettegolezzo in proposito?
Non sono abituato ad ascoltare i pettegolezzi, ispettore.
E' un po' strano, signor Leonides. Non avete visto niente, non avete sentito niente. Sembrate estraneo a tutto.
Prendetela come volete, ispettore, ma la realtà è così.
Taverner si alzò.
Bene. Vi ringrazio signor Leonides.
Mi affrettai dietro di lui e uscii anch'io dalla stanza.
Accidenti ! disse Taverner. Quello ne ha, di sangue freddo... più di un pesce !

7.

E ora disse l'ispettore andiamo a scambiare due parole con la moglie del signor Philip. Il suo nome d'arte è Magda West, se non sbaglio.
E' una brava attrice? chiesi. L'ho sentita nominare e probabilmente l'avrò anche vista in qualche spettacolo, ma non riesco a ricordare quando e dove.
Vedete, la signora Magda è una di quelle donne di teatro che si trovano sempre vicine al successo ma che non lo raggiungono mai. Ha un certo nome, per la verità, ma recita soprattutto nei piccoli, eleganti teatri privati. Per mio conto, tutto dipende dalla certezza che ha di non doversi guadagnare la vita col proprio lavoro. Ha sempre potuto scegliere. Qualche volta si è permessa anche il lusso di finanziare una compagnia per ottenere la parte di protagonista in commedie che le piacevano, anche quando si trattava di parti non adatte a lei. Come risultato, ha finito col retrocedere, anziché progredire. Pare che abbia un certo talento, specialmente nel genere comico sentimentale.
Gli amministratori delle compagnie, però, non l'hanno troppo in simpatia. L'accusano di essere prepotente, intrigante. Magari le accuse non corrispondono a verità, ma è certo che lei non è popolare nell'ambiente artistico.
In quel momento ci raggiunse Sophia, che usciva dal salotto.
Mia madre vi aspetta, ispettore.
Seguii Taverner nel grande salone. In un primo momento quasi non riconobbi la donna che stava seduta in una poltrona damascata. La chioma tizianesca era raccolta sul capo, in un'acconciatura ottocentesca; indossava un magnifico abito a giacca di pesante seta grigio scura e, sotto, una camicetta color malva, chiusa al collo e fissata con un cammeo. Soltanto allora rimasi colpito dal grande fascino di quella donna.
L'ispettore Taverner? chiese. Accomodatevi. Una sigaretta? Che storia orribile, vero? Non vedo l'ora d'uscirne.
Parlava a voce bassa, quasi monotona. Era evidente lo stretto controllo che esercitava sul proprio carattere.
Ditemi in cosa posso esservi utile, ispettore.
Grazie signora. Vorrei sapere se eravate presente al momento della tragedia.
Stavo tornando da Londra in macchina. Avevo pranzato da Ivy con un'amica, poi eravamo andate a una sfilata di modelli, infine, con alcuni conoscenti, a un cocktail da Berkeley. Come dicevo, presi la via del ritorno e quando arrivai qui, tutto era sottosopra. Mi dissero che mio suocero era morto per un attacco improvviso del suo male.
La sua voce aveva tremato impercettibilmente.
Volevate bene a vostro suocero?
Lo adoravo! disse in tono enfatico e a voce alta.
Sophia si mostrò occupatissima a raddrizzare il Degas appeso alla parete.
Subito Magda riabbassò il tono della voce e riprese l'atteggiamento composto di poco prima.
Ripeté, tranquilla: Sì, gli volevo molto bene. Tutti l'amavano. Lui era assai buono con noi.
E con la signora Leonides, andate d'accordo?
Ci frequentiamo poco.
Per quale ragione?
Non abbiamo niente in comune. Povera, cara Brenda. Qualche volta, per lei, la vita dev'essere stata difficile in casa nostra.
Di nuovo Sophia si mise a trafficare intorno al Degas.
Davvero? l'incalzò Taverner. Difficile in che senso?
Non saprei... rispose Magda con un lieve sorriso.
La signora Leonides era felice con suo marito?
Credo di sì.
Nessun litigio?
La donna sorrise di nuovo, scuotendo il capo.
Non lo so, ispettore. Il loro appartamento è diviso dal nostro.
La signora Brenda e il signor Lawrence Brown sono molto amici, vero?
Magda s'irrigidì. Lanciò a Taverner un'occhiata di disapprovazione e rispose, con molta dignità: Mi sembra che non abbiate il diritto di chiedermi cose di questo genere. Brenda è amica di tutti. E' una creatura amabilissima.
Che cosa pensate del signor Brown?
E' un individuo tranquillo. Non ci si accorge quasi di averlo in casa. L'ho visto poche volte.
Il suo metodo d'insegnamento vi soddisfa?
Non saprei... Philip ne sembra contento.
A un tratto, Taverner tentò la carta della sorpresa.
I rapporti tra la signora Brenda e il signor Lawrence sono di natura amorosa, naturalmente, vero?
Lei si alzò in piedi e, con atteggiamento da gran dama, esclamò: Non ho mai notato nulla che potesse farmi pensare a una cosa del genere.
Non dimenticate, ispettore, che si tratta della moglie di mio suocero.
Come attrice, andava davvero applaudita.
Si alzò anche l'ispettore, che disse, malizioso: Secondo voi, dunque, sarei più delicato se mi rivolgessi alla servitù per informazioni del genere.
Magda non rispose.
Comunque grazie, signora Leonides concluse lui, e si congedò.
Sei stata magnifica! esclamò Sophia con calore.
Magda si assestò un ricciolo dietro l'orecchio, guardandosi allo specchio. Sì disse credo di aver recitato bene.
Sophia mi guardò.
Non dovevi seguire l'ispettore?
Senti, Sophia... vorrei sapere...
Ma dovetti interrompermi. Non potevo, davanti a sua madre, rivolgerle la domanda che mi assillava, cioè quale doveva sembrare la mia parte in quella casa. D'altronde, pareva che questo non avesse grande importanza, per il momento. La signora Leonides non si accorgeva neanche di me. Potevo essere un giornalista o il fidanzato della figlia, un poliziotto o una spia, e lei m'avrebbe gratificato della medesima svagata indifferenza.
A un tratto, Magda Leonides sospirò con disappunto.
Queste scarpe sono state un errore: troppo frivole per l'occasione.
Obbedendo all'imperioso gesto di Sophia che mi indicava la porta, mi affrettai a seguire la stessa via di Taverner. Lo raggiunsi nell'ingresso, mentre stava per salire al piano di sopra.
Vado a far visita al fratello maggiore mi disse.
Sentite, Taverner gli dissi. Prima ditemi qual è il mio ruolo in questa casa.
Lui mi guardò stupito.
Voglio sapere qual è la mia funzione ufficiale qua dentro. Se qualcuno me lo chiede, che cosa rispondo?
Lui rifletté un istante, poi sorrise.
Finora nessuno vi ha fatto domande?
No.
E allora lasciate le cose come stanno. Niente spiegazioni. In una casa sottosopra come questa, ciascuno è troppo impegnato con i suoi problemi e timori per avere il tempo di fare domande. E' sempre un errore dire anche una sola parola, se non è necessario. Ora, andiamo di sopra. La porta è aperta. Naturalmente so già che le prossime domande ci condurranno allo stesso risultato delle precedenti. Ha un valore molto relativo, il sapere chi era in casa al momento della tragedia e dove si trovavano i vari componenti della famiglia se non erano presenti.
Ma allora, perché questo lavoro?
Perché gli interrogatori mi danno l'occasione di studiare le persone da vicino, di valutarle, di farmi un'idea delle loro opinioni e del loro carattere. E c'è sempre la speranza che qualcuno, involontariamente, fornisca un indizio utile. La signora Magda, per esempio, se l'avessimo lasciata fare, ci avrebbe sommersi con un fiume di parole.
Forse. Le informazioni, però, sarebbero state poco attendibili.
Probabilmente. Ma avrebbero magari potuto indicarci una linea di condotta. Quello che sto cercando di capire, è il movente del delitto.
In cima alla scala scorgemmo subito, a destra, una porta chiusa.
Taverner bussò.
Immediatamente ci venne aperto da un uomo che doveva essere di guardia lì dietro. Era una specie di gigante dall'aspetto primitivo: spalle poderose, capelli neri scompigliati, un viso brutto, ma molto simpatico. Ci guardò, poi volse altrove lo sguardo col tipico imbarazzo dei timidi.
Ah, siete venuti... Entrate. Naturalmente... Stavo per uscire, ma non fa niente. Entrate... Passate in salotto. Chiamo subito Clemency...
L'uomo proseguì, vedendola: Ah, sei qui, cara? Ecco... C'è l'ispettore Taverner. Hai sigarette da offrire? Io devo andare...
Aspetta un minuto... Sì, vado... Torno subito.
Sgusciò fuori e sembrò che fosse uscito un calabrone, per il silenzio improvviso che si fece dietro di lui.
La moglie di Roger era in piedi accanto alla finestra. Rimasi subito colpito dalla personalità che quella donna sprigionava, e dall'atmosfera della stanza, che doveva essere la sua.
Pareti bianche, di un bianco deciso, non avorio. Completamente nude salvo per un quadro, collocato sulla mensola del caminetto, che rappresentava una fantasia geometrica di triangoli grigio scuri tagliati da segmenti azzurri. L'ambiente era ammobiliato con lo stretto necessario: tre o quattro poltrone, un tavolino col piano di vetro, uno scaffale. Nessun soprammobile, nessun drappeggio. In quella camera dominavano soltanto la luce, l'aria, lo spazio. Com'era diversa da quella del piano di sotto, pesante di broccati, carica di soprammobili! Del resto anche la signora Clemency Leonides appariva, a prima vista, molto differente dalla cognata. Mentre l'altra incarnava una decina di donne diverse, lei mostrava una personalità ben definita, che non le avrebbe mai permesso di essere diversa da se stessa. Dimostrava cinquant'anni circa. Aveva i capelli grigi tagliati corti alla maschietta, un'acconciatura che si addiceva alla piccola testa rotonda; volto intelligente, marcato, grandi occhi grigi dallo sguardo intenso. Indossava un abito di lana rosso cupo, di foggia semplicissima che modellava a perfezione la sua figuretta sottile.
Sentii immediatamente che doveva essere una donna allarmante. Subito capii la frase di Sophia quando aveva parlato della sua crudeltà. La stanza era fredda e io rabbrividii.
Clemency Leonides ruppe il silenzio e disse, con voce pacata: Accomodatevi, ispettore. Avete scoperto qualcosa?
Sì. La morte è stata causata da eserina.
Allora si tratta proprio di assassinio. Non può esserci errore?
No, signora Leonides.
Vi prego solo, ispettore, di essere molto gentile con mio marito. E'
una creatura sensibilissima. Adorava suo padre. Col suo carattere emotivo, è in uno stato di prostrazione spaventosa.
Eravate in buoni rapporti con vostro suocero, signora?
Ottimi. Ma non avevo molta simpatia per lui.
Perché?
Non mi piacevano i suoi scopi, né i mezzi che usava per raggiungerli.
E la signora Brenda rientra nelle vostre simpatie?
Brenda? Ma... la frequento così poco.
Pensate che ci sia qualcosa fra lei e il signor Brown?
Intendete dire rapporti intimi? Non credo. In ogni caso, io non ho davvero occasioni per saperlo.
Appariva del tutto priva di curiosità in proposito. In quel momento entrò Roger, senza le sigarette che era andato a cercare.
Ho dovuto trattenermi... Una telefonata... Ispettore, che c'è di nuovo? Avete scoperto la causa della morte di mio padre?
Avvelenamento da eserina.
Dio mio! E pensare che è stata quella donna. Non poteva aspettare, pazientare ancora un poco? Si può dire che lui l'aveva tolta dalla strada... bella ricompensa! L'ha assassinato a sangue freddo. Mi si rimescola il sangue, a pensarci!
Avete qualche particolare motivo per credere che la colpevole sia lei? chiese Taverner.
Roger camminava avanti e indietro, tormentandosi i capelli.
Motivi? E chi altri potrebbe aver commesso un atto simile? Del resto, a me non è mai piaciuta: l'ho sempre disprezzata. Philip e io rimanemmo annientati quando mio padre ci comunicò il passo che aveva fatto. Alla sua età! Fu una pazzia. Perché lui era un uomo straordinario, ispettore. Aveva la mente lucida di un quarantenne. Io debbo tutto a lui, nella vita. E pensare che, invece, l'ho deluso.
Si lasciò cadere pesantemente in una poltrona. La moglie gli andò vicino.
Ora basta, Roger. Non tormentarti...
Sì, cara, hai ragione. Le prese una mano. Ma come posso mantenermi calmo? Come posso sopportare...?
Eppure, dobbiamo mantenerci calmi, Roger. L'ispettore è qui per aiutarci.
Proprio così, signor Leonides disse Taverner.
Roger, all'improvviso, gridò: Volete sapere, invece, quello che mi piacerebbe fare? Strangolare quella donna con le mie mani! Se penso che ha tolto a quel povero vecchio i pochi anni di vita che gli restavano... vorrei averla qui, sotto le unghie...
Balzò in piedi. La collera lo scuoteva tutto, le mani si agitavano, convulse. Vorrei strangolarla... strangolarla... gemeva.
Roger! lo richiamò severamente sua moglie.
Lui la guardò, vergognoso.
Scusami, cara. Quindi, rivolto a noi: Chiedo scusa. Mi lascio trasportare dalla passione... Perdonatemi.
Uscì dalla stanza.
Clemency osservò con un lieve sorriso: In realtà, non ucciderebbe una mosca...
Taverner non fece commenti e proseguì l'interrogatorio. La signora rispondeva brevemente, con precisione.
Il giorno del delitto, Roger si era recato a Londra, alla Box House, dov'era la sede della Cooperativa Ristoranti. Era rientrato presto, nel pomeriggio, e aveva passato un po' di tempo col padre, come faceva quasi tutti i giorni. Lei invece era rimasta, come al solito, all'Istituto Lambert in Gower Street, dove lavorava, ed era rientrata poco prima delle sei.
Siete passata anche voi a trovare vostro suocero, al ritorno?
No. Avevamo preso il caffè insieme, dopo cena, il giorno prima.
Allora, il giorno della morte non l'avete visto.
No. Sono entrata nel suo appartamento perché Roger aveva detto di avervi dimenticato la pipa, una pipa preziosa alla quale tiene molto.
Ma siccome l'ho trovata sul tavolo dell'anticamera, non ho voluto disturbare mio Suocero, che, spesso, faceva un pisolino verso le sei.
Quando avete saputo che stava male?
E' venuta a dirmelo Brenda, un minuto o due dopo le sei e mezzo.
Le domande rivolte da Taverner alla signora non erano molto importanti, lo capivo, ma sapevo quanto fossero utili ai fini di studiare il carattere di lei. L'ispettore le chiese anche qualcosa circa il suo lavoro. Lei rispose che si occupava di fisica nucleare.
Bomba atomica, dunque?
Il principio è lo stesso, ma il nostro istituto persegue fini pacifici con i suoi esperimenti.
Taverner espresse il desiderio di dare un'occhiata al resto dell'appartamento. La signora sembrò un po' sorpresa, ma acconsentì con buona grazia. La camera coi letti gemelli, le coperte bianche e un semplicissimo tavolino da notte, mi fecero pensare alla stanza di una clinica o a una cella di monastero. Anche il bagno era spoglio, senza tutti i soliti aggeggi femminili. La cucina era nitidissima e apparentemente ben provvista di tutto il necessario. Arrivammo di fronte a una porta, che Clemency aprì dicendo: Questo è lo studio di mio marito.
Avanti! disse Roger. Avanti!
Mi sfuggì un sospiro di sollievo. Fortunatamente, là dentro non c'era nulla della fredda austerità degli altri locali, anzi, ogni cosa rivelava la sensibilità di chi la abitava. Un'ampia scrivania girevole era letteralmente sommersa di fasci di carte, pipe, scatole di tabacco. Tutt'in giro, magnifiche poltrone, ampie e comodissime.
C'erano ampi tappeti persiani sul pavimento e alle pareti molti quadri e fotografie sportive o di vita militare. Si notavano acquerelli con deserti, minareti, navi, tramonti, mari in burrasca. Una stanza decisamente simpatica, e modellata per un uomo altrettanto simpatico e cordiale.
Roger ci preparò subito un cocktail, affrettandosi a liberare le poltrone dai libri e dai fogli che le ingombravano.
Scusate se c'è un po' di disordine. Stavo proprio riordinando le vecchie carte.
L'ispettore rifiutò l'offerta del cocktail, io invece accettai.
Dovete perdonare il mio scatto di poco fa continuò Roger. Mi porse un bicchiere, continuando a parlare a Taverner. Qualche volta la passione mi prende la mano.
Si guardò intorno con aria timorosa, come un colpevole, quasi aspettandosi un rimprovero dalla moglie... Ma lei era rimasta fuori della stanza.
E' una donna straordinaria! esclamò Roger. Voglio dire, mia moglie.
In questa circostanza è stata meravigliosa,semplicemente meravigliosa. Non so dirvi fino a che punto l'ammiri. E dire che ha vissuto esperienze terribili. Il suo primo marito era un uomo di grande valore, ma delicatissimo di salute. Insomma, per dire le cose come stanno, era tubercolotico. Faceva ricerche nel campo della cristallografia. Un lavoro faticoso e mal retribuito, ma che lo appassionava. Ebbene, lei si mise a lavorare come una schiava e, quando il marito non fu più in grado di far nulla, lo mantenne, lo curò, non badò a spese pur sapendo che i sacrifici erano inutili, che lui era condannato. E tutto senza mai un lamento, senza mai un attimo di stanchezza. Diceva anzi d'essere felice. Soffrì moltissimo per la morte di lui. Più tardi, si convinse ad accettarmi come marito. Sarei stato molto contento di procurarle finalmente un po' di benessere.
Avrei voluto che smettesse di lavorare, ma eravamo in tempo di guerra e lei ritenne suo dovere non ritirarsi. Ancora adesso, del resto, è più che mai decisa a continuare. Una moglie straordinaria, vi dico.
Nessun uomo potrebbe desiderare di meglio. Sono stato proprio fortunato.
Taverner ascoltava con attenzione. Infine, iniziò ancora una volta il consueto interrogatorio.
Quando avete saputo, per la prima volta, che vostro padre stava male?
Brenda era corsa a chiamarmi. Mi disse che mio padre era in preda a un attacco. Avevo lasciato il mio vecchio mezz'ora prima, e stava benissimo. Corsi di sopra, e lo trovai col viso violaceo e il fiato corto. Andai ad avvertire Philip, che telefonò al medico. Non sapevamo cosa fare per aiutarlo. Naturalmente non ci passava nemmeno per la testa che si trattasse di questa buffa faccenda. Buffa? Ho detto buffa? Ma guarda che razza di parola mi è venuta fuori!
Quando ci trovammo di nuovo sul pianerottolo, Taverner disse: Che contrasto tra un fratello e l'altro! Strano come l'abitazione di una persona rifletta sovente la sua personalità.
Annuii, ed egli aggiunse: Che strani accoppiamenti, non vi pare?
Non capii se intendeva riferirsi a Clemency e Roger, oppure a Philip e Magda. Le sue parole andavano bene per entrambe le coppie. A me sembrava che i due matrimoni si potessero definire felici, specie per Roger e Clemency.
Lui continuò: Non mi sembra che quell'uomo possa essere l'avvelenatore. Che ne dite? Comunque, non si sa mai. Lei ne sarebbe più il tipo. E' una donna dura, monomaniaca, e incapace di rimorso, secondo me. Forse un po' strana.
Annuii di nuovo e dissi: Però mi sembra troppo intelligente per uccidere un uomo solo perché non ne approva le idee e i metodi di vita. Se avesse davvero odiato il vecchio, allora forse... ma sono stati commessi delitti che avessero soltanto l'odio per movente?
Pochissimi. Nella mia carriera non ne ho incontrati mai. Mi sembra proprio il caso d'insistere su Brenda. Iddio ci aiuti, però, a trovare le prove.

8.

Bussammo alla porta di fronte a quella di Roger. Ci venne ad aprire una cameriera che, vedendo l'ispettore, assunse un'espressione di malcelato disprezzo.
Desiderate parlare con la signora?
Sì, per favore.
Ci accompagnò in un vasto salotto, quindi uscì.
Le dimensioni della stanza erano uguali a quelle del salotto al piano inferiore. Solo che, qui, i divani e le poltrone erano ricoperti di un cretonne a colori vivaci e le tende alle finestre, di cotone a righe, lucevano freschissime. Sopra il caminetto era appeso un ritratto che subito attrasse la mia attenzione: non solo per la bellezza del dipinto, ma per la strana fisionomia del soggetto che aveva posato.
Era il ritratto di un vecchio dagli occhi scuri, stranissimi, penetranti, la testa un po' rientrata nelle spalle e con in capo una calotta di velluto nero. Dalla tela, con forza magnetica, si sprigionavano la vitalità e la potenza dell'uomo: gli occhi acuti, luminosi, sembravano guardarmi fissamente in viso.
Questo è lui disse Taverner. Ritratto da Augustus John. Doveva essere davvero qualcuno. Che ne dite?
Sì mormorai. E il povero monosillabo suonò inadeguato.
Adesso capivo perché la signorina de Haviland aveva detto che la casa sembrava vuota dopo la sua scomparsa. Un diabolico uomo perverso, che aveva concepito una diabolica casa perversa: senza di lui, questa aveva perduto ogni ragione d'essere.
Quella dev'essere la sua prima moglie disse Taverner. Dipinta da Sargent.
Esaminai il quadro, appeso tra le due finestre. Il viso esageratamente allungato, un po' cavallino, riproduceva le fattezze della tipica signora inglese di provincia: piuttosto bella, ma priva di personalità. Una moglie evidentemente poco adatta all'uomo che dominava persino dal quadro appeso sul caminetto.
La porta s'aprì a un tratto, ed entrò il sergente Lamb.
Ho fatto tutte le indagini possibili fra la servitù. Nessun risultato.
Taverner sospirò. Il sergente si tolse di tasca il libretto degli appunti e sedette, silenzioso, in un angolo della stanza.
Si aprì di nuovo la porta ed entrò la seconda moglie di Aristides Leonides. Indossava un abito nero, evidentemente di alta sartoria, che la inguainava fino al collo, mentre le maniche erano strette ai polsi.
Le movenze della donna erano armoniose, indolenti, il volto grazioso era accuratamente truccato, e i soffici capelli castani erano raccolti in un'elaborata acconciatura. Gli occhi, invece, rivelavano tracce di lacrime recenti. Portava al collo un raro vezzo di perle. A una mano aveva un grosso smeraldo, all'altra uno splendido rubino.
M'accorsi subito che appariva spaventata.
Buon giorno signora disse Taverner gentilmente. Mi rincresce dovervi disturbare di nuovo.
Brenda parlò con voce fioca: Penso che non lo si possa evitare.
Se desiderate che il vostro avvocato assista al colloquio, signora, non abbiamo niente in contrario.
Mi chiesi se lei avesse compreso il vero senso di quelle parole, ma parve di no, perché si limitò a rispondere: Non ho simpatia per il signor Gaitskill. Non lo voglio qui.
Potete procurarvi un avvocato di vostra scelta, signora.
Pensate che dovrei farlo? Gli avvocati non mi piacciono troppo, mi confondono.
Decidete voi. Taverner si sforzò di sorridere. Vogliamo procedere, ora?
Il sergente Lamb inumidì la punta della matita con la lingua, mentre Brenda Leonides si sedeva sul divano di fronte all'ispettore.
Avete scoperto nulla? chiese.
Notai che con le dita martoriava il nastro di chiffon dell'abito.
Abbiamo definitivamente stabilito che vostro marito è morto per avvelenamento da eserina.
Dunque sono state proprio le gocce per gli occhi che l'avrebbero ucciso?
Sì. Con l'ultima iniezione fatta al signor Leonides, voi gli avete iniettato eserina anziché insulina.
Ma io non ne so nulla! Credevo che fosse insulina!
Qualcuno deve aver deliberatamente scambiato il liquido nella fiala.
Che malvagità!
Sono d'accordo con voi, signora.
Supponete che qualcuno l'abbia fatto di proposito? Non potrebbe essere stato un errore, uno scherzo?
Taverner si sforzò di mantenersi calmo e rispose: Lasciamo stare lo scherzo, signora.
Magari qualcuno della servitù...
L'ispettore non rispose.
Lei insistette: Non può essere che così. Non vedo chi altri possa essere stato.
Siete certa di quello che dite, signora? Pensateci bene. Non vi risulta che ci sia stato qualche litigio, qualche incomprensione o risentimento, in famiglia di recente?
Sbalordita, lei rispose: No...!
Siete stata al cinema quel pomeriggio, vero?
Sì. Sono rientrata alle sei e mezzo. Era l'ora dell'insulina. Io...
io gli ho fatto l'iniezione, come sempre. Poco dopo, ha cominciato a lamentarsi. Terrorizzata, sono corsa a chiamare Roger. L'ho già detto, l'ho detto fin dal principio. Perché devo continuare a ripeterlo?
La voce aveva assunto toni isterici.
Mi dispiace, signora Leonides. Ora vorrei parlare con il signor Brown.
Con Lawrence? Perché? Lui non sa nulla.
Devo parlargli lo stesso.
La donna guardò Taverner, sospettosa.
Eustace sta facendo il compito di latino con lui. Volete che lo chiami?
No. Andremo noi da lui.
Taverner uscì, e il sergente e io lo seguimmo.
L'avete fatta arrabbiare, signor ispettore disse Lamb.
Taverner emise una specie di ruggito. Ci guidò, attraverso un corridoio, in una grande stanza che dava sul giardino. Al tavolo erano seduti un bell'uomo dai capelli fluenti, sulla trentina, e un ragazzo bruno di circa sedici anni. Sentendoci entrare alzarono gli occhi. Il fratello di Sophia, Eustace, guardò me, e Lawrence Brown fissò, angosciato, l'ispettore Taverner. Mai avevo visto un uomo così paralizzato dallo spavento.
Con un filo di voce, disse: Sì... Buon giorno, ispettore.
Buon giorno tagliò corto Taverner. Posso parlarvi un momento?
Sì... naturalmente... certo... con molto piacere.
Eustace si alzò. Con voce simpaticamente arrogante, chiese: Devo andarmene, ispettore?
Bene. Continueremo più tardi disse Brown.
Il ragazzo si diresse lentamente verso la porta. Era arrivato sulla soglia quando sorprese il mio sguardo. Si fece scherzosamente passare l'indice attraverso la gola, rise, e chiuse la porta dietro di sé.
Dunque, signor Brown disse Taverner il laboratorio d'analisi ha dato il suo responso. La morte del signor Leonides è stata causata da eserina.
Allora, è proprio stato avvelenato? Speravo...
Avvelenato lo interruppe Taverner. Qualcuno ha sostituito l'insulina con l'eserina.
E' terribile! Non posso crederlo!
Ora si tratta di stabilire chi aveva interesse a fare una cosa simile.
Nessuno! Nessuno disse lui con angoscia.
Desiderate parlare con l'assistenza di un avvocato di vostra fiducia?
Non voglio avvocati! Non ho niente da nascondere, io. Niente!
Non vi rincresce se prendiamo nota di quello che dite?
Sono innocente. Ve lo assicuro, sono innocente!
Nessuno ha finora detto il contrario disse Taverner, che proseguì: La signora Leonides è molto più giovane di quanto era suo marito, vero?
Credo di sì... Anzi: sì, senz'altro.
Doveva sentirsi sola, qualche volta. Vi pare?
Lawrence non rispose. Si passò la lingua sulle labbra secche.
In quei momenti, l'avere un amico della propria età o press'a poco, doveva consolarla continuò implacabile il poliziotto.
Non so... Non so...
Mi sembra naturalissimo che tra voi due sia sorto un... un'affettuosa amicizia, diciamo.
Il giovane protestò.
Non è vero! Non è vero! Quello che pensate non corrisponde a verità.
La signora Leonides è stata sempre molto gentile con me, e io ho il massimo rispetto per lei: niente di più. E' mostruoso sospettare che ci sia dell'altro. Non ho mai desiderato che morisse nessuno, io, né avvelenato, né in altro modo. La mia sensibilità mi fa inorridire di fronte alla morte violenta. Anche in tribunale l'hanno capito. La mia fede religiosa si oppone alla violenza. Sono obiettore di coscienza, io. Tant'è vero che venni assegnato alla Sanità. Poi non ce la feci più per il lavoro pesantissimo e ottenni il permesso di dedicarmi all'insegnamento. Ho fatto del mio meglio, con Eustace e con Josephine. E' una ragazza intelligente ma difficile. Tutti mi vogliono bene, qui, e ora arrivate voi a sospettarmi d'assassinio!
Taverner lo guardò con improvviso interesse.
Non ho detto questo.
Ma lo pensate. So che lo pensate, tutti lo pensano. Tutti hanno gli occhi puntati su di me. Scusate, non ce la faccio più... mi sento male.
Si precipitò fuori della stanza.
Taverner si rivolse a me: Ebbene, che ne pensate?
Che ha una paura del diavolo!
Questo sì. Ma è lui l'assassino secondo voi?
Se volete sapere come la penso intervenne Lamb questo qui non avrebbe mai avuto tanto coraggio.
Aggredire qualcuno, estrarre una pistola, sono d'accordo, non l'avrebbe fatto mai. Ma questo è un delitto particolare. Si è trattato di maneggiare due bottigliette, di dare una piccola spinta, in sordina, a un vecchio perché uscisse dalla scena del mondo prima del tempo.
Già. Dell'eutanasia, in pratica disse il sergente.
Per sposare, dopo un decente periodo di tempo, la donna che eredita centinaia di migliaia di sterline e possiede smeraldi e rubini degni delle corti d'Oriente.
Taverner sospirò.
Comunque, per ora, si tratta solo di congetture. Sono riuscito a spaventarlo, questo sì. Ma è comprensibile che abbia paura, anche se è innocente... Io sono più propenso a credere colpevole la donna... c'è un'unica domanda che sconvolge tutto: perché mai non ha fatto scomparire la bottiglietta, o comunque non l'ha lavata?
Si rivolse a Lamb.
La servitù non vi ha detto niente sui rapporti fra questi due?
La cameriera afferma che c'era del tenero.
Come può affermarlo?
Dice che ha colto uno sguardo amoroso di lui mentre la signora gli versava il caffè.
Un po' scarsa, come prova da portare in tribunale!
Eppure, quando c'è qualcosa del genere la servitù riesce sempre ad accorgersene.
Si rivolse a me.
Tornate indietro, andate da solo a intrattenere la signora. Vorrei che vi faceste un'opinione personale.
Obbedii, un po' tra il riluttante e l'interessato.

9.

Trovai Brenda Leonides seduta nell'identica posizione in cui l'avevamo lasciata. Quando mi vide, si rabbuiò.
E l'ispettore? chiese. Torna anche lui?
Per ora, no.
E voi chi siete?
Qualcuno mi rivolgeva per la prima volta la domanda che mi aspettavo fin dal principio. Risposi quasi la verità.
Ho a che fare con la polizia, ma sono anche un amico di famiglia.
Bella cosa, la famiglia! Li odio tutti.
Mi guardava imbronciata, sgomenta.
Sono sempre stati cattivi con me; sempre. Fin dal principio. Mi chiedo perché non avrei dovuto sposare il loro prezioso padre. Che cosa ho portato via da qui ? Hanno avuto tanti soldi quanti ne volevano. Glieli dava lui, perché da soli non sarebbero stati capaci di guadagnare un soldo!
Fece una pausa, poi riprese: Perché un uomo non dovrebbe riammogliarsi, anche se è anziano? Del resto, lui non era affatto vecchio, per la sua età. Io lo amavo profondamente. Lo amavo, capite?
Mi guardò, sospettosa.
Vi credo dissi. Vi credo.
No. Voi lo mettete in dubbio, come gli altri, invece è la verità. Ero disgustata dal comportamento degli uomini. Desideravo una casa, un uomo che mi amasse, che mi viziasse. Aristides mi ha dato tutto questo. Sapeva incantarmi con i suoi discorsi, e anche tenermi allegra. Lo ammiravo anche. Sempre pronto a escogitare espedienti per sfuggire alle ristrettezze delle leggi. Un uomo in gamba come non ne conoscerò mai altri. State sicuro che non mi sento affatto liberata dalla sua morte, ma ne soffro moltissimo.
Si lasciò andare contro lo schienale del divano. La bocca, grande, aveva gli angoli un po' rivolti in su, in uno strano, pigro sorriso.
Continuò: Cosa c'è stato di male in tutto questo? Ero tenera con lui... l'ho fatto felice.
Si raddrizzò di nuovo.
E sapete dove l'ho conosciuto?
Senza attendere risposta disse: Servivo a tavola al Gay Shamrock. Lui ordinò uova fritte e pane tostato. Mentre gli porgevo il vassoio, s'accorse che piangevo. Sedetevi mi disse. Raccontatemi tutto.
Impossibile risposi mi licenzierebbero. No disse lui questo locale è mio: non sarete licenziata. Lo guardai fisso. Era un uomo dal portamento eretto e sprigionava un fascino speciale. Gli raccontai la mia storia... La cara famiglia ve l'avrà già ripetuta, facendomi apparire una poco di buono. Ma non è vero. Ho ricevuto un'ottima educazione. Mio padre aveva un grande negozio di ricami artistici. E
io non ero di quelle ragazze che vanno in giro con questo, o con quello. Ma Terry... un irlandese... era diverso dagli altri... Partiva per l'America... e poi non si fece più vivo. Me ne andai di casa.
Insomma, ero nei guai.
La sua voce si era fatta acre, poi s'ammorbidì.
Aristides fu magnifico. Mi disse che non dovevo preoccuparmi di nulla, che si sentiva molto solo e che mi avrebbe sposata subito. Mi sembrò un sogno. Solo più tardi seppi che si trattava del grande Leonides, proprietario di un'infinità di ristoranti e locali notturni.
Come nelle fiabe, vero?
Già risposi asciutto.
Ci sposammo in una chiesetta della City, e partimmo subito per un viaggio all'estero.
E il bambino? chiesi un po' meravigliato.
Mi guardò come se mi vedesse da una distanza infinita.
Nessun bambino. Era stato un falso allarme.
Sorrise, col consueto sorriso ambiguo che le increspava gli angoli della bocca.
Mi ripromisi di essere una buona moglie per lui. E ci sono riuscita.
Gli facevo preparare i cibi che gli piacevano, sceglievo per i miei abiti i colori che prediligeva. Studiavo tutto per farlo contento, e lui era felice. L'unico turbamento alla felicità sua e mia è sempre stata questa famiglia. Tutti intorno a noi, sempre, a spillargli quattrini, a vuotargli le tasche. La vecchia signorina de Haviland, per esempio, avrebbe dovuto andarsene dopo il nostro matrimonio. Ma Aristides disse: Ormai questa è casa sua. E lei rimase. La verità è che a lui piaceva tenerseli tutti vicini, sotto il suo dominio. Mi detestavano e lui non sembrava accorgersene, o non dava importanza alla cosa. Roger, poi, mi odia addirittura. L'avete conosciuto? Mi ha sempre odiata. Era geloso. Philip, poi, con le sue arie, non mi rivolge nemmeno la parola. E adesso tentano di accusarmi d'omicidio.
Ma io non l'ho ucciso, non l'ho ucciso! Si protese verso di me.
Credetemi, signore, non l'ho ucciso io.
Mi faceva pena. Il disprezzo di cui la famiglia Leonides la gratificava, l'accanimento che tutti dimostravano nell'accusarla di un delitto così grave, mi sembravano disumani. La povera creatura era sola, indifesa, braccata da tutti.
Disse ancora: Pensano che, se la colpevole non sono io, allora è Lawrence. Questo mi addolora, perché il poveretto ha un carattere debole, non sa difendersi. Non è un vile, ma è troppo sensibile. Io ho fatto di tutto per facilitargli la vita qui dentro. Povero giovane!
L'aver a che fare con quei ragazzi terribili non è facile. Eustace lo canzona sempre, e Josephine... Avrete visto che tipo è, Josephine!
Le dissi che non la conoscevo ancora.
Qualche volta dubito perfino che sia sana di mente. E' così strana...
fa paura.
I discorsi sulla piccola non mi interessavano, per cui tornai a Lawrence Brown.
Da dove viene, il giovanotto? chiesi con tono sgarbato.
Lei arrossì.
Non saprei. Lui non rappresenta nulla di particolare per me. Ma come potremo difenderci, noi, contro tutti gli altri?
Non vi sembra di esagerare le cose?
Non le esagero affatto, caro signore. Loro non hanno altro scopo che quello di provare che io e Lawrence siamo i colpevoli. E hanno tirato dalla loro anche l'ispettore. Non ho nessuna probabilità di cavarmela. Poi, a voce più alta: Perché non potrebbe essere stato uno di loro? O qualcuno estraneo alla famiglia? O uno della servitù?
Non se ne capirebbe il movente.
Già, il movente. E che movente potevo avere io? E Lawrence?
Un po' imbarazzato, dissi: Penseranno, probabilmente, che voi due...
vi amiate... e che desideriate sposarvi.
Lei sbottò, indignata: E' una volgare menzogna, una malvagità.
Lawrence e io non abbiamo mai scambiato una parola su questo argomento. Lui mi faceva pena e ho cercato di rendergli la vita meno dura. Siamo buoni amici, ecco tutto. Voi mi credete, non è vero?
Per la verità, credevo alle sue parole, ma si era formata in me la convinzione che, senza rendersene conto, lei ora amasse il giovanotto.
Rimuginando questa idea, scesi al pianterreno in cerca di Sophia.
Avevo già quasi raggiunto il salotto, quando lei sporse la testa da una porta del corridoio.
Ciao disse. Sto aiutando Nannie per il pranzo.
Avrei voluto entrare, ma lei uscì e mi fece accomodare nel salotto.
E allora, hai parlato con Brenda? Che ne pensi?
Francamente risposi mi fa pena.
Bene. Ti ha conquistato disse lei divertita.
Lievemente urtato, dissi: Si tratta semplicemente del fatto che io riesco a mettermi nei suoi panni, tu no.
E quali sarebbero questi suoi panni?
Onestamente, Sophia, devi ammettere che tutti voi della famiglia siete stati poco comprensivi e poco gentili con lei fin dal giorno in cui ha messo piede qua dentro.
E' vero, non siamo stati gentili. Ma perché avremmo dovuto esserlo?
Se non altro, per carità cristiana.
Stai cercando di farmi un sermone? Dev'essere stata molto abile, Brenda, con te.
Che cosa ti prende, Sophia? Mi meravigli.
Cerco di essere sincera. Tu sai guardare le cose dal punto di vista di lei. Bene, ora ti dirò il mio. Non mi piace per niente una donna che inventa storie melodrammatiche per farsi sposare da un vecchio straricco. E se la bella storia, invece d'ascoltarla da lei, condita con le sue moine da gatta, tu l'avessi letta in un libro, avresti giudicato malissimo una donna capace di agire in quel modo.
Secondo te, era tutta una finzione?
Per quanto riguarda il bambino che doveva nascere? Non so, ma credo proprio di sì.
E ti rode il pensiero che il nonno ci sia cascato?
Il nonno non ci cascò affatto rise Sophia. Nessuno riusciva a raggirarlo. Voleva Brenda, e si prestò al gioco. Ecco tutto. Per lui, quel matrimonio fu una brillante operazione riuscita, come tante altre.
E quella di assumere Lawrence Brown è una seconda brillante operazione del nonno? chiesi in tono ironico.
Può darsi disse Sophia seccata. Lui desiderava che Brenda fosse felice. Forse pensò che abiti e gioielli non fossero sufficienti allo scopo e reclutò un individuo innocuo come quello, per creare alla sua donna una romantica amicizia venata di malinconia, capace di parare pericoli maggiori. Il nonno era furbo come il diavolo...
Questo l'avevo capito.
Non poteva certo prevedere che la cosa finisse con un assassinio.
D'altra parte, proprio questo mi lascia così dubbiosa. Sono certa che se quei due avessero macchinato qualcosa di grave, il nonno l'avrebbe intuito Non è possibile che, dopo tante vittorie, abbia potuto collaborare alla propria morte. Per questo ci troviamo di fronte a un mistero.
Brenda ha molta paura dissi.
Sì. Lawrence, poi, si sarà fatto prendere dalle convulsioni.
Infatti. Ha dato uno spettacolo disgustoso. Non riesco a capire che cosa possa trovare d'interessante una donna in un uomo simile.
Per la verità, Lawrence è un giovane molto interessante.
Mingherlino com'è ?
Voi uomini pensate che sia necessario essere dei Tarzan per far presa sull'altro sesso. Lawrence ha un suo fascino, ma capisco che tu possa non rendertene conto.
Mi guardò fisso e proseguì: Ti ha preso all'amo, la cara Brenda.
Non dire assurdità. Non è nemmeno bella...
Ma è riuscita a commuoverti. Infatti, non è bella né interessante, ma possiede un'abilità formidabile: quella di mettere le persone l'una contro l'altra. Come vedi, anche con noi due c'è riuscita benissimo.
Sophia! gridai sbigottito.
Lei si diresse verso la porta.
Dimentica quello che ho detto, Charles. Vado a occuparmi del pranzo.
Vengo con te.
Rimani qui. Nannie si sentirebbe a disagio con un estraneo in cucina.
Sophia dissi accorato.
Che c'è?
Volevo togliermi una curiosità. Come mai non si vedono in giro persone di servizio, in questa casa?
Il nonno teneva cuoca, cameriera, una cameriera personale per Brenda e maggiordomo: gli piaceva avere molta servitù, pagarla bene e conservarsela fedele. Clemency e Roger hanno solo una donna che viene a ore, per le pulizie. Clemency non vuole nessuno in casa e, se il povero Roger non mangiasse alla City, morirebbe di fame. Noi continuiamo ad assumere persone di servizio, che se ne vanno alla prima scenata della mamma. Poi tentiamo di nuovo, la cosa si ripete, e così via... Non rimane che Nannie, irremovibile e vittoriosa. Ecco, adesso sai tutto.
Uscì.
Mi lasciai cadere in una poltrona per riflettere.
Poco prima, di sopra, avevo sentito gli sfoghi di Brenda e adesso il pensiero di Sophia, che corrispondeva a quello del resto della famiglia. Consideravano un'estranea quella creatura che si era introdotta nel loro regno con mezzi, secondo loro, subdoli, e forse avevano il diritto di pensarla così.
Da un punto di vista umano, però, sbagliavano. Loro erano sempre stati ricchi e ben nutriti e non riuscivano nemmeno a concepire le tentazioni che attanagliano i poveri. Brenda aveva desiderato il benessere, il lusso, la sicurezza, in cambio della felicità che avrebbe dato a un marito vecchio. Mi era piaciuta. Ma, adesso, mi piaceva ancora?
Due visuali opposte. Qual era quella giusta?
La notte precedente avevo dormito poco, e la mattina mi ero alzato presto per seguire Taverner. Ora, nella calda atmosfera satura di profumi del salotto di Magda, il mio corpo si rilassò, e mi abbandonai al morbido abbraccio della poltrona accogliente.
Passando da Brenda a Sophia, al ritratto di uno strano vecchio, i miei pensieri scivolarono nel nulla. Mi addormentai...

10.

Il ritorno alla coscienza fu così lento che dapprima non riuscii a rendermi conto che avevo dormito. Vedevo fluttuare nello spazio, di fronte a me, un'entità bianca, tondeggiante, e mi ci volle qualche frazione di secondo per accorgermi che si trattava di un volto umano, rotondo, con la fronte sporgente e due occhietti neri, piccoli come capocchie di spillo. Infine, il volto si mise a fuoco congiunto a un piccolo corpo scarno.
Salve! mi disse.
Salve! risposi strizzando gli occhi.
Sono Josephine si presentò l'entità.
L'avevo immaginato. La sorella di Sophia dimostrava circa dodici anni.
Era tremendamente brutta, e somigliava moltissimo al nonno. Chissà mi chiesi se ne avrà anche la mente.
Sei il fidanzato di Sophia?
Lo ammisi con un cenno del capo.
Però sei venuto con l'ispettore Taverner. Perché?
E' un mio amico.
Non mi piace. Non gli dirò niente di quello che so. E io so molte cose.
Seduta sul bracciolo della poltrona, continuava a guardarmi.
Cominciavo a sentirmi a disagio.
Il nonno è stato assassinato, vero? mi chiese infine.
Sì.
L'hanno avvelenato con l'e-se-ri-na. Aveva pronunciato la parola sillabando. Aggiunse: E' molto interessante, vero?
Suppongo di sì.
Eustace e io ci interessiamo molto alla faccenda. Ci piacciono le avventure poliziesche. Io ho sempre desiderato di far l'investigatore, e adesso lo sono, perché sto raccogliendo indizi.
Sembrava piuttosto sveglia, la piccola!
L'uomo venuto con l'ispettore è un poliziotto anche lui, non è vero?
Nei romanzi c'è scritto che i poliziotti in borghese si riconoscono dagli scarponi, ma questo indossa scarpe scamosciate.
L'antico ordine cambia citai.
Josephine interpretò a modo suo la frase. Ci saranno grossi cambiamenti, qua dentro, credo proseguì. Intanto andremo a vivere a Londra. La mamma lo desidera da molto tempo e adesso non ci sarà più bisogno che papà si preoccupi che i suoi libri si vendano. Prima non poteva permettersi di farlo dopo tutti i quattrini che ha perduto con Jezebel.
Jezebel? chiesi.
Sì. Non l'hai visto?
Ah, già, un lavoro teatrale. Non l'ho visto. Ero all'estero quando l'hanno rappresentato.
Durò poco. Fu un fiasco solenne. Non è una parte adatta alla mamma, quella, non ti sembra?
Ripensai all'impressione che mi aveva fatto Magda. Nulla nel suo abbigliamento mi avrebbe mai fatto pensare a lei come a una Jezebel, ma ero disposto a credere che c'erano altre Magda, che non avevo ancora conosciuto, per cui ammisi prudentemente: Sono d'accordo.
Il nonno diceva che sarebbe stato un fiasco e che non avrebbe tirato fuori un soldo per un dramma storico-religioso che non poteva far cassetta, al giorno d'oggi. Ma la mamma ne era entusiasta. A me, per la verità, non piaceva molto. Il personaggio di Jezebel non è malvagio come nella Bibbia. Hanno voluto farne una creatura più buona, e questo è stato l'errore. Il finale, quello sì era buono: la buttavano giù dalla finestra. Ma non arrivavano i cani a sbranarla. Un peccato, non è vero? Mi piaceva l'idea dei cani che la mangiavano. La mamma dice che non si potevano portare quelle bestie in palcoscenico ma io non le credo. Potevano procurarsi dei cani attori, come fanno nei film.
Citò, enfatica: E la divorarono tutta, eccetto le palme delle mani.
Perché non le divorarono le palme delle mani?
Non ne ho la minima idea.
Non credo che i cani abbiano gusti particolari. I nostri, almeno, mangiano tutto.
Rimase per un poco assorta nelle sue rievocazioni bibliche.
Peccato che sia stato un fiasco dissi per distrarla.
Critiche terribili, sai? La mamma pianse per un giorno intero.
Scaraventò in faccia a Gladys il vassoio della colazione. Fu una cosa buffissima.
Mi sembra che ti piacciano i drammi, Josephine osservai.
Restò un attimo in silenzio, pensierosa.
Al nonno hanno fatto l'autopsia post mortem per scoprire di cosa è morto. Lo chiamano P.M. ma a me sembra poco chiaro, non si spiegano bene con quelle iniziali, perché vogliono dire anche Primo Ministro...
Sei addolorata per la morte del nonno? chiesi.
Non molto, perché mi aveva proibito di continuare le lezioni di danza.
Volevi diventare ballerina?
Sì. La mamma era contenta, papà non se ne occupava. Fu il nonno a non volere.
Si lasciò scivolar giù dal bracciolo della poltrona e si tolse le scarpe per darmi subito un'esibizione di danza sulle punte.
Ci vorrebbero le scarpe adatte spiegò. Si rimise le scarpe, chiedendomi in tono volubile: Ti piace questa casa?
Non saprei dire.
Credo che adesso la venderanno. A meno che Brenda non voglia continuare ad abitarla. Credo anche che zio Roger e zia Clemency rinunceranno al loro viaggio.
Dovevano partire?
Sì, martedì. Dovevano andare all'estero, in aereo. Zia Clemency si era comperata una valigetta, di quelle leggerissime. Penso che adesso non partiranno più.
Non mi risulta che dovessero recarsi all'estero.
Infatti, non lo sapeva nessuno. Era un segreto. Avevano deciso di lasciare un biglietto al nonno, andandosene. Poi aggiunse: Non l'avrebbero certo fissato al puntaspilli, come facevano le mogli nei vecchi romanzi quando abbandonavano il marito. Oggi, quell'oggetto non si usa più.
Certo approvai. E dimmi, Josephine, perché mai lo zio Roger voleva fuggire?
Mi lanciò uno sguardo astuto.
Qualcosa non andava nel suo ufficio di Londra. Non sono del tutto sicura se si trattasse di appropriazione indebita o di qualcosa del genere...
Che cosa ti fa pensare a una cosa simile?
Mi si accostò, alitandomi contro il viso.
Il giorno in cui il nonno è stato avvelenato, zio Roger è rimasto chiuso in camera con lui a lungo. Hanno parlato, parlato tanto. Zio Roger piangeva. Diceva che era un cattivo figlio, che aveva deluso suo padre e che non gli dispiaceva tanto per il denaro, quanto perché ormai non meritava più la stima di nessuno. Era ridotto in uno stato pietoso.
Josephine dissi nessuno ti ha mai insegnato che non sta bene origliare alle porte?
Certo che me l'hanno insegnato, ma se si vuol scoprire qualcosa bisogna farlo. Ci scommetto che lo fa anche l'ispettore. Non è vero?
Sconcertato, non risposi.
E se non è lui a farlo, sarà certamente quel poliziotto con le scarpe scamosciate. Altro che origliare! Aprono addirittura i cassetti della gente e rovistano dappertutto. Solo che sono degli stupidi perché non sanno dove guardare.
Josephine aveva parlato con un tono di distaccata superiorità. Fui abbastanza sciocco da non accorgermi dell'allusione finale.
La strana, indisponente bambina, continuò: Eustace e io, invece, sappiamo molte cose. Più io di Eustace. E non gliele dirò, perché lui sostiene che le donne non potranno diventare mai grandi investigatrici. Voglio fargliela vedere! Sto annotando tutto in un libriccino e, quando la polizia dichiarerà fallimento, mi farò avanti io a dire: Io so chi è stato.
Leggi molti romanzi polizieschi, Josephine?
Moltissimi.
E così, tu sei convinta di sapere chi ha ucciso il nonno, vero?
Credo di sì, ma mi manca ancora qualche elemento. L'ispettore Taverner sospetta Brenda, vero? Oppure, Brenda e Lawrence insieme perché sono amanti.
Non ti vergogni a dire queste cose, Josephine?
Perché dovrei vergognarmi? Sono amanti.
Tu non puoi saperlo.
Sì che lo so. Si scrivono lettere d'amore.
Lo supponi?
No, le ho lette. Sciocche lettere sdilinquite. Lui, del resto, è il tipo adatto per quella roba. Sai che ha avuto paura ad andare in guerra? E qui, durante i bombardamenti, diventava verde dallo spavento. Eustace e io morivamo dal ridere.
Non feci in tempo a ribattere perché, sentendo il rumore di un'automobile in arrivo, Josephine fece un balzo alla finestra.
Chi è? chiesi.
Il signor Gaitskill, il notaio del nonno. Verrà per il testamento.
Già eccitata, si precipitò fuori della camera, probabilmente per proseguire nelle sue investigazioni.
Subito entrò nella stanza Magda Leonides. Con stupore mi si accostò decisa e mi strinse le mani fra le sue.
Ringrazio il cielo che siate ancora qui. Abbiamo tanto bisogno di un uomo, in questo frangente.
Mi lasciò le mani, s'accostò a una poltrona dallo schienale alto, sedette, studiando l'effetto nello specchio di fronte; quindi, presa una scatoletta smaltata dal tavolino, si mise a giocherellare aprendola e chiudendola meccanicamente.
In quel momento, Sophia fece capolino dalla porta socchiusa, dicendo: C'è Gaitskill.
Lo so rispose la madre.
Poco dopo, Sophia rientrò accompagnata da un ometto anziano. Magda depose la scatoletta e gli andò incontro.
Buon giorno, signora Leonides disse il legale. Sono qui per la faccenda del testamento. Vostro marito mi ha scritto, convinto che si trovasse in mano mia, invece io so dal defunto signor Leonides stesso che era stato depositato nella cassetta di sicurezza. Voi non ne sapete nulla, immagino.
Magda spalancò gli occhi, attonita.
Non ne so assolutamente nulla. Non ditemi che quella malvagia donna lo ha distrutto!
Signora! l'ammonì il notaio. Non cominciamo con le supposizioni gratuite. Adesso si tratta solo di sapere dove vostro suocero tenesse realmente il documento.
Ma l'ha spedito a voi, ne sono sicura, dopo averlo firmato. Ce l'aveva detto lui stesso.
La polizia avrà certo già controllato le carte del defunto. Vorrei scambiare due parole con l'ispettore Taverner.
Uscì dalla stanza, frettoloso.
Magda si rivolse a Sophia: L'ha distrutto quella donna, te lo dico io!
Non dire sciocchezze, mamma. Non avrebbe mai compiuto un gesto così stupido.
Lo chiami stupido? Se non si trova il testamento, erediterà tutto quanto lei.
Ssst! disse Sophia. Ecco che torna il notaio.
Questi rientrò seguito da Taverner e Philip.
Il signor Leonides mi aveva detto ripeté il notaio che il testamento era custodito in banca.
Taverner scosse la testa.
Ho ricevuto informazioni precise dalla banca. Non c'è alcun documento appartenente a Leonides, salvo qualche polizza d'assicurazione.
Philip s'intromise.
Proviamo a chiedere a Roger o a zia Edith. Sophia può andarli a chiamare.
Ma Roger, sopraggiunto, non seppe dare alcuno schiarimento.
Si limitava a ripetere: E' assurdo, assurdo. Papà, dopo aver firmato il testamento, disse chiaramente che l'avrebbe spedito il giorno dopo all'indirizzo del signor Gaitskill.
Se la memoria non mi tradisce disse il notaio socchiudendo gli occhi io preparai un abbozzo di testamento, secondo istruzioni impartitemi dal signor Leonides, il ventiquattro novembre dell'anno scorso. Lui l'approvò, e io gli rimandai subito il documento redatto in piena regola per la firma. Passò una settimana. Siccome non l'avevo ancora ricevuto di ritorno, mi permisi di rinfrescare la memoria al signor Leonides, domandandogli se voleva mutare qualcosa. Mi rispose che era perfettamente soddisfatto, e aggiunse che aveva deciso di depositare il testamento in banca.
Adesso che ci penso disse Roger proprio verso la fine di novembre dell'anno scorso papà ci riunì tutti per leggercelo.
Taverner si rivolse a Philip.
Ricordate anche voi la stessa cosa?
Sì.
Magda sospirò.
Ho sempre avuto la sensazione che i testamenti portino con sé un clima di dramma
E voi, signorina Sophia, ve lo ricordate? chiese l'ispettore.
Sì, perfettamente.
Quali erano le disposizioni testamentarie? domandò ancora l'ispettore Taverner.
Il notaio stava per rispondere, quando Roger prese la parola.
Era un testamento molto semplice. Dopo la morte di Electra e Joyce la loro quota era tornata a nostro padre; il figlio di Joyce, William, era morto in guerra. Gli unici eredi naturali rimasti erano Philip, io e i ragazzi. Nostro padre scrisse quindi che lasciava cinquantamila sterline a zia Edith e centomila a Brenda. A quest'ultima lasciava anche la casa che abitiamo, che avrebbe potuto permutare con una a Londra, se l'avesse preferito. Il rimanente era diviso in tre parti eguali: una destinata a me, la seconda a Philip, l'altra da ripartirsi tra Sophia, Eustace e Josephine. La parte spettante agli ultimi due sarebbe rimasta bloccata fino alla loro maggiore età. Era così, vero, signor Gaitskill?
Se ricordo bene, era proprio così rispose questi, mostrando un certo disappunto per essere stato preceduto nella risposta.
Papà ce lo lesse continuò Roger e ci chiese se avevamo qualche osservazione da fare. Naturalmente, nessuno trovò nulla da ridire.
Brenda fece un commento disse la signorina de Haviland, entrata da poco nel salotto.
Sì confermò Magda. Disse che non poteva sopportare che il suo caro vecchio Aristides parlasse della propria morte, che quell'argomento le dava i brividi. Aggiunse che, quando lui non ci fosse stato più, non avrebbe voluto saperne del sudicio denaro.
Naturale disse la signorina de Haviland. La protesta convenzionale, tipica della donna della sua classe.
L'osservazione era crudele e denotava quanto Edith odiasse Brenda.
Mi sembravano disposizioni eque e generose disse il notaio.
Dopo la lettura, che cosa avvenne? chiese Taverner.
Dopo la lettura riprese Roger mio padre lo firmò.
Vorrei sapere insistette l'ispettore in quale momento e in che modo, con esattezza, lo firmò.
Roger cercò sua moglie con sguardo implorante. Lei gli venne subito in aiuto, con grande sollievo di tutti quanti.
Le cose si svolsero così disse Clemency. Mio suocero depose il testamento sulla scrivania e pregò uno di noi, Roger mi sembra, di suonare il campanello. Comparve Johnson, il maggiordomo, che venne subito inviato a chiamare la cameriera Janet Woolmer. Quando i due furono tornati, lui firmò e fece apporre anche le loro firme sotto la sua.
Procedura corretta disse Gaitskill. Il testamento deve essere firmato dall'interessato alla presenza di due testimoni che devono apporre la loro firma subito dopo.
Poi? chiese ancora Taverner.
Poi mio suocero li ringraziò e i due uscirono. Lui prese il testamento, lo chiuse in una busta lunga, dicendo che l'avrebbe inviato il giorno dopo al notaio Gaitskill.
Siete tutti d'accordo su questa versione di quanto avvenne? chiese Taverner guardandosi in giro.
Si udì un mormorio generale di assenso.
Avete detto che il testamento venne deposto sulla scrivania. A quale distanza si trovava da essa ciascuno di voi?
Ne eravamo tutti piuttosto distanti. Il più vicino sarà stato a circa cinque metri.
Il signor Leonides lo lesse stando seduto alla scrivania?
Sì.
E prima di firmare si alzò e abbandonò per un momento la scrivania?
No.
I due domestici hanno avuto modo, secondo voi, di leggere il documento mentre firmavano?
No rispose ancora Clemency. Mio suocero aveva coperto con un foglio di carta il testo.
E' naturale intervenne Philip. Il contenuto di un testamento non riguarda la servitù.
Capisco disse Taverner. O meglio, non ci capisco nulla. Con un brusco movimento si tolse di tasca una lunga busta e la porse al notaio. Date un'occhiata e ditemi di che cosa si tratta.
Gaitskill tolse dalla busta un documento ripiegato. Lo esaminò con evidente stupore, girandolo e rigirandolo tra le mani.
Sorprendente! esclamò. Nemmeno io ci capisco più nulla! Ma dove diamine l'avete trovato?
In cassaforte, tra le carte di Leonides.
Di che si tratta? chiese Roger impaziente.
E' il testamento che avevo preparato io. Ma, dopo quello che avete detto poco fa, non riesco a capire perché non sia regolarmente firmato.
Cosa dite? ribatté Roger. Si tratterà dell'abbozzo, allora.
No, perché l'abbozzo mi venne restituito dal signor Leonides. Questo è il testo definitivo. Batté con la mano sul foglio. Glielo rimandai per la firma. A sentir voi l'avrebbe firmato con quella specie di cerimonia ufficiale, e due testimoni avrebbero firmato a loro volta.
Invece, eccolo qui, il testamento, senza alcuna firma.
Impossibile! esclamò Philip con un'animazione del tutto nuova in lui.
Aveva la vista buona, vostro padre? chiese Taverner.
Soffriva di glaucoma. Per leggere usava lenti molto forti.
Portava gli occhiali, quella sera?
Certo. Non se li tolse finché non ebbe firmato. Se non ricordo male, però.
Non sbagli confermò Clemency.
Siete ben certi che nessuno si sia avvicinato alla scrivania prima che lui firmasse?
Come si fa a ricordarlo? intervenne Magda.
Non si avvicinò nessuno sostenne Sophia e il nonno non si mosse mai da lì.
La scrivania si trovava nella posizione attuale? Non era vicino a una porta, a una finestra, a un tendaggio?
Era dove si trova adesso.
Sto cercando di dedurre in che modo può essere avvenuta una sostituzione. Perché deve necessariamente essere avvenuta. Il signor Leonides ha creduto di firmare il documento da lui letto ad alta voce, invece ha firmato qualcos'altro.
Non potrebbero essere state cancellate le firme? chiese Roger.
Si vedrebbe qualche traccia. C'è, invece, un'altra possibilità: che questo non sia il documento inviato dal notaio e firmato in presenza di tutti voi dal signor Leonides.
Gaitskill scattò nervoso.
Posso giurare che questo è il documento originale. Nell'angolo sinistro, in alto, c'è un'increspatura nella carta che, con un po' di fantasia, può ricordare un aeroplano. Me ne ricordo benissimo.
I componenti la famiglia si guardarono in viso, pallidi.
Un complesso di circostanze assai strano proseguì il notaio. Senza precedenti nella mia carriera.
Una storia assurda disse Roger. Eravamo tutti presenti. Non può esserci stata alcuna sostituzione.
Intervenne, aspra, la signorina de Haviland.
Le recriminazioni sono inutili. Vorrei sapere invece qual è, adesso, la nostra posizione.
Immediatamente, Gaitskill riprese la sua parte di legale prudente.
Questo documento revoca qualsiasi testamento precedente. E c'è un gran numero di testimoni che hanno visto firmare Leonides convinto che si trattasse di questo foglio, e convinti anche loro. E' un problema legale interessantissimo, che andrà studiato a fondo.
Taverner guardò l'orologio.
Vi ho fatto far tardi per il pranzo.
Volete favorire con noi, ispettore? lo invitò Philip.
Grazie, ma ho appuntamento con il dottor Gray, a Swinly Dean.
Philip si rivolse al notaio.
Volete rimanere voi?
Grazie. Accetto volentieri.
Tutti si alzarono.
Devo andarmene o restare? chiesi a Sophia sottovoce.
Vai. E' meglio.
Sgusciai silenziosamente fuori della stanza, affrettandomi a raggiungere Taverner.
Vedemmo Josephine che si nascondeva dietro una tenda.
La polizia è davvero stupida sghignazzò subito la piccola.
Sophia uscì dal salotto e disse con voce severa: Cosa stavi facendo?
Aiutavo Nannie.
Ascoltando dietro le porte, vero?
La piccola fece una smorfia e si ritrasse.
Quella bambina è davvero un bel problema! sospirò Sophia.

11.

A Scotland Yard, trovai Taverner che stava finendo la relazione del suo fiasco totale.
Eccoci qua! stava dicendo. Li ho interrogati tutti, uno a uno. E
che cosa ho scoperto? Un bel niente. La grande prova è che la moglie e il giovanotto si facevano gli occhi dolci, quando lei gli versava il caffè.
Coraggio, coraggio, Taverner intervenni. Credo di avere qualche notizia utile per voi.
Davvero? Bene, dite pure.
Sedetti e accesi una sigaretta.
Roger Leonides e sua moglie avevano progettato un viaggio all'estero per il prossimo martedì. Roger e il padre avevano avuto un colloquio burrascoso il giorno stesso della morte del vecchio. Questi aveva scoperto qualcosa di poco pulito negli affari del figlio, che aveva ammesso la propria colpevolezza.
Taverner arrossì.
Come diamine avete scoperto tutta questa roba? Lo avete saputo dalla servitù?
Da un investigatore privato.
Cosa?
Secondo la regola, devo riconoscere che il mio investigatore privato ha battuto la polizia. E credo che abbia altro materiale prezioso in serbo.
Taverner aprì la bocca e la richiuse. Le domande gli si accavallavano nel cervello in modo così vorticoso da non sapere da che parte cominciare.
Sicché quel Roger sarebbe un poco di buono! esclamò infine.
Rimasi male per Roger Leonides, che mi era piaciuto col suo fascino di uomo franco, socievole. Mi dicevo che, dopo tutto, le informazioni della piccola Josephine potevano anche essere inattendibili... Rivelai quindi la fonte delle mie informazioni.
Spesso i ragazzi sono al corrente di tutto, meglio degli adulti commentò mio padre amaramente.
Se corrispondevano a verità, le nuove notizie mandavano all'aria tutto. Se Roger aveva davvero prelevato illegalmente dei fondi dalla Cooperativa Ristoranti, niente di meglio che togliere di mezzo il vecchio che l'aveva scoperto e filare all'estero prima che la verità venisse a galla. Convenimmo che bisognava subito svolgere indagini alla Cooperativa.
Ci sarà uno scandalo, se la notizia trapela disse mio padre. E' una cosa enorme. Si tratta di milioni.
In tal caso avremmo trovato la soluzione disse Taverner. Il vecchio, scoperta la faccenda, mandò a chiamare il figlio. Questi, preso alla sprovvista, confessò. Poi, passando dal bagno mentre usciva, poté fare lo scambio delle boccette. Potrebbe anche essere stata sua moglie, che ebbe occasione d'entrare nell'appartamento del suocero per prendere la pipa di Roger. Quella donna, fredda e lucida com'è, potrebbe aver compiuto l'operazione con estrema rapidità. Nel frattempo Brenda era al cinema. Al suo ritorno, avrebbe fatto la solita iniezione, ignara di tutto.
Annuii. Vedo lei più del marito: avrebbe abbastanza sangue freddo per fare una cosa simile. Inoltre non credo che Roger penserebbe al veleno, come mezzo: quel trucchetto dell'insulina si addice di più a una donna. Tanto più che l'uso del veleno è un mezzo tipicamente femminile.
Quanto a questo, il veleno è usato anche da molti uomini osservò mio padre, pensieroso.
Certo ammise Taverner. Ma Roger non mi sembra il tipo. Ma...
diciamo che sono coinvolti entrambi.
Dopo quest'ultima affermazione, se ne andò.
Propenderei per Lady Macbeth disse mio padre, dopo che Taverner fu uscito. Cosa ne pensi, Charles?
Rividi la sottile, aggraziata figuretta di Clemency, ritta accanto alla finestra, nella sua camera austera.
Non sono d'accordo. Lady Macbeth era essenzialmente una donna avida.
Non mi sembra che Clemency Leonides sia capace di agire spinta da avidità di possesso.
Potrebbe essersi preoccupata disperatamente della salvezza del marito.
Questo sì. E sarebbe capace di agire... spietatamente.
Forme diverse di crudeltà aveva detto Sophia.
Alzai gli occhi e vidi che mio padre mi stava osservando.
A che cosa stai pensando, Charles? mi chiese, ma non glielo dissi.

L'indomani, mio padre mi fece chiamare. Lo trovai con l'ispettore Taverner, soddisfatto ed eccitato.
La Cooperativa Ristoranti è prossima al fallimento mi comunicò.
Si attende il crollo da un momento all'altro confermò l'ispettore.
Avevo notato un brusco calo nelle azioni, ieri. Ma sembrava che stamani avessero ripreso quota.
Dobbiamo agire con prudenza riprese Taverner. Nessuna inchiesta diretta, nulla che possa allarmare il nostro uomo. Ma da notizie di fonte riservata abbiamo saputo per certo che la Cooperativa è sull'orlo del fallimento, non essendo in grado di far fronte ai debiti. Sembra che sia da anni che viene amministrata in modo pessimo. Vi risulta che il responsabile di questa situazione sia proprio Roger? Aveva pieni poteri, là dentro. E avrebbe prelevato denaro per sé? Non credo rispose Taverner. Io potrei vedere, in lui, più l'assassino che il ladro. E' un incapace, questo sì. Si arrischiava in affari pericolosi con scarsa probabilità di riuscita per ritirarsi, poi, davanti a quelli chiari e sicuri. Spesso, per simpatia, accordava pieni poteri a persone immeritevoli. Insomma, pare che sbagliasse sempre. Ci sono molti uomini di questa specie disse mio padre. Non stupidi, ma inadatti agli affari. Non doveva mettercisi protestò Taverner. Probabilmente non ha scelto lui quella strada. E' stata la sorte che l'ha fatto nascere figlio di Aristides Leonides. L'azienda era fiorentissima quando il vecchio gliela cedette riprese Taverner. Poteva rappresentare una miniera d'oro. Lui avrebbe potuto semplicemente starsene nel suo ufficio, e le cose avrebbero camminato da sole. Mio padre scosse la testa. Comunque vadano le cose, c'è sempre qualche decisione da prendere: un dipendente da assumere, un altro da licenziare. E ogni volta Roger ha sbagliato, e spesso le conseguenze sono risultate dannose in modo incalcolabile. E' vero disse Taverner. Sotto un certo punto di vista è un tipo leale. Teneva persone inutili solo perché gli era affezionato o perché erano lì da molto; inoltre aveva spesso idee assurde che voleva a tutti i costi realizzare nonostante l'enorme spesa. Allora, nulla di disonesto in lui? insistette mio padre. Probabilmente nulla. E come si spiega il delitto? chiesi io. La situazione era questa: la Cooperativa Ristoranti si sarebbe potuta salvare solo investendoci una somma colossale entro il prossimo mercoledì rispose Taverner. E Roger avrebbe cercato di ereditare la somma dal padre?Appunto. Comunque non avrebbe potuto disporne per mercoledì. Certamente no, ma, una volta morto il vecchio, lui avrebbe trovato credito immediato, il che era la stessa cosa. Non sarebbe stato più semplice chiedere aiuto al padre? Probabilmente l'ha fatto. A questo, certamente, si riferiva la bambina. Il vecchio, visto il primo risultato disastroso, avrà rifiutato. Doveva essere accaduto così. Il vecchio Leonides era generoso con i familiari, ma troppo abile nel commercio per rischiare denaro a fondo perduto. Aveva rifiutato di finanziare la commedia per la moglie di Philip, e certo non avrebbe sborsato la cifra occorrente a risanare la Cooperativa, pensando che la comprovata incapacità del figlio avrebbe fatto sfumare anche quella. A Roger per evitare la rovina, non rimaneva che la morte del padre. Sì, questo era un ottimo motivo. Mio padre guardò l'orologio. L'ho invitato qui. Dovrebbe arrivare fra pochi minuti. La povera mosca che viene a impigliarsi nella ragnatela mormorai. Taverner mi guardò severamente. Lo tratteremo con tutti i riguardi. Poco dopo, Roger Leonides venne introdotto nella stanza. Agitato, preoccupato, si lasciò cadere su una seggiola. Con quel suo aspetto di grosso cucciolo, mi commosse ancora una volta. E' impossibile pensai che sia stato l'esecutore materiale del delitto. Quello, nel fare lo scambio dei liquidi, avrebbe rotto le bottigliette e versato tutto quanto. Intanto Roger si era abbandonato al suo modo incoerente di parlare. Allora, dovete dirmi qualcosa? C'è qualcosa di nuovo? Oh, buongiorno, signor Charles: non vi avevo visto. Molto gentile, da parte vostra, assistermi in questo momento. Ma ditemi, ditemi subito, per favore. Un uomo così simpatico! Ma molti assassini erano persone simpatiche, almeno così affermavano gli amici, stupefatti dell'accaduto. Sentendomi come Giuda, gli rivolsi un sorriso. Con tono freddamente ufficiale mio padre gli fece prestare giuramento secondo la formula di rito. Lui eseguì, agitato. Vi ho invitato qui, signor Leonides disse mio padre non per comunicarvi fatti nuovi, ma per avere qualche informazione da voi...informazioni che avete in precedenza nascosto. Nascosto? Ma vi ho già detto tutto! esclamò Roger sorpreso. Non credo. Il giorno della morte di vostro padre, avete avuto un colloquio con lui, nel pomeriggio. Ve lo avevo già detto: abbiamo preso il tè insieme. Non ci avete riferito, però, l'argomento della conversazione. Parlammo un po' di tutto. Degli avvenimenti del giorno, della casa, di Sophia... E della Cooperativa Ristoranti, no? Mi accorsi di aver sperato fino a quel momento che Josephine avesse inventato tutto quanto, ma le mie illusioni crollarono di colpo. Roger impallidì e assunse un'espressione disperata. Signore Iddio! esclamò, coprendosi il volto con le mani. Taverner sorrideva, soddisfatto come un gatto. Ammetterete, signor Leonides continuò mio padre di non essere stato sincero con noi. Come siete riuscito a sapere questa faccenda? Credevo che nessuno ne fosse a conoscenza. La nostra organizzazione arriva dappertutto, signor Leonides. Vi fu una pausa solenne. Spero che capirete che è molto meglio per voi dire tutta la verità. Certo, dirò tutto. Domandate e vi risponderò. E' vero che la Cooperativa Ristoranti è sull'orlo del fallimento? E' vero. Il crollo è imminente. Se almeno mio padre avesse potuto morire senza saperlo! Provo tanta vergogna, mi sento così colpevole davanti a lui! Si tratta di bancarotta fraudolenta? Roger protestò con aria offesa. Bancarotta semplice, signore, dalla quale uscirò onorevolmente. I creditori saranno pagati al cento per cento. Impiegherò per questo tutti i miei averi. Per me la disgrazia non consiste nel perdere il denaro, ma nell'avere deluso la fiducia di mio padre. Lui non interferiva mai, non chiedeva mai cosa facevo. Lui aveva fiducia in me... e io l'ho tradita. Ci assicurate disse asciutto mio padre che non ci sono i termini per una bancarotta fraudolenta, ma perché allora progettavate con vostra moglie un viaggio all'estero, all'insaputa di tutti? Sapete anche questo? Come può ben vedere... Ma non capite? gridò. Non capite che dirgli la verità sarebbe stato come chiedergli denaro? Lui mi adorava. Avrebbe voluto aiutarmi per forza. E io non volevo. Non sono nato per gli affari, e gli avrei combinato altri guai. Sono un buono a nulla, non ho capacità: non sono l'uomo che mio padre avrebbe desiderato fossi. Mi sentivo così infelice... Dio solo sa quanto! Speravo solo che mio padre non dovesse mai scoprire cosa era successo. E poi fu impossibile evitare il disastro. Certo, era una viltà, la mia, di sfuggire alla vergogna. Ma Clemency mi capì. Insieme progettammo la fuga. Avrei lasciato una lettera a mio padre confessandogli tutto, mettendolo con la mia assenza nell'impossibilità di venirmi in aiuto. Mi sarei costruito, da solo, una vita semplice in una terra lontana. Mi dispiaceva per Clemency, ma lei mi giurò che non le importava della ricchezza, e avrebbe volentieri affrontato l'ignoto con me. E' una donna straordinaria. Benissimo. Ma che cosa vi ha fatto cambiare idea? La voce di mio padre era amara. Come, cambiare idea? Cosa vi ha fatto decidere a chiedere aiuto finanziario a vostro padre? Io non gli ho chiesto nulla affermò sbalordito Roger. Non ricominciate a mentire. Ma vi assicuro che vi sbagliate. Mi fece chiamare lui perché gli erano giunte delle voci dalla City. Mi mise davanti al fatto compiuto e dovetti confessare. Povero vecchio! Non un rimprovero uscì dalla sua bocca! Gli dissi subito del mio progetto d'andarmene, ma non volle sentirne parlare. Disse che voleva salvarmi. E l'avrebbe fatto, rimettendo in sesto la Cooperativa Ristoranti. Taverner intervenne con tono rude. Vorreste farci credere che il vecchio Leonides aveva intenzione d'aiutarvi finanziariamente? E' la verità. Infatti, scrisse subito ai suoi agenti dando loro le istruzioni necessarie. Leggendo l'incredulità sul volto dei due uomini, Roger arrossì. Guardate! Ho ancora la lettera. Naturalmente non l'ho impostata, dopo quel che è successo. Trasse di tasca il portafogli e, dopo aver cercato affannosamente, trovò quello che cercava: una busta sgualcita con relativo francobollo. Curvandomi a guardarla, vidi che era indirizzata ai signori Greatorex e Hanbury. Ecco qua. Leggete, se non volete credermi. Mio padre aprì la lettera, e Taverner gli si mise alle spalle. Io seppi del suo contenuto solo più tardi. Con quella lettera, Leonides dava ordine ai suoi agenti di realizzare certi capitali investiti, e li invitava a recarsi da lui il giorno seguente per ricevere istruzioni. Risultava chiarissima l'intenzione del vecchio di salvare la situazione del figlio riportando la Cooperativa Ristoranti sotto la sua guida. Signor Leonides, dobbiamo trattenere questa lettera, rilasciandovi la relativa ricevuta disse Taverner. Quando la ricevuta fu pronta, Roger la prese e si alzò. Non vi occorre altro? chiese. Ma Taverner non aveva terminato con lui e domandò: Dopo aver ricevuto questa lettera, siete uscito dalla stanza. Che avete fatto, poi? Tornai nel mio appartamento. Mia moglie era appena rientrata. Le dissi subito quanto mio padre fosse stato generoso. Ero talmente commosso da non sapere nemmeno quel che stava succedendo. Dopo quanto tempo vostro padre si sentì male? Direi... una mezz'ora... No... forse un'ora. Brenda corse a chiamarci terrorizzata e io la seguii. Ma questo l'ho già detto in precedenza. Durante il colloquio con vostro padre, non avete avuto occasione di andare in bagno?  Non mi sembra... No, sono sicuro di no. Dio! Ma non penserete... Mio padre tagliò corto. Grazie, signor Leonides. Ci siete stato di grande aiuto. Però, avreste dovuto dirci subito la verità. Appena la porta si richiuse alle sue spalle, mi avvicinai alla scrivania per dare un'occhiata alla lettera. Potrebbe essere un falso disse Taverner. Lo potrebbe, certo, ma non credo affermò mio padre. Il vecchio Leonides era sempre pronto ad aiutare i figli. Comunque, Roger poteva sempre sperare in qualcosa finché il padre viveva; ora che è morto, per lui va tutto a monte. Le questioni d'eredità implicano sempre indugi e ostacoli d'ogni sorta. Per esempio, adesso il testamento non si trova. E, per lui, era questione di ore. No, secondo me Roger e la moglie non avevano alcun interesse a sopprimere il vecchio. Poi, come se un'idea improvvisa l'avesse colpito: Al contrario... A che cosa state pensando, signore? chiese Taverner. Scandendo le sillabe, mio padre disse: Se Aristides Leonides fosse vissuto solo ventiquattro ore di più, Roger sarebbe stato salvo. Ma lui non visse ventiquattro ore di più. Pensate che qualcuno volesse la sua rovina? Qualcuno che aveva interessi opposti? A che punto siamo con la questione testamentaria? Taverner sospirò. Sapete come sono i notai e gli avvocati. Mai che si riesca ad avere una risposta definitiva. Ci sarebbe un testamento precedente, redatto subito dopo il secondo matrimonio. Dispone l'identica cifra per la moglie, qualcosa di meno per la signorina de Haviland mentre il grosso viene ripartito tra Philip e Roger. Parrebbe che, non essendo stato firmato l'ultimo, abbia valore il primo. Ma la faccenda non è semplice, perché un nuovo testamento annulla il precedente e l'intenzione del testatore, questa volta, è stata espressa in modo chiaro di fronte a testimoni. Se la legge optasse per il caso di mancato testamento, la vedova erediterebbe la maggior parte della sostanza o almeno ne godrebbe l'usufrutto a vita. Così, se il testamento non si trova, la persona che ne trae maggior profitto è Brenda Leonides. Se c'è stata manomissione, è probabile che l'autrice sia lei. E qualcosa deve essere accaduto, ma solo il diavolo sa cosa. Anche per me questo lato della faccenda era inesplicabile. Mi dicevo che probabilmente non era perché difettavamo d'intelligenza, ma era il nostro punto di partenza del tutto sbagliato a fuorviarci.

12.

Uscito Taverner, vi fu un breve silenzio, poi chiesi: Papà, come si riconoscono gli assassini?
Mi guardò pensieroso. Ci intendevamo così bene che capì benissimo quello che mi passava per la mente quando avevo fatto quella domanda, e quindi mi rispose molto seriamente.
Mio caro disse tu ora hai un caso d'omicidio molto interessante da studiare, anche per le ragioni sentimentali che ti spingono a interessartene. Non so se sono la persona giusta per risponderti, potrei mandarti da due celebri psichiatri che lavorano per noi. Ma tu volevi, credo, conoscere il risultato della mia esperienza personale in fatto di delinquenti, vero?
E' quello che voglio.
Un sorriso malinconico gli sfiorò le labbra.
Alcuni assassini erano persone normali e oneste fino al momento del delitto. Naturalmente, non mi riferisco ai... professionisti del genere. Dico di persone m apparenza come noi, che vengono trascinate al delitto quasi per caso, perché desideravano disperatamente qualcosa. Denaro, o una donna, e hanno ucciso per ottenerlo. l freni inibitori in quei casi non hanno funzionato. I bambini - tu lo vedi -
trasformano i desideri in azioni, senza possibilità di ripensamenti.
Se un bambino si arrabbia col suo gatto adorato, gli dice subito Ti ammazzo! ed è capace di colpirlo con un martello, magari di ucciderlo. Poi, gli si spezza il cuore quando s'accorge che la bestiola non respira più. Certi bambini per gelosia arriverebbero a eliminare un altro bambino che li soppiantasse nell'affetto di qualcuno. Crescendo, cominceranno a rendersi conto che questo non si può fare perché si viene puniti; più tardi ancora, imparano che non si fa perché è male. Certi individui, nonostante l'età, rimangono moralmente immaturi. Sanno che il delitto non si può compiere perché è punito dalla legge, ma non arrivano mai a sentire che non si deve compiere perché è male. Ho notato, infatti, che molto spesso l'omicida non prova rimorso: è il marchio di Caino, mio caro. Li ho sentiti tante volte dire della vittima: L'ha voluto! oppure: Non c'era altro da fare.
Secondo te, il vecchio Leonides può essere stato ucciso da qualcuno che lo odiava profondamente, da tempo, e che ha trovato in quest'odio il movente per il delitto? domandai.
E' difficile che il solo odio spinga all'assassinio. Mio padre mi guardò in modo strano. Poiché odio, in questo caso, vorrebbe dire antipatia portata all'eccesso. L'odio che nasce dalla gelosia, quello scaturito da uno smisurato amore che viene umiliato è un'altra cosa e può sfociare nel delitto. Penso inoltre che si uccida più spesso chi si ama, e non chi si odia, forse perché solo chi si ama può rendere veramente insopportabile la nostra vita. Ma queste considerazioni non ti aiutano certo. Tu vorresti da me la rivelazione di una specie di marchio segreto che ti permettesse di distinguere il delinquente dalla persona normale.
Proprio così.
Sei ai primi passi e confidi troppo sulla mia esperienza. Non credo che esista un simile comun denominatore.
Fece una pausa, riflettendo.
Se vogliamo proprio trovarne uno riprese penso che sia la vanità.
Non ho mai conosciuto un assassino che non fosse anche disperatamente vanitoso. E in molti casi questo sentimento esasperato perde il colpevole, che non può fare a meno di vantarsi della propria astuzia, oltre che nell'azione commessa, nell'eludere le indagini della polizia. E aggiunse: C'è un'altra cosa, un assassino vuole parlare.
Parlare? Ma è una pazzia.
Certo. Ma succede così, mio caro. Chi ha commesso un delitto, si sente terribilmente solo. Vorrebbe confidarsi con qualcuno ma sa che non può, perché è troppo pericoloso, e questo divieto che deve imporsi acuisce il desiderio. Così, pur non osando parlare del proprio delitto, l'assassino s'intrattiene spesso sul delitto in generale: ne discute, enuncia princìpi. Nella tua indagine attuale, devi tenerne conto, Charles. Passa molte ore in casa Leonides, falli parlare il più possibile. Colpevoli o innocenti, saranno felici di poter parlare con un estraneo, di dire quello che non possono dirsi fra di loro. Là, sono tutti in stato d'agitazione, ed è possibile che qualcuno si lasci sfuggire una parola imprudente. Pensa ai nostri uomini fatti prigionieri in tempo di guerra. Avevano l'ordine di dichiarare soltanto nome e grado, qualora fossero stati catturati. Quelli che hanno arrischiato qualche parola in più, false informazioni o altro, sono finiti male.
Subito gli riferii quello che Sophia mi aveva detto a proposito delle varie crudeltà dei suoi familiari. Mio padre se ne mostrò interessato.
La tua ragazza ha scoperto un atteggiamento psicologico molto importante. Certe famiglie, infatti, hanno in comune un difetto base.
L'ereditarietà ha un gran peso sulla nostra esistenza. Qui, per esempio, abbiamo i de Haviland con la loro crudeltà e Aristides Leonides con la sua mancanza di scrupoli. Nei de Haviland la crudeltà non è pericolosa, perché loro sono pieni di scrupoli; in Aristides Leonides la mancanza di scrupoli non è pericolosa, perché lui non ha crudeltà. Mentre uno dei discendenti potrebbe avere ereditato tutte e due queste caratteristiche.
Non avevo mai pensato che si potesse affrontare quel caso con tanta chiarezza.
Mio padre concluse: Non voglio suggestionarti con le mie teorie: il caso è già abbastanza complesso e difficile. Va' al tuo lavoro. E
ricorda che Sophia ha perfettamente ragione quando afferma che la vostra felicità naufragherebbe se non si facesse luce sul delitto.
Mentre stavo per uscire, mi fermò ancora: Sta' attento alla piccola.
Vuoi dire che non debbo lasciare che si scopra il mio gioco?
No. Bada piuttosto che non le capiti qualcosa.
Lo guardai meravigliato.
Andiamo, Charles, non capisci? Sappiamo che in quella casa c'è un assassino. Una persona spietata, quindi. E pare che la piccola Josephine la sappia un po' troppo lunga.
Hai ragione, papà. Nei riguardi di Roger, per esempio, anche se ha sbagliato nel concludere che fosse colpevole, sapeva molto più di noi.
La testimonianza di un bambino è sempre la più credibile. Ho avuto occasione di provarlo più volte. Non in tribunale, naturalmente. Di fronte all'interrogatorio ufficiale, il bambino si confonde e non se ne cava nulla. Ma in privato, senza scoprire il tuo gioco, fingendo anzi di credere che in sostanza lei non sappia nulla, riuscirai ad apprendere ancora molte cose dalla tua Josephine. Però stai attento alla sua sicurezza, potrebbe sapere qualcosa di troppo che non farebbe piacere a qualcuno.