domenica 20 ottobre 2019


LA SCATOLA NERA 
Amos Oz

Note di copertina

Alec e Ilana non si parlano da sette anni. Il divorzio è stato brutto, le emozioni in gioco crudeli, lui si è trasferito negli Stati Uniti dove è diventato famoso per i suoi studi sul fanatismo religioso, lei è rimasta in Israele, si è sposata con un ortodosso da cui ha avuto una bimba.
Alec e Ilana hanno un figlio, Boaz, disconosciuto dal padre nel corso del divorzio come atto di estrema offesa verso la moglie. Boaz è un adolescente difficile e, dopo svariati scatti di violenza, si fa buttare fuori da scuola.
Così, dopo anni, Ilana scrive ad Alec per chiedergli aiuto. Attraverso le lettere emergono i diversi personaggi che si delineano nettamente, mostrando i differenti volti della società israeliana.

 Ma tu sapevi ch'è immobile notte
e solo l'anima mia ascolta malata
che solo me vuole il tuo pianto rapace
l'unica preda io sono
Un sussulto d'un tratto e vago come smarrito
paura cieca m'affolla che passo
la tua voce mi giunge dai quattro angoli del mondo
come un bambino che tormenta un cieco
Il tuo volto hai coperto e "tregua!" non hai detto
buio è nel tuo pianto, sangue di colomba
nei suoi meandri rannicchiata da remote distanze singhiozzi
fino dove c'è oblio e niente, l'inconoscibile.

"Il pianto", da "Gioia degli occhi" di Natan Alterman

  Dr Alexander A. Gideon
Dipartimento di Scienze Politiche
Università dell'Illinois
Chicago, Illinois, Stati Uniti.
Gerusalemme, 5.2.76.

Caro Alec,
Se non hai distrutto questa lettera appena riconosciuta la mia grafia sulla busta, è segno che la curiosità è più forte dell'odio. O che il tuo odio ha bisogno di nuovo combustibile.
Adesso impallidirai, stringerai le mascelle da lupo come fai sempre, sino a far scomparire le labbra, infine ti accanirai su queste righe per scoprire ciò che voglio da te, che cosa ho l'ardire di chiederti dopo sette anni di assoluto silenzio fra di noi.
Quel che voglio è che tu sappia che Boaz si trova in una brutta situazione. Voglio che lo aiuti il più in fretta possibile. Mio marito e io non possiamo fare nulla, perché Boaz ha troncato ogni rapporto. Come te, del resto.
Adesso puoi anche smettere di leggere e gettare questa lettera nel camino (chissà perché ti immagino sempre dentro una lunga stanza luminosa, piena di libri, seduto da solo a una scrivania nera di fronte a una finestra che dà su monotone e piatte distese di neve, senza un albero, solo neve candida e luccicante.
E un fuoco che brucia dentro il camino alla tua sinistra, un bicchiere vuoto e una bottiglia vuota anch'essa sul tavolo vuoto che hai davanti. L'immagine la colgo in bianco e nero. Anche tu, sai: monacale, ascetico, alto, tutto in bianco e nero).
Ora stai accartocciando questa lettera, borbotti in perfetto stile anglosassone e getti con precisione il cartoccio nel fuoco: che te ne importa, in fondo, di Boaz Senza contare che non credi a una soltanto delle mie parole. Ecco che pianti i tuoi occhi grigi nel fuoco ammiccante e dici fra te e te: mi sta di nuovo giocando un brutto tiro. Quella femmina non s'arrende mai, non lascia in pace.
Dunque perché ti sto scrivendo.
Per disperazione, Alec. E in fatto di disperazione tu sei un esperto internazionale, non è vero? (Sì, certo che ho letto il tuo libro - come tutto il resto del mondo, d'altro canto - "La violenza disperata: studio comparativo sul fanatismo".) Ma ciò che intendo non è il tuo libro, piuttosto la sostanza di cui è foggiata la tua anima: disperazione algida. Disperazione artica.
Stai ancora leggendo? Rinnovando il tuo odio verso di noi? Assaporando a piccoli sorsi la gioia per le sventure degli altri come fosse un whisky di marca? Se le cose stanno così, farei meglio a smetterla di provocarti, è ora di parlare di Boaz.
La verità è che non ho idea di quello che sai e quello che non sai. Non mi meraviglierei che fossi al corrente di tutto fin nei minimi particolari, perché hai chiesto e ottenuto dall'avvocato Zakheim un resoconto mensile sulla nostra vita, e per tutti questi anni ci hai tenuto sotto il tuo controllo radar. D'altra parte, non mi stupirei nemmeno di sentire che non sai nulla di nulla: né che ho sposato un uomo che si chiama Michael Sommo, né che ho avuto una figlia né di quel che è successo a Boaz: ti si confà, il gesto di voltare la schiena con un movimento brutale e respingerci per sempre dalla tua nuova vita.
Dopo che ci cacciasti via, andai a stare con Boaz nel kibbutz di mia sorella e suo marito. (Non avevamo altro posto al mondo, e nemmeno denaro.) Rimasi là sei mesi, poi tornai a Gerusalemme. Ho lavorato in una libreria. Boaz è rimasto in kibbutz cinque anni, finché non ne ha compiuti tredici. Lo andavo a trovare ogni tre settimane. É andata avanti così finché non ho sposato Michel, e da allora il ragazzo mi chiama puttana. Come te, del resto. Non è mai venuto, nemmeno una volta, da noi a Gerusalemme. Quando gli abbiamo detto della nascita di nostra figlia (Madeleine Yifat) mi ha sbattuto il telefono in faccia.
Due anni fa è comparso a casa nostra all'una di notte, era inverno, per comunicarmi che aveva chiuso con il kibbutz pertanto o lo iscrivevo immediatamente alla scuola agricola o se ne andava "a vivere per le strade e di lui non avremmo più sentito parlare".
Mio marito si è svegliato e gli ha detto di togliersi i vestiti bagnati, di mangiare qualcosa, lavarsi e dormire, di modo da parlarne l'indomani mattina. Il ragazzo (già allora, a tredici anni e mezzo, era grande e grosso assai più di Michel) gli ha risposto con il tono di chi pesta un insetto: "Chi sei tu? Chi ti ha chiesto qualcosa?". Michel ha sorriso e gli ha risposto: "Che ne diresti di uscire un attimo di casa, tesoro, calmarti, cambiare la cassetta, bussare di nuovo alla porta e rifare tutto da capo civilmente invece di comportarti come un gorilla?".
Boaz si è girato verso la porta, ma io mi sono messa fra lui e l'uscita. Sapevo che non mi avrebbe sfiorato. La piccola si è svegliata e ha cominciato a piangere, Michel è andato a cambiarle il pannolino e a scaldare il latte in cucina. Io ho detto: "Va bene Boaz. Andrai alla scuola agricola, se è questo che vuoi".
Michel in canottiera e mutande, con la bambina tranquilla in braccio, ha aggiunto: "Solo a condizione che prima tu chieda scusa a tua madre, ripeta bene la richiesta e alla fine dica grazie. Insomma, non sei una bestia, vero?". E Boaz, con quella smorfia di disgusto disperato e di sprezzo che ha ereditato da te, mi ha sussurrato: "E da una feccia del genere tu ti lasci scopare ogni sera?". Poi ha allungato la mano e mi ha sfiorato i capelli, dicendo con un tono affatto diverso, che al solo ricordare mi stringe il cuore: "Ma la vostra bimba è piuttosto carina".
Poi (con l'intercessione del fratello di Michel) abbiamo messo Boaz alla scuola agricola Telamim. É stato due anni fa, all'inizio del 1974, poco dopo la guerra per la quale - così mi hanno detto - sei tornato in Israele a combattere come comandante di un battaglione carristi nel Sinai, per poi scappare di nuovo appena finita. Abbiamo anche rispettato la sua richiesta di non andare a trovarlo. Abbiamo pagato la retta in silenzio. Cioè, Michel l'ha pagata. Non esattamente Michel, ecco.
Nemmeno una cartolina abbiamo ricevuto da Boaz durante quei due anni. Solo degli avvisi dalla direzione: il ragazzo è violento. Si è ficcato nei pasticci e ha rotto la testa del guardiano notturno dell'istituto. Il ragazzo sparisce la notte. Il ragazzo ha un fascicolo a suo nome presso la polizia. Il ragazzo si trova sotto sorveglianza speciale. Il ragazzo sarà costretto a lasciare l'istituto. Questo ragazzo è un mostro.
Del resto, che cosa ricordi tu, Alec? Se l'ultima cosa che hai visto era una creatura di otto anni, chiara, esile e lunga come uno stelo, capace di stare ore e ore in silenzio su uno sgabello, chino sulla tua scrivania, assorto a costruire apposta per te degli aeroplanini di legno di balsa secondo i modellini "fai da te" che gli portavi - un bambino prudente, docile, quasi fifone, benché già allora, a otto anni, fosse capace di soffocare l'umiliazione con una specie di prepotenza taciturna. Nel frattempo, come una bomba genetica a orologeria, Boaz è diventato un sedicenne alto un metro e novantadue che non ha ancora intenzione di fermarsi, un ragazzo scostante e selvaggio, cui l'odio e la solitudine hanno infuso una mirabile forza fisica. Questa mattina, poi, è successa la cosa che da tempo sapevo sarebbe successa, prima o poi: una telefonata urgente. Hanno deciso di espellerlo dall'istituto, perché ha assalito un'insegnante. Non hanno voluto dirmi altro.
Perciò sono andata immediatamente là, ma Boaz si è rifiutato di vedermi. Mi ha solo mandato a dire "che lui non ha niente a che fare con quella puttana". Intendeva forse quell'insegnante? Non lo so. Ho saputo comunque che non si trattava propriamente di un "assalto", bensì di una battuta velenosa a causa della quale è scappato uno schiaffo all'insegnante, e lui gliene ha immediatamente resi due. Ho pregato che rimandassero l'espulsione sino a quando non gli avrò trovato un'altra sistemazione. Devo avergli fatto pena, mi hanno concesso due settimane.
Michel dice che, se voglio, Boaz può stare qui da noi (benché noi due con la bambina si viva in una stanza e mezza, su cui grava ancora un pezzo di mutuo). Ma tu sai meglio di me che Boaz non sarà d'accordo. Il ragazzo nutre disgusto verso di me e anche verso di te. Dunque tu e io abbiamo qualcosa in comune, nonostante tutto. Mi dispiace.
É altrettanto improbabile che lo prendano in un altro istituto, con i suoi precedenti presso la polizia e le ammonizioni del preside. Ti scrivo perché non so che fare. Ti scrivo anche se non leggerai e qualora leggessi non mi risponderai. Tutt'al più darai ordine al tuo avvocato Zakheim di spedirmi una lettera formale in cui si ribadisce che il suo cliente continua a negare la paternità, che l'esame del sangue non ha prodotto un esito inequivocabile e che sono stata io allora a oppormi strenuamente a un esame del tessuti. Scacco matto.
E in effetti il divorzio ti ha esentato da ogni responsabilità nei confronti di Boaz e da ogni impegno nei confronti miei. So tutto a memoria, Alec. Non ho alcuna speranza. Ti scrivo come fossi alla finestra a parlare alle montagne. O dentro il buio che sta fra le stelle. La disperazione è il tuo campo. Se vuoi puoi usarmi come campione.
Hai ancora sete di vendetta? Se è così, ora ti porgo l'altra guancia. La mia e quella di Boaz. Ti prego: picchia più forte che puoi.
Sì, questa lettera te la spedirò benché in questo preciso istante io stia posando la penna e decidendo di rinunciare: dopo tutto non ho niente da perdere. Tutte le strade mi sono negate. Cerca di capire: quand'anche l'ufficiale giudiziario o l'assistente sociale riuscissero a convincere Boaz a sottoporsi a un trattamento, a una riabilitazione, a un sostegno, al trasferimento in un altro istituto (non credo sia possibile, comunque) non avrei comunque i soldi per pagare nulla.
Mentre tu ne hai tanti, Alec.
E nemmeno contatti ho, mentre tu potresti muovere tutto quello che vuoi con tre telefonate. Tu sei intelligente e forte. O lo eri sette anni fa. (Qualcuno mi ha detto che hai subito due operazioni. Nessuno ha saputo dirmi di che genere di operazioni si trattasse.) Spero che tu stia bene, adesso. Di più non posso scrivere qui, non vorrei essere tacciata di ipocrisia. Servilismo. Adulazione. Non lo nego, Alec: sono anche disposta ad adularti quanto vuoi. Disposta a fare qualunque cosa tu mi chieda. E per "tutto" intendo proprio tutto. Purché tu salvi tuo figlio.
Se solo avessi un briciolo di cervello ora cancellerei le parole "tuo figlio" e scriverei al loro posto Boaz, per non mandarti su tutte le furie. Ma come potrei cancellare la verità? Tu sei suo padre Quanto al mio cervello, hai deciso da un pezzo che sono completamente scema.
Allora ti faccio una proposta: sono pronta a riconoscere per iscritto, davanti a un notaio se vuoi, che Boaz è il figlio di chiunque tu voglia. Il mio rispetto per me stessa è defunto da tempo. Dunque, firmerò qualunque pezzo di carta il tuo avvocato mi metterà davanti, se in cambio acconsentirai a dare un primo, rapido soccorso a Boaz.
Diciamo un aiuto umanitario. Diciamo, un atto di pietà verso un ragazzo che è un perfetto estraneo.
E davvero, sai, se mi fermo e smetto di scrivere e lo evoco, mi trincero dietro queste parole: Boaz è un ragazzo estraneo. Ragazzo no. Una persona estranea. Me, mi chiama puttana. Te, cane. Michel, "piccolo magnaccia". Quanto a se stesso (anche nei documenti ufficiali) si firma con il mio cognome da signorina Boaz Brandstetter. E l'istituto dove lo abbiamo messo con immensa fatica, su sua stessa richiesta, lo chiama Isola del Diavolo.
Adesso voglio dirti qualcosa che potrai usare contro di me. I genitori di mio marito ci mandano da Parigi ogni mese un po' di denaro per tenerlo in quell'istituto, benché non abbiano mai visto Boaz e Boaz non sappia nemmeno della loro esistenza. Sono gente niente affatto benestante (esuli dell'Algeria) e hanno, oltre a Michel, altri cinque figli e otto nipoti, in Francia e in Israele.
Alec. Ascolta. Di quel che è stato non farò cenno in questa lettera. Solo una cosa, che sappi non dimenticherò mai, anche se il fatto stesso ch'io ne sia a conoscenza desterà il tuo stupore. Due mesi prima del nostro divorzio, Boaz fu ricoverato al reparto di nefrologia dello Shaare Zedek per un'infezione ai reni. Ci furono complicazioni. Senza dirmi nulla tu andasti dal professor Blumenthal a chiedergli se un adulto poteva, in caso di bisogno, donare un rene a un bimbo di otto anni. Dunque avevi in mente di donargli un tuo rene. Avvertendo il professore che ponevi una condizione. Che io (e il bambino) non lo sapessimo mai. E in effetti non ne seppi nulla finché non feci amicizia con il dottor Adorno, l'assistente di Blumenthal quel giovane medico che stavi per portare in tribunale per colpevole negligenza nei confronti di Boaz e della sua malattia.
Se stai ancora leggendo, e certo in questo momento ancora più pallido di prima, mentre con un moto brusco di violenza soffocata prendi l'accendino per dar fuoco fra le labbra dove non c'è nessuna pipa, concludi ancora con te stesso: ma certo. Il dottor Adorno. E allora. Se non hai ancora distrutto questa mia lettera, è giunto il momento di farlo. E insieme a essa distruggere me e Boaz. Poi Boaz è guarito e dopo tu ci hai ripudiato cacciandoci dal tuo Eldorado, dal tuo nome e dalla tua vita.
Senza donare nessun rene. Ma io credo che volessi davvero donarlo. Perché tu fai sempre tutto sul serio, Alec. Lo riconosco: hai serietà in tutto.
Pensi che ti stia di nuovo adulando? Se credi posso ammettere la colpa: è piaggeria, la mia. Servilismo.
In ginocchio davanti a te, faccia a terra. Come allora. Come ai bei tempi.
In fondo non ho nulla da perdere e non mi costa niente supplicare. Farò quello che mi ordinerai. Solo, non indugiare perché fra due settimane lo buttano per la strada. E per la strada ha chi lo aspetta.
In fondo nulla al mondo è al di là delle tue possibilità. Sguinzaglia dunque il tuo mostruoso avvocato.
Forse con una raccomandazione lo prendono in un collegio navale (Boaz manifesta una strano spasimo per il mare, sin da quando era molto piccolo. Ti ricordi, Alec, ad Ashkelon nell'estate della guerra dei Sei Giorni? Il vortice? I pescatori? La zattera?)
Un'ultima cosa, prima di chiudere questi fogli dentro una busta; se vuoi vengo anche a letto con te.
Quando vuoi. E come vuoi. (Mio marito sa di questa lettera, mi ha persino aiutato a concepirla, a parte quest'ultima frase. Adesso se proprio hai voglia di distruggermi, non ti resta che fotocopiarla, sottolineare quest'ultima frase con la tua matita rossa e mandarla a mio marito. Funzionerà a meraviglia. Ora lo ammetto: ti ho mentito prima scrivendo che non ho niente da perdere.)
Dunque Alec, adesso siamo tutti nelle tue mani. Persino la mia figliolina. E puoi fare di noi quello che vuoi.

Ilana (Sommo).

Signora Halina Brandstetter-Sommo
Tarnaz 7
Gerusalemme
Israele
Espresso.
Londra, 18.2.76.
Gentile Signora,
Soltanto ieri mi è stata inoltrata dagli Stati Uniti la Sua lettera del 5 c.m. Risponderò solo a una piccola parte degli argomenti che Lei solleva.
Questa mattina ho parlato al telefono con un mio conoscente in Israele. A seguito di questa conversazione, mi ha chiamato or ora, di sua iniziativa, la direttrice dell'istituto in cui suo figlio studia. Ci siamo accordati affinché l'espulsione venga revocata, sostituita da un'ammonizione. Se tuttavia - come vagamente adombrato nella Sua lettera -, risultasse che suo figlio preferisce passare a un'accademia navale, ho buone ragioni per ritenere che la cosa si possa fare (tramite il mio avvocato Zakheim).
Parimenti l'avvocato Zakheim provvederà a farvi avere un assegno pari a duemila dollari (in lire israeliane e intestato a Suo marito). A Suo marito è richiesto di confermare per iscritto il ricevimento della somma come donazione alla luce della vostra difficile situazione, cosa che non costituirà in alcun modo un precedente o l'ammissione di un qualsivoglia obbligo da parte nostra. Suo marito dovrà inoltre fornire assicurazione che da parte vostra non giungeranno più altri appelli in futuro (mi auguro che la povera e numerosa famiglia parigina non abbia in mente di seguire il vostro esempio e chiedermi favori pecuniari di sorta). Quanto al resto della sua lettera, un'accozzaglia di menzogne, di goffe contraddizioni e volgarità inqualificabili, preferisco tacere.

A.A. Gideon.

P.S. Trattengo la Sua lettera.


Dr. Alexander A. Gideon
London School of Economics
Londra, Inghilterra.
Gerusalemme, 27.2.1976.

Caro Alec,
Come certo saprai, la settimana scorsa abbiamo firmato le carte che il tuo avvocato ci ha presentato e abbiamo ricevuto la somma. Ma Boaz ha lasciato la scuola agricola e già da qualche giorno lavora ai mercati generali di Tel Aviv, presso un grossista di verdure sposato a una cugina di Michel. É stato Michel a procurargli questo lavoro, su esplicita richiesta di Boaz.
É andata così: quando la direttrice ha comunicato a Boaz che non era espulso dall'istituto ma soltanto ammonito, Boaz ha preso il suo zaino ed è sparito. Michel ha telefonato alla polizia (ha dei parenti lì) che appurata la situazione ci ha comunicato che il ragazzo era presso di loro, in stato di fermo ad Abu Kabir per ricettazione. Un amico del fratello di Michel, uno che ha un posto importante nella polizia di Tel Aviv, è andato a mettere una parola buona per lui con l'ufficiale giudiziario. Dopo qualche complicazione siamo riusciti a tirarlo fuori su cauzione.
Per pagarla abbiamo speso un po' del tuo denaro. So che non era per questo che intendevi darcelo, ma di altro non disponevamo: dopo tutto Michel è soltanto un insegnante di francese, precario, in una scuola pubblica religiosa, e tolte le trattenute e l'ipoteca abbiamo a malapena di che mangiare, con il suo stipendio. Senza contare la bambina piccola (Madeleine Yifat. Due anni e mezzo).
Voglio che tu sappia che Boaz non ha idea della provenienza del denaro usato per pagargli la cauzione.
Se glielo avessimo detto, credo che avrebbe sputato sopra quei soldi, sopra l'ufficiale e Michel insieme.
Anche così, all'inizio non voleva a nessun costo essere rilasciato e pretendeva di "essere lasciato in pace".
Michel è andato ad Abu Kabir senza di me. L'amico di suo fratello (quel pezzo grosso della polizia) aveva fatto in modo di lasciare lui e Boaz da soli nell'ufficio della stazione di polizia, affinché potessero parlarsi in privato. Michel gli ha detto, guarda, può darsi il caso che tu non ti ricordi più chi sono, sono Michel Sommo e mi risulta che alle mie spalle mi chiami il pappone di tua mamma. Puoi anche dirmelo in faccia se ti serve per calmarti un po'. E io per parte mia potrei dirti di rimando che sei bacato in testa. E così ci insulteremmo a vicenda fino a sera, ma tu non vinceresti perché io posso imprecare contro di te in francese e arabo mentre tu sai a malapena l'ebraico. Dunque, una volta esaurite le maledizioni, che faresti? Allora forse ti conviene prendere fiato, calmarti, e cominciare a elencarmi che cosa esattamente vuoi dalla vita, non credi? Poi io ti spiegherò che cosa io e tua madre possiamo darti. E vedremo: magari, che dici, ci mettiamo d'accordo?
Boaz ha detto che lui dalla vita non vuole un bel niente, ma la cosa che vuole certamente di meno è che la gente gli chieda che cosa vuole dalla vita.
A questo punto Michel, con cui il mondo non è mai stato troppo gentile, ha fatto una cosa giusta: si è alzato e se ne è andato, dicendo a Boaz, be' se le cose stanno così allora stammi bene, caro per quanto mi riguarda possono anche rinchiuderti in un istituto per dementi o subnormali, con te ho chiuso. Me ne vado.
Boaz ha ancora tentato una blanda resistenza, ha detto a Michel, e dov'è il problema, faccio fuori qualcuno e scappo. Ma Michel si è soltanto voltato dalla porta e gli ha detto con calma: guarda, bello mio, io non sono tua mamma né tuo papà, non sono niente per te, allora non è il caso che fai la scena con me, a me di te non frega nulla. Ti do sessanta secondi per decidere se vuoi uscire di qui su cauzione, sì o no. Per quanto mi riguarda, uccidi chi ti pare, solo se puoi cerca di non sbagliare il colpo. Saluti e baci.
Quando Boaz gli ha detto, aspetta un attimo, Michel ha capito subito che il ragazzo aveva abbozzato per primo: quel gioco lì Michel lo conosce meglio di tutti noi perché il suo destino è stato quello di vedere la vita per lo più da sotto, e la sofferenza l'ha fatto diventare una persona-diamante, per così dire: duro e fascinoso (sì, anche a letto, se t'interessa saperlo). Boaz gli ha detto: se davvero non te ne frega niente di me, allora perché sei venuto da Gerusalemme a tirarmi fuori su cauzione? Michel dalla porta è scoppiato a ridere: d'accordo, due punti a tuo favore, la verità è che in fin dei conti sono venuto a vedere da vicino quel genio che tua madre è riuscita a sfornare, e chissà che anche la bambina che ha avuto da me abbia qualche potenziale. Allora, vieni o non vieni?
E così è andata che Michel l'ha tirato fuori di prigione con i tuoi soldi e poi l'ha invitato a un ristorante cinese "kasher" aperto da poco a Tel Aviv, i due sono anche andati al cinema (e chi stava seduto dietro di loro avrà pensato che Boaz era il padre e Michel suo figlio). La sera tardi Michel è tornato a Gerusalemme e mi ha raccontato tutto, mentre Boaz era già stato sistemato dal grossista di verdure del mercato generale in via Carlebach, quello sposato a una cugina di Michel. Perché ecco cosa Boaz gli ha detto che voleva fare: lavorare e guadagnare e non dipendere da nessuno. Michel allora gli ha risposto su due piedi, senza consultarsi con me, "la cosa mi piace, vedrai che già stasera ti sistemo qui a Tel Aviv". E così ha fatto.
Boaz dorme adesso al Planetarium di Ramat Aviv: uno dei responsabili lì è sposato a una ragazza che ha studiato con Michel a Parigi negli anni cinquanta. E a Boaz il Planetario piace proprio. No, non per le stelle ma per i telescopi e le lenti.
Ti scrivo questa lettera con tutti i dettagli su Boaz con il consenso di Michel, lui dice che dal momento che hai dato il denaro è nostro dovere metterti al corrente di come l'abbiamo usato. E io penso che leggerai questa lettera tre volte di fila. Penso che il legame che Michel è riuscito a stabilire con Boaz ti farà l'effetto di un pugno fra le costole. Penso che anche la mia prima lettera tu l'abbia letta almeno tre volte. E mi piace pensare alla rabbia che ti ho provocato, con queste due lettere. La rabbia ti rende più virile e attraente ma anche puerile e quasi toccante: cominci con lo sprecare un'immensa forza fisica contro oggetti fragili come penne, pipe, occhiali. Non per mandarli in pezzi bensì per trattenerti e spostare questi oggetti tre centimetri a destra o due a sinistra, tutto qui. Questo spreco di energia lo ricordo con languore e mi piace immaginare che avvenga adesso mentre leggi la mia lettera, lì nel tuo studio in bianco e nero, tra il fuoco nel camino e la neve. Se poi esiste una donna che attualmente viene a letto con te, confesso che in questo istante la invidio. Invidio persino quel che stai facendo alla pipa, alla penna, agli occhiali, ai miei fogli con le tue dita forti.
Torno a Boaz. Ti scrivo perché ho promesso a Michel che l'avrei fatto. Quando riavremo indietro la somma della cauzione, essa andrà per intero in un libretto di risparmio a nome di tuo figlio. Se deciderà di proseguire gli studi, lo finanzieremo con questo denaro. Se vorrà affittarsi una stanza a Tel Aviv o qui a Gerusalemme, malgrado la sua giovane età, useremo il tuo denaro. Per noi non prenderemo niente.
Se sei d'accordo su quanto ho detto, puoi anche non rispondermi. Altrimenti fammi sapere per tempo, prima che si sia usato il denaro, e così lo restituiremo al tuo avvocato, vedremo di cavarcela anche senza (benché la nostra situazione finanziaria sia pessima).
Ora mi resta soltanto una richiesta.
Quella di distruggere questa mia lettera e anche la precedente, oppure - se hai deciso di usarle - di farlo subito, immediatamente, senza indugio. Ogni giorno che passa e ogni notte che passa è una collina o una valle che la morte si conquista. Il tempo passa, Alec, entrambi stiamo sbiadendo.
Ancora una cosa: tu mi hai scritto che le menzogne e contraddizioni contenute nella mia lettera ti ispirano un silenzio sprezzante. Il tuo silenzio, Alec, e anche il tuo disprezzo, mi incutono terrore: davvero in tutti questi anni, in tutti i posti che hai visto, non hai trovato un'anima sola che ti regali - foss'anche una volta ogni mille anni - un seme di dolcezza? Mi dispiace per te, Alec. É tremenda davvero la nostra storia: io sono quella che ha sbagliato e tu e tuo figlio ne scontate tutta la crudele colpa. Se vuoi, cancella pure "tuo figlio" e metti "Boaz". Se vuoi, cancella tutto. Per parte mia fai pure tutto quello che può alleviare i tuoi tormenti.
Ilana.


Signor Michel-Henri Sommo
Tarnaz 7
Gerusalemme
Israele.
Raccomandata.
Ginevra, 7.3.1976.

Egregio Signore,
Con il Suo assenso - e stando alle sue parole anche con il Suo incoraggiamento - la Sua consorte ha ritenuto opportuno inviarmi recentemente due lunghe e piuttosto imbarazzanti lettere che non le fanno certo onore. Se ho bene interpretato le sue fumose parole, risulta che anche la sua seconda lettera giunge allo scopo di farmi presente il vostro stato di indigenza. Suppongo inoltre che sia Lei, signore, a tirare i fili e a dirigere dietro le quinte delle sue richieste.
Le circostanze mi consentono (senza particolare sacrificio da parte mia) di venirvi in soccorso anche questa volta. Ho dato istruzione al mio avvocato, il signor Zakheim, di versare sul Suo conto un ulteriore bonifico pari a cinquemila dollari (a nome Suo, e in lire israeliane). Qualora nemmeno questo bastasse, La prego signore di non rivolgersi più a me tramite Sua moglie e con formule equivoche bensì di informarmi (tramite il signor Zakheim) sull'entità della somma definitiva e assoluta richiestami per risolvere tutti i Suoi problemi. Se dunque sarà così gentile da indicare una somma ragionevole, può anche darsi che mi trovi disposto a giungere a una forma di accordo. Il tutto però a condizione che non mi stia a importunare con un'indagine sui motivi della mia donazione, né con smodate espressioni di riconoscenza in stile levantino. Io per parte mia mi astengo ovviamente dall'esprimermi in merito a quei Suoi principi che le permettono di chiedere e prendere da me tali somme di denaro.
Distinti Saluti,
A.A. Gideon.


Spettabile Avvocato Signor Manfred Zakheim
Studio Zakheim & Di Modena King George 36
Città.
Per grazia di Dio
Gerusalemme
13 di Adar 5736 (14.3.76).

Spettabile Avvocato Signor Zakheim, la pace sia con Voi!
A seguito delle nostre conversazioni telefoniche di ieri: necessitiamo in tutto di una somma pari a sessantamila dollari americani per il saldo del nostro mutuo e la costruzione di un'ulteriore stanza e mezza, e una somma pari per la sistemazione del figlio e anche della figlia piccola, per un totale di centottantamila dollari americani. Parimenti si richiede una donazione pari a novantacinquemila dollari americani allo scopo di acquistare e rimettere in sesto la Casa Alkalai nel quartiere ebraico della vecchia Hebron (proprietà ebraica presa con la forza durante i disordini e le stragi perpetrate dagli arabi nel 1929, ora vorremmo tornare in possesso di ciò non con la forza ma con regolare acquisto).
RingraziandoLa anticipatamente per il disturbo e con profondo rispetto per il dottor Gideon, la cui opera scientifica suscita ammirazione fra il nostro popolo e rende onore a Israele fra le genti, e con i migliori auguri per la festa di Purim,


Ilana e Michael (Michel-Henri) Sommo.


A. GIDEON HOTEL EXCELSIOR BERLINO OVEST.
ALEX PREGO DELUCIDAMI TRATTASI TENTATIVO ESTORSIONE DEVO GUADAGNARE TEMPO DEVO COINVOLGERE ZAND ATTENDO ISTRUZIONI. MANFRED.


PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.
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Ilana Sommo
Tarnaz 7
Gerusalemme
20.3.76.

Ilana,
Mi hai chiesto di pensarci un giorno o due e di scriverti cosa ne penso. Sappiamo entrambe che quando chiedi un parere, o un consiglio, in fondo cerchi approvazione per quel che hai già fatto o hai già deciso di fare. Tuttavia ho voluto scriverti per chiarire a me stessa come mai ci siamo separate così malamente.
La sera che ho trascorso da voi a Gerusalemme la scorsa settimana mi ha ricordato quei brutti tempi.
Sono tornata a casa, dopo quella sera, con il terrore. Benché fosse tutto apparentemente normale, a parte la pioggia che a Gerusalemme è continuata per tutta la notte. E a parte Michel che mi è parso stanco e malinconico. Per un'ora e mezza ha armeggiato per montare il nuovo scaffale, Yifat che gli porgeva il cacciavite e il martello e le pinze e quando mi sono alzata per aiutarlo a tenere due colonnine, tu dalla cucina mi hai proposto per scherzo di portarmelo in kibbutz perché qui i suoi talenti sono sprecati. Poi si è seduto alla scrivania con una vestaglia sopra il pigiama di flanella e ha corretto con inchiostro rosso i quaderni dei suoi allievi. La sera l'ha passata così. La stufa a kerosene accesa in un angolo della stanza, Yifat che ha giocato a lungo da sola sulla stuoia con la pecora di lana che le avevo comprato alla stazione centrale degli autobus, alla radio davano un concerto per flauto con Rampal, tu e io ci siamo sedute in cucina a bisbigliare fra di noi; all'apparenza era una tranquilla serata in famiglia.
Michel se ne è stato per conto suo e tu non gli hai rivolto più di venti parole in tutta la sera. In effetti nemmeno a Yifat e a me hai detto molto. Eri immersa in te stessa. Quando ti ho raccontato delle malattie dei bambini, della nuova mansione di Yoash nella fabbrica di plastica del kibbutz, della decisione presa dal consiglio di mandarmi a fare un corso di cucina dietetica, tu ascoltavi e non ascoltavi, non mi hai posto nemmeno una domanda. Non ci è voluto molto per capire che, come al solito, aspettavi con ansia che io finissi il mio banale resoconto per passare ai tuoi drammi fatali. Che ti aspettavi da me delle domande. E così ho chiesto, ma senza ottenere risposta. Michel è arrivato in cucina, si è spalmato margarina e formaggio su una fetta di pane, si è fatto un caffè e ha promesso che non era sua intenzione disturbarci, che ora avrebbe messo a nanna Yifat, che noi due potevamo continuare a chiacchierare indisturbate. Quando è uscito mi hai raccontato di Boaz, delle tue due lettere ad Alex, delle due somme che vi ha passato e della decisione di Michel "di tirargli fuori questa volta tutto quello che si può", di modo che "il mascalzone, chissà che non sia la volta buona che comincia a riconoscere i suoi torti". La pioggia batteva contro la finestra. Yifat si è addormentata sulla stuoia e Michel è riuscito a metterle il pigiama e a depositarla nel letto senza svegliarla. Poi ha acceso la televisione con il volume al minimo, per non disturbarci, ha guardato il telegiornale delle nove e in silenzio è tornato ai suoi quaderni. Tu hai mondato delle verdure per il pranzo dell'indomani, ti ho dato una mano. Mi hai detto: guarda, Rahel, non giudicarci, voi al kibbutz non avete idea di quel che sono i soldi. E hai aggiunto: sono sette anni ormai che cerco di dimenticarlo. E anche: tu comunque non capiresti. Attraverso la porta della cucina scorgevo la schiena curva di Michel, le sue spalle gobbe la sigaretta che ha tenuto tutta la sera in mano evitando di accenderla perché le finestre erano chiuse, e mi è venuto da pensare: lei mente di nuovo. Anche a se stessa, mente. Come al solito. Niente di nuovo. E invece tutto quello che ti ho detto quando mi hai chiesto un parere è stato, più o meno: Ilana, non giocare col fuoco. Sta' attenta. Ne hai già viste abbastanza.
Al che tu hai risposto stizzita: sapevo che avresti cominciato a farmi la morale.
Ho detto: Ilana, se non ti spiace, non sono stata io a sollevare l'argomento. E tu: ma mi ci hai portato.
Così ho proposto di smetterla. E abbiamo comunque smesso di parlarne, perché Michel è ricomparso in cucina, scherzando sul fatto che entrava in "territorio femminile", ha lavato i piatti della cena e con la sua voce bruciacchiata ha raccontato qualcosa che aveva sentito al telegiornale. Poi si è seduto con noi, ha fatto una battuta sul "tè dei polacchi", ha sbadigliato, ha chiesto di Yoash e dei bambini, quasi distrattamente ci ha fatto una carezza sul capo, ha chiesto scusa, è andato a raccogliere i giochi di Yifat sulla stuoia, è uscito sul balcone a fumare, poi ci ha salutato ed è andato a dormire. Tu hai detto: del resto non posso proibirgli di vedere l'avvocato di Alex. E hai aggiunto: per garantire un futuro a Boaz. E senza alcun nesso hai aggiunto: comunque è costantemente presente nella nostra vita.
Ho taciuto. E tu, trattenendo l'astio, mi hai chiamato: la saggia e normale Rahel. E hai aggiunto: solo che la tua normalità è una fuga dalla vita.
Non sono riuscita a trattenermi, e così ho detto: Ilana, ogni volta che tu usi la parola "vita" io mi sento a teatro.
Ti sei offesa. Hai troncato la conversazione. Mi hai preparato il letto, dato un asciugamano e promesso che mi avresti svegliato alle sei, in tempo per prendere l'autobus per Tiberiade. Mi hai spedito a dormire e sei tornata in cucina a compiangerti da sola. A mezzanotte sono andata in bagno, Michel russava debolmente; quanto a te, ti ho vista ancora seduta in cucina, in lacrime. Ti ho invitato ad andare a dormire, mi sono offerta di stare con te, ma, quando usando la seconda persona plurale hai detto, "lasciatemi stare", ho deciso di tornare a letto. É continuato a piovere per tutta la notte. La mattina prima di uscire, mentre bevevamo il caffè mi hai chiesto sottovoce di pensarci su un giorno o due e di scriverti qualcosa dopo. In effetti ho cercato di pensare a quello che mi hai detto. Se non fossi tua sorella sarebbe forse più facile per me. Comunque ho deciso di scriverti che secondo me Alex è stato la tua tragedia e Michel e Yifat sono tutto quel che hai. Boaz è meglio se al momento lo lasci in pace, giacché ogni tuo tentativo "di tendergli una mano materna" non fa che accrescere la sua solitudine. E le distanze che lo separano da te. Non toccarlo, Ilana. Se si prospetta di nuovo la necessità di intervenire, lascia fare a Michel. Quanto al denaro di Alex, come tutto ciò che riguarda lui, quel denaro porta una maledizione.
Non mettere in gioco tutto quello che hai. Così mi sento di dirti. Mi hai chiesto di scriverti, e l'ho fatto.
Cerca solo di non arrabbiarti con me.

Rahel.

Un saluto da Yoash e dai bambini. Un bacio a Michel e Yifat. Sii buona con loro. Non ho idea di quando sarò di nuovo a Gerusalemme. Anche da noi non fa che piovere e spesso salta la corrente.

Dr. A.A. Gideon
16 Hampstead Heath Lane
London NW 3, Inghilterra.
Raccomandata - Espresso.
Gerusalemme 28.3.76.

Mio caro Alex,
Se pensi che sia giunto il momento ch'io vada al diavolo, hai solo da mandarmi un telegramma con quattro parole, "Manfred vai al diavolo", "and I shall be on my way right away". Se d'altro canto hai deciso di dare un'occhiata dall'interno al reparto psichiatrico, allora fammi il piacere di andarci da solo, cioè senza di me. Non me ne viene in tasca niente, ecco.
Secondo le tue disposizioni e contrariamente al mio buon senso, ieri ho liquidato la nostra piantagione di agrumi presso Binyamina (ma non la proprietà di Zikhron Yaakov: al momento non sono ancora impazzito del tutto). A ogni buon conto, posso realizzare per te circa centomila dollari americani con preavviso di ventiquattrore, e consegnarli al marito della tua bella ex moglie, qualora volessi darmi disposizione inderogabile in proposito.
D'altra parte, mi sono permesso di non chiudere ancora la faccenda, sì da lasciarti la possibilità di ricrederti e annullare tutto il tuo festival di Babbo Natale senza danno alcuno (a parte le mie commissioni).
Ti prego almeno di farmi avere quanto prima una prova convincente del fatto che non sei completamente andato di testa: e ti prego di scusarmi, caro Alex, per il mio linguaggio aspro. Quel poco che mi resta da fare, nell'amena situazione in cui mi hai messo, è di recapitarti una bella lettera di dimissioni. Il guaio è che sono un poco affezionato a te.
Come tu ben sai, il tuo notevole padre mi ha angustiato la vita per circa trent'anni, prima e durante la sua arteriosclerosi e anche quando ormai aveva dimenticato il suo nome nonché il mio e anche come si scrive
Alex. Chi meglio di te sa quanto ho sudato per cinque, sei anni, per riuscire a farti nominare unico fiduciario di tutti i suoi beni, senza che i tre quarti se ne andasse in tasse di eredità o aliquote di senilità o in chissà quale altra idrovora bolscevica. Tutto questo esercizio non ti nego che mi ha procurato una buona misura di soddisfazione professionale, un bell'appartamento a Gerusalemme e persino qualche gingillo il cui prezzo ho pagato con l'ulcera. Ma se avessi saputo che dopo dieci anni l'unico figlio di Volodya Gudonski avrebbe un bel giorno cominciato a elargire confetti agli asini, non avrei certo fatto simili sforzi titanici per trasferire tutto quel ben di Dio da un matto a un altro: a che pro?
Permettimi allora di renderti noto, Alex, che la parte da te ora destinata a quel meschino fanatico corrisponde grosso modo a un sette-otto per cento di tutto quello che possiedi. E come faccio io a essere sicuro che domani non ti prenda un altro attacco di follia e tu decida di ripartire il resto fra un istituto per ragazzi padre e un ospizio per mariti maltrattati? In fondo per quale ragione gli dai quel denaro? Solo per il fatto che ha avuto la gentilezza di sposare la tua ex moglie di seconda mano? O a titolo di finanziamento al povero terzo mondo? O forse come risarcimento per la discriminazione verso gli orientali? Se poi sei diventato completamente matto, potresti fare ancora un piccolo sforzo e impazzire in un'altra direzione, lasciando i tuoi beni ai miei due nipotini, che ne dici? Guarda, a questo posso provvedere senza nemmeno chiederti la commissione. Insomma, noi crucchi qui non abbiamo sofferto certo meno dei marocchini, no? Non ci avete forse disprezzato e fatto oggetto di soprusi, voi nobiltà russa francesizzata di Binyamina nord? Tieni anche conto, Alex, che i miei nipotini investirebbero la tua fortuna nello sviluppo della nazione! Elettronica! Laser! Loro, se non altro, non lo sprecherebbero restaurando ruderi a Hebron e trasformando letamai arabi in sinagoghe! Debbo informarti, mio caro Alex, che il tuo spettabile signor Michel-Henri Sommo è effettivamente un ometto di modeste dimensioni, ma in quanto a fanatismo non è secondo a nessuno. Non un fanatico chiassoso, questo no, un fanatico del genere latente: tranquillo, cortese e ferino. (Se ti capita, dà un'occhiata al tuo eccellente studio, al capitolo "Tra fanatismo ed eccesso di zelo").
Ieri ho studiato un pochetto mister Sommo. Qui nel mio ufficio. Guadagnerà a dir tanto duemilaseicento lire israeliane al mese, ma versa ogni mese un quarto dello stipendio a un piccolo gruppo religioso nazionalista, non più di tre dita a destra del movimento per la Grande Israele. Fra parentesi, questo Sommo: forse hai pensato che, dopo aver provato di persona un uomo su cinque di tutta Gerusalemme, quella scombinata di tua moglie si sia finalmente trovata una specie di Gregory Peck, mentre il suddetto signor Sommo comincia (come tutti del resto) da terra ma si interrompe bruscamente a circa un metro e sessanta di distanza. Vale a dire che è più basso di lei almeno di una testa. Probabilmente l'ha comprato in liquidazione, un tanto al metro.
Insomma, questo Napoleone Bonaparte africano compare da me in ufficio con un paio di pantaloni di gabardine, un soprabito a scacchi un po' troppo grande, è riccioluto, rasato all'eccesso, impregnato di dopobarba radioattivo, un paio di occhialini con la montatura dorata, al polso un orologio d'oro con cinturino d'oro, cravatta rossa e verde con fermaglio d'oro, e in testa - giusto per fugare ogni possibile equivoco - una piccola papalina.
Comunque, si scopre che il gentiluomo è tutt'altro che scemo. Soprattutto quando si tratta di soldi, di innesco dei sensi di colpa, nonché di ben mirati accenni a ogni sorta di parenti potenti in posizioni strategiche al comune, nella polizia, nel suo partito, persino al Ministero delle finanze. Potrei quasi giurare, caro il mio Alex, che un giorno o l'altro troverai questo Sommo seduto in parlamento a sparare lunghe e letali raffiche su benpensanti della mia e della tua razza. A questo punto che ne diresti di stare in guardia da un tipo così, invece di finanziarlo?
Alex. Cosa diavolo devi a loro? Tu che nella causa di divorzio mi hai fatto vedere i sorci verdi, nella migliore tradizione di quel pazzo di tuo padre, che mi hai fatto combattere come una tigre affinché lei non vedesse un centesimo, non una sola piastrella della villa a Yefe Nof, nemmeno la penna con cui alla fine è stata costretta a firmare i documenti! Tu che hai acconsentito a malapena a che tenesse il reggiseno e le mutandine che aveva addosso, qualche padella e pentola, a titolo di favore personale, e testardo come un mulo hai insistito a che fosse scritto che anche quello era "una concessione ex gratia"!
Allora che diavolo è successo? Per caso qualcuno ti sta minacciando? Se le cose stanno così, parlamene subito senza tenermi nascosto nulla, come si fa con il medico di famiglia. Mandami un segnale, presto, poi accomodati in poltrona e vedrai come te li cucino per bene. E con grande piacere.
Ti prego allora, ascoltami, Alex, la verità è che le tue alzate d'ingegno non dovrebbero coinvolgermi. Ho al momento sulla rampa di lancio una causa assai gustosa e matura al punto giusto (sui beni della chiesa russa ortodossa) e quel che guadagnerò da loro, anche se perdo il processo, corrisponde a circa il doppio del regalino che hai deciso di elargire per il pellegrinaggio pasquale della gluderia nordafricana o forse per l'associazione ninfomani attempate. "Go fuck yourself", Alex. Lasciami soltanto una disposizione definitiva, e provvedo a versare quello che vuoi, quando vuoi, a chi vuoi. A ciascuno, secondo quanto strilla.
Fra l'altro, a dire il vero, Sommo non strilla affatto. Anzi, parla forbito, con toni dolci e morbidi, con una calma didascalica, un po' da intellettuale cattolico. Passando dall'Africa a Israele hanno evidentemente fatto una salutare sosta a Parigi. Visto da fuori sembra quasi più europeo di te o di me. In breve, potrebbe tranquillamente impartire una lezione di buone maniere stile donna Letizia.
Gli domando, per esempio, se ha idea di come mai il professor Gideon abbia improvvisamente deciso di consegnargli le chiavi della cassaforte. Lui mi sorride beatamente, un sorriso da "già, davvero", come se gli avessi posto una domanda puerile, indegna di lui e di me, non prende la sigaretta Kent che gli offro e mi offre una delle sue Europa, ma si degna - forse come gesto di solidarietà ebraica - di farla accendere da me. Poi esprime la sua riconoscenza e mi lancia una specie di sguardo affilato che gli occhialini d'oro dilatano come quello di un gufo a mezzogiorno: "Ritengo che il professor Gideon possa rispondere a questa domanda meglio di me, signor Zakheim".
Io mi trattengo e gli domando se per caso una donazione dell'ordine di centomila dollari non gli susciti quanto meno della curiosità. A ciò risponde così: "Certo che sì, signore", poi tace e non dice più nulla.
Aspetto forse una ventina di secondi prima di arrendermi e incalzare: ha un'ipotesi al proposito? Al che risponde pacatamente che sì un'ipotesi ce l'ha ma che, col mio permesso, preferisce sentire la mia, di ipotesi.
In questa fase decido di stordirlo con una raffica delle mie, indosso la faccia da Zakheim arcigno che mi serve per le indagini incrociate e sparo con piccole pause a effetto tra una parola e l'altra: "Signor Sommo. Se non le spiace, la mia ipotesi è che qualcuno stia esercitando sul mio cliente una forte pressione. Quello che voi chiamate prezzo del silenzio. Ho intenzione di scoprire quanto prima chi, e come e perché". Ebbene, quella scimmia non ha battuto ciglio, limitandosi a sfoderare il suo sorrisetto da santo e a commentare: "É solo la vergogna di sé, signor Zakheim, solo questa lo preme". "Vergogna? E di che?" domando, e la risposta l'ha sulla punta della lingua zuccherosa, non mi dà nemmeno il tempo di finire la frase: "Per i suoi peccati, signore". "Quali peccati, per esempio?"
"La diffamazione, per esempio.
La diffamazione per l'ebraismo è alla stregua dello spargimento di sangue."
"E lei che sarebbe, signore? L'addetto alla riscossione? Il sovrintendente?"
"Io," dice senza batter ciglio, "ho qui soltanto un ruolo simbolico. Il nostro professor Gideon è un intellettuale. Famoso in tutto il mondo. Oltremodo rispettato. Si potrebbe quasi dire, oggetto di ammirazione. Dunque? Dunque finché non avrà riparato ai suoi torti, tutte le sue opere buone valgono quanto una trasgressione. Adesso è in preda ai rimorsi ed evidentemente comincia finalmente a cercala soglia del ravvedimento."
"E lei è il custode di questa soglia, signor Sommo? Lei sta lì a vendere i biglietti d'ingresso, per caso?"
"Io ho preso in moglie colei che lui ha ripudiato," dice fissandomi come un proiettore, gli occhi tre volte più grandi attraverso le lenti, "io ho raccolto la sua onta. E inoltre veglio i passi di suo figlio."
"Al prezzo di cento dollari al giorno per trent'anni, pronta cassa in anticipo, signor Sommo?"
Con ciò sono finalmente riuscito a mandarlo fuori dai gangheri.
La patina francese s'è squarciata e ha fatto scoppiare la furia africana come pus:
"Rispettabile signor Zakheim. Mi consenta, signor Zakheim: con i vostri sofismi vi pagano per mezz'ora più di quel che io abbia mai visto per tutte le mie fatiche. Mi faccia il favore di prendere nota, signor Zakheim, che io non ho chiesto al professor Gideon nemmeno un centesimo. É stato lui a offrire. E io non ho nemmeno preteso l'attuale nostro incontro, signore. Siete stato voi a chiedere di vedermi. E adesso", ciò detto il maestrino si alza di scatto, per un attimo ho temuto che stesse per prendere un righello dalla mia scrivania per colpirmi le dita, e invece senza alzare le mani ma soffocando con fatica l'odio, è sbottato: "e adesso col vostro generoso permesso pongo fine a questo colloquio, spinto dalle vostre empie insinuazioni".
Allora mi sono premurato di calmarlo. Esibendomi in quella che si potrebbe definire una "ritirata etnica": ho dato la colpa al mio impossibile senso dell'umorismo tipicamente crucco. L'ho pregato di essere così gentile da ignorare la mia infelice battuta e far finta di non aver sentito le mie ultime parole. E mi sono prontamente interessato alla donazione finanziaria che ti ha chiesto per quel "monkey-business" dei fanatici di Hebron. A questo punto ha sfoderato un tono didattico e vibrante e ancora in piedi sulle sue gambe corte, non senza una gestualità da feldmaresciallo rivolta alla cartina del paese che sta appesa nel mio ufficio, mi ha gratuitamente (senza risparmiare, beninteso, il mio tempo, che comunque paghi tu) elargito un vero e proprio sermone sul nostro diritto nazionale eccetera eccetera. Non starò a sfiancarti con cose che entrambi conosciamo sino alla nausea. Il tutto, sappi, era infiorato di citazioni bibliche e moraleggianti, oltre che semplificato, come se avesse di fronte un leggero ritardato.
Ho poi domandato al nostro Maimonide in miniatura se era al corrente del fatto che le tue opinioni politiche sono prossime all'altra estremità dell'arco costituzionale, e che tutte quelle follie su Hebron sono diametralmente opposte alla tua, peraltro pubblicamente dichiarata, posizione.
Nemmeno questa volta si è scomposto (credimi, Alex, sentiremo ancora parlare di questo derviscio!) e anzi ha risposto con mielosa pazienza, che secondo il suo modestissimo parere "il dottor Gideon, così come molti altri ebrei, sta vivendo in questo periodo un'esperienza di purificazione che conduce a riflessioni di ravvedimento destinate a provocare prossimamente un cambiamento generale dei cuori".
A questo punto non ti nascondo, mio caro Alex, che era arrivato il mio turno di perdere la patina europea e aggredirlo verbalmente: insomma, in nome di che, per tutti i diavoli, era sicuro di sapere che cosa stava succedendo nel profondo del tuo intimo? Che razza di pretesa, senza averti mai visto in vita sua, era quella di decretare per te - e forse anche per tutti noi - che cosa sta avvenendo dentro i nostri animi e che cosa avverrà in futuro, ancora prima che ce ne rendiamo conto?
"Evidentemente il professor Gideon sta già cercando di espiare i peccati che stanno fra la persona e il suo prossimo. Perciò lei mi ha invitato oggi a questo incontro nel suo ufficio, signor Zakheim. Dunque perché non aprirgli, con l'occasione, anche la strada - attraverso una donazione - verso la riparazione del peccato che divide l'uomo dall'Onnipotente?"
Insomma, non si è quietato né dileguato sinché non mi ha esposto l'aporia della parola ebraica che significa tanto "sangue" quanto "somma". "Ecce homo".
Caro il mio Alex: spero che leggendo questo mio resoconto ti sia infuriato a dovere. O meglio, che tu sia scoppiato a ridere com'è giusto che faccia, mandando a monte tutta la faccenda. Proprio per questo mi sono infatti preso il disturbo di ricostruire qui per iscritto la scena. Com'è che dice quel predicatore da strapazzo? "Le porte del pentimento non sono sprangate." Pertanto, vedi di pentirti della tua bizzarra idea e provvedi a mandare entrambi al diavolo.
Benché il mio vecchio fiuto mi dica qualcosa, e cioè che in qualche modo a qualcuno è noto un imbarazzante dettaglio in virtù del quale questo demonio - o chi si nasconde dietro di lui - ti minaccia e ti ricatta sì da comprare con i tuoi soldi il suo silenzio (nonché i ruderi di Hebron). Se le cose stanno effettivamente così, ti prego ancora una volta di darmi un segnale, foss' anche minimo, sì da poter riscontrare con quale eleganza provvederò a neutralizzare per te il loro esplosivo.
Nel frattempo, secondo le istruzioni fornite nel tuo telegramma, ho messo alle calcagna del Sommo un piccolo investigatore privato (il nostro caro amico Shlomo Zand), di cui allego il rapporto. Se ti prenderai il disturbo di leggerlo con attenzione, non potrai fare a meno di riconoscere che in caso di intimidazione, avremmo anche noi il nostro appiglio, e senza alcuna difficoltà potremmo persuadere il gentiluomo che il gioco si fa duro. Appena mi dai autorizzazione, gli spedisco Zand per un breve a tu per tu e, nel giro di dieci minuti, sul fronte orientale calerà il silenzio. Te lo garantisco. Non ne sentirai più parlare.
Allego dunque alla lettera tre documenti: 1) il rapporto Zand su Sommo. 2) Il rapporto dell'assistente di Zand sul ragazzo B.B. 3) Fotocopie della decisione del tribunale rabbinico in merito alla chiusura del tuo matrimonio e della decisione del tribunale distrettuale in merito alla denuncia sporta dalla tua fanciulla contro di te. Le parti importanti te le ho sottolineate in rosso. Cerca solo, per favore, di non dimenticare che tutta la faccenda si è conclusa più di sette anni fa, e pertanto siamo ormai nel campo dell'archeologia.
Fin qui riguardo ciò che mi hai chiesto nel tuo telegramma. Spero che almeno tu sia soddisfatto di me, perché io non posso dire altrettanto di te. Aspetto altre istruzioni, come mio solito umilmente. "Just don't go mad, for god's sake".

Il tuo assai preoccupato Manfred.


PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.
TRASCESO TUA COMPETENZA. PAGA IMMEDIATAMENTE CENTO ESATTI. PIANTALA ROMPERE SCATOLE. ALEX.


A. GIDEON NICFOR LONDRA.
PAGAI. DILEGUOMI GESTIONE AFFARI TUOI. ATTENDO ISTRUZIONI IMMEDIATE TRASFERIMENTO PRATICHE. NON SEI NORMALE. MANFRED ZAKHEIM.


PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.
TUE DIMISSIONI RESPINTE PROVVEDI DOCCIA FREDDA CALMATI FA' BRAVO BAMBINO. ALEX.


A. GIDEON NICFOR LONDRA. DIMISSIONI RIBADITE. VA AL DIAVOLO ZAKHEIM.


PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.
NON ABBANDONARMI. STO MALISSIMO! ALEX.


A. GIDEON NICFOR LONDRA. PARTO STASERA ARRIVO NICHOLSON MATTINO PRESTO. NIENTE ALTRE SCEMENZE INTANTO. TUO MANFRED.


A Michael Sommo
Tarnaz 7
Gerusalemme.

Salve. Guarda Michel, io vengo subito al duncue con te: devo avere un prestito da te. Lavoro sodo da tuo cognato Abraham Abudram, porto tutto il giorno casse di verdure. Puoi controllare da lui, che vado bene. Anch'io sono contento perché lui si comporta con me fair anche paga ogni giorno e due pasti mi paga. Graze che mi hai dato questa sistemazione. Il prestito è per comprare materiale per costruire telescopio con un fai da te. La tua amica Janin (signora Fuks) mi ha sistemato come tu sai anche la custodia notturna (pernottamento) al Planetario senza spese. Ciò vuol dire io non pago e non mi pagano.
Ma se io sarei bravo e mi impratichisco di apparecchiatura ottica e loro hanno posto allora mi pagassero anche un po'. Vero che non ho quasi spese, solo guadagni. Ma con il telescopio voglio cominciare già subito e il prezzo è quattromila lire così che io ti chiedo in prestito tre mila (mille le ho già da parte). Io ti rendo in dieci rate ognuna 300 ogni mese del mio stipendio spero che non vuoi prendere anche interesse.
Se non si può o solo ti è dificile allora non dare non importa (intanto non ho ancora uciso nessuno). Ti chiedo però che la donna non sappia niente dell'afare. A te personalmente e alla bambinetta anguro tutto il bene. Grazie.
Boaz B.
Ad Abraham Abudarham

  Per Boaz Brandstetter

  Mercati Generali via Carlebach

  Tel Aviv.

  Per grazia dell'Onnipotente

  Gerusalemme primo giorno intermedio di Pasqua (16.4.76).

   

  Caro Boaz,

  Ho ricevuto la tua lettera e mi è dispiaciuto molto che tu non sia venuto per la cena di Pasqua, conformemente al nostro invito. Ma rispetto il nostro accordo, secondo il quale tu fai quello che vuoi a condizione di farlo con il sudore della tua fronte e con rettitudine. Non sei venuto - punto e basta.

  Quando vorrai venire, verrai. Abraham ha telefonato per dire che sei eccezionale. Anche tramite la signora Janine Fuchs abbiamo ricevuto i tuoi affettuosi saluti. Ottimo, Boaz! Avevo quasi la tua età quando arrivai a Parigi dall'Algeria insieme ai miei genitori, e lavoravo sodo come apprendista di un tecnico radiologo (mio zio) per guadagnare un po' di denaro. A dire il vero, contrariamente a te, il mio era soltanto un lavoro serale, dopo i corsi al liceo. Ed è interessante tenere presente il fatto che anch'io chiesi una volta un prestito a questo mio zio allo scopo di acquistare un dizionario Larousse di cui allora avevo molto bisogno (ma lui non me lo concesse).

  Il che mi conduce alla tua richiesta: ecco qui le tremila lire con un vaglia postale per te. Se hai bisogno di altro denaro, specificando uno scopo positivo, faremo del nostro meglio per venire incontro di buon grado alla tua richiesta. Quanto agli interessi che menzioni, non sarò certo io a oppormi a che tu mi renda il denaro con gli interessi, ma non adesso Boaz, fra molti anni quando sarai dlventato giustamente ricco di pratica dei precetti e di opere buone e anche materialmente (e prima di allora avrai spero imparato a scrivere senza errori!!). Ma al momento ti conviene continuare a mettere da parte i tuoi risparmi. Dai retta a me, Boaz.

  A un solo proposito sono stato costretto a trasgredire alla tua richiesta: tua madre sa del denaro che ti mando. Questo perché fra noi non ci sono segreti e con tutto il rispetto per te io non sono d'accordo di fare affari clandestini lasciando tua madre all'oscuro, nemmeno in nome del Cielo. Se la cosa non ti va, non prendere i soldi. Ora concludo con i miei più calorosi auguri perché tu abbia una felice stagione pasquale.

  Il tuo Michael (Michel).

   

  A Michael Sommo

  Tarnaz 7

  Gerusalemme.

   

  Michel ciao e grazie del prestito. Ho già comprato e cominciato pian piano a montare l'apparecchio.

  Bruno Fuks del Planetario (il marito di Janin) mi aiuta un po'. É brava persona. Conosce l'ottica e non fa prediche. Così la penso e non ridere, che tutti devono sapere una cosa molto molto bene e farla molto molto bene e non dire a altri quel che fare e come. Allora così ci fossero molte più soddisfazioni nel paese e meno problemi personali. Non mi cambia granche che tua moglie sa del prestito solo non voglio casini con lei. Te è altra cosa. Dimmi? Come hai comprato dizionario che bisognavi allora a Parigi?

  Grazie ancora e saluti a bella bambina da me, Boaz. PS comunque comincio dal mese prosimo a restituirti piano piano tuoi soldi. I soldi è tuo, vero?

  Boaz B.

   

   

  Boaz Brandstetter c/o A. Abudarham

  Mercati Generali via Carlebach

  Tel Aviv.

  Per Grazia dell'Onnipotente

  Gerusalemme

  3 Nissan 5736 (23.4.76).

   

  Caro Boaz,

  Dal momento che hai chiesto, sono tenuto a risponderti. Questo denaro è di tuo padre, non mio. Se verrai da noi a Gerusalemme per questo Sabato o per un altro, volentieri ti esporremo la faccenda in tutti i risvolti a noi noti (ce ne sono altri di cui a quanto pare siamo all'oscuro). Tua madre e tua sorella si uniscono all'invito. Smettila di fare il testardo come un asino, Boaz, deciditi, su, vieni. Stiamo per iniziare l'ampliamento dell'alloggio, due stanze in più (verso il cortile sul retro), una delle quali è per te, per quando la vorrai. Ma anche prima che sia pronta, sappi che posto per te qui c'è sempre. Dunque non fare il bambino e vieni questo Sabato. Secondo me il tuo orgoglio ti porta sempre nella direzione sbagliata. Ritengo, Boaz, che la differenza fra un bambino e un uomo stia nel fatto che quest'ultimo non sparge più a terra il suo seme e il suo orgoglio, bensì li tiene in serbo per il momento giusto, sinché non "sia gradito", come sta scritto. E tu, Boaz, non sei più un bambino. Ti ho fatto questo esempio tanto a proposito del tuo rifiuto (sino a questo momento) di venire a casa nostra, quanto in merito al tuo atteggiamento ribelle verso tua madre, ma anche perché non reagissi in modo puerile di fronte alla notizia che ti ho appena dato sull'origine del denaro. In fondo avrei anche potuto risparmiartela, non credi?

  Il che mi porta alla seconda domanda formulata nella tua lettera: come ho fatto a comprare il Larousse a Parigi quando avevo la tua età, dal momento che mio zio s'era rifiutato di farmi il prestito? La risposta è che non me lo comprai affatto se non dopo circa un anno, ma in compenso lo zio perse il suo conveniente e volonteroso apprendista, perché mi offesi e cambiai lavoro, andai a pulire le scale di uno stabile (dopo la scuola!). Era il 1955, e tu potrai certo dire che sono stato testardo come un mulo. A ogni modo ero ancora un bambino. Termino qui con i miei più fervidi e cordiali auguri, il tuo

  Michel.

   

  P.S. Se proprio ci tieni a rendermi il prestito sin da ora, in rate mensili, non mi oppongo. Anzi la cosa mi piace! Ma in tal caso sappi che non voglio nemmeno sentir parlare di interessi.

   

   

  "Tre allegati alla lettera dell'avvocato M. Zakheim di Gerusalemme per il dottor A. Gideon, Londra, datata 28.3.76".

  "Allegato A": Rapporto di Shlomo Zand (investigatore privato) dello studio Zand Investigazioni, sul caso Michel-Henri (Michael) Sommo. Redatto su ordine del signor M. Zakheim di Zakheim & Di Modena studio legale in Gerusalemme e consegnato al cliente in data 26.3.76.

   

  Gentile Signore,

  Dal momento che la Vostra richiesta ci è stata trasmessa in data 22.3 con preghiera di urgente chiarimento e di consegna del rapporto entro qualche giorno appena, tale materiale non è da considerarsi un'indagine definitiva bensì soltanto un primo approccio, frutto di una rapida cernita. Ci pregiamo di rilevare che vi è contenuto un valido appiglio per lo sviluppo di ulteriori indagini, in varie direzioni potenzialmente sensibili. Qualora mi fosse richiesto di continuare il mio lavoro a tale proposito, presumo di potervi fornire un rapporto esaustivo e dettagliato entro circa un mese.

  La Vostra richiesta prevedeva una raccolta di dati sul contesto di M.H.S nonché sulla sua vita presente, inclusi i risvolti professionali, finanziari e familiari. Qui di seguito i parziali risultati.

  "Contesto Generale".
  M.H.S. è nato a Orano, Algeria, nel maggio 1940. Nomi dei genitori Jacob e Sylvie. Il padre ha lavorato come esattore delle tasse a Orano sino al 1954, quando la famiglia si è trasferita a Parigi. (Tre fratelli e una sorella, tutti più grandi di M.H.S, erano già emigrati in Francia dove avevano messo su famiglia. Il maggiore abita in Israele.)
 M.H.S. ha frequentato il Lycée Voltaire sino al 1948, poi per due anni ha studiato letteratura francese alla Sorbona. Non ha finito l'università e non è fornito di diploma di laurea. In quel periodo egli si è avvicinato al circolo giovanile Betar di Parigi (su influenza del fratello maggiore) e ha cominciato a seguire uno stile di vita religioso (a quanto pare per influsso di un altro fratello convertitosi all'ortodossia, ancora attivo nell'educazione sionista-religiosa, a Parigi).
  M.H.S. ha gradualmente abbandonato gli studi alla Sorbona per dedicarsi all'ebraico e alle discipline inerenti all'ebraismo. Quando è emigrato in Israele aveva già un'ottima padronanza dell'ebraico. Nel 1960 si è trasferito qui, ha lavorato qualche mese come muratore per un impresario religioso di Petah Tikwa.
  Poi ha fatto domanda di ammissione, ed è stato accolto (a quanto pare per intercessione di un parente) alla scuola di polizia, interrompendo però i corsi (sui motivi non siamo riusciti ad appurare nulla, al momento), dopo di che è andato a studiare presso l'accademia religiosa "Lume Sacro" di Gerusalemme.
  Nemmeno qui è arrivato alla fine del corso, tanto che fra il 1962 e il 1964 lo troviamo come inserviente al cinema Orion, che tenta senza successo di finire gli studi al dipartimento di cultura francese presso l'università ebraica di Gerusalemme. In quel periodo egli abita in un locale lavanderia sul tetto del condominio dove vive suo cognato, al quartiere di Talpiyot. Nel 1964 M.H.S. è definitivamente riformato dal servizio militare (servizi di riserva nell'unità dell'ufficiale di zona) a causa di una malattia renale con complicazioni.
  Dal 1964 lavora, dapprima come assistente e poi come insegnante fisso (senza diploma) di francese, nella scuola superiore maschile statale di Gerusalemme denominata "Tenda di Isacco". Dal suo matrimonio nel 1970 con Ilana (Halina) Gideon nata Brandstetter, abita in un appartamento di una stanza e mezza in via Tarnaz 7 a Gerusalemme. La casa è stata acquistata con l'aiuto di parenti che vivono in Israele e in Francia, con un mutuo mensile decennale di cui è stata liquidata sino a ora più o meno una meta

  "Situazione finanziaria".

  M.H.S. ha uno stipendio di 2550 lire israeliane al mese. La moglie non lavora. Ulteriori fonti di guadagno: lezioni private (circa 400 lire israeliane al mese) più un sostegno fisso da parte dei genitori a Parigi (500 lire israeliane al mese). Uscite principali: 1200 lire israeliane mensili di mutuo per la casa. 500 lire israeliane al mese per tenere il figlio della moglie, Boaz Brandstetter, presso la scuola agricola Telamim (fino a tre settimane fa). Donazione mensile, su bonifico fisso presso l'agenzia di Talpiyot della Bank Leumi alla "Fratellanza d'Israele", pari a 600 lire israeliane al mese. Spesso è in ritardo con i pagamenti delle bollette (corrente, acqua, tasse), ma in compenso sempre puntuale con il mutuo, le spese scolastiche e la donazione.

   

  "Ambiente familiare".

  Sposato (dal 1971) con figlia di tre anni (Madeleine Yifat). La moglie è divorziata dal celebre professor A. Gideon (attualmente negli Stati Uniti). In conformità alla sentenza del tribunale rabbinico e in seguito a un processo civile fra le parti risalente al 1968, non sussiste alcun onere finanziario da entrambe le parti suddette. La vita matrimoniale di M.H.S. e sua moglie è regolare. La famiglia osserva il sabato, le regole alimentari e altro, conduce una vita che si può definire tradizionale o moderatamente religiosa (non si astengono dall'andare al cinema, per esempio).

  Non abbiamo riscontrato notizia alcuna su avventure romantiche extramatrimoniali, né da parte di M.H.S né da parte di sua moglie. Disponiamo peraltro di informazioni (che pure esulano dal contesto di cui ci è stato richiesto di occuparci) su presumibili tresche da parte di Ilana Gideon-Sommo all'epoca del suo primo matrimonio. Vi è altresì notizia del fermo del figlio di lei Boaz, risalente al maggio 1975 (si veda il rapporto del nostro agente A. Maimon a voi sottoposto su vostra richiesta insieme a questo). I rapporti del giovane Boaz con M.H.S. e sua moglie sono pessimi (da anni si rifiuta di andarli a trovare a Gerusalemme). Per altro verso i rapporti di M.H.S con la sua famiglia estesa (zii, cognati e cugini) sono molto stretti.

  "Vita politica".

  Qui abbiamo facilmente reperito molto materiale. M.H.S è vicino alla destra. Suo fratello maggiore e altri parenti sono noti attivisti nel gruppo Herut (alcuni militano nel Partito nazionale religioso). M.H.S. è stato in diverse circostanze iscritto ufficialmente ai due partiti sopra menzionati a intermittenza. Nel 1964 è stato fra gli organizzatori di un gruppo di intellettuali e universitari nordafricani a Gerusalemme, dal nome "Patria". Il gruppo si è sciolto per contrasti di ordine finanziario e ideologico già nel 1964. Alla vigilia della guerra dei Sei Giorni M.H.S. è stato molto attivo nella propaganda e nella raccolta di firme contro la strategia attendista del governo Eshkol e in favore di una iniziativa militare contro l'Egitto e tutto il fronte arabo.

  Subito dopo la guerra dei Sei Giorni M.H.S. ha iniziato a militare nel movimento per la Grande Israele, occupandosi di propaganda e dimostrazioni. Nel 1971 ha improvvisamente lasciato il movimento. Poco dopo ha teatralmente reso il suo tesserino al partito. Nel 1972 è tra i fondatori del gruppo denominato "Solidarietà d'Israele", formato per lo più da nuovi immigrati dagli Stati Uniti e dalla Russia. M.H.S. è tuttora membro del comitato centrale di questo gruppo. Dopo la guerra del Kippur questo gruppo ha partecipato a manifestazioni contro la smobilitazione delle truppe nel Sinai e nel Golan, nonché a tentativi di acquisti illegali di terreni dagli arabi nelle vicinanze di Betlemme. M.H.S. è stato due volte interrogato dalla polizia a proposito della sua attività nella suddetta organizzazione (nell'ottobre 1974 e nuovamente nell'aprile 1975) ma non è mai stato fermato. Per quanto siamo riusciti ad accertare, M.H.S. non è mai stato personalmente implicato in iniziative di violazione violenta della legge. Gli è stata pubblicata una decina di sue lettere dalla redazione (nei due giornali della sera), nelle quali caldeggiava un'iniziativa pubblica per invitare la popolazione araba del paese e dei territori occupati a emigrare pacificamente e sulla scorta di risarcimenti finanziari.

  In conclusione citeremo un particolare che ci pare alquanto significativo, che apre la strada verso una informazione rilevante ancora da sondare: nel dicembre dell'anno passato (quattro mesi fa dunque)

  M.H.S. si è rivolto all'ambasciata francese di Tel Aviv con una richiesta di reintegro della sua cittadinanza francese (cui aveva sua sponte rinunciato nel 1963), accanto alla cittadinanza israeliana. La sua richiesta è stata respinta. Subito dopo, e precisamente il 10 dicembre dell'anno passato, è andato a Parigi dove è rimasto per quattro giorni soltanto (!). Non è chiaro chi abbia finanziato il viaggio né quale ne fosse lo scopo. Poco dopo il suo ritorno la cittadinanza francese gli è stata nuovamente accordata, e per di più con una rapidità che attesta, fuori da ogni margine di dubbio, l'eccezionalità del caso. Non siamo riusciti a chiarire che cosa stia dietro questo episodio.

  Come già detto, consideriamo questo rapporto come assolutamente parziale e non esaustivo, in ragione dei rigidi limiti di tempo che ci sono stati imposti. Siamo lieti di considerarci a Vostra disposizione nel caso siate interessati a un proseguimento di questa indagine o per qualsivoglia altra richiesta.
  Shlomo Zand
  Zand Investigazioni Ltd., Tel Aviv.
  "Allegato B": rapporto di Albert Maimon (investigatore privato) per conto di Zand Investigazioni Ltd. sul caso del giovane Boaz Brandstetter. Stilato su richiesta del signor M. Zakheim di Zakheim & Di Modena studio legale, Gerusalemme, e consegnato al cliente in data 26.3.1976.