giovedì 18 giugno 2020



SEDUZIONE E AMORE
(Rilancio infinito)
Estratto da "Le strategie fatali"
Jean Baudrillard

[...]Ma si può concepire l’amore come gratuità, come slancio verso l’altro che non attende risposta, come sfida che incita l’altro ad amarmi più di quanto io l’ami, dunque rilancio infinito.[...]

3. Le strategie ironiche
[....] Così, se si ritiene che la seduzione sia una sfida, un gioco in cui i giochi non sono mai fatti, uno scambio rituale ininterrotto, un rilanciare all’infinito, una complicità segreta ecc., si può sempre ribattere: “Ma, così definita, la seduzione non è semplicemente l’amore?”.

  Si può anche invertire il rapporto e fare dell’amore qualcosa di più tagliente, di più diffidente della seduzione. L’amore non è “realizzazione”, a meno che non lo si concepisca in modo, diciamo, narcisista: amo l’altro perché è simile a me, dunque mi raddoppio - amo l’altro perché è il mio contrario, dunque mi completo. Ma si può concepire l’amore come gratuità, come slancio verso l’altro che non attende risposta, come sfida che incita l’altro ad amarmi più di quanto io l’ami, dunque rilancio infinito. Mentre la seduzione la si può anche prendere come gioco finalizzato, come tattica che cerca di manipolare l’altro ai propri fini.

  Non c’è nulla da dire contro questo rovesciamento dei termini. Seduzione e amore possono scambiare le loro accezioni più sublimi e più volgari, il che rende impossibile parlarne. Visto che oggi siamo presi in un revival del discorso amoroso, una riattivazione dell’affetto per noia, per saturazione. Un effetto di simulazione amorosa. L’amour fou, l’amore come passione sono definitivamente morti nel loro movimento eroico e sublime. Quel che è in gioco oggi è una domanda d’amore, d’affetto, di passione, in un’epoca in cui se ne fa sentire crudelmente il bisogno. È tutta la generazione che è passata per la liberazione del sesso e del piacere, è questa generazione stanca di sesso che reinventa l’amore come supplemento affettivo o passionale. Altre generazioni, romantiche o post-romantiche, l’hanno vissuto come passione, come destino. La nostra non è che una generazione neoromantica.

  Dopo tanto pathos sessuale, ecco il neopatetico del rapporto amoroso. Dopo il libidico e il pulsionale, ecco il neoromanticismo della passione. Ma non si tratta più di predestinazione, né di fatalità, non si tratta che di liberare una potenzialità tra le altre e, dopo una così lunga fase di "desublimazione repressiva”, come direbbe Marcuse, di aprire la strada a una risublimazione progressiva.

  Il sesso, come altrove i rapporti di produzione, era troppo semplice. Non è mai troppo tardi per passare al di là di Freud e di Marx.

  C’è dunque una modalità d’amore che non è altro che la schiuma di una cultura del sesso, e non bisogna farsi troppe illusioni su questo nuovo dispositivo per creare atmosfera. Le forme di simulazione si riconoscono in ciò, che niente le oppone tra loro - sesso, amore, seduzione, perversione, porno, tutte possono coesistere su una stessa banda libidica, come su una banda stereo, senza esclusiva, e con la benedizione della psicoanalisi. Concerto stereofonico: si aggiunge dell’amore, della passione, della seduzione al sesso, come si è aggiunto della psicosociologia e della trattativa alla catena di montaggio.

  Questa situazione è interessante come sintomo di affanno di tutta una costellazione oscena della sessualità (oscena non per via del sesso, ma per l’oscenità della verità quando è detta e rivelata). Siamo giunti all’estremità di un ciclo della sessualità come verità. Ciò rende di nuovo possibile una reversione sulle forme il cui profilo e il cui fascino si sono trovati eclissati dalla prospettiva egemonica del sesso.

   

  Ritrovare una sorta di distinzione, di gerarchia di tutte queste figure, seduzione, amore, passione, desiderio, sesso, è senza dubbio una scommessa assurda, ma è l’unica che ci resta.

  Nella nostra cultura, la seduzione ha conosciuto una sorta di età dell’oro, che va dal Rinascimento al xviii secolo: è a quel tempo, come la cortesia o le maniere di corte, una forma convenzionale, aristocratica, un gioco strategico senza troppi rapporti con l’amore. Questo ha per noi delle tonalità differenti, ulteriori, romantiche e romanzesche: non è più un gioco né un cerimoniale, è una passione, è un discorso. È la forza del desiderio che vi trascina, è la morte che vi chiama. Niente a che vedere con la seduzione. Certo, l’amore ha conosciuto anche delle forme cortesi, nella cultura mediterranea del xiii secolo. Ma per noi il significato che ha assunto si è forgiato a cavallo tra il xviii e il xix secolo, contro il gioco superficiale della seduzione. La rottura si opera tra una forma di gioco duale e d’illusione strategica e una finalità nuova, individuale, di realizzazione del desiderio - il grande avvento è infatti quello della costellazione del desiderio, sia quello, sessuale e psichico, dell'individuo, o quello politico delle masse. Qualunque cosa avvenga di questo desiderio e della sua "liberazione”, esso non ha più nulla a che vedere con il gioco aristocratico della sfida e della seduzione.

  Inoltre: la seduzione è pagana, l’amore è cristiano. È Cristo che comincia a voler amare e farsi amare. La religione diventa affetto, sofferenza e amore, ciò di cui le culture e le mitologie arcaiche e antiche non si davano cura; per loro la sovranità del mondo risiede nel gioco regolato dei segni e delle apparenze, nei cerimoniali e nelle metamorfosi, dunque in atti di seduzione per eccellenza. Nessun affetto in tutto ciò, nessun amore, niente che somigli a un grande flusso divino o naturale, non c'è nemmeno bisogno di psicologia, di questa interiorità soggettiva in cui fiorirà il mito dell’amore.1

  Esiste solo il rituale, e il rituale è dell’ordine della seduzione. L’amore nasce dalla distruzione delle forme rituali, dalla loro liberazione. La sua è un’energia di dissoluzione di queste forme, comprese quelle dei rituali magici di seduzione del mondo (che hanno avuto un seguito, attraverso le eresie cristiane, nelle forme di negazione manichee o massimaliste del mondo reale). Forme crudeli, rigorose, del segno nel suo funzionamento puro, opposto alla realtà del mondo, padronanza delle apparenze pure, senza psicologia, senza affetto, senza amore. Massima intensità di queste culture, dalle quali l’amore e tutta la sua metafisica di salvezza sono sorte quasi per decomposizione, effusione di forme fino ad allora segrete, iniziatiche, gelose di se stesse, intensive, mentre l’amore è un’energia del proselitismo, radiosa, estensiva - essoterica, mentre il rituale è esoterico. L’amore è espressione, calore, confessione, comunicazione, dunque passaggio dell’energia da uno stadio potenziale, concentrato, a uno stadio liberato, raggiante, calorico, e in tal modo anche a uno stadio endemico e degradato. Sarà dunque il fermento di una religione popolare, democratica, in opposizione agli ordini gerarchici e aristocratici, retti dalla regola.

  L’amore è la fine della regola, e l’inizio della legge. E' l’inizio di uno sregolamento, in cui le cose si ordineranno secondo l’affetto, l’investimento affettivo, cioè una sostanza pesante, carica di senso, e non più secondo il gioco dei segni, sostanza più leggera, più duttile, più superficiale. Dio amerà il suo popolo, cosa che non aveva mai fatto, e il mondo non sarà più un gioco. Tutto ciò costituisce la nostra eredità - e l’amore non è che l’effetto di questa dissoluzione delle regole, e dell’energia liberata da questa fusione. La forma opposta all’amore resta dunque l’osservanza: ovunque si reinventino una regola e un gioco, l'amore scompare. In rapporto all’intensità regolata e altamente convenzionale del gioco o della cerimonia, l’amore è un dispositivo d’energia a circolazione libera. È dunque caricato di tutta l’energia della liberazione e della libera circolazione, è il pathos della modernità.

   

  La caratteristica di una passione universale come l’amore è che essa è individuale e che ognuno vi si ritrova solo. La seduzione è duale: non posso sedurre se non sono già sedotto, nessuno mi può sedurre se non è già sedotto. Nessuno può giocare senza l’altro: è la regola fondamentale. Invece posso amare senza contropartita. Se amo senza essere amato, è un mio problema. Se non ti amo, è un tuo problema. Se qualcuno non mi piace, è un suo problema. È per questo che la gelosia è come una dimensione naturale dell’amore, mentre è estranea alla seduzione - il legame affettivo non è mai sicuro, mentre un patto sui segni è senza ambiguità e inappellabile. Inoltre, sedurre qualcuno non vuol dire investirlo o assorbirlo psicologicamente; la seduzione non conosce la gelosia territoriale propria dell’amore.

  Non dico che l’amore non sia altro che gelosia, ma che vi è sempre una gelosia ben temperata, qualcosa di esclusivo, una rivendicazione soggettiva. Essa è forse perfino anteriore all’amore: una passione primordiale, come tra gli dei greci, che non conoscono né l’amore né la sentimentalità, ma sono già formidabilmente gelosi gli uni degli altri.

  Amare qualcuno è isolarlo dal mondo, è cancellare le sue tracce, spossessarlo della sua ombra, trascinarlo in un avvenire di morte. È girargli intorno come un astro spento, e assorbirlo in una luce nera. Tutto si risolve in un'esorbitante esigenza di esclusività su un essere umano qualsiasi. È senza dubbio in questo che consiste una passione: il suo oggetto è interiorizzato come fine ideale, e noi sappiamo che non c’è oggetto ideale se non morto.

   

  In rapporto alla seduzione, l’amore è dunque una forma più allentata, una soluzione più diluita, e anche una via di dissoluzione. Ma una dissoluzione patetica, per lo meno nelle sue forme più elevate, quelle che hanno prodotto il romanzo, ad esempio. Questo rilievo patetico scomparirà nello sviluppo ulteriore, che è semplicemente quello della sessualità. Questa non è altro che un modo relazionale articolato sulla differenza “oggettiva” dei sessi. La seduzione è ancora cerimoniale, l’amore è ancora patetico, la sessualità non è altro che relazionale. Da una forma all’altra la posta dei segni s’impoverisce a vantaggio di un funzionamento organico, energetico ed economico basato sulla più piccola differenza possibile, che è la differenza dei sessi.

  E' una mistificazione, infatti, il considerare la differenza sessuale come differenza originaria, fondamentale, quella da cui tutte le altre discendono o di cui non sono che metafore. Significa ignorare che in ogni epoca gli uomini hanno prodotto delle intensità differenziali ben più grandi attraverso dispositivi artificiali, che non a partire dal corpo e dalla biologia. Per lo meno non hanno mai considerato le differenze “naturali” che come un caso particolare delle differenze artificiali. Letteralmente, la differenza sessuale pura è priva d’interesse (lo Yin e lo Yang sono d’altro genere: sono due poli metafisici tra i quali giocano le tensioni che organizzano il mondo). In certe culture, le differenze guerriero/non guerriero, brahmino/non brahmino pesano infinitamente più della differenza sessuale: esse producono una maggiore energia differenziale, ordinano le cose con più rigore e più complessità. In tutte le culture tranne che nella nostra, la distinzione del morto e del vivente, del nobile e dell'ignobile, dell’iniziato e del non iniziato, è infinitamente più forte della distinzione dei sessi. Infatti la sessualità marca, con la sua evidenza biologica e pretenziosa, la differenza più debole e più povera, quella in cui le altre si perdono.

  Ogni principio naturalistico di differenziazione è necessariamente più povero, è ben lontano dal poter dar luogo, come il potente artifìcio dei segni, a un ordine minuzioso, a una cerimonia del mondo.

  -    La seduzione è l'epoca di una differenza estetica e cerimoniale tra i sessi;

  -    l’amore (la passione) è l’epoca di una differenza morale e patetica tra i sessi;

  -    la sessualità è l’epoca di una differenza psicologica, biologica e politica tra i sessi.

  È per questo che la seduzione è più intelligibile dell’amore: perché si gioca su una forma più alta, la forma duale, forma differenziale perfetta. Il sesso, d’altra parte, di tutte le forme differenziali è quella che più si avvicina all’indifferenziazione. Quanto all’amore, esso si trova ogni volta a occupare un posto intermedio nello spettro di queste figure: dai confini della seduzione ai confini del sesso, descrive l’universo che va dalla forma pura della differenza alla forma pura dell’indifferenziazione - ma non ha una forma propria, e, in quanto tale, è indescrivibile. Non è la figura duale della seduzione a essere misteriosa, lo è piuttosto la figura individuale del soggetto in preda al proprio desiderio o alla ricerca della propria immagine.

  Anche il destino s’impone con un’evidenza folgorante - è il non-destino che dev’essere spiegato. D’altronde non si può far altro che trovargli delle ragioni. Perché in qualche modo, profondamente, come per la banalità dell’amore, sul non-destino non c’è niente da dire.

  La seduzione non è misteriosa, è enigmatica.

  L’enigma, al pari del segreto, non è l’inintelligibile. È al contrario pienamente intelligibile, ma non può essere detto o rivelato. Tale è la seduzione, evidenza inesplicabile. Tale è il gioco: al cuore di qualunque gioco c'è una regola fondamentale e segreta: un enigma - tuttavia l’insieme del processo non è misterioso, niente di più intelligibile dello svolgimento di un gioco.

  L’amore, invece, è caricato di tutti i misteri del mondo, ma non è enigmatico. È al contrario carico di senso, essendo dell’ordine, non dell’enigma, ma della soluzione. “La chiave dell'enigma è l’amore", o, più brutalmente: “La verità di tutto ciò è il sesso”. (Verità miracolosa rivelata al xx secolo; perché poi? Non credeteci: l’enigma resta intatto e conserva tutta la sua potenza di seduzione.)

  Da una figura all’altra, dalla seduzione all’amore, poi al desiderio e alla sessualità, infine al puro e semplice porno, più si procede, più si va in direzione di un minor segreto, di un minor enigma, più si va in direzione della confessione, dell’espressione, dello svelamento, della disinibizione - della verità, insomma, che presto diventa, nell’oscenità della nostra cultura, l’espressione coatta della verità, la confessione coatta, lo svelamento coatto... ma di che cosa? Di nulla - non c’è proprio nulla da svelare.

  Da dove può venire l’idea folle di poter svelare il segreto, esporre la sostanza nuda, toccare l’oscenità radicale? Anche questa è un’utopia - non c'è reale, non c’è mai stato il reale -, questo la seduzione lo sa, e ne preserva l’enigma. Tutte le altre forme, e in particolare l’amore, sono chiacchierone e prolisse. Dicono troppo, vogliono dire troppo. L’amore parla molto, è un discorso. Si dichiara, e spesso culmina in questa dichiarazione in cui finisce. Atto linguistico altamente ambiguo, quasi indecente - quelle cose non si dicono (come si può dire a qualcuno “Vi amo”?), sono troppo fragili per essere chiuse in un enunciato, a meno che non vivano d’altro che del loro enunciato, ma in questo caso non hanno più affatto un segreto. Quelle cose non vivono che del loro silenzio, o della loro antifrasi: “Non vi amo affatto”, o ancora: “Non vi parlo più” - frasi ancora cariche della sfida e della suspense della seduzione, imminenza dell’amore, ma che conserva ancora, col rifiuto di confessarlo, con la grazia della negazione, una qualità di gioco, la leggerezza della lusinga.

  Fortunatamente, d’altronde, “Io vi amo” non vuol dire ciò che dice, e bisogna intenderlo diversamente: coniugato al seduttivo (tutti i verbi hanno un modo segreto: dietro all’indicativo e all’imperativo, il seduttivo). La seduzione è una modalità di ogni discorso, compreso il discorso d’amore (almeno bisogna sperarlo), che fa sì che il discorso giochi con la sua enunciazione e tocchi l'altro con il rovescio del suo enunciato. Perciò: "Io vi amo” non è fatto per dirvi che vi si ama, ma per sedurvi. È una proposizione che oscilla sui due versanti, e che così conserva il fascino insolubile dell’apparenza, di ciò che non ha senso, e dunque a cui è del tutto inutile e sconsiderato accordare una qualche fede. Credere a “Io vi amo” mette fine a tutto, compreso l'amore, poiché è accordare un senso a ciò che non ne ha.

  Questo nel migliore dei casi, quando l’ambiguità regge ancora il discorso. Nel caso della domanda sessuale, non c’è più traccia d’ambiguità. Qui tutto vi è significato, tutto è detto, non c’è segreto nella domanda, tutto è nella sua espressione. Se la domanda consiste nella confessione del desiderio, allora basta trovare i termini della confessione: il gioco delle apparenze è inutile. E lo stesso "Ti amo” vi prende un’altra sfumatura: non è più per niente seduttivo, non è che un ottativo disperato - “Chiedo di amarti”, "Chiedo che tu mi ami”.

  Si può essere d’accordo con Lacan: non c’è il rapporto sessuale, non c’è verità del sesso. O il “Ti amo” e il “Ti desidero” dicono tutt’altro: la seduzione, oppure non esprimono che una domanda d’amore, una domanda di desiderio - mai direttamente l’amore o il sesso. E' dunque sempre un incontro mancato, e la sessualità, come afferma Lacan, non è che la storia di questo incontro mancato. Ma non è l’ultima parola questa, perché la spirale più sottile della seduzione ci descrive non la storia, ma il gioco di questo incontro mancato, e qual altro piacere essa sa trarre da questa affascinante e assurda differenza che la natura ha messo tra i sessi.

   

  Così quel che era sfida e seduzione si compie nella sollecitudine. Sesso, desiderio, affetto come sollecitudine. Seducetemi, amatemi, fatemi godere, occupatevi di me. Un atteggiamento caratteristico e ossessivo che può giungere fino a una domanda quasi fetale d’amore (le strategie fetali). Vi è da due o tre secoli nella nostra cultura una surdeterminazione di tutte le forme d’amore (compreso quello della natura) da parte dell’amore materno e della sentimentalità che ne deriva. Solo la seduzione vi sfugge, poiché essa non è una domanda, ma una sfida - le si oppone come il duello può opporsi alla fusione.

  Questo genere di amore non è altro che una sorta di libido fluttuante, che si distribuisce un po’ ovunque e cerca disperatamente d’investire il suo ambiente secondo un’economia che non è più quella dei sistemi passionali, ma quella dei sottosistemi d’intensità, dei sistemi freddi e svuotati di passione. Libido ecologica, prodotto specifico della nostra epoca: ovunque elargita a dosi omeopatiche e omeostatiche, essa è il minimo differenziale d’affetto che basta ad alimentare la domanda sociale e psicologica. Fluttuante, può essere drenata, derivata, magnetizzata da una nicchia all’altra, secondo il flusso: corrisponde idealmente a un ordine della manipolazione.

  Così l’energia di dissoluzione della seduzione passa nell’ordine passionale dell’amore e finisce nell’ordine aleatorio della domanda.

  Fortunatamente c'è un ritorno di fiamma che corregge tutto quanto ho appena detto sulla domanda. Infatti se le si risponde nei termini in cui essa si pone - o in cui fa forse fìnta di porsi - si corre il rischio di prendere un abbaglio. Forse essa semplicemente sollecita, nella sua stessa isteria, di essere smentita, rifiutata, delusa, e che le si risponda che le cose non stanno così. Come un qualsiasi discorso non lo si pronuncia se non nella speranza che venga negato ed esorcizzato, così la domanda può effettivamente giocare alla confessione del desiderio, all’appello, alla sollecitudine dell’altro per tendergli una trappola, per lusingarlo e dunque per sedurlo.

  Se la domanda è in fondo questo, se è anche questo, allora l’errore consisterebbe nel risponderle. È proprio per questo che non si ha voglia di rispondere alla domanda (amami, seducimi, fammi godere), mentre la risposta a una sfida o alla seduzione è spontanea. Ma se l’ambivalenza della domanda nasconde qualcosa come un tentativo di seduzione, allora il modo migliore di risponderle è con la seduzione.

  In tal modo tutte le forme finiscono col ruotare su se stesse - giro di fuoco della reversibilità - e questo spiega la difficoltà di parlarne. Ma non è più quella di non poterne parlare perché non c’è niente da dire in proposito, è quella che nasce dalla rivincita dell’ordine reversibile sull’ordine lineare del discorso. È una difficoltà che fortunatamente non si padroneggia mai, mentre si può sempre parlare quando non si ha niente da dire.

   

  L’amore non è mai stato così bello come nelle leggende e nei romanzi. E' stata questa passione misteriosa a produrre la forma romanzesca, o è avvenuto il contrario? Questione insolubile. Ma soprattutto: esiste un movimento caratteristico dell’amore?

  Tristano e Isotta. La storia più sublime, quella dell’amore fatale. È tuttavia notevole che in questa storia meravigliosa l’amore non si desti né viva da solo: ci vuole un filtro. Non è una qualche forma spontanea di desiderio a riunire i due amanti, niente affatto: questa predestinazione violenta è artificiale, nel senso che è un patto artificiale, accidentale e ineluttabile, e non un movimento naturale dell’anima. Il destino è sempre magico, passa sempre attraverso l’illusione tragica dei segni. Qui, il filtro (che sarebbe sbagliato interpretare psicologicamente come “metafora della passione”) è il segno dell'interruzione di questo effetto magico. La loro passione è tutta una sfida all’esistenza di diritto divino: è noto che i due amanti furono giudicati sacrileghi. Il punto è che il loro filtro è empio, in quanto sigilla un patto di seduzione e di predestinazione del tutto contrario alle leggi dell’amore di diritto divino, in cui i segni si scambiano nella loro forma idealizzata.

  Torniamo sempre al solito punto: l’amore non esiste. Dovrebbe poter esistere, ma non esiste. Gli amanti dell’epoca romantica non hanno avuto altra soluzione che suicidarsi insieme per assolutizzare uno scambio impossibile. Il sublime dell’amore è nell’anticipazione della propria morte. L’amore come passione non trova compimento se non in questa vertigine antierotica, antinaturale, che non è mai una maniera di vivere. Niente in comune con il nostro modo di vivere l’amore, incontro ideale di due desideri e di due piaceri.

  Ci si può d’altra parte domandare se questa forma di amore banalizzato e diventato involucro dello scambio (affettivo e sessuale) non sia stata inventata per sfuggire alla fatalità dell’altra.

  Produrre uno scambio, e i segni dello scambio, è il solo modo di sfuggire al destino e ai segni insensati. Niente più filtro, niente più sfida. Un po’ di affetto e un po’ di tenerezza. E' così che la vita si difende contro le forme micidiali dell’artificio e del sacrificio. Contro la seduzione, che sia quella della morte, o dell’amore stesso, quando, da maniera di vivere e di amare, diventa una frivolezza micidiale che vi distoglie dal vostro proprio fine.

  Tra le frivolezze essenziali figura quella dell’uso arbitrario del piacere e del dispiacere - il destino. Questo uso è riservato al solo Dio. Tra le frivolezze secondarie figura quella di amare e di essere amato. Essa è riservata agli umani - costellazione patetica di umori, desideri, volti.

  I    più non vogliono affatto essere sedotti, preferiscono essere amati. Preferiscono la prova dell’affetto, del piacere o della domesticità. Forse bisogna esigere di essere amati per la paura di essere sedotti, senza dubbio bisogna amare per non sedurre più.

  Amare è una sorta d’incesto psicologico, di avvicinarsi patetico contro il gioco crudele della seduzione.

   

  In fondo l’amore non ha mai un movimento proprio (eppure si muove!). O si annulla nell’ordine della sfida e del destino. O si annulla nella forma dello scambio e della domanda. Come in questa storiella in cui due sposi litigano. La donna accusa il marito: "You give me love because you want sex!". (Tu mi dai dell'amore perché vuoi del sesso!) Al che l’uomo risponde: “You give me sex because you want love!”. (Tu mi dai del sesso perché vuoi dell’amore!)

  Il sesso e l’amore, quando prendono la forma secolare di un’economia domestica, possono benissimo barattarsi nello scambio. Non appena si lascia la forma sublime del destino, si cade nella forma subliminale dello scambio. Lì tutte le compensazioni e le sostituzioni sono possibili: tu mi dai del sesso, io ti do dell’amore.

  In tutto ciò che viene scambiato ci sono delle possibilità di scambio. Ma non nella seduzione, che infatti non è uno scambio, ma una sfida. Nella seduzione non ci può essere equilibrio, ottimizzazione delle relazioni di scambio, difficile ma sempre possibile al livello del sesso. E' per questo che l’unica deprivazione veramente mortale è quella della seduzione.

  È d’altra parte questo il senso della storiella, infatti i due sposi, dietro al loro rancore, non fanno che denunciare questa stessa possibilità di scambio bilaterale. Quel che vogliono è un po’ di seduzione!

  Quel che una donna non vi perdonerà mai, d’altronde, non è di non amarla (con l’amore o col sesso, ci si mette sempre d’accordo), è di non averla sedotta, o di non avervi mai sedotto. Solo questo è inespiabile, e nonostante l’amore o la tenerezza che le date finirà sempre per vendicarsene crudelmente. Non avendovi potuto sedurre, cercherà di annientarvi. I peccati di sesso o d’amore si possono assolvere tutti, perché non sono un’offesa. Solo la seduzione colpisce nel vivo dell’anima, che non ha pace se non nell’assassinio.

  Di qui proviene quel che chiamerò lo scaltro genio della passione.

  Nel cuore dei movimenti più appassionati, più belli e più disperati, c’è questo genio scaltro che veglia per prendere l’altro in trappola.

  Stessa tentazione diabolica, nel momento più sincero e più travolgente dell’amore, di scongiurarlo ironicamente con un atto perverso.

  C’è qualcosa di più forte della passione: l’illusione. Più forte del sesso o della felicità: la passione dell’illusione. Sedurre, sempre sedurre. Sventare la potenza erotica con la potenza imperiosa del gioco e dello stratagemma - perfino nella vertigine disporre delle trappole, e al settimo cielo conservare ancora la padronanza delle vie ironiche dell’inferno -, tale è la seduzione, tale è la forma dell’illusione, tale è lo scaltro genio della passione.

   

   

  Note

  1. Ma se si prende la seduzione nell’accezione cristiana, cambia tutto: la seduzione comincia con il cristianesimo, essa è il malefìcio diabolico che viene a inquinare l’ordine divino - oppure è lo stesso Cristo, secondo Nietzsche, il Cristo venuto a sedurre le genti alla sua persona, venuto a pervertirle con la psicologia e con l’amore. Al contrario, non c’è seduzione in Grecia, ove l’amore è omosessuale e pedagogico - una virtù, non una passione.