martedì 30 ottobre 2018


CHI SIAMO NOI PER GIUDICARE
Stefano Burbi
“Chi siamo noi per giudicare?”. Lo sentiamo tutti i giorni e, come molte affermazioni oggi ricorrenti, in linea di principio non possiamo che essere d’accordo. Il Presidente della Camera Fico ha dichiarato che ci vuole più amore in certe circostanze: peccato però che si riferisse ad un caso (quello di Desirée), in cui l’amore sarebbe stato l’antidoto contro il virus dell’odio e della violenza se anche i suoi carnefici ne avessero fatto uso, e che l’unico modo per mostrare amore verso la povera ragazza sarebbe stato un intervento “violento” contro i suoi aguzzini, anche preventivo. (Il foglio di via consegnato pilatescamente senza dare seguito al provvedimento di espulsione è stato un atto umanitario o la sua attuazione, in modo anche coatto, avrebbe salvato Desirée?). Si deve mettere tutto in ordine ed usare le parole nel loro giusto contesto: una paletta ed un secchiello sono oggetti atti a divertire un bambino, ma non servono a svuotare il mare; una penna è un oggetto utilissimo, ma diventa del tutto inefficace se usata, ad esempio, per fare un buco nel muro.
Ogni giorno la cronaca porta alla luce tutte le problematiche e le criticità che la società moderna ha in realtà creato, favorito e difeso irresponsabilmente, credendo automaticamente che all’avanzare del tempo corrispondesse anche un suo progresso a prescindere (purtroppo esiste anche il regresso). “Chi siamo noi per giudicare?”. Giudicare è importante: se controllate il significato di “giudizio”, su un vocabolario, vedrete che è sinonimo di “senno”, “capacità di valutare”, primo gradino della coscienza e della consapevolezza di se stessi e del mondo circostante. Guai a non giudicare. Vediamo tutti i giorni i nefasti effetti della società che ha rinunciato alla capacità di giudicare: nessuno è perfetto, quindi, sempre secondo la comune mentalità odierna, nessuno può giudicare. Ognuno fa quello che desidera e nessuno deve permettersi di sindacare. Se questo è sacrosanto in certi casi, non lo è affatto in altri. Chi sei tu per giudicare? Sei il padre, sei la madre, che, anche se alla stessa età dei tuoi figli, hai fatto le loro stesse marachelle, non puoi e non devi giustificarle o coprirle. Ora il tuo ruolo ti impone di correggere gli errori, e, se li hai fatti anche tu da giovane, è una ragione in più per dare più forza ai tuoi rimproveri, perché sai che gli sbagli si devono far notare. Chi sei tu per giudicare? Sei un docente che ha il compito di formare i giovani, non secondo le tue idee (non devi plagiare nessuno) ma secondo i principi ed i valori del rispetto e della conoscenza. Se uno studente non è preparato, o il suo comportamento non è corretto, devi intervenire. Chi sei tu per giudicare? Sei il giudice, e non puoi scarcerare uno stupratore con troppa facilità, perché, se così ti sembra di recuperarlo, probabilmente stai creando i presupposti per la rovina di un’altra vita innocente. Chi sei tu per giudicare? Sei un politico che deve fare l’interesse di tutti, ma devi salvaguardare Abele, prima di Caino. Lo so, ti sembra di apparire meno “buono”  e magnanimo, ma allora ti faccio notare che anche Gesù giudicava, ed all’adultera salvata dalla lapidazione disse: “Va’, e non peccare più”, assolvendola solo dopo averle fatto riconoscere l’errore commesso, e con i mercanti del tempio non esitò ad usare la frusta. Se tutti giudicassimo con coscienza e con intelligenza, capiremmo anche con chi si può usare l’amore e con chi, purtroppo, no.
Giudicare bene e con cognizione di causa può salvare vite: la nostra e quella degli altri.
Lo ha fatto anche Gesù: se credete, come me, l’ha fatto il figlio di Dio, e noi siamo stati creati a sua immagine e somiglianza. Possiamo e dobbiamo imitarlo. Se non credete, l’ha fatto un grande uomo che ha lasciato un segno nella storia dell’umanità. E’ un esempio. E non si può ignorare. P.S. Prego evitare commenti violenti ed offensivi verso chicchessia, persone o parti politiche. Ogni opinione è sacra.