lunedì 30 settembre 2024

LA MORTE E LA FANCIULLA Ariel Dorfman




LA MORTE E LA FANCIULLA
Ariel Dorfman

Recensione 
Daniele Stefanoni
La penna di Ariel Dorfman ha toccato il tema delle atrocità perpetrate da dittature sudamericane in diversi generi letterari, dal saggio al dramma all’articolo. Lo scrittore argentino-cileno pare dare il meglio di sé nel testo drammatico, quando la violenza e il sopruso di incarnano in volti e parole, dialoghi taglienti. 

Paulina Salas è stata rapita e violentata 15 anniprima. Una sera suo marito tarda a rincasare, una ruota dell’auto si è bucata. L’automobilista che l’ha soccorso lo accompagna a casa e resta a dormire nella loro bella dimora vicina al mare.

Basta una voce a riaprire una ferita lontana nel tempo. Quella voce, quell’ospite inatteso è lui, il violentatore, parte di quel gruppo che le fece violenza per punirla del suo impegno politico molti anni addietro. Paulina lo tiene in ostaggio, rivive il dolore, gli impone una confessione, lo tiene in scacco. Suo marito, membro della commissione governativa per l’indagine sui drammatici fatti della dittatura, evolve da posizioni legaliste e tiepide alla drammatica comprensione che il dolore deve essere risarcito con fatti e parole.
Dorfman parla del Sudamerica e della storia recente ma soprattutto parla della sempiterna sete di giustizia dell’animo umano. Una giustizia che esige a ogni costo una riparazione, quasi al confine con la vendetta. La vittima si fa carnefice, la legalità e la razionalità incarnate da suo marito incontrano l’abisso della sofferenza e ne colgono l’eco maledetta. La riparazione, quella riparazione che esige Paulina con la pistola spianata, è una confessione chiara e netta, costi quello che costi. La parola diventa risarcimento, diventa luogo della purificazione dell’anima perché riconosce una verità, un fatto, un accadimento che tutti tacciono.
D’altro canto la banalità del male si palesa in tutta la sua assurdità. L’automobilista misterioso è un medico con moglie e figli, la persona più insospettabile, colui che dedica la propria vita a salvare le vite altrui. Eppure il male è sgorgato anche dalle sue azioni, imperioso e  animalesco, frutto di una isteria collettiva che si è fatta politica e ha lasciato spazio al lato ombra dell’umano.
Resta l’amaro in bocca. Dove sta il bene e dove sta il male non è per niente chiaro. Oppure è chiarissimo. Il male pare sgorgare dove meno te l’aspetti e – cosa assai più dolorosa – richiede una catarsi fatta di lacrime e sangue.
Sullo sfondo la composizione di Schubert “La Morte e La Fanciulla” pare scandire il dramma. Era sulle sue note che lo stupratore  abusava di Paulina e ora diventa la necessaria via del riscatto dell’anima mediante la rivalsa sul carnefice.[...]


La morte e la fanciulla


Titolo originale: Death and the Maiden
Traduzione di Alessandra Serra
© 1990, 1994 Ariel Dorfman
© 2004 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

In copertina: Una foto dal film La morte e la fanciulla di Roman Polanski, 1994.
© Interphoto / Archivi Alinari.

Indice

Introduzione 3
La morte e la fanciulla 4
Personaggi 5
Primo atto 6
PRIMA SCENA 6
SECONDA SCENA 11
TERZA SCENA 15
QUARTA SCENA 16
Secondo atto 20
PRIMA SCENA 20
SECONDA SCENA 27
Terzo atto 32
PRIMA SCENA 32
SECONDA SCENA 40




Introduzione

La morte e la fanciulla è stata letta in pubblico il 30 novembre 1990 all’Institute for Contemporary Art di Londra. Con Penelope Wilton, Michael Maloney e Jonathan Hyde. Per la regia di Peter James. Poi è stata messa in scena in un laboratorio di Santiago il 10 marzo 1991, con María Elena Duvauchelle, Hugo Median e Tito Bustamante. Per la regia di Ana Reeves.
La morte e la fanciulla è stata rappresentata per la prima volta il 9 luglio 1991, al Royal Court Theatre Upstairs di Londra con la seguente distribuzione:

Paulina Juliet Stevenson
Gerardo Bill Paterson
Roberto Michael Byrne
Regia di Lindsay Posner

Poi è stata rappresentata al Brooks Atkinson Theatre di Broadway il 17 marzo 1992, con la seguente distribuzione:
Glenn Close
Richard Dreyfuss
Gene Hackman
Regia di Mike Nichols

Nel 1994 è stato tratto il film omonimo per la regia di Roman Polanski, con Sigourney Weaver, Ben Kingsley e Stuart Wilson.

La morte e la fanciulla


Personaggi



Paulina Salas, sui quarant’anni
Gerardo Escobar, suo marito, un avvocato, sui quarantacinque anni Roberto Miranda, un medico, sui cinquant’anni

L’azione si svolge ai giorni nostri, probabilmente in Cile, ma potrebbe trattarsi di
un qualsiasi altro Paese che ha appena ottenuto la democrazia dopo un lungo periodo
di dittatura.

Primo atto

PRIMA SCENA

Dopo mezzanotte. Sentiamo il rumore del mare, in sottofondo. Siamo nella casa
degli Escobar. Vi è una terrazza e un grande soggiorno-sala da pranzo. Sulla terrazza
un tavolo, apparecchiato per la cena, e due sedie. Nel soggiorno, su una credenza, un
registratore e una lampada. Una grande vetrata divide la terrazza dal soggiorno. Le
tende sono mosse dal vento. Vi è anche una porta che dal terrazzo conduce alla
camera da letto. Paulina Salas è in terrazza, seduta su una delle due sedie, come se
stesse bevendo un bicchiere, al chiaro di luna. Poi, in lontananza, il rumore di
un’auto. Paulina si alza di scatto, entra nella camera da letto e guarda fuori dalla
finestra. L’auto frena, il motore è ancora acceso, i fari la abbagliano. Va alla
credenza, tira fuori una pistola dal cassetto, ma poi, quando il motore si spegne e
sente la voce di Gerardo, si blocca.

GERARDO (dalle quinte) È sicuro di non voler entrare? Il bicchiere della staffa.
(Risposta incomprensibile) ... Va bene, però ci rivediamo prima che io rientri in
città. Parto... lunedì. Che ne dice di domenica? (Risposta incomprensibile) ...
Mia moglie prepara un margarita eccezionale... Lei non sa quanto le sia grato
per... (Risposta incomprensibile). Ci vediamo domenica, allora. (Ride).
Paulina mette via la pistola e poi si nasconde dietro le tende. L’auto riparte, i fari attraversano il soggiorno. Entra Gerardo.
GERARDO Paulie? Paulina? (Vede Paulina nascosta dietro le tende. Lui accende una
luce e lei esce lentamente). Cosa c’è...? Cosa fai lì? Scusa se ci ho messo così
tanto a... ho ...
PAULINA (cercando di sembrare calma) Chi era quello? GERARDO Ho...
PAULINA   Chi era quello?
GERARDO ... avuto un piccolo... niente dl grave, non ti preoccupare. Ho... per fortuna
che si è fermato quel... bucato una gomma. Paulina, non riesco vederci senza...
(Accende un’altra lampada e vede la tavola apparecchiata). Oh, che peccato,
tesoro, si sarà freddata tutta la...
PAULINA (rimarrà molto calma fino alla fine della scena) Si può sempre scaldare.
Visto che dobbiamo festeggiare. (Breve pausa). Dobbiamo festeggiare, vero
Gerardo?




GERARDO Dipende da te. (Pausa. Dalla tasca della giacca tira fuori un enorme
chiodo) Sai cos’è questo? È lo stronzo che mi ha fatto bucare. E lo sai cosa fa
uno di solito quando buca? Apre il portabagagli e tira fuori la ruota di scorta,
sperando di non trovare bucata anche quella perché sua moglie si è dimenticata
di farla riparare, vero?
PAULINA   Sua moglie. Deve sempre essere la moglie a occuparsi di tutto? Eri tu che
dovevi farlo.
GERARDO Non ho voglia di litigare, ma mi pare che avevamo detto che eri tu che
dovevi...
PAULINA   No, dovevi farlo tu. Io faccio tutto in questa casa, tu potresti almeno
occuparti...
GERARDO Non vuoi mai che ti aiuti e poi... PAULINA   ... almeno dell’auto.
GERARDO ... e poi ti lamenti.
PAULINA   Non è vero che mi lamento.
GERARDO È una discussione assurda. Su cosa stiamo litigando? Non mi ricordo
nemmeno più di cosa...
PAULINA   Non stiamo litigando, tesoro. Tu mi hai accusato di non aver riparato la
tua ruota di scorta e...
GERARDO La mia ruota di scorta?
PAULINA   E io ti ho detto, non a torto, che...
GERARDO Basta, basta così. Chiariamo subito una cosa, tu ti sei dimenticata di far
riparare la nostra ruota di scorta, e fin qui tutto bene, ma c’è anche un’altra cosa.
Il cric.
PAULINA   Quale cric?
GERARDO Ecco, quale cric? Il cric che era nell’auto! Dov’è? Sai, il cric, quella cosa
per...
PAULINA   Serve il cric per cambiare una ruota?
Lui la abbraccia.
GERARDO E allora? Cosa diavolo ne hai fatto del cric? PAULINA   L’ho dato a mia madre.
GERARDO (sciogliendo l’abbraccio) A tua madre? Lo hai dato a tua madre? PAULINA   Gliel’ho prestato.
GERARDO E posso sapere perché? PAULINA   Perché le serviva.
GERARDO Mentre a me, a noi... Perché, amore? Perché fai queste cose?
PAULINA   La mamma doveva andare giù al sud e ne aveva bisogno, mentre tu... GERARDO ... io posso andare a fare in culo.
PAULINA   No.
GERARDO E invece, sì. Mi arriva un telegramma dal presidente in cui mi prega di
raggiungerlo subito in città per una riunione..., l’appuntamento più importante
della mia vita e...
PAULINA   E...?




GERARDO ... questo stronzo di chiodo è lì che mi aspetta, per fortuna che non è
successo all’andata... e io mi ritrovo sulla strada non solo senza una cazzo di
ruota di scorta ma senza nemmeno il cric.
PAULINA   Figurati se non trovavi subito qualcuno che ti aiutava. Almeno era carina?
Sexy?
GERARDO Mi pare di averti detto che era un uomo.
PAULINA   Non mi hai detto proprio niente.
GERARDO Perché pensi sempre che ci sia una donna da...
PAULINA   Già, perché? Chissà. (Breve pausa). Era simpatico quello che...? GERARDO Simpaticissimo. Meno male che si è...
PAULINA   Visto? Io non so come fai, ma riesci sempre a trovare un modo per
cavartela... e invece alla mamma capitano sempre gli svitati... attira le persone
più balorde...
GERARDO Sono proprio contento di sapere che tua madre sia in giro, bella tranquilla
per il Paese con il mio cric e che a me invece tocca stare in mezzo alla strada per
delle ore...
PAULINA   Non esagerare adesso...
GERARDO Quarantacinque minuti. Esattamente quarantacinque minuti. Le macchine
mi passavano davanti come se non esistessi. Sai cosa ho fatto? Mi sono messo in
mezzo alla strada a sbracciarmi, come un povero pazzo, sperando di... certo che
lo spirito di solidarietà in questo Paese... per fortuna che quel signore... Roberto
Miranda... l’ho invitato a...
PAULINA   Sì, ho sentito.
GERARDO Ti va bene domenica? PAULINA   Benissimo.

Breve pausa.
GERARDO Visto che lunedì torniamo in città. O almeno io ci devo... e ho pensato che
magari avresti avuto voglia di venire anche tu, così abbreviamo un po’ queste
vacanze...
PAULINA   Quindi il presidente ti ha dato l’incarico?
Breve pausa.

GERARDO Sì.
PAULINA   Vuol dire che sei all’apice della carriera.
GERARDO No, non direi proprio all’apice. Ma sono sicuramente il più giovane di
tutti.
PAULINA   Già. All’apice ci sarai tra qualche anno, quando ti faranno ministro della
giustizia, eh?
GERARDO Non dipende certo da me. PAULINA   Glielo hai detto?
GERARDO A chi?
PAULINA   Al tuo buon samaritano.
GERARDO A Roberto Miranda? Ma se non lo conosco nemmeno. E poi non ho
ancora deciso di...
PAULINA   Sì, che hai deciso.
GERARDO Ho solo detto che ero molto onorato ma che gli avrei dato una risposta
domani perché avevo bisogno di...
PAULINA   Al presidente? Al presidente?
GERARDO Sì, al presidente. Che avevo bisogno di rifletterci su.
PAULINA   Non vedo cosa ci sia da riflettere. Tanto, tu hai già deciso, Gerardo, e lo
sai. Sono anni che insegui questa... perché fai finta di...
GERARDO Perché prima... sei tu che devi dire di sì. PAULINA   E va bene, sì, accetto...
GERARDO Non è il sì che voglio.
PAULINA   È l’unico sì che mi viene.
GERARDO Io ne conosco degli altri. (Breve pausa). Se dovessimo accettare, devo
essere certo di poter contare anche su di te, devi stare... se tu dovessi avere una
ricaduta, potrebbe tornarmi...
PAULINA   Contro, sì, potrebbe tornarti contro. Danneggiarti. Ti toccherebbe starmi
dietro tutto il tempo.
GERARDO Cosa fai, mi critichi perché mi preoccupo per te? (Breve pausa). Non mi
sembra giusto.
PAULINA   E lo hai detto al presidente che tua moglie potrebbe avere dei problemi per
colpa di...
Pausa.

GERARDO Non sa niente. Nessuno sa niente. Nemmeno tua madre lo sa. PAULINA   Alcuni lo sanno.
GERARDO Non stavo parlando di quelli. Parlavo del nuovo governo. Cioè, non lo
abbiamo mai reso pubblico, perché tu... perché noi non abbiamo mai denunciato
le cose che ti hanno... quello che...
PAULINA   Certo, se fossi morta...
GERARDO Paulina, scusa, ma cosa stai...
PAULINA   La commissione di cui farai parte indaga solo sui casi in cui ci sono stati
dei morti, no?
GERARDO Sì, si occupa dei casi di violazione dei diritti umani che si sono conclusi
con un decesso o presunto tale.
PAULINA   Perciò solo casi limite?
GERARDO Ciò che vogliamo è mettere luce sui crimini più atroci, così poi anche gli
altri abusi verranno allo scoperto.
PAULINA   Solo i casi limite?
GERARDO Sì, quelli che vanno oltre... quelli irrimediabili. PAULINA   Oltre il limite... irrimediabili, eh?
GERARDO Non avrei voglia di parlare di queste cose, Paulina. PAULINA   Nemmeno io.
GERARDO Ma purtroppo dobbiamo farlo, sai? Passerò i prossimi mesi ad ascoltare le
deposizioni dei parenti, dei testimoni oculari e dei sopravvissuti... e quando
tornerò a casa io... non posso tenermi tutto dentro. E se tu... e se tu... (Lui la
prende tra le braccia) Se tu sapessi quanto ti amo. Se tu sapessi quanto mi fa
ancora male.

Breve pausa.
PAULINA (aggrappandosi a lui con tutte le sue forze) Sì. Sì. Sì. Era questo il sì che
volevi?
GERARDO Sì, era questo.
PAULINA   Devi far venire fuori tutto. Tutto quello che è successo. Promettimi che
farai venir fuori tutto quello che...
GERARDO Tutto. Tutto il possibile. Fin dove... (Pausa). Fin dove... PAULINA   È possibile.
GERARDO ... riusciamo ad arrivare, diciamo così. Possiamo fare molto... Renderemo
pubblici tutti i verbali. Ci sarà un rapporto ufficiale. Verrà fuori tutto, tutto
quello che è accaduto, e nessuno potrà più negarlo, il nostro Paese non vivrà mai
più i soprusi che...
PAULINA   E poi? (Gerardo non risponde). Ascolterete le deposizioni delle vittime,
denuncerete i crimini, e poi, ai criminali cosa farete?
GERARDO Questo dipende dai giudici, non da noi. La corte riceverà una copia del
verbale e poi i giudici, in base alle prove, pronunceranno la...
PAULINA   I giudici? Gli stessi giudici che per diciassette anni di dittatura non hanno
mai alzato un dito per salvare una vita? Che non hanno mai accolto un solo
habeas corpus? Il giudice Peralta che, a quella poveretta che chiedeva di suo
marito scomparso, aveva risposto che magari era scappato con un’altra perché si
era stufato di lei? Tu lo chiami un giudice, quello? Un giudice?
Paulina,  mentre  parla,  comincia  a  ridere  sommessamente  ma  con  un’isteria crescente.
GERARDO Paulina, Paulina. Basta adesso. Paulina. (La prende tra le braccia e lei
piano piano si calma). Sciocca. Sciocchina. (Breve pausa). Cosa sarebbe
successo se avessi bucato tu? Sola sulla strada a urlare con le auto che passavano
a scheggia, con i fari abbaglianti, senza fermarsi, non si è fermato nessuno, hai
pensato a cosa ti sarebbe potuto succedere se ti fossi trovata tutta sola in mezzo
alla strada...
PAULINA   Qualcuno prima o poi si ferma sempre. Magari proprio quel... Miranda? GERARDO Forse sì. In fondo non sono tutti figli di puttana.
PAULINA   No... non tutti.
GERARDO L’ho invitato a bere una cosa, domenica. Ti va bene?
PAULINA   Sì, domenica mi va benissimo. (Breve pausa). Mi ero spaventata perché
avevo sentito un’auto che non era la tua.
GERARDO Però, come vedi, non c’è nessun pericolo.

Breve pausa.
PAULINA   Sì. (Breve pausa). Gerardo. Dimmi la verità, hai già detto di sì al
presidente, vero? La verità, Gerardo. Non vorrai cominciare il nuovo incarico
con una bugia?
GERARDO Non volevo farti soffrire.
PAULINA   Gli hai già detto di sì, vero? Prima di chiederlo a me? Vero? Voglio la
verità, Gerardo.
GERARDO Sì. Gli ho detto di sì. Sì. Prima di chiedertelo.
Le luci vanno in dissolvenza.

SECONDA SCENA

Un’ora dopo. Non c’è nessuno in palcoscenico. Solo il chiaro di luna che entra
dalla vetrata, un po’ più tenue di prima. La tavola è sparecchiata. Nel sottofondo, il
rumore del mare. Sentiamo un’auto che si avvicina, i fari illuminano la stanza e poi si
spengono, poi la portiera si apre e si richiude. Si sente bussare alla porta, prima
timidamente, poi più decisamente. Si accende, e subito si spegne, una lampada in
quinta. Il bussare diventa più insistente. Gerardo, in pigiama, entra in soggiorno dalla
camera da letto.
GERARDO (a Paulina che è in quinta) Non aver paura... non è niente... sì certo, va
bene, amore. Starò attento. (Gerardo accende la lampada). Arrivo, arrivo. (Va
ad aprire la porta. Fuori c’è Roberto Miranda). Ah, è lei. Mi ha fatto
spaventare.
ROBERTO  Mi scusi, mi scusi per... l’intrusione. Pensavo foste ancora svegli a
brindare.
GERARDO Perdoni il mio... prego, entri. (Roberto entra). È che non ci siamo ancora
abituati.
ROBERTO  A cosa?
GERARDO Alla democrazia. Al fatto che potrebbe essere anche un amico a bussare
dopo la mezzanotte, e non...
Vediamo Paulina che si nasconde sul terrazzo da dove può sentire i due parlare senza vederli e senza essere vista.
ROBERTO  ... e non uno di quei figli di puttana?
GERARDO Mia moglie ha... ha passato un periodo un po’... quindi lei capisce... deve
scusarla... parliamo un po’ più piano...
ROBERTO  Ma certo, si figuri, è colpa mia, volevo solo... GERARDO Venga, la prego, si sieda...
ROBERTO  ... passare a trovarla... per un attimo, non più di un minuto... lei forse si
chiederà il perché... sa, ero in auto, stavo tornando verso la mia casa al mare... GERARDO Oh, mi scusi, vuol bere una cosa? Ho solo del cognac che ho preso al duty
free, ma domenica mia moglie le farà uno dei suoi famosi margarita...
Paulina si avvicina per sentire meglio.
ROBERTO  No, grazie, preferisco... be’ sì, solo un dito. Avevo acceso la radio... e ho
sentito il suo nome, tra le persone scelte dal presidente per la commissione
d’indagine, e mi sono detto, Gerardo Escobar, questo nome lo conosco, ma
dove, quando, Gerardo Escobar, continuava a ronzarmi in testa, e proprio
quando sono arrivato mi è venuto in mente. Mi sono ricordato anche che avevo
la sua ruota di scorta nel mio portabagagli e che domani lei avrebbe dovuto farla
riparare, ma soprattutto... vuole che le dica la verità vera?
GERARDO Non chiedo altro.
ROBERTO  Mi sono detto... quest’uomo sta per fare qualcosa di davvero importante
per la nostra nazione... finalmente qualcuno riuscirà a far dimenticare al Paese
per sempre le aberrazioni e l’odio accumulato in tutti questi anni e poi mi sono
anche reso conto che questo, in fin dei conti, è il suo ultimo weekend libero
per... chissà quanti mesi, vero, perché da adesso in poi lei dovrà viaggiare in
lungo e in largo per ascoltare le migliaia di testimonianze... Non mi dica che... GERARDO Sì, è vero, ma non esageriamo...
ROBERTO  Quindi, mi sono detto, il minimo che posso fare è riportargli la ruota di
scorta così domani non gli tocca chiamare un taxi o il carro attrezzi... e poi da
queste parti il telefono non ce l’ha quasi nessuno.
GERARDO Mi fai sentire come se io...
ROBERTO  No, sono assolutamente sincero quando ti dico che la commissione chiuderà per sempre un capitolo molto doloroso della nostra storia, e io, che
sono qui da solo questo weekend, posso darti una mano... anche se non è un gran che, è giusto che si diano da fare un po’ tutti...
GERARDO Potevi aspettare anche domani...
ROBERTO  Domani? Così ti tocca trovare qualcuno che ti porti fino all’auto... poi
devi rintracciarmi... per riprenderti la ruota di scorta... No, mio caro,... ti
accompagno io domani a ripararla e poi con il mio cric... a proposito... sei
riuscito a sapere dov’è finito il tuo, cosa gli è...
GERARDO Mia moglie l’ha prestato a sua madre. ROBERTO  A sua madre?
GERARDO Sai come sono le donne...
ROBERTO (ridendo) Sì, certo. Il grande mistero. Possiamo varcare qualunque frontiera
ma  l’anima  femminile  rimarrà  sempre  inespugnabile.  Sai  cosa  ha  scritto
Nietzsche... almeno credo fosse Nietzsche? Nessuno riuscirà mai a possedere
completamente l’anima femminile. Forse non era lui. Ma sono certo che il
vecchio Nietzsche lo avrebbe sicuramente scritto se si fosse trovato, di sabato sera, in mezzo a una strada senza cric.
GERARDO E senza ruota di scorta.
ROBERTO  Già, e senza ruota di scorta. Tanto per concludere in bellezza... se ti
accompagno io riusciamo a fare tutto in mattinata...
GERARDO Mi sembra di abusare della tua...
ROBERTO  Non ne parliamo più. A me piace aiutare gli altri... sono un medico, te l’ho
detto, no? Ma non pensare che aiuti solo le persone importanti come te.
GERARDO Se solo avessi saputo in che guaio ti stavi per ficcare avresti spinto
l’acceleratore al massimo, eh? Meglio fondere che...
ROBERTO   (ridendo)  Meglio  fondere  che...  No  davvero,  non  mi  costa  niente
accompagnarti. È un onore per me. Anzi, se devo essere davvero sincero, io
sono tornato qui per congratularmi, per dirti che... tu sei l’uomo di cui ha
bisogno il Paese, l’uomo che riuscirà a far venire a galla tutta la verità, una volta
per tutte...
GERARDO Il Paese ha bisogno di giustizia, e se riusciamo ad appurare anche solo una
parte della verità...
ROBERTO  Mi hai tolto le parole di bocca. Anche se non riuscirete a processarli tutti,
protetti come sono dall’amnistia che si sono autoconcessi... che almeno vengano
resi pubblici i nomi...
GERARDO No, i nomi rimarranno segreti. La funzione della commissione non è
quella di individuare gli autori dei crimini né quella di...
ROBERTO  In questo Paese prima o poi viene fuori tutto. Ci saranno i figli, i nipoti,
che chiederanno: è vero che hai commesso tutto quello di cui ti accusano? e
loro, mentendo, diranno che sono tutte calunnie, che è una congiura comunista,
o che so io, ma sarà la verità che li condannerà e finiranno per farsi commiserare
dai loro stessi figli, che proveranno disgusto e pena. Certo non è come metterli
in prigione, però...
GERARDO Magari un giorno...
ROBERTO  Sì, se ci fosse una rivolta nazionale si potrebbe abrogare l’amnistia... GERARDO Lo sai che non è possibile...
ROBERTO  Per quanto mi riguarda dovrebbero essere messi tutti al muro, ma da quel
che dici...
GERARDO Non è per contraddirti, Roberto, ma, secondo me, la pena di morte non ha
mai risolto...
ROBERTO  Scusami, Gerardo, ma su questo non siamo d’accordo. C’è gente che non
merita di vivere, ma non è di questo che volevo parlarti, volevo dirti che stai per
affrontare un grosso problema...
GERARDO Più di uno, se è per questo. L’esercito, tanto per citarne uno, contesterà la
commissione fin dal primo giorno. Hanno già fatto sapere al presidente che
questa inchiesta oltre a essere un oltraggio è anche molto pericolosa, secondo
loro è molto rischioso, per un nuovo governo, riaprire le vecchie ferite. Ma,
grazie a Dio, lui non si è fatto condizionare, anche se per un momento ho
creduto che si fosse spaventato, tanto lo sappiamo tutti che quelli sono pronti a
saltarci addosso al minimo errore...
ROBERTO  Era proprio lì che volevo arrivare, quando hai detto che i nomi non
saranno resi pubblici, quando dicevi che... ma forse hai ragione tu, forse non lo
sapremo mai chi è stato, è una specie di...
GERARDO Mafia.
ROBERTO  Sì mafia, una setta segreta, si proteggono l’un l’altro senza mai fare nomi.
Figurati se le forze armate permettono ai loro uomini di andare a testimoniare,
ignoreranno le convocazioni, e così ve la mettono nel culo. Sì, credo che tu
abbia ragione, la storia dei figli e dei nipoti non è che un’utopia. Non sarà così
facile, è questo che volevo dirti.
GERARDO Ma nemmeno così difficile. Il presidente mi ha detto... che rimanga tra
noi...
ROBERTO  Certo.
GERARDO Il presidente mi ha detto che ci sono delle persone che sono pronte a
deporre  a  patto  che  venga  garantito  loro  l’anonimato.  E  una  volta  che
cominciano a parlare, che partono le confessioni, salta fuori un nome, e poi un
altro, e poi un altro ancora sai... come giustamente dici tu, in questo Paese,
prima o poi, viene fuori tutto.
ROBERTO  Anch’io vorrei essere così ottimista. Ma temo che ci siano cose che non
verremo mai a sapere.
GERARDO Sì, è vero, abbiamo le mani legate, ma non del tutto. Visto che non
possiamo contare sul tribunale per avere giustizia, se non altro avremo le
condanne morali, questo è il minimo che...
ROBERTO  Prego Iddio che tu abbia ragione. Deve essere tardissimo, o Signore, sono
le due. Dài, torno a prenderti domattina, diciamo alle... ti va bene, alle nove? GERARDO Perché non dormi qui? A meno che non ci sia qualcuno che ti aspetta a... ROBERTO  No, nessuno...
GERARDO Perciò sei solo?
ROBERTO  Sì, mia moglie e i bambini sono andati dalla nonna, e a me non piace
volare, e poi ho dei pazienti che...
GERARDO Non avrai certo dei pazienti qui al mare. Dài, rimani...
ROBERTO  Sei molto gentile, ma a me piace stare solo, guardare le onde, ascoltare
musica. E poi sono venuto ad aiutarti, non a darti fastidio. Torno domani, alle... GERARDO Non se ne parla nemmeno. Rimani qui. Quanto ti ci vuole per arrivare a
casa? Mezz’ora?
ROBERTO  Se prendo la strada costiera quaranta minuti circa, ma se...
GERARDO Basta. Paulina sarà felicissima.  Non sai com’è buona la sua prima
colazione.
ROBERTO  Questo mi ha convinto. La colazione! Non credo di avere nemmeno il
latte a casa. E poi sono davvero molto stanco...
Paulina rientra in fretta in camera da letto dalla terrazza.
GERARDO Ti serve qualcosa per...? L’unica cosa che non posso offrirti è il mio
spazzolino da denti...




ROBERTO  Ci sono due cose che non vanno mai condivise, una è lo spazzolino da
denti.
GERARDO Giusto!
ROBERTO  Buonanotte.
Gerardo e Roberto escono in direzioni opposte, ognuno verso la propria camera da letto. Breve pausa: silenzio e chiaro di luna.
GERARDO (dalle quinte) Paulina, amore... Quel dottore che mi ha aiutato, dorme qui
stanotte. Amore? Così domani mi aiuta con l’auto. Tesoro, mi senti?
PAULINA (dalle quinte, come se fosse mezza addormentata) Sì, amore.
GERARDO (dalle quinte) Non temere. È un amico. Gli ho promesso che domattina
preparerai una colazione coi...
Solo il rumore del mare nella penombra.


TERZA SCENA

Poco dopo. Una nuvola attraversa la luna. Il rumore del mare aumenta poi torna ad
attenuarsi. Silenzio. Paulina entra nel soggiorno. Va alla credenza a prendere la
pistola e qualcos’altro, che parrebbero calze da donna, riusciamo a vedere solo grazie
al chiaro di luna. Attraversa il soggiorno-sala da pranzo e va verso la stanza di
Roberto. Si ferma per un momento di fronte alla porta della camera, e ascolta. Poi
entra. Passano alcuni istanti. Sentiamo un rumore confuso, come una voce attutita
seguita da una specie di grido sommesso. Poi silenzio. Poi, sempre in penombra,
vediamo uscire Paulina dalla camera degli ospiti e tornare verso la sua camera da
letto. Apre, prende la chiave dall’interno, la infila all’esterno la richiude a chiave.
Ritorna verso la camera di Roberto e ne riesce trascinandosi dietro in soggiorno
qualcosa che sembra un corpo, ma non ne siamo sicuri. Ce ne renderemo conto solo
in seguito. Prende una sedia, vi siede il corpo e lo lega. Va nella camera degli ospiti e
torna con ciò che sembra essere la giacca di Roberto, dalla tasca prende le chiavi
dell’auto. Sta per uscire di casa ma si ferma, si gira a guardare il corpo che ora
vediamo, distintamente, essere quello di Roberto. Si toglie le mutande e gliele ficca
in bocca. Esce di casa. Sentiamo mettere in moto l’auto di Roberto, i fari attraversano
il soggiorno, è proprio quella luce violenta a rivelarci che il corpo è quello di Roberto
Miranda, legato a una delle sedie. È svenuto, con la bocca tappata. L’auto parte.
Buio.

QUARTA SCENA

Prima dell’alba. Roberto riapre gli occhi. Cerca di alzarsi ma si accorge di essere legato. Allora si dimena cercando disperatamente di liberarsi. Paulina è seduta davanti a lui con la pistola in mano. Roberto la guarda col terrore negli occhi.


PAULINA  (molto calma) Buongiorno, dottor... Miranda, se non sbaglio? Dottor
Miranda. (Paulina gli fa vedere la pistola e gliela punta contro per scherzo)
Avevo una compagna all’università che si chiamava anche lei Miranda. Ana
Maria  Miranda,  sei  parente  dei  Miranda  di  San  Esteban,  eh?  Era  molto
intelligente.  Una  memoria  straordinaria,  la  chiamavamo  la  nostra  piccola
enciclopedia. Non so che fine abbia fatto. Si sarà sicuramente laureata in
medicina, e sarà diventata medico come te. Io invece non mi sono laureata... no,
non ho finito gli studi, dottor Miranda. Vediamo se riesci a indovinare il perché,
sono sicura che non dovrai sforzarti troppo. Meno male che c’era Gerardo. Lui
mi ha... non ha mai smesso di... be’, non posso proprio dire di aspettarmi... ma
diciamo che non ha mai smesso di amarmi, quindi non sono stata costretta a
rimettermi a studiare. Per fortuna, perché provavo una specie di... fobia, no, non
è la parola giusta, una certa avversione, sì... per la medicina. Non ero più così
sicura di aver scelto la facoltà giusta. Ma la vita non è finita finché non finisce...
come si suol dire. Infatti mi chiedo spesso se non sarebbe una buona idea
riiscrivermi... sai, chiedere la riammissione. L’altro giorno leggevo da qualche
parte che, ora che i militari non sono più al potere, l’università riammette tutti
quegli studenti che sono stati sbattuti fuori, a quel tempo. Ma perché me ne sto
qui a chiacchierare invece di preparare la colazione, la mia famosa colazione,
eh? Dunque, cos’è che ti piace... ah sì, panini al prosciutto, vero? Panini al
prosciutto con maionese. La maionese non ce l’ho ma il prosciutto sì. Anche a
Gerardo piace il prosciutto. Poi se vuoi mi dirai di cos’altro hai voglia. Mi
dispiace per la maionese. Per il momento dovrai subirti il mio monologo, spero
che non ti dia fastidio. Poi parlerai anche tu, dottore, non ti preoccupare. Non mi
va di toglierti subito quel... bavaglio, era così che lo chiamavate, vero? Voglio
aspettare che si svegli Gerardo. In realtà dovrei svegliarlo, io. Non so se te l’ho
detto ma sono andata fuori dal gommista e mi hanno detto che veniva subito.
(Va verso la camera da letto, gira la chiave e apre la porta) Mi sembra che ti
stai annoiando, o mi sbaglio? (Tira fuori una cassetta dalla tasca) L’ho trovata
nella tua auto... e mi sono permessa... ti va di ascoltare un po’ di Schubert
mentre io preparo la colazione, la mia famosa colazione, dottore? La morte e la
fanciulla? (La infila nel registratore. Sentiamo il quartetto di Schubert, «La
morte e la fanciulla») Lo sai da quanto tempo non la sentivo? Quando la dànno
alla radio, spengo. Esco pochissimo, lo sai, anche se Gerardo è costretto ad
andare a tutti quei ricevimenti, poi se lo faranno ministro ci toccherà anche dare
la mano e sorridere a tutti quelli che ci capitano davanti. Quando usciamo spero
sempre che non mettano Schubert. Una sera, eravamo a cena con... persone
importantissime, la padrona di casa ha messo Schubert, una sonata per piano, e
io mi sono detta, oddio, cosa faccio, tolgo il disco o me ne vado, è stato il mio
corpo a decidere per me, sono svenuta di colpo. Gerardo ha dovuto portarmi via.
Quando siamo usciti da quella casa stavano ancora ascoltando Schubert, nessuno
ha capito perché mi ero sentita male, è per questo che spero che non mettano
quella musica quando ci sono io, quella di Schubert, strano, vero, e pensare che
era ed è ancora il mio compositore preferito, è così triste, ha un senso così alto
della vita. Mi ero ripromessa di riabilitarlo, di farlo resuscitare, se così si può
dire,  e,  ascoltandolo  ora  qui  assieme  a  te,  so  che  avevo  ragione,  che...
cambieranno molte cose da oggi in poi, vero? Pensa che avevo deciso di buttare
via tutti i dischi di Schubert, che scema! (Alzando la voce per farsi sentire da
Gerardo) Non è meraviglioso questo quartetto, amore? (A Roberto) Finalmente
potrò ascoltare di nuovo il mio adorato Schubert, andare ai concerti, come
facevo prima. Lo sai che Schubert era omosessuale? Ma certo che lo sai, non
facevi che ripetermelo mentre ascoltavi La morte e la fanciulla. La cassetta è
proprio questa, dottore, o ne compri una nuova tutti gli anni per avere un suono
perfetto? (Gerardo   entra   dalla   stanza   da   letto   ancora   addormentato).
Buongiorno, tesoro. Scusami, ma la colazione non è ancora pronta. (Gerardo
vede Roberto, che fa degli sforzi per slegarsi. Gerardo lo guarda sbalordito). GERARDO Paulina! Cosa succede? Per l’amor del Cielo, cosa... Roberto... Dottor
Miranda.
Va verso Roberto.
PAULINA   Non lo toccare. GERARDO Cosa?
PAULINA (minacciandolo con la pistola) Non lo toccare. GERARDO Ma cosa diavolo succede, cosa ti è venuto in... PAULINA   È lui.
GERARDO Metti... metti giù quella pistola. PAULINA   È lui.
GERARDO Chi?
PAULINA   È il dottore.
GERARDO Quale dottore?
PAULINA   Quello che ascoltava Schubert. GERARDO Quello che ascoltava Schubert. PAULINA   Quel dottore.
GERARDO Come fai a saperlo? PAULINA   La voce.

GERARDO Ma non eri... me lo hai detto tu ... mi hai
settimane ti avevano...
PAULINA   Bendata. Sì. Ma ci sentivo.
GERARDO Tu non stai bene.
PAULINA   Sto benissimo.
GERARDO No, tu non stai bene.
detto che per tutte quelle
PAULINA   E va bene, allora non sto bene. Ma anche se fosse sono comunque capace
di riconoscere una voce. E poi, lo sai che quando si perde un senso gli altri si
acuiscono, per compensare quello perduto. Non è vero, dottor Miranda?
GERARDO Il vago ricordo di una voce non significa nulla, Paulina, non è una prova
inconfutabile...
PAULINA   È la sua voce. L’ho riconosciuta subito, appena è entrato qui, ieri notte.
Quel suo modo di ridere. Le espressioni che usa.
GERARDO Ma non è...
PAULINA   Magari è troppo poco, ma a me basta. In tutti questi anni non è passata
una sola ora in cui io non risentissi quella voce, vicino a me, accanto al mio
orecchio, quella voce impastata di saliva, pensi davvero che potrei dimenticare
una voce così? (Imitando prima la voce di Roberto poi quella di un uomo)
«Aumenta pure ancora un po’. Questa troia ce la fa a sopportarne ancora». «È
sicuro dottore? E se poi la troia muore?» «Ma se non è nemmeno svenuta. Dài
su aumenta di qualche tacca».
GERARDO Paulina, per favore, dammi quella pistola. PAULINA   No.
GERARDO Non ci può essere un dialogo tra noi se continui a puntarmela addosso..
PAULINA   E invece proprio se smetto di puntartela il dialogo si interrompe. Se la
metto giù tu userai tutta la tua forza per vincere.
GERARDO Paulina quello che fai avrà conseguenze gravi. PAULINA   Gravi, eh? Irrimediabili, eh?
GERARDO Sì, potrebbero diventare irrimediabili. Dottor Miranda, le chiedo scusa per
quello... sa, mia moglie è stata...
PAULINA   Non osare chiedere scusa a quel pezzo di merda. La vedi quella mano,
quella mano lì...
GERARDO Slegalo, Paulina. PAULINA   No.
GERARDO E allora lo faccio io.
Va verso Roberto. Parte un colpo, Paulina ovviamente non sa usare la pistola perché lo sparo la fa rinculare e ne è sorpresa più di quanto lo siano gli altri due. Gerardo fa un passo indietro e Roberto ha un’aria sempre più disperata.
GERARDO Non sparare, Paulie. Smettila. E dammi quella pistola. (Silenzio). Non
puoi fare così.
PAULINA   La smetti di dirmi quello che posso o non posso fare? «Non puoi fare
questo, puoi fare quello, non puoi fare quest’altro». E io invece lo faccio.
GERARDO Tu stai intimidendo quest’uomo la cui unica colpa, l’unica presunta...
l’unica cosa di cui puoi accusarlo davanti a un giudice è... (Paulina ride con
sprezzo)... sì, un giudice, sì, per quanto corrotto, venale, vigliacco... l’unica cosa
di cui puoi accusarlo è di essersi fermato ad aiutarmi, di avermi riaccompagnato
a casa e di essersi offerto...
PAULINA   Ah già, dimenticavo. Il gommista sarà qui a minuti. GERARDO Cosa?
PAULINA   Prima quando sono andata a nascondere l’auto del tuo buon samaritano mi
sono fermata in una cabina, ho chiamato l’autorimessa e ho detto che avevamo
bisogno di loro subito. Vèstiti, stanno per arrivare.
GERARDO Ti prego Paulina cerchiamo di essere ragionevoli, di comportarci da...
PAULINA   Fallo tu, quello ragionevole. Tanto a te loro non hanno fatto niente.
GERARDO Lo so. Lo so cosa ti hanno fatto, che ti hanno fatto delle... ma qui non
stiamo giocando a chi è più spietato, cazzo... cerchiamo di essere ragionevoli.
Anche se fosse lui il medico, quello tremendo... non è lui, non c’è una prova che
ce lo dimostri, ma ammettiamo pure che fosse stato... che diritto hai tu di legarlo
a quel modo, tesoro, guarda com’è ridotto, pensa alle conseguenze di...
Sentiamo il rumore del carro attrezzi.
PAULINA (corre alla porta, la apre a metà e grida) Arriva, arriva subito. (Richiude la
porta a chiave, tira le tende e guarda Gerardo) Vèstiti, presto. È il carro
attrezzi. Ho già tirato fuori la ruota di scorta dalla sua auto. E anche il suo cric. GERARDO Non vorrai rubarglielo?
PAULINA   Sì, così la mamma può tenersi il nostro.
Breve pausa.
GERARDO Non ti è venuto in mente che potrei andare alla polizia?
PAULINA   Ne dubito. Ti fidi troppo del tuo potere di persuasione. E sai anche che se
la polizia ficca il naso qui io gli ficco una pallottola nel cranio e poi mi metto la
pistola in bocca e premo il grilletto.
GERARDO Oh, tesoro, tesoro. Non ti... riconosco più. Come puoi comportarti così,
parlare così?
PAULINA   Dottor Miranda, perché non gli spieghi quello che mi hai fatto? E magari
poi capisce perché sono così...
GERARDO Paulina, voglio sapere quali sono le tue intenzioni!
PAULINA   Non solo le mie, anche le tue. Dobbiamo processarlo, Gerardo. Qui. Oggi.
Io e te. Non vorrai che lo faccia la tua illustre commissione d’inchiesta?
Le luci vanno in dissolvenza.

Fine primo atto.

Secondo atto

PRIMA SCENA

Mezzogiorno. Roberto è sempre nella stessa posizione. Paulina sta guardando il mare, dà le spalle a Roberto e mentre gli parla dondola lentamente.

PAULINA   E quando mi hanno rilasciata... lo sai dove sono andata? Non potevo
tornare dai miei... avevo rotto i rapporti con loro, erano così filomilitari, vedevo
solo mia madre, ma molto raramente... Non so perché ti dico tutto questo,
nemmeno fossi il mio confessore, non ne ho parlato mai neanche con Gerardo,
né con mia sorella, né tanto meno con mia madre. Se solo sapesse quello che ho
in mente morirebbe sul colpo. A te invece riesco a dire tutto, tutto quello che
provo, tutto quello che ho provato quando mi hanno lasciata andare. Quella
notte... è inutile dirti in che stato ero, mi avevi visitata molto scrupolosamente
prima di farmi rilasciare, vero? Si sta bene qui, così, non trovi? Sembriamo due
pensionati seduti al sole, su una panchina. (Roberto fa dei gesti come se volesse
parlare o slegarsi). Fame? Manca poco. Appena torna Gerardo. (Imitando la
voce di un uomo) «Hai fame? Vuoi un po’ di pappa? Ora te la do, brutta troietta,
ti darò una cosa bella grossa che ti riempirà per bene, così ti passa la fame».
(Con la sua voce) Non sapevi niente di Gerardo, vero?... Cioè non ne avevi mai
sentito parlare. Perché non ho mai rivelato il suo nome. I tuoi... colleghi, me
l’avevano chiesto, naturalmente. «Con questa bella fichetta, tesoro, non dirmi
che non hai nessuno che ti sbatte, eh? Dài, dicci chi è che ti scopa, tesoro». Ma
io non ho mai fatto il suo nome. È strano come vanno le cose. Se avessi fatto il
nome  di  Gerardo  magari  non  lo  avrebbero  designato  alla  commissione
d’inchiesta. E io, oggi, mi ritroverei davanti a loro a raccontare come l’ho
conosciuto... poco dopo il golpe militare, aiutavo la gente a rifugiarsi nelle
ambasciate... abbiamo salvato parecchie vite insieme aiutandoli a varcare il
confine per evitare loro una morte sicura. Ero scatenata, non avevo paura di
niente, ero pronta a qualsiasi cosa. Ancora oggi mi domando come facevo ad
avere  tanto  coraggio.  Ma  sto  divagando.  Quella  notte,  quando  mi  hanno
rilasciata, sono andata a casa di Gerardo, ho bussato, più volte, proprio come hai
fatto tu ieri sera, quando è finalmente venuto ad aprirmi, era agitatissimo, aveva
i capelli tutti arruffati... (Sentiamo un’auto. La portiera che si apre e poi si
ricbiude. Paulina va al tavolo e prende la pistola. Entra Gerardo). Com’è
andata? Tutto bene con la ruota?
GERARDO Paulina, senti, adesso ascoltami.
PAULINA   Certo che ti ascolto. Non faccio che ascoltarti, no?
GERARDO Siediti e ascoltami bene. (Paulina si siede). Lo sai che ho passato gran
parte della mia vita a far rispettare la legge. E se c’era una cosa che mi
disgustava del regime passato...
PAULINA   Chiamalo pure regime fascista...
GERARDO Non interrompermi. Una cosa che mi disgustava era che loro emettevano
sentenze e manipolavano le prove senza dare la possibilità agli accusati di
difendersi, quindi, anche se quest’uomo fosse colpevole di una strage, ha il
sacrosanto diritto di difendersi.
PAULINA   Ma io, Gerardo, non ho intenzione di privarlo di nessun diritto, hai tutto il
tempo  che  vuoi  per  parlare  con  il  tuo  cliente,  in  privato.  Stavo  proprio
aspettando il tuo ritorno per iniziare un regolare processo. (Fa cenno a Gerardo
di togliere le mutande dalla bocca di Roberto. Poi gli indica il registratore)
Dottore, sappi che tutto quello che dirai verrà registrato.
GERARDO Paulina, per l’amor di Dio, stai zitta! Lasciagli dire quello...

Breve pausa. Paulina accende il registratore.
ROBERTO (tossisce e poi con voce roca e smorzata) Acqua. GERARDO Come?
PAULINA   Vuole dell’acqua, Gerardo.
Gerardo corre a riempire un bicchiere d’acqua e lo porta a Roberto, dandogli da bere. Roberto beve rumorosamente.
PAULINA   Buona l’acqua fresca, eh, dottore? Meglio che non bere il proprio piscio. ROBERTO  Escobar. È inammissibile. Non te lo perdonerò mai, finché vivo.
PAULINA   Aspetta, aspetta un attimo, dottore. Vediamo se funziona.
Preme alcuni tasti e poi sentiamo la voce di Roberto.
VOCE DI ROBERTO DAL REGISTRATORE   Escobar.   È   inammissibile.   Non   te   lo
perdonerò mai, finché vivo.
VOCE DI PAULINA DAL REGISTRATORE    Aspetta, aspetta un attimo, dottore. Vediamo
se funziona.
Paulina ferma il registratore.
PAULINA   Bene, siamo pronti. Funziona. Abbiamo già una dichiarazione sul tema
del perdono. Il dottor Miranda ha detto che è inammissibile... che non potrà mai
perdonare finché vive... il fatto che si leghi una persona e la si privi del diritto
alla parola per un paio di ore.
Preme un altro tasto.




ROBERTO  Signora, io non la conosco. Non l’ho mai vista prima d’ora. Ma le posso
assicurare che lei è gravemente ammalata, un chiaro esempio di schizofrenia.
Tu, invece, signor Escobar, non sei malato. Tu sei un avvocato, un difensore dei
diritti dell’uomo, uno che è stato perseguitato dall’ex governo militare, come
me, perciò per te è diverso, tu sei responsabile delle sue azioni, quindi slegami
immediatamente. E ti dirò di più, ogni minuto che passa aggrava la tua
situazione, ti rende complice di questo abuso, e pertanto dovrai pagarne le
conseguenze...
PAULINA (gli puntala pistola alla tempia) Cosa fai, minacci? ROBERTO  Non stavo...
PAULINA   Minacciando, e invece sì. Chiariamo subito una cosa, dottore. L’epoca
delle minacce è finita. Forse, lì fuori, date ancora ordini, brutti figli di puttana,
ma qui, sono io che comando. È chiaro?
ROBERTO  Devo andare in bagno. PAULINA   Piscia o cacca?
GERARDO Santo Cielo, Paulina! Dottor Miranda, ti giuro che non ha mai parlato così
in vita sua.
PAULINA   Non ti preoccupare, il dottore è abituato a questo linguaggio... Allora,
dottore, davanti o dietro?
ROBERTO  In piedi.
PAULINA   Slegagli le gambe, Gerardo. Lo accompagno io. GERARDO Ah, no. Lo accompagno io.
PAULINA   Faccio io. E non mi guardare così, Gerardo. Non è mica la prima volta che
tira fuori il suo... affare davanti a me. Avanti, dottore. In piedi. E non pisciarmi
sul tappeto.

Gerardo  gli  slega  le  gambe.  Roberto,  dolorante,  zoppica  verso  il  bagno,
lentamente, Paulina lo segue con la pistola puntata alla schiena. Gerardo spegne il
registratore. Paulina esce con Roberto. Sentiamo orinare e tirare la catena. Nel
frattempo, Gerardo cammina nervosamente su e giù per la stanza. Paulina ritorna con
Roberto.
PAULINA   Legalo di nuovo. (Gerardo gli lega le gambe). Più stretto, Gerardo. GERARDO Paulina, tutto questo è inaccettabile. Ho bisogno di parlarti.
PAULINA   E chi te lo impedisce.
GERARDO In privato.
PAULINA   E perché? Il dottore ha sempre parlato in mia presenza, loro...
GERARDO Tesoro, Paulie, ti prego, non complicare le cose. Ho bisogno di parlarti in
privato. (Gerardo e Paulina vanno in terrazza. Mentre parlano Roberto riesce
ad allentare la corda che gli lega le gambe). Cosa vuoi fare? Cosa vuoi fare,
cosa pensi di fare con questo tuo atto di follia?
PAULINA   Te l’ho già detto... processarlo.
GERARDO Processarlo, cosa vuol dire, processarlo? Non dobbiamo usare i loro stessi
metodi. Noi siamo diversi. Vendicarsi a questo modo non...




PAULINA   Non è vendetta. Al contrario, io gli do delle garanzie che lui non ha mai
dato a me. Né lui, né i suoi... colleghi.
GERARDO E gli altri... colleghi? Vuoi rapire anche loro, portarli qui, legarli e... PAULINA   Dovrei prima sapere chi sono, non credi?
GERARDO ... e poi vuoi...
PAULINA   Ucciderli? Ucciderlo? No, visto che lui non ha ucciso me, penso che sia
giusto...
GERARDO Meno male, Paulina, perché se no dovresti uccidere anche me, ti avverto
che se decidi di uccidere lui, dovrai uccidere prima me.
PAULINA   Calmati, per favore. Non ho nessuna intenzione di uccidere né lui né tanto
meno... Ma tu, come al solito, non mi credi.
GERARDO E allora, cosa vuoi fargli? Cosa vuoi...? Che intenzioni hai? Cosa vuoi...
tutto questo perché quindici anni fa qualcuno ti ha...
PAULINA   Qualcuno mi ha ...? Cosa mi ha fatto, Gerardo? Dillo. (Breve pausa). Non
ne hai mai voluto parlare. Dillo adesso. Loro mi...
GERARDO Ma se tu allora non ne parlavi, come potevo farlo io? PAULINA   Dillo adesso.
GERARDO So solo quello che mi hai detto quella prima notte, quando... PAULINA   Loro mi...
GERARDO Loro ti...
PAULINA   Dimmelo. Dimmelo.
GERARDO Ti hanno... torturata. Ora parla tu.
PAULINA   Mi hanno torturata. E poi cos’altro? Cos’altro mi hanno fatto, Gerardo?
Gerardo va verso di lei e l’abbraccia.

GERARDO (parlandole all’orecchio) Ti hanno violentata. PAULINA   Quante volte?
GERARDO Più di una volta.
PAULINA   Quante volte?
GERARDO Non lo so, hai detto che non le avevi contate. PAULINA   Non è vero.
GERARDO Cosa?
PAULINA   Che non le ho contate. Invece le ho contate e so benissimo quante volte.
(Breve pausa). E quella notte, Gerardo, quando sono venuta da te, quando ho
cominciato a parlare, ti ricordi cosa hai detto che volevi fare se mai ti fossero
capitati sotto? «Un giorno, amore mio, li processeremo tutti quei figli di puttana.
Ti brilleranno gli occhi». Ricordo benissimo ogni parola perché mi sembrava
così poetica... «I tuoi occhi brilleranno mentre li poserai su ognuno dei loro volti
costretti ad ascoltare la tua storia. Succederà, vedrai che succederà». E ora
dimmi, amore, a chi devo rivolgermi?
GERARDO Sono passati quindici anni.
PAULINA   Dimmi come faccio a denunciare questo medico, a chi, Gerardo? Alla tua
commissione?




GERARDO La mia commissione? E poi quale commissione? Grazie a te forse non
riusciremo nemmeno a indagare su tutti gli altri crimini che... e io dovrò
dimettermi.
PAULINA   Sei sempre così melodrammatico. E poi non aggrottare la fronte, ti si
riempie di rughe che ti fanno sembrare dieci anni più vecchio, e quando la gente
vedrà  la  tua  foto  sui  giornali  non  crederà  che  sei  il  più  giovane  della
commissione.
GERARDO Sei sorda? Ho appena detto che dovrò dimettermi. PAULINA   Non vedo perché.
GERARDO Tu non vedi il perché ma il resto del Paese lo vedrà eccome, soprattutto
quelli che sono contro quest’indagine. Un membro della commissione del
presidente, che dovrebbe essere un esempio di moderazione, di imparzialità e... PAULINA   Finiremo per affogare in tutta questa imparzialità...
GERARDO ... e di obiettività, permette che, in casa sua, si leghi e si tormenti un essere
umano, innocente... sai come si divertiranno i giornali, quelli ancora fedeli alla
dittatura, a minare e magari anche a compromettere la commissione? (Breve
pausa). Vuoi che quelli tornino al potere? Vuoi spaventarli e fare in modo che
tornino al potere per assicurarsi l’immunità? Vuoi che tornino a essere i padroni
assoluti della tua vita e della tua morte? Se è questo che vuoi, sei sulla strada
giusta. Libera quell’uomo, Paulina. Scusati con lui, digli che ti sei sbagliata, e
liberalo. Io ci ho parlato e mi sembra un uomo di cui ci si può fidare dal punto di
vista politico o almeno così...
PAULINA   Oh, povero tesoro, tu credi sempre a tutto quello che ti dicono, vero?
Gerardo, ti giuro che questo processo privato non danneggerà né te né la
commissione. Pensi davvero che io voglia ostacolare la commissione, che voglia
impedire il recupero dei corpi degli scomparsi, o che venga scoperto come sono
stati giustiziati e dove li hanno sepolti? Purtroppo la commissione si occupa solo
di coloro che non possono più parlare. Io, invece, posso parlare... ma sono anni
che taccio, non ho detto nemmeno un decimo di ciò che penso, sono anni che
vivo nel terrore della mia... ma non sono morta, credevo di esserlo, ma non lo
sono e sono in grado di parlare, cazzo... perciò, per l’amor del Cielo, lasciami
dire quello che ho da dire, tu vai avanti con la tua commissione e ti prego di
credermi quando dico che nulla di quanto succederà in questa casa verrà reso
pubblico.
GERARDO Anche se fosse così... devo comunque dimettermi. E prima lo faccio
meglio è.
PAULINA   Vuoi dimetterti anche se nessuno ne saprà niente? GERARDO Sì.
PAULINA   Perché tu mi reputi pazza, pazza perché allora ho taciuto e pazza adesso
perché parlo?
GERARDO Sì, tra le altre cose, sì, proprio così, se vuol davvero sapere la verità.
PAULINA   La  verità  vera,  eh? (Breve  pausa).  Aspetta  un  attimo. (Entra  nel
soggiorno e vede che Roberto sta per liberarsi. Quando lui la vede, smette
immediatamente di armeggiare. Paulina lo lega meglio e il suo tono di voce
diventa maschile) Ehi tu, hai qualcosa da ridire sulla nostra ospitalità? Hai




fretta? Vuoi andartene, brutta troia? Tesoro, guarda che io ti faccio divertire
come mai in vita tua. Dimmi che ti mancherò. Almeno dimmelo. (Paulina gli
sfiora il corpo su e giù, sembra quasi lo stia accarezzando. Poi torna sul
terrazzo). Non è solo la voce che riconosco, Gerardo, ma anche la pelle, il suo
odore. Gerardo. Riconosco la sua pelle. (Breve pausa). Se io ti portassi delle
prove certe che questo medico è colpevole? Dovrei lasciarlo libero lo stesso? GERARDO Sì. Sarebbe una ragione di più per liberarlo. Non mi guardare così. Pensa
cosa succederebbe se tutti si comportassero come te. Se tutti decidessero di farsi
giustizia da soli, assecondando il proprio istinto di vendetta, e chi se ne frega
degli altri cittadini che potrebbero finalmente risolvere una parte dei loro
problemi, grazie alla commissione, che vadano a farsi fottere... e che vada a fare
in culo anche la tanto sospirata democrazia...
PAULINA   Nessuno andrà a farsi fottere! Perché nessuno ne saprà niente!
GERARDO L’unico modo per esserne certi è quello di ucciderlo, e allora sarai tu a
prenderlo nel culo, e di conseguenza anch’io. Lascialo andare, Paulina. Fallo per
il nostro bene e anche per quello del Paese.
PAULINA   E io? E io non conto? Guardami, guardami!
GERARDO Sì, amore, guardati. Sei rimasta ferma a quindici anni fa, sembri ancora
una prigioniera chiusa in quella cantina. E in questi quindici anni non hai fatto
niente della tua vita. Niente. Guardati, ora che abbiamo la possibilità di
ricominciare tutto da capo tu cosa fai, riaprile vecchie ferite... Non pensi che sia
giunto il momento di...?
PAULINA   Dimenticare? Stai chiedendomi di dimenticare. GERARDO Lìberati, Paulina, ti chiedo solo questo.
PAULINA   No! Mi stai chiedendo anche di lasciare andare lui, così magari tra
qualche anno ce lo ritroviamo al potere.
GERARDO Lascialo e vedrai che non tornerà.
PAULINA   E così quando lo incontriamo al Tavelli, lui ci presenta la sua bellissima
moglie e, mentre ci stringiamo le mani, sorridendo, ci diciamo, ma che caldo che
fa per la stagione e...
GERARDO Magari possiamo evitare i sorrisi, ma di fatto, sì, andrà così. E forse
ricominceremo a vivere.
Breve pausa.

PAULINA   Senti, Gerardo, troviamo un compromesso. GERARDO Non capisco...
PAULINA   Compromesso, accordo, negoziato. In questo Paese, tutto ormai viene
approvato con una delibera, no? Non è questo che vuole la transizione? Loro ci
concedono la democrazia ma continuano a controllare l’economia e l’esercito.
La commissione può indagare liberamente sui crimini ma non può punire i
criminali. Sei libero di dire ciò che vuoi purché non dici ciò che vuoi? (Breve
pausa). Quindi lo vedi che non sono né irresponsabile né impulsiva né... pazza.
Facciamo un patto. Tu vuoi che io liberi quest’uomo incolume e io voglio... vuoi
sapere cosa voglio?




GERARDO Non chiedo di meglio.
PAULINA   Quando ho sentito la sua voce, ieri notte, la prima cosa che mi è venuta in
mente è stata la stessa a cui ho pensato tutti questi anni quando tu mi dicevi che
avevo uno sguardo... astratto, vago, è così che lo chiamavi, vero?... lo sai a cosa
pensavo? Rifare a loro, tutto, punto per punto, minuto per minuto, strumento per
strumento, quello che loro hanno fatto a me. Soprattutto a lui, a quel dottore...
gli altri erano talmente volgari che... mentre lui no, lui ascoltava Schubert,
discuteva di scienza, mi ha anche parlato di Nietzsche, una volta.
GERARDO Nietzsche.
PAULINA   Mi facevo orrore. L’odio che covavo dentro mi faceva... ma era l’unico
modo   per   riuscire   ad   addormentarmi,   l’unico   modo   per   riuscire   ad
accompagnarti a un ricevimento anche se spesso mi chiedevo, chissà se tra tutta
questa gente non c’è uno di quelli che... magari non proprio lui, ma uno di loro
potrebbe essere... e per non impazzire del tutto, per riuscire a sfoggiare il sorriso
alla Tavelli che tu dici che devo sempre avere, be’, immaginavo di ficcare la
loro testa in un secchio pieno della loro merda, o fargli assaggiare le scariche
elettriche, e quando facevamo l’amore e sentivo che stavo per avere un orgasmo,
mi tornavano in mente quelle scariche che mi attraversavano il corpo e allora...
fingevo, fingevo, così che tu non capissi a cosa pensavo, e non credessi di non
essere in grado di... oh, Gerardo.
GERARDO Oh, amore mio, amore mio.
PAULINA   Allora quando ho sentito la sua voce, la prima cosa che mi è venuta in
mente è stata quella di stuprarlo, di farlo inculare, questo pensavo, volevo che
capisse, per una volta, cosa significa... e siccome io non posso farlo... ho pensato
che avresti potuto farlo tu.
GERARDO Basta, Paulina.
PAULINA   Ma poi mi sono detta che per te, sarebbe stato impossibile. Per farlo, in fin
dei conti, ci vuole un minimo coinvolgimento...
GERARDO Smettila, Paulina.
PAULINA   Allora ho pensato a una scopa. Sì, una scopa, Gerardo, sai, il manico della
scopa. Ma è un atto troppo fisico... e non mi soddisfa... E allora sai a quale
conclusione sono arrivata, cos’è che voglio veramente? (Breve pausa). Voglio
che confessi. Voglio che si sieda davanti a quel registratore e che racconti tutto
quello che ha fatto... non solo a me, anche agli altri, tutto... poi voglio che ricopi
a mano la confessione e che la firmi, affinché io possa conservarne una copia
per sempre... con nomi, circostanze e tutti i particolari. Questo voglio.
GERARDO Se lui confessa poi tu lo liberi?
PAULINA   Sì, lo libero.
GERARDO Non pretenderai nient’altro da lui?
PAULINA   Nient’altro. (Breve pausa). E una volta ottenuta la confessione di Miranda
anche tu saresti al sicuro, potrai rimanere nella commissione senza problemi,
figurati se oserebbe mandarci i suoi scagnozzi a picchiarci, sa benissimo che se
solo ci tocca il giorno dopo la sua confessione finirebbe su tutti i giornali.




GERARDO E tu pensi che io creda davvero che una volta confessato tu non gli fai
saltare le cervella? O meglio, pensi che lui creda che una volta confessato tu non
gli faccia saltare le cervella?
PAULINA   Non avete alternative. Gerardo, questi stronzi capiscono solo le minacce.
Digli che ho nascosto la sua auto perché voglio ucciderlo e che l’unico modo per
dissuadermi è quella di confessare. Digli anche che non sa nessuno che è qui e
perciò nessuno riuscirà mai a trovarlo. Spero che tu riesca a convincerlo, lo dico
per il suo bene.
GERARDO E devo convincerlo, io?
PAULINA   Preferisci inculartelo?
GERARDO C’è un solo problema a cui forse non hai pensato, Paulina. Cosa succede
se non ha niente da confessare?
PAULINA   Digli che se non confessa lo ammazzo. GERARDO E se non è colpevole?
PAULINA   Digli che non ho nessuna fretta, che sono disposta ad aspettare anche dei
mesi.
GERARDO Paulina non mi hai sentito. Se è innocente come fa a confessare? PAULINA   Se è innocente ce l’ha nel culo.
Le luci si spengono.




SECONDA SCENA

Pranzo. Gerardo e Roberto sono seduti a tavola. Roberto è ancora legato, ma stavolta con le mani davanti. Gerardo gli ha versato la minestra. Paulina li osserva dal terrazzo. Li vede ma non li sente. Roberto e Gerardo rimangono per alcuni istanti in silenzio a guardare il piatto.

GERARDO Non ha fame, dottor Miranda?
ROBERTO  Roberto. Mi chiamo, Roberto. Dammi del tu come... ti prego.
GERARDO Preferisco trattarla come se fosse un cliente, dottor Miranda. Mi riesce più
facile. Dovrebbe mangiare qualcosa.
ROBERTO  Non ho fame.
GERARDO Aspetti che...

Riempie il cucchiaio e imbocca Roberto come un bambino. Durante le battute che seguono Roberto continuerà a imboccarlo e a mangiare anche lui.
ROBERTO  È pazza. Scusami se te lo dico, Gerardo, ma tua moglie... GERARDO Un po’ di pane?
ROBERTO  No, grazie. (Breve pausa). Dovresti farla visitare da uno psichiatra per...


GERARDO A dirla tutta, dottore, è proprio lei la sua terapia.
Gli pulisce la bocca col tovagliolo.
ROBERTO  Mi ucciderà.
GERARDO Sì, se non confessa, la ucciderà.
ROBERTO  Ma cosa devo confessare? Cosa confesso se non ho...
GERARDO Lei sa che la polizia segreta ha usato dei medici come... consulenti,
durante le torture...
ROBERTO  Quando l’ordine dei medici lo ha scoperto, è intervenuto nei limiti del
possibile.
GERARDO Mia moglie è convinta che lei sia uno di quei medici... a meno che non sia
in grado di provare il contrario...
ROBERTO  Come faccio a provare il contrario? Dovrei cambiare voce, dimostrare che
non è la mia voce... se è solo la voce a condannarmi, se non ci sono altre prove,
qualcos’altro che possa...
GERARDO Anche la pelle. Ha parlato anche della sua pelle. ROBERTO  La mia pelle?
GERARDO E del suo odore.
ROBERTO  È il delirio di una mente malata. Avrebbe potuto accanirsi su chiunque
altro, chiunque altro fosse entrato da quella porta...
GERARDO Ma per sua sfortuna è stato lei a entrare...
ROBERTO  Senti, Gerardo, io sono un uomo tranquillo. Si capisce benissimo che non
sono un violento... la violenza mi disgusta. Vengo qui nella mia casa al mare,
passeggio sulla spiaggia, guardo le onde, raccolgo i ciottoli, ascolto musica... GERARDO Schubert?
ROBERTO  Sì, Schubert, non vedo perché dovrei vergognarmi. Mi piacciono anche
Vivaldi, Mozart e Telemann. E ieri, purtroppo, ho avuto la pessima idea di
portarmi  Schubert.  Ma  la  cosa  più  cretina  è  stata  quella  di  fermarmi  a
soccorrerti... mi trovo in questo guaio solo perché mi faceva pena quel pazzo che
si sbracciava accanto a un’auto ferma... Ora tocca a te soccorrermi.
GERARDO Lo so.
ROBERTO  Mi fanno male le caviglie, le mani e anche la schiena. Ti dispiace slegarmi
un po’, così...
GERARDO Roberto, sarò sincero. Hai un solo modo per salvarti la vita... (Breve
pausa). Dobbiamo... accontentarla.
ROBERTO  Accontentarla?
GERARDO Assecondarla,   tranquillizzarla,   così   sente   che   noi...   che   tu   vuoi
collaborare...
ROBERTO  Non so come fare, vista la posizione in cui... GERARDO Assecondala, falle credere che...
ROBERTO  Devo farle credere che...
GERARDO Mi ha promesso che se tu... confessi, lei ti lascia... ROBERTO  Ma se non ho niente da confessare, io!
GERARDO E allora inventati qualcosa, lei ti lascerà andare solo se...




ROBERTO (alzando la voce) Ma non ho fatto niente, io. E quindi non ho niente da
confessare. Lo vuoi capire? (Sentendo la voce di Roberto, Paulina si alza dalla
sedia sul terrazzo e va verso di loro). Invece di propormi soluzioni assurde vai a
convincere quella pazza di tua moglie di smettere di comportarsi come una
criminale. Finirà per rovinarti la carriera e lei finirà in carcere o peggio ancora in
un manicomio. Vaglielo a dire. Insomma, non sei capace di importi in casa tua? GERARDO Roberto, io...
Paulina entra dal terrazzo.
PAULINA   Problemi, tesoro? GERARDO Nessuno.
PAULINA   Vi ho visto un po’... agitati. (Breve pausa). Ah, avete finito la minestra.
Non potete certo dire che non sono una buona cuoca, o una perfetta padrona di
casa, eh? Magari adesso vuole del caffè, dottore? Anche se credo che non ne
beva il dottore. Dottore, sto parlando con te. Tua madre non ti ha insegnato che
quando...
ROBERTO  Lasci stare mia madre. Le proibisco di nominare mia madre.
Breve pausa.
PAULINA   Hai ragione. Purtroppo devo darti ragione. Tua madre non è responsabile
delle tue azioni. Non capisco perché gli uomini accusino sempre le madri invece
dei... Perché si dice figlio di puttana, perché è sempre la madre la puttana invece
del padre che è stato lui il primo a insegnar loro...
GERARDO Paulina ti dispiace andare, così noi continuiamo la nostra conversazione?
Me lo fai questo piacere?
PAULINA   Certo, tutti i piaceri che vuoi. Che siano gli uomini a risolvere i problemi
del mondo! (Lei si volta ed esce) Ah, e se ti scappa da pisciare, tesoro, fammi un
fischio, che arrivo subito.
Ritorna in terrazza.
ROBERTO  È completamente pazza.
GERARDO Bisogna sempre assecondare i pazzi quando hanno il potere in mano. E la
tua confessione...
ROBERTO  Ma cosa risolverebbe...?
GERARDO Magari la libera dai fantasmi che la pervadono, come faccio a sapere cosa
succede nella testa delle persone che sono state... ma credo di capire le sue
esigenze, è un po’ quello di cui stavamo parlando ieri notte. Tutto il Paese ha
bisogno di spiegare con le proprie parole ciò che ha vissuto.
ROBERTO  E tu?
GERARDO Io cosa?
ROBERTO  Tu. Cosa farai dopo? GERARDO Dopo cosa?




ROBERTO  Tu le credi, vero?
GERARDO Se fossi certo della tua colpevolezza, non starei qui a far di tutto per
salvarti la...
ROBERTO  Voi due siete d’accordo fin dal primo momento. Lei fa la parte della
cattiva e tu del buono e...
GERARDO Buono in che senso...
ROBERTO  I ruoli che vi siete dati, lei la cattiva, tu il buono, per far sì che io confessi.
E una volta confessato, sarai tu, e non lei, a farmi fuori. È quello che farebbe
qualsiasi uomo, qualsiasi uomo vero, se gli avessero violentato la moglie. È
quello che farei io se avessero violentato la mia. Ti taglierei le palle. Quindi
adesso dimmi la verità: tu credi che ero io quel cazzo di medico, vero? (Pausa.
Gerardo si alza in piedi). Dove vai?
GERARDO Vado a prendere la pistola per farti saltare le cervella. (Breve pausa.
Sempre più arrabbiato) Ma prima seguirò il tuo consiglio, brutto figlio di
puttana, ti taglierò le palle, fascista di merda. È così che si comporta un vero
uomo, no? I veri macho fanno saltare le cervella alla gente e violentano le donne
legate a una branda. Non come me. Io sono un imbecille, un cacasotto, una
checca, perché difendo quel figlio di puttana che si è fottuto mia moglie e le ha
distrutto la vita. Quante volte te la sei fatta? Quante volte, stronzo che non sei
altro?
ROBERTO  Ma Gerardo, io...
GERARDO Gerardo non c’è più. Ora ci sono io qui e qui ora vige la legge dell’occhio
per occhio, dente per dente, non è questa la tua filosofia?
ROBERTO  Stavo scherzando, era...
GERARDO Però a pensarci bene perché dovrei sporcarmi le mani con un pezzo di
merda come te...
ROBERTO  ... solo uno scherzo.
GERARDO ... quando c’è qualcuno che può godere di più di me del tuo supplizio e
della tua morte? Perché toglierle questa soddisfazione? La chiamo subito così ti
fa saltare lei quella testa di cazzo.
ROBERTO  No, ti prego. Non chiamarla.
GERARDO Sono stufo di stare in mezzo, tra voi due. Prova tu a farla ragionare, prova
tu a convincerla.
ROBERTO  Gerardo, ho paura.

Breve pausa. Gerardo si volta, cambia tono.
GERARDO Anch’io.
ROBERTO  Non lasciare che mi uccida. (Breve pausa). Cosa le dirai? GERARDO La verità. Che non hai intenzione di collaborare.
ROBERTO  Devo sapere quello che ho fatto prima di... cerca di capirmi, non so cosa
devo confessare. Se io fossi quell’uomo, conoscerei ogni... dettaglio, ma io non
so niente, capisci... quindi se sbaglio qualcosa, lei potrebbe pensare che... ho
bisogno del tuo aiuto, devi riferirmi tutto, così posso... fingere in base al tuo
racconto...




GERARDO Mi stai chiedendo di tradire mia moglie?
ROBERTO  No, di salvare un innocente, Escobar. Tu credi nella mia innocenza, vero? GERARDO Ti importa davvero sapere quello che credo io?
ROBERTO  Certo. Lei non parla nel nome della civiltà, tu sì. Lei non è un membro
della commissione, tu sì.
GERARDO (amaro e triste) Già... chi se ne frega di quello che pensa lei. È solo una...
Fa per andarsene.
ROBERTO  Aspetta. Dove vai? Cosa vuoi dirle? GERARDO Vado a dirle che vuoi pisciare.
Le luci si abbassano.

Fine secondo atto.




Terzo atto





PRIMA SCENA

Poco prima di sera. Paulina e Gerardo sono fuori, sul terrazzo, di fronte al mare. Roberto è dentro, ancora legato. Gerardo ha il registratore sulle ginocchia.

PAULINA   Non capisco perché.
GERARDO Devo saperlo.
PAULINA   Ma perché?
Breve pausa.

GERARDO Paulina, io ti amo. E voglio saperlo da te. Non sarebbe giusto, dopo tutti
questi anni, che io lo venga a sapere da lui. Sarebbe... intollerabile.
PAULINA   E invece, se te lo racconto io diventa... tollerabile.
GERARDO Più di quanto lo sarebbe se fosse lui a raccontarmelo.
PAULINA   Ne abbiamo già parlato, Gerardo. Non ti è bastato?
GERARDO Hai cominciato a parlarmene quindici anni fa, ma poi...
PAULINA   Volevi che continuassi a parlare davanti a quella troia? Quella troia che è
uscita dalla tua stanza da letto mezza nuda a chiederti, perché ci metti tanto, e tu
volevi che io...
GERARDO Non era una troia.
PAULINA   Sapeva dov’ero io? Certo che lo sapeva. Solo una troia si scopa un uomo
la cui donna non ha modo di difendersi, oh no?
GERARDO Paulina, non ricomincerai da capo? PAULINA   Sei stato tu a ricominciare.
GERARDO Quante volte devo...? ... ti avevo cercata dappertutto per due mesi. Poi è
arrivata lei, mi ha detto che poteva aiutarmi. Abbiamo bevuto un paio di
bicchieri. Sono un essere umano anch’io, santo Iddio.
PAULINA   Mentre io ero lì che ti proteggevo, non ho mai rivelato il tuo nome, non
sono riusciti a tirarmelo fuori nemmeno sotto... vai a chiederglielo, chiedilo a
Miranda se ho mai fatto il tuo nome, e invece tu...
GERARDO Mi avevi perdonato, mi avevi perdonato, quante volte ancora dobbiamo
tornarci sopra? Tutto questo passato, questo dolore, questo rancore finiranno per
ucciderci. Finiamola... finiamola di rivangare, chiudiamo questo capitolo una
volta per tutte, basta, non parliamone più, mai più.
PAULINA   Perdonare e dimenticare, eh?




GERARDO Perdonare  sì,  dimenticare,  no.  Ma  almeno  tenta  di  perdonare,  così
possiamo ricominciare da capo. Ci sono tante di quelle cose per cui vivere,
mio...
PAULINA   Volevi che parlassi davanti a lei? Volevi che ti dicessi quello che mi
avevano fatto, davanti a lei, volevi che...? Quante volte?
GERARDO Cosa quante volte?
PAULINA   Quante volte te la sei scopata? GERARDO Paulina...
PAULINA   Quante volte? GERARDO Tesoro...
PAULINA   Quante volte lo hai fatto? Quante, quante? Se me lo dici tu te lo dico
anch’io.
GERARDO  (disperato,  la  scuote  e  poi  l’abbraccia)  Paulina,  Paulina.  Mi  vuoi
distruggere? È questo che vuoi?
PAULINA   No.
GERARDO Comunque mi stai distruggendo. E poi ti ritroverai in un mondo tutto tuo,
in cui io non esisto. È questo che vuoi?
PAULINA   Voglio sapere quante volte ti sei scopata quella troia. GERARDO Smettila, Paulina.
PAULINA   Non era la prima volta, vero? Era già successo, vero? La verità, Gerardo. GERARDO Troppa verità uccide, lo sai.
PAULINA   Quante volte, Gerardo. Se me lo dici tu te lo dico anch’io. GERARDO Due volte.
PAULINA   Quella notte. E prima? GERARDO (sottovoce) Tre volte. PAULINA   Cosa?
GERARDO (alzando la voce) Tre volte.
PAULINA   Era così brava a letto? Ti piaceva così tanto? E anche a lei piaceva.
Doveva piacerle molto se è tornata per...
GERARDO Lo sai dove andremo a finire?
PAULINA   Oltre il limite.,. nell’irrimediabile, eh?
GERARDO (disperato) Cosa vuoi ancora da me? Siamo sopravvissuti alla dittatura,
sopravvissuti, e adesso ci stiamo facendo le cose che quegli stronzi non sono
riusciti a farci allora? È questo che vuoi?
PAULINA (con tono calmo) No.
GERARDO Vuoi che me ne vada? Eh? Vuoi che esca di qui e che non ritorni mai più?
Dio mio, è questo che vuoi?
PAULINA   No.
GERARDO Ma  è  questo  che  succederà. (Breve  pausa).  Sono  completamente
disarmato, sono nelle tue mani, nudo come il giorno in cui sono nato. Mi tratti come quell’uomo che...
PAULINA   No.
GERARDO Vuoi che lo...?
PAULINA (sussurrando) Voglio te. Te. Ti voglio vivo, dentro di me. Voglio fare
l’amore con te senza tutti quei fantasmi nel letto, voglio che entri a far parte




della commissione e che tu faccia venire fuori la verità, ti voglio nell’aria che
respiro, ti voglio nello Schubert che finalmente riuscirò ad ascoltare di nuovo... GERARDO Sì, Paulina, sì, sì.
PAULINA   ... voglio che adottiamo un bambino e voglio starti accanto ogni istante,
come hai fatto tu con me dopo quella notte...
GERARDO E non nominarmi più quella troia. Se parli ancora di quella notte finirai
per distruggermi. Mi vuoi morto?
PAULINA   No.
GERARDO E adesso finalmente mi racconti tutto. PAULINA   Sì.
GERARDO Tutto?
PAULINA   Tutto.
GERARDO Sì, questo... questo è l’unico modo per uscire da questa spaventosa
situazione... dobbiamo restare insieme e non nasconderci nulla.
PAULINA   Sì, è l’unico modo.
GERARDO Ora accendo il registratore. Non ti dispiace, vero tesoro? PAULINA   Accendi.
Gerardo lo accende.
GERARDO Pensa di essere davanti alla commissione. PAULINA   Non so da dove cominciare.
GERARDO Comincia dal tuo nome.
PAULINA   Il mio nome, da nubile, è Paulina Salas. Ora sono sposata con l’avvocato
Gerardo Escobar, ma a quei tempi...
GERARDO Data.
PAULINA 6 aprile 1975, ero nubile. Camminavo lungo calle San Antonio... GERARDO Devi essere il più precisa possibile.
PAULINA   ... erano le quattordici e quindici circa quando sono arrivata all’angolo di
calle Huérfanos e dietro di me ho sentito... tre uomini uscire da un’auto, uno di
loro mi ha puntato una pistola alla schiena, «Una sola parola e ti facciamo
saltare le cervella, signorina». Mi parlava sputandomi nell’orecchio... l’alito gli
puzzava di aglio. Il fatto di essermi soffermata su un dettaglio così insignificante
mi ha stupito, pensavo a cosa aveva mangiato, vedevo gli organi, studiati ad
anatomia, che digerivano il cibo. Ci ho ripensato dopo, avevo tanto di quel
tempo per pensare, e mi sono rimproverata di non aver urlato, in quei casi
bisogna sempre urlare, e io lo sapevo, così gli altri sanno chi... devi urlare il tuo
nome, sono Paulina Salas, mi stanno portando via... se non lo fai subito, sei
finita, e io invece mi sono lasciata catturare passivamente, ho ubbidito senza
ribellarmi. Sono sempre stata troppo ubbidiente, sempre. (Le luci vanno in
dissolvenza). Il dottor Miranda non c’era, l’ho conosciuto, per la prima volta, tre
giorni dopo, quando... sì, l’ho conosciuto tre giorni dopo. (Le luci si abbassano
ulteriormente e sentiamo la voce di Paulina al buio, vediamo solo il registratore
che è illuminato dal chiaro di luna) All’inizio pensavo che era lì per aiutarmi.
Era così dolce, così... gentile, dopo tutto quello che mi avevano fatto gli altri. E




poi, a un certo punto, ho sentito il quartetto di Schubert. È difficile descrivere cosa significhi sentire quella musica così bella, al buio, quando sei digiuna da tre giorni, quando il tuo corpo è stato praticamente smembrato, quando...
Al buio sentiamo la voce di Roberto che si sovrappone a quella di Paulina, in sottofondo il secondo movimento de La morte e la fanciulla.
VOCE DI ROBERTO   Mettevo la musica perché mi aiutava nel mio ruolo, quello del
buono, come lo definivano loro, e con Schubert riuscivo a conquistarmi la
fiducia di tutti i prigionieri. Era anche un modo per alleviare le loro sofferenze, e
lo sapevo. È davvero un modo per alleviare le sofferenze, credetemi. E non solo
la musica ma anche tutte le altre cose che facevo. È così che me li conquistavo
tutti, all’inizio. (Le luci si alzano come se la luna si affacciasse da una nuvola. È
notte.  Roberto  è  di  fronte  al  registratore.  La  musica  di  Schubert  va  in
dissolvenza). I prigionieri continuavano a morire..., mi dicevano, perciò avevano
bisogno di qualcuno di fidato che prendesse in mano la situazione. Ho un
fratello nella polizia segreta. «È un modo per vendicarti di quello che hanno
fatto i comunisti a tuo padre, mi avevano detto, una notte...» Mio padre aveva
avuto un infarto quando i contadini gli avevano confiscato le terre a Las
Toltecas ed era rimasto paralizzato... aveva anche perso l’uso della parola, e
passava le ore a fissarmi, con gli occhi che mi dicevano «fai qualcosa». Ma non
è per questo che ho accettato di collaborare. L’ho fatto a scopo umanitario. È
vero che siamo in guerra, pensavo, che vogliono una dittatura totalitaria, che
vogliono uccidere tutta la mia famiglia, me compreso, però hanno comunque
diritto alle cure mediche. Lentamente, senza nemmeno rendermene conto, mi
hanno coinvolto nelle operazioni più delicate, mi hanno chiesto di assistere alle
torture, dovevo stabilire quanta elettricità potevano sopportare i prigionieri. In
un primo tempo ero certo di farlo per salvare la vita di quelle persone, ed era
vero, perché spesso dicevo... o meglio li fermavo e dicevo, se andate avanti
questo muore, anche se non era vero, lo dicevo per aiutare quello di turno. Ma
poi, a poco a poco... la mia umanità si è trasformata in euforia, mi è caduta la
maschera di compassione, e non mi rendevo più conto di quello che stavo
facendo, dell’abisso in cui... Quando mi sono trovato davanti Paulina Salas era
già troppo tardi. Troppo tardi.

Le luci si dissolvono lentamente.
ROBERTO  ...  troppo  tardi.  Ero  stato  contaminato  dalla  crudeltà,  cominciava  a
piacermi quello che facevo. Era diventato un gioco. La mia curiosità era sia
morbosa sia scientifica. Quanta corrente potrà sopportare questa donna? Più
della precedente? E il sesso? Le si asciugherà con le scosse elettriche? Riuscirà
ad avere un orgasmo durante una scarica? È completamente in tuo potere, puoi
fare di lei ciò che vuoi, puoi sbizzarrirti in ogni tua fantasia. (Le luci continuano
a dissolversi mentre sentiamo la voce di Roberto, nella semioscurità. Un raggio
di luna sul registratore) Tutto, tutto ciò che ti era sempre stato proibito, tutto ciò




che tua madre ti aveva scongiurato di non fare. Cominci a sognare lei e tutte le altre donne. Uno di loro mi prendeva sempre in giro, mi diceva, e dài dottore, non vorrai privarti di questa carne fresca. Si chiamava... lo chiamavano Stud... un nomignolo che gli avevano dato, non ho mai saputo il suo vero nome. E poi, sempre Stud, mi diceva dài, non vedi che a questa troia piace... piace a tutte, poi, se metti su un po’ di quella tua musica, diventano ancora più vogliose. Lo diceva davanti a loro, lo diceva davanti a Paulina, e allora io, allora io... però non è morto mai nessuno con me, né uomini, né donne.
Le luci si alzano, è ormai l’alba. Roberto è slegato e sta trascrivendo le sue parole, dettate dal registratore. Davanti a lui ci sono molte pagine già compilate. Paulina e Gerardo lo osservano.
VOCE DI ROBERTO (dal registratore) Se non mi sbaglio... ho assistito a novantanove
interrogatori, compresa Paulina Salas. Non ho altro da dire. Chiedo perdono.

Gerardo spegne il registratore mentre Roberto scrive.
ROBERTO  ... perdono.
Gerardo riaccende il registratore.
VOCE DI ROBERTO   Spero che questa mia confessione dimostri il mio pentimento e
ora che il nostro Paese sta raggiungendo l’equilibrio e la pace...

Gerardo spegne il registratore.
GERARDO Hai scritto così? Ora che il nostro Paese sta raggiungendo l’equilibrio e la
pace?
Gerardo riaccende il registratore.
VOCE DI ROBERTO   ... anche a me dovrebbe essere concesso di vivere il resto della
vita tormentato da questo mio terribile segreto. Non esiste punizione più atroce
di quella che ci impone la voce della coscienza.
ROBERTO (mentre scrive) ... punizione... coscienza. (Gerardo spegne il registratore.
C’è un momento di silenzio). E ora? Devo firmarla?
PAULINA   Prima scrivi, «Tutto ciò è stato scritto di mia spontanea volontà, senza
nessuna costrizione».
ROBERTO  Ma non è vero.
PAULINA   La vuoi provare una vera costrizione, dottore?
Roberto scrive un paio di frasi, le mostra a Gerardo, che annuisce con il capo.
Roberto firma. Paulina si accerta della firma, raccoglie tutti i fogli, prende la cassetta




dal registratore, ne mette un’altra, e preme un bottone. Sentiamo la confessione registrata di Roberto.
VOCE DI ROBERTO (registrata) Mettevo la musica perché mi aiutava nel mio ruolo,
quello  del  buono,  come  lo  definivano  loro,  e  con  Schubert  riuscivo  a
conquistarmi la fiducia di tutti prigionieri. Era anche un modo per alleviare le
loro sofferenze.
GERARDO Paulina. Ora basta.
VOCE  DI  ROBERTO  (registrata) È davvero un modo per alleviare le sofferenze,
credetemi.
GERARDO (spegnendo il registratore) Basta. PAULINA   Non ancora.
GERARDO Non pensi che sia giunto il momento di...
PAULINA   È vero. Abbiamo fatto un patto. (Si alza, va alla finestra, respira
profondamente l’aria di mare) E pensare che una volta passavo delle ore così,
all’alba, a guardare la spiaggia, cercando di distinguere le cose che la marea
aveva abbandonato sulla riva, e di notte, fissavo quelle stesse sagome, cercando
di riconoscerle, se la marea non se le era riportate via. E ora... E ora... GERARDO Paulina!
PAULINA (voltandosi di scatto) Vedo con piacere che i tuoi solidi princìpi non ti
hanno abbandonato. Credevo che avrei dovuto convincerti, ora che sai che è
colpevole, che avrei dovuto convincerti a non ucciderlo.
GERARDO Non ho nessuna voglia di macchiarmi l’anima con un personaggio simile. PAULINA (gli getta le chiavi dell’auto di Roberto) Tieni. Vai a prendergli l’auto.

Breve pausa.
GERARDO Posso fidarmi a lasciarti qui da sola con lui? PAULINA   Non credi che io sia abbastanza adulta?
Breve pausa.
GERARDO Va bene, va bene, vado a prendere l’auto... Mi raccomando. PAULINA   Anche tu.

Gerardo va verso la porta.
PAULINA   E non dimenticare il suo cric.
GERARDO (tentando di sorridere) E tu non dimenticarti di ridargli la cassetta di
Schubert. Tanto ce l’hai già.
Gerardo esce. Paulina lo guarda uscire. Roberto si slega le caviglie.
ROBERTO  Se non le dispiace, avrei bisogno di andare in bagno. Non serve che mi
accompagni stavolta, vero?




PAULINA   Non ti muovere, dottore! C’è ancora una questione in sospeso. (Breve
pausa). Si prospetta una bellissima giornata. Ma per renderla perfetta lo sai cosa
dovrei fare? (Breve pausa). Ucciderti. Così finalmente potrò davvero ascoltare
Schubert senza pensare che magari lo stai ascoltando anche tu, rovinandomi la
giornata, e ammorbando il mio Paese e mio marito. È questo che vorrei...
ROBERTO  Signora, suo marito se n’è andato fidandosi di lei... lei gli ha dato la sua
parola.
PAULINA   Sì è vero, ma... quando gliel’ho data, avevo ancora qualche dubbio... un
piccolissimo dubbio... eri o non eri tu, quell’uomo? Aveva ragione Gerardo, a
modo suo. Ci vogliono le prove, prove concrete... e io potevo sbagliarmi. Ma
sapevo  che  se  tu  avessi  confessato...  o  meglio  quando  ho  sentito  la  tua
confessione, tutti i dubbi sono svaniti. Ora che so per certo che eri proprio tu,
non riuscirei a vivere in pace se ti lasciassi in vita. (Gli punta la pistola) Hai un
minuto per le preghiere, dottore.

Roberto si alza lentamente.
ROBERTO  No, la prego. Sono innocente. PAULINA   Hai confessato.
ROBERTO  Quella confessione... è falsa, signora. PAULINA   In che senso falsa?
ROBERTO  Mi sono inventato tutto. Ci siamo inventati tutto. PAULINA   A me sembrava vera, tristemente vera...
ROBERTO  È stato suo marito a dirmi quello che dovevo scrivere, una parte l’ho
inventata io, è vero, ma per il resto sono tutte parole sue, le stesse che lei ha
usato per esporre i fatti a suo marito. Perché lei mi lasciasse andare, Gerardo, mi
ha convinto dicendomi che l’unico modo per non farmi uccidere era quello di...
lei dovrebbe sapere bene quante cose si dicono quando si è costretti... io però
sono innocente, signora Escobar. Dio solo sa cosa...
PAULINA   Attenzione, dottore, non ti conviene invocare Dio, sei sul punto di sapere
se Egli esiste oppure no. Stud.
ROBERTO  Cosa?
PAULINA   Nella confessione hai nominato Stud, parecchie volte. Doveva essere un
uomo grosso, molto robusto, e che si mangiava quelle sue unghie schifose. Stud. ROBERTO  Non conosco nessuno con quel nome. Il nome me lo ha riferito suo
marito. Tutto quello che ho detto deriva dal racconto di suo marito. Glielo chieda quando torna.
PAULINA   Non ho bisogno di chiederglielo. Perché già lo so, so che ti avrebbe fatto
usare le mie parole per la confessione. È così. Pensa sempre di essere più
intelligente degli altri e che sia suo preciso dovere salvare l’umanità. Non gliene
faccio una colpa. È proprio per questo che lo amo. Ci siamo mentiti per amore.
Mi ha tradito ma lo ha fatto per il mio bene. Anch’io l’ho tradito per il suo bene.
Ma stavolta ho vinto io, dottore. Io avevo detto Bud, per vedere se ci saresti
cascato, se lo avresti corretto. Ed è proprio quello che hai fatto. Hai detto Stud
invece di Bud, se tu fossi davvero innocente...




ROBERTO  Le dico che è stato suo marito a... Senta. Mi ascolti. Magari ha pensato
che un uomo del genere non poteva che chiamarsi Stud e che... non so perché mi
ha... Lo chieda a lui. Glielo chieda.
PAULINA   Non è l’unica cosa che ho cambiato. Ti ho teso altre... trappole ROBERTO  Quali? Quali?
PAULINA   ... poca roba, piccoli cambiamenti e tu li hai corretti tutti. Proprio come
avevo previsto. Avevi così paura di sbagliare che... Ma non è perché sei
colpevole che ti voglio uccidere, dottore, ma perché non sei pentito. Io posso
perdonare solo chi si pente davvero, chi si alza di fronte a coloro che ha offeso e
dice, sono stato io, sono colpevole e non lo farò mai più.
ROBERTO  Cos’altro vuole da me? Ha ottenuto da me più di quanto qualsiasi altra
vittima del vecchio regime possa nemmeno sognarsi di ottenere. (Si inginocchia)
Cos’altro vuole?
PAULINA   La verità, dottore. Voglio la verità, e poi ti lascio andare. Pentiti e ti lascio
andare. Hai dieci secondi. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei. Il tempo sta per
finire. Sette. Parla!
Roberto si alza in piedi.
ROBERTO  No.  Non  lo  farò,  perché  so  che  anche  se  lo  facessi,  lei  non  si
accontenterebbe. Mi ucciderebbe lo stesso. E allora mi uccida. Io non mi faccio
trattare in questa maniera da una squilibrata. Se vuole uccidermi, lo faccia. Ma
sappia che sta per uccidere un innocente.
PAULINA   Otto.
ROBERTO  Lei lo fa solo perché ha subìto cose orribili e ora ha deciso di vendicarsi
su di me, e magari domani su qualcun altro... così... per sempre. Ho dei figli, due
maschi e una femmina. Vuole che passino i prossimi quindici anni a cercarla?
Per poi...
PAULINA   Nove.
ROBERTO  Paulina, su... perché non la smettiamo?
PAULINA   Perché devono essere sempre le persone come me a sacrificarsi, perché
dobbiamo sempre pagare noi, perché devo sempre essere io a mordermi la
lingua, perché? No, non ci sto. Questa volta voglio pensare solo a me stessa, a
ciò che voglio io. Anche se si trattasse di un solo caso di giustizia, uno solo.
Cos’ho da perdere? Cosa posso perdere se ne uccido uno? Cos’ho da perdere?
Cos’ho da perdere?
Rimangono immobili nella stessa posizione mentre le luci si abbassano lentamente. Attacca l’ultimo movimento del quartetto delle dissonanze di Mozart. Paulina e Roberto vengono nascosti da uno specchio che scende in palcoscenico obbligando il pubblico a specchiarsi. Mozart va avanti ancora per qualche minuto mentre il pubblico continua a specchiarsi. Alcuni proiettori mobili vanno su e giù per le file delle poltrone illuminando tre o quattro spettatori alla volta.







SECONDA SCENA

Una sala da concerto. Qualche mese dopo. È sera. Entrano Gerardo e Paulina,
vestiti elegantemente. Siedono di fronte allo specchio, dando le spalle agli spettatori,
magari possono sedersi anche in due poltrone della platea. Sotto alla musica sentiamo
il tipico brusio di un teatro durante un concerto: qualche colpo di tosse, qualcuno che
si schiarisce la gola, le pagine del programma che vengono sfogliate e anche qualche
respiro pesante. Quando finisce la musica, Gerardo applaude e poi sentiamo anche gli
applausi di tutti gli spettatori invisibili. Paulina non applaude. L’applauso si dissolve
e si alza il brusio tipico di una sala da concerto durante l’intervallo: qualche
mormorio, ancora qualcuno che si schiarisce la gola, persone che si avviano verso il
foyer che è già pieno di gente. Gerardo e Paulina si avviano anche loro, salutando
alcune persone, fermandosi un attimo a chiacchierare con qualcuno. Pian piano si
allontanano dalle loro poltrone verso un foyer immaginario che pare pieno di gente.
Sentiamo dei mormorii, eccetera. Gerardo si mette a parlare con alcuni spettatori
come se fossero stati anche loro al concerto. Sentiamo le sue parole che coprono il
brusio.

GERARDO (rivolgendosi amichevolmente ad alcuni spettatori) Grazie, grazie tante...
Sì, sono un po’ stanco ma ne è valsa la pena... Sì, siamo molto soddisfatti del
verbale redatto dalla commissione. (Paulina si allontana da lui lentamente, si
avvia verso un piccolo bar approntato per l’occasione. Gerardo continua a
parlare alla gente finché Paulina non ritorna) La gente è stata molto generosa,
non vi è stato nemmeno un moto di vendetta personale... ero convinto che il
nostro lavoro avrebbe contribuito al risanamento, ma sono rimasto sorpreso di
verificarlo fin dalla prima convocazione. È stata una donna anziana a deporre
per prima, era così timida. Parlava rimanendo in piedi. «La prego, si sieda», le
aveva detto il presidente della commissione che si era alzato per tenerle la sedia.
E lei si era seduta e aveva cominciato a piangere. Poi ci ha guardato e ha detto:
«È la prima volta, signore...», suo marito era sparito da quattordici anni, lei
aveva fatto migliaia di petizioni, aspettato centinaia di ore... «È la prima volta -
ha continuato - in tutti questi anni che qualcuno mi invita a sedermi». Era la
prima volta che qualcuno le aveva offerto una sedia. (Nel frattempo Paulina, che
ha comprato delle caramelle... sta per pagare quando entra Roberto, sotto una
luce  lunare  vaga  e  fantasmagorica.  Potrebbe  essere  davvero  lui  oppure
un’allucinazione di Paulina. Paulina non l’ha ancora visto. Un campanello
annuncia l’inizio della seconda parte del concerto. Paulina ritorna accanto a
Gerardo che, a questo punto, dovrebbe aver finito il monologo. Roberto rimane
dietro di loro a osservarli). E quanto agli assassini, anche se non sappiamo o
non possiamo rivelare il loro nomi... ah, Paulina, eccoti qui. Ci vediamo dopo,
amico mio. Ora che ho finalmente un po’ di tempo libero, potrebbe venire a bere
una cosa da noi. Paulina fa un margarita eccezionale.

Gerardo e Paulina tornano a sedersi. Roberto siede in un’altra poltrona sempre guardando Paulina. Sentiamo degli applausi all’ingresso dei fantomatici musicisti. Brusio degli strumenti che si accordano. Inizia La morte e la fanciulla. Gerardo guarda Paulina, che invece guarda davanti a sé. Le prende la mano e poi guarda anche lui davanti a sé. Poco dopo Paulina si volta a guardare Roberto. Il loro sguardi si incrociano per un momento. Poi Paulina si volta e guarda il palcoscenico e lo specchio. Le luci si abbassano mentre la musica continua e continua.

Sipario.