martedì 5 maggio 2020

LA SCATOLA NERA
Amos Oz
Note di copertina

Alec e Ilana non si parlano da sette anni. Il divorzio è stato brutto, le emozioni in gioco crudeli, lui si è trasferito negli Stati Uniti dove è diventato famoso per i suoi studi sul fanatismo religioso, lei è rimasta in Israele, si è sposata con un ortodosso da cui ha avuto una bimba.
Alec e Ilana hanno un figlio, Boaz, disconosciuto dal padre nel corso del divorzio come atto di estrema offesa verso la moglie. Boaz è un adolescente difficile e, dopo svariati scatti di violenza, si fa buttare fuori da scuola.
Così, dopo anni, Ilana scrive ad Alec per chiedergli aiuto. Attraverso le lettere emergono i diversi personaggi che si delineano nettamente, mostrando i differenti volti della società israeliana.
  Dr Alexander A. Gideon

  Dipartimento di Scienze Politiche

  Università dell'Illinois

  Chicago, Illinois, Stati Uniti.

  Gerusalemme, 5.2.76.

   

  Caro Alec,

  Se non hai distrutto questa lettera appena riconosciuta la mia grafia sulla busta, è segno che la curiosità è più forte dell'odio. O che il tuo odio ha bisogno di nuovo combustibile.

  Adesso impallidirai, stringerai le mascelle da lupo come fai sempre, sino a far scomparire le labbra, infine ti accanirai su queste righe per scoprire ciò che voglio da te, che cosa ho l'ardire di chiederti dopo sette anni di assoluto silenzio fra di noi.

  Quel che voglio è che tu sappia che Boaz si trova in una brutta situazione. Voglio che lo aiuti il più in fretta possibile. Mio marito e io non possiamo fare nulla, perché Boaz ha troncato ogni rapporto. Come te, del resto.

  Adesso puoi anche smettere di leggere e gettare questa lettera nel camino (chissà perché ti immagino sempre dentro una lunga stanza luminosa, piena di libri, seduto da solo a una scrivania nera di fronte a una finestra che dà su monotone e piatte distese di neve, senza un albero, solo neve candida e luccicante.

  E un fuoco che brucia dentro il camino alla tua sinistra, un bicchiere vuoto e una bottiglia vuota anch'essa sul tavolo vuoto che hai davanti. L'immagine la colgo in bianco e nero. Anche tu, sai: monacale, ascetico, alto, tutto in bianco e nero).

  Ora stai accartocciando questa lettera, borbotti in perfetto stile anglosassone e getti con precisione il cartoccio nel fuoco: che te ne importa, in fondo, di Boaz Senza contare che non credi a una soltanto delle mie parole. Ecco che pianti i tuoi occhi grigi nel fuoco ammiccante e dici fra te e te: mi sta di nuovo giocando un brutto tiro. Quella femmina non s'arrende mai, non lascia in pace.

  Dunque perché ti sto scrivendo.

  Per disperazione, Alec. E in fatto di disperazione tu sei un esperto internazionale, non è vero? (Sì, certo che ho letto il tuo libro - come tutto il resto del mondo, d'altro canto - "La violenza disperata: studio comparativo sul fanatismo".) Ma ciò che intendo non è il tuo libro, piuttosto la sostanza di cui è foggiata la tua anima: disperazione algida. Disperazione artica.

  Stai ancora leggendo? Rinnovando il tuo odio verso di noi? Assaporando a piccoli sorsi la gioia per le sventure degli altri come fosse un whisky di marca? Se le cose stanno così, farei meglio a smetterla di provocarti, è ora di parlare di Boaz.

  La verità è che non ho idea di quello che sai e quello che non sai. Non mi meraviglierei che fossi al corrente di tutto fin nei minimi particolari, perché hai chiesto e ottenuto dall'avvocato Zakheim un resoconto mensile sulla nostra vita, e per tutti questi anni ci hai tenuto sotto il tuo controllo radar. D'altra parte, non mi stupirei nemmeno di sentire che non sai nulla di nulla: né che ho sposato un uomo che si chiama Michael Sommo, né che ho avuto una figlia né di quel che è successo a Boaz: ti si confà, il gesto di voltare la schiena con un movimento brutale e respingerci per sempre dalla tua nuova vita.

  Dopo che ci cacciasti via, andai a stare con Boaz nel kibbutz di mia sorella e suo marito. (Non avevamo altro posto al mondo, e nemmeno denaro.) Rimasi là sei mesi, poi tornai a Gerusalemme. Ho lavorato in una libreria. Boaz è rimasto in kibbutz cinque anni, finché non ne ha compiuti tredici. Lo andavo a trovare ogni tre settimane. É andata avanti così finché non ho sposato Michel, e da allora il ragazzo mi chiama puttana. Come te, del resto. Non è mai venuto, nemmeno una volta, da noi a Gerusalemme. Quando gli abbiamo detto della nascita di nostra figlia (Madeleine Yifat) mi ha sbattuto il telefono in faccia.

  Due anni fa è comparso a casa nostra all'una di notte, era inverno, per comunicarmi che aveva chiuso con il kibbutz pertanto o lo iscrivevo immediatamente alla scuola agricola o se ne andava "a vivere per le strade e di lui non avremmo più sentito parlare".

  Mio marito si è svegliato e gli ha detto di togliersi i vestiti bagnati, di mangiare qualcosa, lavarsi e dormire, di modo da parlarne l'indomani mattina. Il ragazzo (già allora, a tredici anni e mezzo, era grande e grosso assai più di Michel) gli ha risposto con il tono di chi pesta un insetto: "Chi sei tu? Chi ti ha chiesto qualcosa?". Michel ha sorriso e gli ha risposto: "Che ne diresti di uscire un attimo di casa, tesoro, calmarti, cambiare la cassetta, bussare di nuovo alla porta e rifare tutto da capo civilmente invece di comportarti come un gorilla?".

  Boaz si è girato verso la porta, ma io mi sono messa fra lui e l'uscita. Sapevo che non mi avrebbe sfiorato. La piccola si è svegliata e ha cominciato a piangere, Michel è andato a cambiarle il pannolino e a scaldare il latte in cucina. Io ho detto: "Va bene Boaz. Andrai alla scuola agricola, se è questo che vuoi".

  Michel in canottiera e mutande, con la bambina tranquilla in braccio, ha aggiunto: "Solo a condizione che prima tu chieda scusa a tua madre, ripeta bene la richiesta e alla fine dica grazie. Insomma, non sei una bestia, vero?". E Boaz, con quella smorfia di disgusto disperato e di sprezzo che ha ereditato da te, mi ha sussurrato: "E da una feccia del genere tu ti lasci scopare ogni sera?". Poi ha allungato la mano e mi ha sfiorato i capelli, dicendo con un tono affatto diverso, che al solo ricordare mi stringe il cuore: "Ma la vostra bimba è piuttosto carina".

  Poi (con l'intercessione del fratello di Michel) abbiamo messo Boaz alla scuola agricola Telamim. É stato due anni fa, all'inizio del 1974, poco dopo la guerra per la quale - così mi hanno detto - sei tornato in Israele a combattere come comandante di un battaglione carristi nel Sinai, per poi scappare di nuovo appena finita. Abbiamo anche rispettato la sua richiesta di non andare a trovarlo. Abbiamo pagato la retta in silenzio. Cioè, Michel l'ha pagata. Non esattamente Michel, ecco.

  Nemmeno una cartolina abbiamo ricevuto da Boaz durante quei due anni. Solo degli avvisi dalla direzione: il ragazzo è violento. Si è ficcato nei pasticci e ha rotto la testa del guardiano notturno dell'istituto. Il ragazzo sparisce la notte. Il ragazzo ha un fascicolo a suo nome presso la polizia. Il ragazzo si trova sotto sorveglianza speciale. Il ragazzo sarà costretto a lasciare l'istituto. Questo ragazzo è un mostro.

  Del resto, che cosa ricordi tu, Alec? Se l'ultima cosa che hai visto era una creatura di otto anni, chiara, esile e lunga come uno stelo, capace di stare ore e ore in silenzio su uno sgabello, chino sulla tua scrivania, assorto a costruire apposta per te degli aeroplanini di legno di balsa secondo i modellini "fai da te" che gli portavi - un bambino prudente, docile, quasi fifone, benché già allora, a otto anni, fosse capace di soffocare l'umiliazione con una specie di prepotenza taciturna. Nel frattempo, come una bomba genetica a orologeria, Boaz è diventato un sedicenne alto un metro e novantadue che non ha ancora intenzione di fermarsi, un ragazzo scostante e selvaggio, cui l'odio e la solitudine hanno infuso una mirabile forza fisica. Questa mattina, poi, è successa la cosa che da tempo sapevo sarebbe successa, prima o poi: una telefonata urgente. Hanno deciso di espellerlo dall'istituto, perché ha assalito un'insegnante. Non hanno voluto dirmi altro.

  Perciò sono andata immediatamente là, ma Boaz si è rifiutato di vedermi. Mi ha solo mandato a dire "che lui non ha niente a che fare con quella puttana". Intendeva forse quell'insegnante? Non lo so. Ho saputo comunque che non si trattava propriamente di un "assalto", bensì di una battuta velenosa a causa della quale è scappato uno schiaffo all'insegnante, e lui gliene ha immediatamente resi due. Ho pregato che rimandassero l'espulsione sino a quando non gli avrò trovato un'altra sistemazione. Devo avergli fatto pena, mi hanno concesso due settimane.

  Michel dice che, se voglio, Boaz può stare qui da noi (benché noi due con la bambina si viva in una stanza e mezza, su cui grava ancora un pezzo di mutuo). Ma tu sai meglio di me che Boaz non sarà d'accordo. Il ragazzo nutre disgusto verso di me e anche verso di te. Dunque tu e io abbiamo qualcosa in comune, nonostante tutto. Mi dispiace.

  É altrettanto improbabile che lo prendano in un altro istituto, con i suoi precedenti presso la polizia e le ammonizioni del preside. Ti scrivo perché non so che fare. Ti scrivo anche se non leggerai e qualora leggessi non mi risponderai. Tutt'al più darai ordine al tuo avvocato Zakheim di spedirmi una lettera formale in cui si ribadisce che il suo cliente continua a negare la paternità, che l'esame del sangue non ha prodotto un esito inequivocabile e che sono stata io allora a oppormi strenuamente a un esame del tessuti. Scacco matto.

  E in effetti il divorzio ti ha esentato da ogni responsabilità nei confronti di Boaz e da ogni impegno nei confronti miei. So tutto a memoria, Alec. Non ho alcuna speranza. Ti scrivo come fossi alla finestra a parlare alle montagne. O dentro il buio che sta fra le stelle. La disperazione è il tuo campo. Se vuoi puoi usarmi come campione.

  Hai ancora sete di vendetta? Se è così, ora ti porgo l'altra guancia. La mia e quella di Boaz. Ti prego: picchia più forte che puoi.

  Sì, questa lettera te la spedirò benché in questo preciso istante io stia posando la penna e decidendo di rinunciare: dopo tutto non ho niente da perdere. Tutte le strade mi sono negate. Cerca di capire: quand'anche l'ufficiale giudiziario o l'assistente sociale riuscissero a convincere Boaz a sottoporsi a un trattamento, a una riabilitazione, a un sostegno, al trasferimento in un altro istituto (non credo sia possibile, comunque) non avrei comunque i soldi per pagare nulla.

  Mentre tu ne hai tanti, Alec.

  E nemmeno contatti ho, mentre tu potresti muovere tutto quello che vuoi con tre telefonate. Tu sei intelligente e forte. O lo eri sette anni fa. (Qualcuno mi ha detto che hai subito due operazioni. Nessuno ha saputo dirmi di che genere di operazioni si trattasse.) Spero che tu stia bene, adesso. Di più non posso scrivere qui, non vorrei essere tacciata di ipocrisia. Servilismo. Adulazione. Non lo nego, Alec: sono anche disposta ad adularti quanto vuoi. Disposta a fare qualunque cosa tu mi chieda. E per "tutto" intendo proprio tutto. Purché tu salvi tuo figlio.

  Se solo avessi un briciolo di cervello ora cancellerei le parole "tuo figlio" e scriverei al loro posto Boaz, per non mandarti su tutte le furie. Ma come potrei cancellare la verità? Tu sei suo padre Quanto al mio cervello, hai deciso da un pezzo che sono completamente scema.

  Allora ti faccio una proposta: sono pronta a riconoscere per iscritto, davanti a un notaio se vuoi, che Boaz è il figlio di chiunque tu voglia. Il mio rispetto per me stessa è defunto da tempo. Dunque, firmerò qualunque pezzo di carta il tuo avvocato mi metterà davanti, se in cambio acconsentirai a dare un primo, rapido soccorso a Boaz.

  Diciamo un aiuto umanitario. Diciamo, un atto di pietà verso un ragazzo che è un perfetto estraneo.

  E davvero, sai, se mi fermo e smetto di scrivere e lo evoco, mi trincero dietro queste parole: Boaz è un ragazzo estraneo. Ragazzo no. Una persona estranea. Me, mi chiama puttana. Te, cane. Michel, "piccolo magnaccia". Quanto a se stesso (anche nei documenti ufficiali) si firma con il mio cognome da signorina Boaz Brandstetter. E l'istituto dove lo abbiamo messo con immensa fatica, su sua stessa richiesta, lo chiama Isola del Diavolo.

  Adesso voglio dirti qualcosa che potrai usare contro di me. I genitori di mio marito ci mandano da Parigi ogni mese un po' di denaro per tenerlo in quell'istituto, benché non abbiano mai visto Boaz e Boaz non sappia nemmeno della loro esistenza. Sono gente niente affatto benestante (esuli dell'Algeria) e hanno, oltre a Michel, altri cinque figli e otto nipoti, in Francia e in Israele.

  Alec. Ascolta. Di quel che è stato non farò cenno in questa lettera. Solo una cosa, che sappi non dimenticherò mai, anche se il fatto stesso ch'io ne sia a conoscenza desterà il tuo stupore. Due mesi prima del nostro divorzio, Boaz fu ricoverato al reparto di nefrologia dello Shaare Zedek per un'infezione ai reni. Ci furono complicazioni. Senza dirmi nulla tu andasti dal professor Blumenthal a chiedergli se un adulto poteva, in caso di bisogno, donare un rene a un bimbo di otto anni. Dunque avevi in mente di donargli un tuo rene. Avvertendo il professore che ponevi una condizione. Che io (e il bambino) non lo sapessimo mai. E in effetti non ne seppi nulla finché non feci amicizia con il dottor Adorno, l'assistente di Blumenthal quel giovane medico che stavi per portare in tribunale per colpevole negligenza nei confronti di Boaz e della sua malattia.

  Se stai ancora leggendo, e certo in questo momento ancora più pallido di prima, mentre con un moto brusco di violenza soffocata prendi l'accendino per dar fuoco fra le labbra dove non c'è nessuna pipa, concludi ancora con te stesso: ma certo. Il dottor Adorno. E allora. Se non hai ancora distrutto questa mia lettera, è giunto il momento di farlo. E insieme a essa distruggere me e Boaz. Poi Boaz è guarito e dopo tu ci hai ripudiato cacciandoci dal tuo Eldorado, dal tuo nome e dalla tua vita.

  Senza donare nessun rene. Ma io credo che volessi davvero donarlo. Perché tu fai sempre tutto sul serio, Alec. Lo riconosco: hai serietà in tutto.

  Pensi che ti stia di nuovo adulando? Se credi posso ammettere la colpa: è piaggeria, la mia. Servilismo.

  In ginocchio davanti a te, faccia a terra. Come allora. Come ai bei tempi.

  In fondo non ho nulla da perdere e non mi costa niente supplicare. Farò quello che mi ordinerai. Solo, non indugiare perché fra due settimane lo buttano per la strada. E per la strada ha chi lo aspetta.

  In fondo nulla al mondo è al di là delle tue possibilità. Sguinzaglia dunque il tuo mostruoso avvocato.

  Forse con una raccomandazione lo prendono in un collegio navale (Boaz manifesta una strano spasimo per il mare, sin da quando era molto piccolo. Ti ricordi, Alec, ad Ashkelon nell'estate della guerra dei Sei Giorni? Il vortice? I pescatori? La zattera?)

  Un'ultima cosa, prima di chiudere questi fogli dentro una busta; se vuoi vengo anche a letto con te.

  Quando vuoi. E come vuoi. (Mio marito sa di questa lettera, mi ha persino aiutato a concepirla, a parte quest'ultima frase. Adesso se proprio hai voglia di distruggermi, non ti resta che fotocopiarla, sottolineare quest'ultima frase con la tua matita rossa e mandarla a mio marito. Funzionerà a meraviglia. Ora lo ammetto: ti ho mentito prima scrivendo che non ho niente da perdere.)

  Dunque Alec, adesso siamo tutti nelle tue mani. Persino la mia figliolina. E puoi fare di noi quello che vuoi.

   

  Ilana (Sommo).

   

  Signora Halina Brandstetter-Sommo

  Tarnaz 7

  Gerusalemme

  Israele

  Espresso.

  Londra, 18.2.76.

  Gentile Signora,

  Soltanto ieri mi è stata inoltrata dagli Stati Uniti la Sua lettera del 5 c.m. Risponderò solo a una piccola parte degli argomenti che Lei solleva.

  Questa mattina ho parlato al telefono con un mio conoscente in Israele. A seguito di questa conversazione, mi ha chiamato or ora, di sua iniziativa, la direttrice dell'istituto in cui suo figlio studia. Ci siamo accordati affinché l'espulsione venga revocata, sostituita da un'ammonizione. Se tuttavia - come vagamente adombrato nella Sua lettera -, risultasse che suo figlio preferisce passare a un'accademia navale, ho buone ragioni per ritenere che la cosa si possa fare (tramite il mio avvocato Zakheim).

  Parimenti l'avvocato Zakheim provvederà a farvi avere un assegno pari a duemila dollari (in lire israeliane e intestato a Suo marito). A Suo marito è richiesto di confermare per iscritto il ricevimento della somma come donazione alla luce della vostra difficile situazione, cosa che non costituirà in alcun modo un precedente o l'ammissione di un qualsivoglia obbligo da parte nostra. Suo marito dovrà inoltre fornire assicurazione che da parte vostra non giungeranno più altri appelli in futuro (mi auguro che la povera e numerosa famiglia parigina non abbia in mente di seguire il vostro esempio e chiedermi favori pecuniari di sorta). Quanto al resto della sua lettera, un'accozzaglia di menzogne, di goffe contraddizioni e volgarità inqualificabili, preferisco tacere.

   

  A.A. Gideon.

   

  P.S. Trattengo la Sua lettera.

   

   

  Dr. Alexander A. Gideon

  London School of Economics

  Londra, Inghilterra.

  Gerusalemme, 27.2.1976.

   

  Caro Alec,

  Come certo saprai, la settimana scorsa abbiamo firmato le carte che il tuo avvocato ci ha presentato e abbiamo ricevuto la somma. Ma Boaz ha lasciato la scuola agricola e già da qualche giorno lavora ai mercati generali di Tel Aviv, presso un grossista di verdure sposato a una cugina di Michel. É stato Michel a procurargli questo lavoro, su esplicita richiesta di Boaz.

  É andata così: quando la direttrice ha comunicato a Boaz che non era espulso dall'istituto ma soltanto ammonito, Boaz ha preso il suo zaino ed è sparito. Michel ha telefonato alla polizia (ha dei parenti lì) che appurata la situazione ci ha comunicato che il ragazzo era presso di loro, in stato di fermo ad Abu Kabir per ricettazione. Un amico del fratello di Michel, uno che ha un posto importante nella polizia di Tel Aviv, è andato a mettere una parola buona per lui con l'ufficiale giudiziario. Dopo qualche complicazione siamo riusciti a tirarlo fuori su cauzione.

  Per pagarla abbiamo speso un po' del tuo denaro. So che non era per questo che intendevi darcelo, ma di altro non disponevamo: dopo tutto Michel è soltanto un insegnante di francese, precario, in una scuola pubblica religiosa, e tolte le trattenute e l'ipoteca abbiamo a malapena di che mangiare, con il suo stipendio. Senza contare la bambina piccola (Madeleine Yifat. Due anni e mezzo).

  Voglio che tu sappia che Boaz non ha idea della provenienza del denaro usato per pagargli la cauzione.

  Se glielo avessimo detto, credo che avrebbe sputato sopra quei soldi, sopra l'ufficiale e Michel insieme.

  Anche così, all'inizio non voleva a nessun costo essere rilasciato e pretendeva di "essere lasciato in pace".

  Michel è andato ad Abu Kabir senza di me. L'amico di suo fratello (quel pezzo grosso della polizia) aveva fatto in modo di lasciare lui e Boaz da soli nell'ufficio della stazione di polizia, affinché potessero parlarsi in privato. Michel gli ha detto, guarda, può darsi il caso che tu non ti ricordi più chi sono, sono Michel Sommo e mi risulta che alle mie spalle mi chiami il pappone di tua mamma. Puoi anche dirmelo in faccia se ti serve per calmarti un po'. E io per parte mia potrei dirti di rimando che sei bacato in testa. E così ci insulteremmo a vicenda fino a sera, ma tu non vinceresti perché io posso imprecare contro di te in francese e arabo mentre tu sai a malapena l'ebraico. Dunque, una volta esaurite le maledizioni, che faresti? Allora forse ti conviene prendere fiato, calmarti, e cominciare a elencarmi che cosa esattamente vuoi dalla vita, non credi? Poi io ti spiegherò che cosa io e tua madre possiamo darti. E vedremo: magari, che dici, ci mettiamo d'accordo?

  Boaz ha detto che lui dalla vita non vuole un bel niente, ma la cosa che vuole certamente di meno è che la gente gli chieda che cosa vuole dalla vita.

  A questo punto Michel, con cui il mondo non è mai stato troppo gentile, ha fatto una cosa giusta: si è alzato e se ne è andato, dicendo a Boaz, be' se le cose stanno così allora stammi bene, caro per quanto mi riguarda possono anche rinchiuderti in un istituto per dementi o subnormali, con te ho chiuso. Me ne vado.

  Boaz ha ancora tentato una blanda resistenza, ha detto a Michel, e dov'è il problema, faccio fuori qualcuno e scappo. Ma Michel si è soltanto voltato dalla porta e gli ha detto con calma: guarda, bello mio, io non sono tua mamma né tuo papà, non sono niente per te, allora non è il caso che fai la scena con me, a me di te non frega nulla. Ti do sessanta secondi per decidere se vuoi uscire di qui su cauzione, sì o no. Per quanto mi riguarda, uccidi chi ti pare, solo se puoi cerca di non sbagliare il colpo. Saluti e baci.

  Quando Boaz gli ha detto, aspetta un attimo, Michel ha capito subito che il ragazzo aveva abbozzato per primo: quel gioco lì Michel lo conosce meglio di tutti noi perché il suo destino è stato quello di vedere la vita per lo più da sotto, e la sofferenza l'ha fatto diventare una persona-diamante, per così dire: duro e fascinoso (sì, anche a letto, se t'interessa saperlo). Boaz gli ha detto: se davvero non te ne frega niente di me, allora perché sei venuto da Gerusalemme a tirarmi fuori su cauzione? Michel dalla porta è scoppiato a ridere: d'accordo, due punti a tuo favore, la verità è che in fin dei conti sono venuto a vedere da vicino quel genio che tua madre è riuscita a sfornare, e chissà che anche la bambina che ha avuto da me abbia qualche potenziale. Allora, vieni o non vieni?

  E così è andata che Michel l'ha tirato fuori di prigione con i tuoi soldi e poi l'ha invitato a un ristorante cinese "kasher" aperto da poco a Tel Aviv, i due sono anche andati al cinema (e chi stava seduto dietro di loro avrà pensato che Boaz era il padre e Michel suo figlio). La sera tardi Michel è tornato a Gerusalemme e mi ha raccontato tutto, mentre Boaz era già stato sistemato dal grossista di verdure del mercato generale in via Carlebach, quello sposato a una cugina di Michel. Perché ecco cosa Boaz gli ha detto che voleva fare: lavorare e guadagnare e non dipendere da nessuno. Michel allora gli ha risposto su due piedi, senza consultarsi con me, "la cosa mi piace, vedrai che già stasera ti sistemo qui a Tel Aviv". E così ha fatto.

  Boaz dorme adesso al Planetarium di Ramat Aviv: uno dei responsabili lì è sposato a una ragazza che ha studiato con Michel a Parigi negli anni cinquanta. E a Boaz il Planetario piace proprio. No, non per le stelle ma per i telescopi e le lenti.

  Ti scrivo questa lettera con tutti i dettagli su Boaz con il consenso di Michel, lui dice che dal momento che hai dato il denaro è nostro dovere metterti al corrente di come l'abbiamo usato. E io penso che leggerai questa lettera tre volte di fila. Penso che il legame che Michel è riuscito a stabilire con Boaz ti farà l'effetto di un pugno fra le costole. Penso che anche la mia prima lettera tu l'abbia letta almeno tre volte. E mi piace pensare alla rabbia che ti ho provocato, con queste due lettere. La rabbia ti rende più virile e attraente ma anche puerile e quasi toccante: cominci con lo sprecare un'immensa forza fisica contro oggetti fragili come penne, pipe, occhiali. Non per mandarli in pezzi bensì per trattenerti e spostare questi oggetti tre centimetri a destra o due a sinistra, tutto qui. Questo spreco di energia lo ricordo con languore e mi piace immaginare che avvenga adesso mentre leggi la mia lettera, lì nel tuo studio in bianco e nero, tra il fuoco nel camino e la neve. Se poi esiste una donna che attualmente viene a letto con te, confesso che in questo istante la invidio. Invidio persino quel che stai facendo alla pipa, alla penna, agli occhiali, ai miei fogli con le tue dita forti.

  Torno a Boaz. Ti scrivo perché ho promesso a Michel che l'avrei fatto. Quando riavremo indietro la somma della cauzione, essa andrà per intero in un libretto di risparmio a nome di tuo figlio. Se deciderà di proseguire gli studi, lo finanzieremo con questo denaro. Se vorrà affittarsi una stanza a Tel Aviv o qui a Gerusalemme, malgrado la sua giovane età, useremo il tuo denaro. Per noi non prenderemo niente.

  Se sei d'accordo su quanto ho detto, puoi anche non rispondermi. Altrimenti fammi sapere per tempo, prima che si sia usato il denaro, e così lo restituiremo al tuo avvocato, vedremo di cavarcela anche senza (benché la nostra situazione finanziaria sia pessima).

  Ora mi resta soltanto una richiesta.

  Quella di distruggere questa mia lettera e anche la precedente, oppure - se hai deciso di usarle - di farlo subito, immediatamente, senza indugio. Ogni giorno che passa e ogni notte che passa è una collina o una valle che la morte si conquista. Il tempo passa, Alec, entrambi stiamo sbiadendo.

  Ancora una cosa: tu mi hai scritto che le menzogne e contraddizioni contenute nella mia lettera ti ispirano un silenzio sprezzante. Il tuo silenzio, Alec, e anche il tuo disprezzo, mi incutono terrore: davvero in tutti questi anni, in tutti i posti che hai visto, non hai trovato un'anima sola che ti regali - foss'anche una volta ogni mille anni - un seme di dolcezza? Mi dispiace per te, Alec. É tremenda davvero la nostra storia: io sono quella che ha sbagliato e tu e tuo figlio ne scontate tutta la crudele colpa. Se vuoi, cancella pure "tuo figlio" e metti "Boaz". Se vuoi, cancella tutto. Per parte mia fai pure tutto quello che può alleviare i tuoi tormenti.

  Ilana.

   

   

  Signor Michel-Henri Sommo

  Tarnaz 7

  Gerusalemme

  Israele.

  Raccomandata.

  Ginevra, 7.3.1976.

   

  Egregio Signore,

  Con il Suo assenso - e stando alle sue parole anche con il Suo incoraggiamento - la Sua consorte ha ritenuto opportuno inviarmi recentemente due lunghe e piuttosto imbarazzanti lettere che non le fanno certo onore. Se ho bene interpretato le sue fumose parole, risulta che anche la sua seconda lettera giunge allo scopo di farmi presente il vostro stato di indigenza. Suppongo inoltre che sia Lei, signore, a tirare i fili e a dirigere dietro le quinte delle sue richieste.

  Le circostanze mi consentono (senza particolare sacrificio da parte mia) di venirvi in soccorso anche questa volta. Ho dato istruzione al mio avvocato, il signor Zakheim, di versare sul Suo conto un ulteriore bonifico pari a cinquemila dollari (a nome Suo, e in lire israeliane). Qualora nemmeno questo bastasse, La prego signore di non rivolgersi più a me tramite Sua moglie e con formule equivoche bensì di informarmi (tramite il signor Zakheim) sull'entità della somma definitiva e assoluta richiestami per risolvere tutti i Suoi problemi. Se dunque sarà così gentile da indicare una somma ragionevole, può anche darsi che mi trovi disposto a giungere a una forma di accordo. Il tutto però a condizione che non mi stia a importunare con un'indagine sui motivi della mia donazione, né con smodate espressioni di riconoscenza in stile levantino. Io per parte mia mi astengo ovviamente dall'esprimermi in merito a quei Suoi principi che le permettono di chiedere e prendere da me tali somme di denaro.

  Distinti Saluti,

  A.A. Gideon.

   

   

  Spettabile Avvocato Signor Manfred Zakheim

  Studio Zakheim & Di Modena King George 36

  Città.

  Per grazia di Dio

  Gerusalemme

  13 di Adar 5736 (14.3.76).

   

  Spettabile Avvocato Signor Zakheim, la pace sia con Voi!

  A seguito delle nostre conversazioni telefoniche di ieri: necessitiamo in tutto di una somma pari a sessantamila dollari americani per il saldo del nostro mutuo e la costruzione di un'ulteriore stanza e mezza, e una somma pari per la sistemazione del figlio e anche della figlia piccola, per un totale di centottantamila dollari americani. Parimenti si richiede una donazione pari a novantacinquemila dollari americani allo scopo di acquistare e rimettere in sesto la Casa Alkalai nel quartiere ebraico della vecchia Hebron (proprietà ebraica presa con la forza durante i disordini e le stragi perpetrate dagli arabi nel 1929, ora vorremmo tornare in possesso di ciò non con la forza ma con regolare acquisto).

  RingraziandoLa anticipatamente per il disturbo e con profondo rispetto per il dottor Gideon, la cui opera scientifica suscita ammirazione fra il nostro popolo e rende onore a Israele fra le genti, e con i migliori auguri per la festa di Purim,

   

   

  Ilana e Michael (Michel-Henri) Sommo.

   

   

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  ALEX PREGO DELUCIDAMI TRATTASI TENTATIVO ESTORSIONE DEVO GUADAGNARE TEMPO DEVO COINVOLGERE ZAND ATTENDO ISTRUZIONI. MANFRED.

   

   

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  Ilana Sommo

  Tarnaz 7

  Gerusalemme

  20.3.76.

   

  Ilana,

  Mi hai chiesto di pensarci un giorno o due e di scriverti cosa ne penso. Sappiamo entrambe che quando chiedi un parere, o un consiglio, in fondo cerchi approvazione per quel che hai già fatto o hai già deciso di fare. Tuttavia ho voluto scriverti per chiarire a me stessa come mai ci siamo separate così malamente.

  La sera che ho trascorso da voi a Gerusalemme la scorsa settimana mi ha ricordato quei brutti tempi.

  Sono tornata a casa, dopo quella sera, con il terrore. Benché fosse tutto apparentemente normale, a parte la pioggia che a Gerusalemme è continuata per tutta la notte. E a parte Michel che mi è parso stanco e malinconico. Per un'ora e mezza ha armeggiato per montare il nuovo scaffale, Yifat che gli porgeva il cacciavite e il martello e le pinze e quando mi sono alzata per aiutarlo a tenere due colonnine, tu dalla cucina mi hai proposto per scherzo di portarmelo in kibbutz perché qui i suoi talenti sono sprecati. Poi si è seduto alla scrivania con una vestaglia sopra il pigiama di flanella e ha corretto con inchiostro rosso i quaderni dei suoi allievi. La sera l'ha passata così. La stufa a kerosene accesa in un angolo della stanza, Yifat che ha giocato a lungo da sola sulla stuoia con la pecora di lana che le avevo comprato alla stazione centrale degli autobus, alla radio davano un concerto per flauto con Rampal, tu e io ci siamo sedute in cucina a bisbigliare fra di noi; all'apparenza era una tranquilla serata in famiglia.

  Michel se ne è stato per conto suo e tu non gli hai rivolto più di venti parole in tutta la sera. In effetti nemmeno a Yifat e a me hai detto molto. Eri immersa in te stessa. Quando ti ho raccontato delle malattie dei bambini, della nuova mansione di Yoash nella fabbrica di plastica del kibbutz, della decisione presa dal consiglio di mandarmi a fare un corso di cucina dietetica, tu ascoltavi e non ascoltavi, non mi hai posto nemmeno una domanda. Non ci è voluto molto per capire che, come al solito, aspettavi con ansia che io finissi il mio banale resoconto per passare ai tuoi drammi fatali. Che ti aspettavi da me delle domande. E così ho chiesto, ma senza ottenere risposta. Michel è arrivato in cucina, si è spalmato margarina e formaggio su una fetta di pane, si è fatto un caffè e ha promesso che non era sua intenzione disturbarci, che ora avrebbe messo a nanna Yifat, che noi due potevamo continuare a chiacchierare indisturbate. Quando è uscito mi hai raccontato di Boaz, delle tue due lettere ad Alex, delle due somme che vi ha passato e della decisione di Michel "di tirargli fuori questa volta tutto quello che si può", di modo che "il mascalzone, chissà che non sia la volta buona che comincia a riconoscere i suoi torti". La pioggia batteva contro la finestra. Yifat si è addormentata sulla stuoia e Michel è riuscito a metterle il pigiama e a depositarla nel letto senza svegliarla. Poi ha acceso la televisione con il volume al minimo, per non disturbarci, ha guardato il telegiornale delle nove e in silenzio è tornato ai suoi quaderni. Tu hai mondato delle verdure per il pranzo dell'indomani, ti ho dato una mano. Mi hai detto: guarda, Rahel, non giudicarci, voi al kibbutz non avete idea di quel che sono i soldi. E hai aggiunto: sono sette anni ormai che cerco di dimenticarlo. E anche: tu comunque non capiresti. Attraverso la porta della cucina scorgevo la schiena curva di Michel, le sue spalle gobbe la sigaretta che ha tenuto tutta la sera in mano evitando di accenderla perché le finestre erano chiuse, e mi è venuto da pensare: lei mente di nuovo. Anche a se stessa, mente. Come al solito. Niente di nuovo. E invece tutto quello che ti ho detto quando mi hai chiesto un parere è stato, più o meno: Ilana, non giocare col fuoco. Sta' attenta. Ne hai già viste abbastanza.

  Al che tu hai risposto stizzita: sapevo che avresti cominciato a farmi la morale.

  Ho detto: Ilana, se non ti spiace, non sono stata io a sollevare l'argomento. E tu: ma mi ci hai portato.

  Così ho proposto di smetterla. E abbiamo comunque smesso di parlarne, perché Michel è ricomparso in cucina, scherzando sul fatto che entrava in "territorio femminile", ha lavato i piatti della cena e con la sua voce bruciacchiata ha raccontato qualcosa che aveva sentito al telegiornale. Poi si è seduto con noi, ha fatto una battuta sul "tè dei polacchi", ha sbadigliato, ha chiesto di Yoash e dei bambini, quasi distrattamente ci ha fatto una carezza sul capo, ha chiesto scusa, è andato a raccogliere i giochi di Yifat sulla stuoia, è uscito sul balcone a fumare, poi ci ha salutato ed è andato a dormire. Tu hai detto: del resto non posso proibirgli di vedere l'avvocato di Alex. E hai aggiunto: per garantire un futuro a Boaz. E senza alcun nesso hai aggiunto: comunque è costantemente presente nella nostra vita.

  Ho taciuto. E tu, trattenendo l'astio, mi hai chiamato: la saggia e normale Rahel. E hai aggiunto: solo che la tua normalità è una fuga dalla vita.

  Non sono riuscita a trattenermi, e così ho detto: Ilana, ogni volta che tu usi la parola "vita" io mi sento a teatro.

  Ti sei offesa. Hai troncato la conversazione. Mi hai preparato il letto, dato un asciugamano e promesso che mi avresti svegliato alle sei, in tempo per prendere l'autobus per Tiberiade. Mi hai spedito a dormire e sei tornata in cucina a compiangerti da sola. A mezzanotte sono andata in bagno, Michel russava debolmente; quanto a te, ti ho vista ancora seduta in cucina, in lacrime. Ti ho invitato ad andare a dormire, mi sono offerta di stare con te, ma, quando usando la seconda persona plurale hai detto, "lasciatemi stare", ho deciso di tornare a letto. É continuato a piovere per tutta la notte. La mattina prima di uscire, mentre bevevamo il caffè mi hai chiesto sottovoce di pensarci su un giorno o due e di scriverti qualcosa dopo. In effetti ho cercato di pensare a quello che mi hai detto. Se non fossi tua sorella sarebbe forse più facile per me. Comunque ho deciso di scriverti che secondo me Alex è stato la tua tragedia e Michel e Yifat sono tutto quel che hai. Boaz è meglio se al momento lo lasci in pace, giacché ogni tuo tentativo "di tendergli una mano materna" non fa che accrescere la sua solitudine. E le distanze che lo separano da te. Non toccarlo, Ilana. Se si prospetta di nuovo la necessità di intervenire, lascia fare a Michel. Quanto al denaro di Alex, come tutto ciò che riguarda lui, quel denaro porta una maledizione.

  Non mettere in gioco tutto quello che hai. Così mi sento di dirti. Mi hai chiesto di scriverti, e l'ho fatto.

  Cerca solo di non arrabbiarti con me.

   

  Rahel.

   

  Un saluto da Yoash e dai bambini. Un bacio a Michel e Yifat. Sii buona con loro. Non ho idea di quando sarò di nuovo a Gerusalemme. Anche da noi non fa che piovere e spesso salta la corrente.

   

  Dr. A.A. Gideon

  16 Hampstead Heath Lane

  London NW 3, Inghilterra.

  Raccomandata - Espresso.

  Gerusalemme 28.3.76.

   

  Mio caro Alex,

  Se pensi che sia giunto il momento ch'io vada al diavolo, hai solo da mandarmi un telegramma con quattro parole, "Manfred vai al diavolo", "and I shall be on my way right away". Se d'altro canto hai deciso di dare un'occhiata dall'interno al reparto psichiatrico, allora fammi il piacere di andarci da solo, cioè senza di me. Non me ne viene in tasca niente, ecco.

  Secondo le tue disposizioni e contrariamente al mio buon senso, ieri ho liquidato la nostra piantagione di agrumi presso Binyamina (ma non la proprietà di Zikhron Yaakov: al momento non sono ancora impazzito del tutto). A ogni buon conto, posso realizzare per te circa centomila dollari americani con preavviso di ventiquattrore, e consegnarli al marito della tua bella ex moglie, qualora volessi darmi disposizione inderogabile in proposito.

  D'altra parte, mi sono permesso di non chiudere ancora la faccenda, sì da lasciarti la possibilità di ricrederti e annullare tutto il tuo festival di Babbo Natale senza danno alcuno (a parte le mie commissioni).

  Ti prego almeno di farmi avere quanto prima una prova convincente del fatto che non sei completamente andato di testa: e ti prego di scusarmi, caro Alex, per il mio linguaggio aspro. Quel poco che mi resta da fare, nell'amena situazione in cui mi hai messo, è di recapitarti una bella lettera di dimissioni. Il guaio è che sono un poco affezionato a te.

  Come tu ben sai, il tuo notevole padre mi ha angustiato la vita per circa trent'anni, prima e durante la sua arteriosclerosi e anche quando ormai aveva dimenticato il suo nome nonché il mio e anche come si scrive

  Alex. Chi meglio di te sa quanto ho sudato per cinque, sei anni, per riuscire a farti nominare unico fiduciario di tutti i suoi beni, senza che i tre quarti se ne andasse in tasse di eredità o aliquote di senilità o in chissà quale altra idrovora bolscevica. Tutto questo esercizio non ti nego che mi ha procurato una buona misura di soddisfazione professionale, un bell'appartamento a Gerusalemme e persino qualche gingillo il cui prezzo ho pagato con l'ulcera. Ma se avessi saputo che dopo dieci anni l'unico figlio di Volodya Gudonski avrebbe un bel giorno cominciato a elargire confetti agli asini, non avrei certo fatto simili sforzi titanici per trasferire tutto quel ben di Dio da un matto a un altro: a che pro?

  Permettimi allora di renderti noto, Alex, che la parte da te ora destinata a quel meschino fanatico corrisponde grosso modo a un sette-otto per cento di tutto quello che possiedi. E come faccio io a essere sicuro che domani non ti prenda un altro attacco di follia e tu decida di ripartire il resto fra un istituto per ragazzi padre e un ospizio per mariti maltrattati? In fondo per quale ragione gli dai quel denaro? Solo per il fatto che ha avuto la gentilezza di sposare la tua ex moglie di seconda mano? O a titolo di finanziamento al povero terzo mondo? O forse come risarcimento per la discriminazione verso gli orientali? Se poi sei diventato completamente matto, potresti fare ancora un piccolo sforzo e impazzire in un'altra direzione, lasciando i tuoi beni ai miei due nipotini, che ne dici? Guarda, a questo posso provvedere senza nemmeno chiederti la commissione. Insomma, noi crucchi qui non abbiamo sofferto certo meno dei marocchini, no? Non ci avete forse disprezzato e fatto oggetto di soprusi, voi nobiltà russa francesizzata di Binyamina nord? Tieni anche conto, Alex, che i miei nipotini investirebbero la tua fortuna nello sviluppo della nazione! Elettronica! Laser! Loro, se non altro, non lo sprecherebbero restaurando ruderi a Hebron e trasformando letamai arabi in sinagoghe! Debbo informarti, mio caro Alex, che il tuo spettabile signor Michel-Henri Sommo è effettivamente un ometto di modeste dimensioni, ma in quanto a fanatismo non è secondo a nessuno. Non un fanatico chiassoso, questo no, un fanatico del genere latente: tranquillo, cortese e ferino. (Se ti capita, dà un'occhiata al tuo eccellente studio, al capitolo "Tra fanatismo ed eccesso di zelo").

  Ieri ho studiato un pochetto mister Sommo. Qui nel mio ufficio. Guadagnerà a dir tanto duemilaseicento lire israeliane al mese, ma versa ogni mese un quarto dello stipendio a un piccolo gruppo religioso nazionalista, non più di tre dita a destra del movimento per la Grande Israele. Fra parentesi, questo Sommo: forse hai pensato che, dopo aver provato di persona un uomo su cinque di tutta Gerusalemme, quella scombinata di tua moglie si sia finalmente trovata una specie di Gregory Peck, mentre il suddetto signor Sommo comincia (come tutti del resto) da terra ma si interrompe bruscamente a circa un metro e sessanta di distanza. Vale a dire che è più basso di lei almeno di una testa. Probabilmente l'ha comprato in liquidazione, un tanto al metro.

  Insomma, questo Napoleone Bonaparte africano compare da me in ufficio con un paio di pantaloni di gabardine, un soprabito a scacchi un po' troppo grande, è riccioluto, rasato all'eccesso, impregnato di dopobarba radioattivo, un paio di occhialini con la montatura dorata, al polso un orologio d'oro con cinturino d'oro, cravatta rossa e verde con fermaglio d'oro, e in testa - giusto per fugare ogni possibile equivoco - una piccola papalina.

  Comunque, si scopre che il gentiluomo è tutt'altro che scemo. Soprattutto quando si tratta di soldi, di innesco dei sensi di colpa, nonché di ben mirati accenni a ogni sorta di parenti potenti in posizioni strategiche al comune, nella polizia, nel suo partito, persino al Ministero delle finanze. Potrei quasi giurare, caro il mio Alex, che un giorno o l'altro troverai questo Sommo seduto in parlamento a sparare lunghe e letali raffiche su benpensanti della mia e della tua razza. A questo punto che ne diresti di stare in guardia da un tipo così, invece di finanziarlo?

  Alex. Cosa diavolo devi a loro? Tu che nella causa di divorzio mi hai fatto vedere i sorci verdi, nella migliore tradizione di quel pazzo di tuo padre, che mi hai fatto combattere come una tigre affinché lei non vedesse un centesimo, non una sola piastrella della villa a Yefe Nof, nemmeno la penna con cui alla fine è stata costretta a firmare i documenti! Tu che hai acconsentito a malapena a che tenesse il reggiseno e le mutandine che aveva addosso, qualche padella e pentola, a titolo di favore personale, e testardo come un mulo hai insistito a che fosse scritto che anche quello era "una concessione ex gratia"!

  Allora che diavolo è successo? Per caso qualcuno ti sta minacciando? Se le cose stanno così, parlamene subito senza tenermi nascosto nulla, come si fa con il medico di famiglia. Mandami un segnale, presto, poi accomodati in poltrona e vedrai come te li cucino per bene. E con grande piacere.

  Ti prego allora, ascoltami, Alex, la verità è che le tue alzate d'ingegno non dovrebbero coinvolgermi. Ho al momento sulla rampa di lancio una causa assai gustosa e matura al punto giusto (sui beni della chiesa russa ortodossa) e quel che guadagnerò da loro, anche se perdo il processo, corrisponde a circa il doppio del regalino che hai deciso di elargire per il pellegrinaggio pasquale della gluderia nordafricana o forse per l'associazione ninfomani attempate. "Go fuck yourself", Alex. Lasciami soltanto una disposizione definitiva, e provvedo a versare quello che vuoi, quando vuoi, a chi vuoi. A ciascuno, secondo quanto strilla.

  Fra l'altro, a dire il vero, Sommo non strilla affatto. Anzi, parla forbito, con toni dolci e morbidi, con una calma didascalica, un po' da intellettuale cattolico. Passando dall'Africa a Israele hanno evidentemente fatto una salutare sosta a Parigi. Visto da fuori sembra quasi più europeo di te o di me. In breve, potrebbe tranquillamente impartire una lezione di buone maniere stile donna Letizia.

  Gli domando, per esempio, se ha idea di come mai il professor Gideon abbia improvvisamente deciso di consegnargli le chiavi della cassaforte. Lui mi sorride beatamente, un sorriso da "già, davvero", come se gli avessi posto una domanda puerile, indegna di lui e di me, non prende la sigaretta Kent che gli offro e mi offre una delle sue Europa, ma si degna - forse come gesto di solidarietà ebraica - di farla accendere da me. Poi esprime la sua riconoscenza e mi lancia una specie di sguardo affilato che gli occhialini d'oro dilatano come quello di un gufo a mezzogiorno: "Ritengo che il professor Gideon possa rispondere a questa domanda meglio di me, signor Zakheim".

  Io mi trattengo e gli domando se per caso una donazione dell'ordine di centomila dollari non gli susciti quanto meno della curiosità. A ciò risponde così: "Certo che sì, signore", poi tace e non dice più nulla.

  Aspetto forse una ventina di secondi prima di arrendermi e incalzare: ha un'ipotesi al proposito? Al che risponde pacatamente che sì un'ipotesi ce l'ha ma che, col mio permesso, preferisce sentire la mia, di ipotesi.

  In questa fase decido di stordirlo con una raffica delle mie, indosso la faccia da Zakheim arcigno che mi serve per le indagini incrociate e sparo con piccole pause a effetto tra una parola e l'altra: "Signor Sommo. Se non le spiace, la mia ipotesi è che qualcuno stia esercitando sul mio cliente una forte pressione. Quello che voi chiamate prezzo del silenzio. Ho intenzione di scoprire quanto prima chi, e come e perché". Ebbene, quella scimmia non ha battuto ciglio, limitandosi a sfoderare il suo sorrisetto da santo e a commentare: "É solo la vergogna di sé, signor Zakheim, solo questa lo preme". "Vergogna? E di che?" domando, e la risposta l'ha sulla punta della lingua zuccherosa, non mi dà nemmeno il tempo di finire la frase: "Per i suoi peccati, signore". "Quali peccati, per esempio?"

  "La diffamazione, per esempio.

  La diffamazione per l'ebraismo è alla stregua dello spargimento di sangue."

  "E lei che sarebbe, signore? L'addetto alla riscossione? Il sovrintendente?"

  "Io," dice senza batter ciglio, "ho qui soltanto un ruolo simbolico. Il nostro professor Gideon è un intellettuale. Famoso in tutto il mondo. Oltremodo rispettato. Si potrebbe quasi dire, oggetto di ammirazione. Dunque? Dunque finché non avrà riparato ai suoi torti, tutte le sue opere buone valgono quanto una trasgressione. Adesso è in preda ai rimorsi ed evidentemente comincia finalmente a cercala soglia del ravvedimento."

  "E lei è il custode di questa soglia, signor Sommo? Lei sta lì a vendere i biglietti d'ingresso, per caso?"

  "Io ho preso in moglie colei che lui ha ripudiato," dice fissandomi come un proiettore, gli occhi tre volte più grandi attraverso le lenti, "io ho raccolto la sua onta. E inoltre veglio i passi di suo figlio."

  "Al prezzo di cento dollari al giorno per trent'anni, pronta cassa in anticipo, signor Sommo?"

  Con ciò sono finalmente riuscito a mandarlo fuori dai gangheri.

  La patina francese s'è squarciata e ha fatto scoppiare la furia africana come pus:

  "Rispettabile signor Zakheim. Mi consenta, signor Zakheim: con i vostri sofismi vi pagano per mezz'ora più di quel che io abbia mai visto per tutte le mie fatiche. Mi faccia il favore di prendere nota, signor Zakheim, che io non ho chiesto al professor Gideon nemmeno un centesimo. É stato lui a offrire. E io non ho nemmeno preteso l'attuale nostro incontro, signore. Siete stato voi a chiedere di vedermi. E adesso", ciò detto il maestrino si alza di scatto, per un attimo ho temuto che stesse per prendere un righello dalla mia scrivania per colpirmi le dita, e invece senza alzare le mani ma soffocando con fatica l'odio, è sbottato: "e adesso col vostro generoso permesso pongo fine a questo colloquio, spinto dalle vostre empie insinuazioni".

  Allora mi sono premurato di calmarlo. Esibendomi in quella che si potrebbe definire una "ritirata etnica": ho dato la colpa al mio impossibile senso dell'umorismo tipicamente crucco. L'ho pregato di essere così gentile da ignorare la mia infelice battuta e far finta di non aver sentito le mie ultime parole. E mi sono prontamente interessato alla donazione finanziaria che ti ha chiesto per quel "monkey-business" dei fanatici di Hebron. A questo punto ha sfoderato un tono didattico e vibrante e ancora in piedi sulle sue gambe corte, non senza una gestualità da feldmaresciallo rivolta alla cartina del paese che sta appesa nel mio ufficio, mi ha gratuitamente (senza risparmiare, beninteso, il mio tempo, che comunque paghi tu) elargito un vero e proprio sermone sul nostro diritto nazionale eccetera eccetera. Non starò a sfiancarti con cose che entrambi conosciamo sino alla nausea. Il tutto, sappi, era infiorato di citazioni bibliche e moraleggianti, oltre che semplificato, come se avesse di fronte un leggero ritardato.

  Ho poi domandato al nostro Maimonide in miniatura se era al corrente del fatto che le tue opinioni politiche sono prossime all'altra estremità dell'arco costituzionale, e che tutte quelle follie su Hebron sono diametralmente opposte alla tua, peraltro pubblicamente dichiarata, posizione.

  Nemmeno questa volta si è scomposto (credimi, Alex, sentiremo ancora parlare di questo derviscio!) e anzi ha risposto con mielosa pazienza, che secondo il suo modestissimo parere "il dottor Gideon, così come molti altri ebrei, sta vivendo in questo periodo un'esperienza di purificazione che conduce a riflessioni di ravvedimento destinate a provocare prossimamente un cambiamento generale dei cuori".

  A questo punto non ti nascondo, mio caro Alex, che era arrivato il mio turno di perdere la patina europea e aggredirlo verbalmente: insomma, in nome di che, per tutti i diavoli, era sicuro di sapere che cosa stava succedendo nel profondo del tuo intimo? Che razza di pretesa, senza averti mai visto in vita sua, era quella di decretare per te - e forse anche per tutti noi - che cosa sta avvenendo dentro i nostri animi e che cosa avverrà in futuro, ancora prima che ce ne rendiamo conto?

  "Evidentemente il professor Gideon sta già cercando di espiare i peccati che stanno fra la persona e il suo prossimo. Perciò lei mi ha invitato oggi a questo incontro nel suo ufficio, signor Zakheim. Dunque perché non aprirgli, con l'occasione, anche la strada - attraverso una donazione - verso la riparazione del peccato che divide l'uomo dall'Onnipotente?"

  Insomma, non si è quietato né dileguato sinché non mi ha esposto l'aporia della parola ebraica che significa tanto "sangue" quanto "somma". "Ecce homo".

  Caro il mio Alex: spero che leggendo questo mio resoconto ti sia infuriato a dovere. O meglio, che tu sia scoppiato a ridere com'è giusto che faccia, mandando a monte tutta la faccenda. Proprio per questo mi sono infatti preso il disturbo di ricostruire qui per iscritto la scena. Com'è che dice quel predicatore da strapazzo? "Le porte del pentimento non sono sprangate." Pertanto, vedi di pentirti della tua bizzarra idea e provvedi a mandare entrambi al diavolo.

  Benché il mio vecchio fiuto mi dica qualcosa, e cioè che in qualche modo a qualcuno è noto un imbarazzante dettaglio in virtù del quale questo demonio - o chi si nasconde dietro di lui - ti minaccia e ti ricatta sì da comprare con i tuoi soldi il suo silenzio (nonché i ruderi di Hebron). Se le cose stanno effettivamente così, ti prego ancora una volta di darmi un segnale, foss' anche minimo, sì da poter riscontrare con quale eleganza provvederò a neutralizzare per te il loro esplosivo.

  Nel frattempo, secondo le istruzioni fornite nel tuo telegramma, ho messo alle calcagna del Sommo un piccolo investigatore privato (il nostro caro amico Shlomo Zand), di cui allego il rapporto. Se ti prenderai il disturbo di leggerlo con attenzione, non potrai fare a meno di riconoscere che in caso di intimidazione, avremmo anche noi il nostro appiglio, e senza alcuna difficoltà potremmo persuadere il gentiluomo che il gioco si fa duro. Appena mi dai autorizzazione, gli spedisco Zand per un breve a tu per tu e, nel giro di dieci minuti, sul fronte orientale calerà il silenzio. Te lo garantisco. Non ne sentirai più parlare.

  Allego dunque alla lettera tre documenti: 1) il rapporto Zand su Sommo. 2) Il rapporto dell'assistente di Zand sul ragazzo B.B. 3) Fotocopie della decisione del tribunale rabbinico in merito alla chiusura del tuo matrimonio e della decisione del tribunale distrettuale in merito alla denuncia sporta dalla tua fanciulla contro di te. Le parti importanti te le ho sottolineate in rosso. Cerca solo, per favore, di non dimenticare che tutta la faccenda si è conclusa più di sette anni fa, e pertanto siamo ormai nel campo dell'archeologia.

  Fin qui riguardo ciò che mi hai chiesto nel tuo telegramma. Spero che almeno tu sia soddisfatto di me, perché io non posso dire altrettanto di te. Aspetto altre istruzioni, come mio solito umilmente. "Just don't go mad, for god's sake".

   

  Il tuo assai preoccupato Manfred.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.

  TRASCESO TUA COMPETENZA. PAGA IMMEDIATAMENTE CENTO ESATTI. PIANTALA ROMPERE SCATOLE. ALEX.

   

   

  A. GIDEON NICFOR LONDRA.

  PAGAI. DILEGUOMI GESTIONE AFFARI TUOI. ATTENDO ISTRUZIONI IMMEDIATE TRASFERIMENTO PRATICHE. NON SEI NORMALE. MANFRED ZAKHEIM.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.

  TUE DIMISSIONI RESPINTE PROVVEDI DOCCIA FREDDA CALMATI FA' BRAVO BAMBINO. ALEX.

   

   

  A. GIDEON NICFOR LONDRA. DIMISSIONI RIBADITE. VA AL DIAVOLO ZAKHEIM.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.

  NON ABBANDONARMI. STO MALISSIMO! ALEX.

   

   

  A. GIDEON NICFOR LONDRA. PARTO STASERA ARRIVO NICHOLSON MATTINO PRESTO. NIENTE ALTRE SCEMENZE INTANTO. TUO MANFRED.

   

   

  A Michael Sommo

  Tarnaz 7

  Gerusalemme.

   

  Salve. Guarda Michel, io vengo subito al duncue con te: devo avere un prestito da te. Lavoro sodo da tuo cognato Abraham Abudram, porto tutto il giorno casse di verdure. Puoi controllare da lui, che vado bene. Anch'io sono contento perché lui si comporta con me fair anche paga ogni giorno e due pasti mi paga. Graze che mi hai dato questa sistemazione. Il prestito è per comprare materiale per costruire telescopio con un fai da te. La tua amica Janin (signora Fuks) mi ha sistemato come tu sai anche la custodia notturna (pernottamento) al Planetario senza spese. Ciò vuol dire io non pago e non mi pagano.

  Ma se io sarei bravo e mi impratichisco di apparecchiatura ottica e loro hanno posto allora mi pagassero anche un po'. Vero che non ho quasi spese, solo guadagni. Ma con il telescopio voglio cominciare già subito e il prezzo è quattromila lire così che io ti chiedo in prestito tre mila (mille le ho già da parte). Io ti rendo in dieci rate ognuna 300 ogni mese del mio stipendio spero che non vuoi prendere anche interesse.

  Se non si può o solo ti è dificile allora non dare non importa (intanto non ho ancora uciso nessuno). Ti chiedo però che la donna non sappia niente dell'afare. A te personalmente e alla bambinetta anguro tutto il bene. Grazie.

  Boaz B.

   

   

  Ad Abraham Abudarham

  Per Boaz Brandstetter

  Mercati Generali via Carlebach

  Tel Aviv.

  Per grazia dell'Onnipotente

  Gerusalemme primo giorno intermedio di Pasqua (16.4.76).

   

  Caro Boaz,

  Ho ricevuto la tua lettera e mi è dispiaciuto molto che tu non sia venuto per la cena di Pasqua, conformemente al nostro invito. Ma rispetto il nostro accordo, secondo il quale tu fai quello che vuoi a condizione di farlo con il sudore della tua fronte e con rettitudine. Non sei venuto - punto e basta.

  Quando vorrai venire, verrai. Abraham ha telefonato per dire che sei eccezionale. Anche tramite la signora Janine Fuchs abbiamo ricevuto i tuoi affettuosi saluti. Ottimo, Boaz! Avevo quasi la tua età quando arrivai a Parigi dall'Algeria insieme ai miei genitori, e lavoravo sodo come apprendista di un tecnico radiologo (mio zio) per guadagnare un po' di denaro. A dire il vero, contrariamente a te, il mio era soltanto un lavoro serale, dopo i corsi al liceo. Ed è interessante tenere presente il fatto che anch'io chiesi una volta un prestito a questo mio zio allo scopo di acquistare un dizionario Larousse di cui allora avevo molto bisogno (ma lui non me lo concesse).

  Il che mi conduce alla tua richiesta: ecco qui le tremila lire con un vaglia postale per te. Se hai bisogno di altro denaro, specificando uno scopo positivo, faremo del nostro meglio per venire incontro di buon grado alla tua richiesta. Quanto agli interessi che menzioni, non sarò certo io a oppormi a che tu mi renda il denaro con gli interessi, ma non adesso Boaz, fra molti anni quando sarai dlventato giustamente ricco di pratica dei precetti e di opere buone e anche materialmente (e prima di allora avrai spero imparato a scrivere senza errori!!). Ma al momento ti conviene continuare a mettere da parte i tuoi risparmi. Dai retta a me, Boaz.

  A un solo proposito sono stato costretto a trasgredire alla tua richiesta: tua madre sa del denaro che ti mando. Questo perché fra noi non ci sono segreti e con tutto il rispetto per te io non sono d'accordo di fare affari clandestini lasciando tua madre all'oscuro, nemmeno in nome del Cielo. Se la cosa non ti va, non prendere i soldi. Ora concludo con i miei più calorosi auguri perché tu abbia una felice stagione pasquale.

  Il tuo Michael (Michel).

   

  A Michael Sommo

  Tarnaz 7

  Gerusalemme.

   

  Michel ciao e grazie del prestito. Ho già comprato e cominciato pian piano a montare l'apparecchio.

  Bruno Fuks del Planetario (il marito di Janin) mi aiuta un po'. É brava persona. Conosce l'ottica e non fa prediche. Così la penso e non ridere, che tutti devono sapere una cosa molto molto bene e farla molto molto bene e non dire a altri quel che fare e come. Allora così ci fossero molte più soddisfazioni nel paese e meno problemi personali. Non mi cambia granche che tua moglie sa del prestito solo non voglio casini con lei. Te è altra cosa. Dimmi? Come hai comprato dizionario che bisognavi allora a Parigi?

  Grazie ancora e saluti a bella bambina da me, Boaz. PS comunque comincio dal mese prosimo a restituirti piano piano tuoi soldi. I soldi è tuo, vero?

  Boaz B.

   

   

  Boaz Brandstetter c/o A. Abudarham

  Mercati Generali via Carlebach

  Tel Aviv.

  Per Grazia dell'Onnipotente

  Gerusalemme

  3 Nissan 5736 (23.4.76).

   

  Caro Boaz,

  Dal momento che hai chiesto, sono tenuto a risponderti. Questo denaro è di tuo padre, non mio. Se verrai da noi a Gerusalemme per questo Sabato o per un altro, volentieri ti esporremo la faccenda in tutti i risvolti a noi noti (ce ne sono altri di cui a quanto pare siamo all'oscuro). Tua madre e tua sorella si uniscono all'invito. Smettila di fare il testardo come un asino, Boaz, deciditi, su, vieni. Stiamo per iniziare l'ampliamento dell'alloggio, due stanze in più (verso il cortile sul retro), una delle quali è per te, per quando la vorrai. Ma anche prima che sia pronta, sappi che posto per te qui c'è sempre. Dunque non fare il bambino e vieni questo Sabato. Secondo me il tuo orgoglio ti porta sempre nella direzione sbagliata. Ritengo, Boaz, che la differenza fra un bambino e un uomo stia nel fatto che quest'ultimo non sparge più a terra il suo seme e il suo orgoglio, bensì li tiene in serbo per il momento giusto, sinché non "sia gradito", come sta scritto. E tu, Boaz, non sei più un bambino. Ti ho fatto questo esempio tanto a proposito del tuo rifiuto (sino a questo momento) di venire a casa nostra, quanto in merito al tuo atteggiamento ribelle verso tua madre, ma anche perché non reagissi in modo puerile di fronte alla notizia che ti ho appena dato sull'origine del denaro. In fondo avrei anche potuto risparmiartela, non credi?

  Il che mi porta alla seconda domanda formulata nella tua lettera: come ho fatto a comprare il Larousse a Parigi quando avevo la tua età, dal momento che mio zio s'era rifiutato di farmi il prestito? La risposta è che non me lo comprai affatto se non dopo circa un anno, ma in compenso lo zio perse il suo conveniente e volonteroso apprendista, perché mi offesi e cambiai lavoro, andai a pulire le scale di uno stabile (dopo la scuola!). Era il 1955, e tu potrai certo dire che sono stato testardo come un mulo. A ogni modo ero ancora un bambino. Termino qui con i miei più fervidi e cordiali auguri, il tuo

  Michel.

   

  P.S. Se proprio ci tieni a rendermi il prestito sin da ora, in rate mensili, non mi oppongo. Anzi la cosa mi piace! Ma in tal caso sappi che non voglio nemmeno sentir parlare di interessi.

   

   

  "Tre allegati alla lettera dell'avvocato M. Zakheim di Gerusalemme per il dottor A. Gideon, Londra, datata 28.3.76".

  "Allegato A": Rapporto di Shlomo Zand (investigatore privato) dello studio Zand Investigazioni, sul caso Michel-Henri (Michael) Sommo. Redatto su ordine del signor M. Zakheim di Zakheim & Di Modena studio legale in Gerusalemme e consegnato al cliente in data 26.3.76.

   

  Gentile Signore,

  Dal momento che la Vostra richiesta ci è stata trasmessa in data 22.3 con preghiera di urgente chiarimento e di consegna del rapporto entro qualche giorno appena, tale materiale non è da considerarsi un'indagine definitiva bensì soltanto un primo approccio, frutto di una rapida cernita. Ci pregiamo di rilevare che vi è contenuto un valido appiglio per lo sviluppo di ulteriori indagini, in varie direzioni potenzialmente sensibili. Qualora mi fosse richiesto di continuare il mio lavoro a tale proposito, presumo di potervi fornire un rapporto esaustivo e dettagliato entro circa un mese.

  La Vostra richiesta prevedeva una raccolta di dati sul contesto di M.H.S nonché sulla sua vita presente, inclusi i risvolti professionali, finanziari e familiari. Qui di seguito i parziali risultati.

   

  "Contesto Generale".

  M.H.S. è nato a Orano, Algeria, nel maggio 1940. Nomi dei genitori Jacob e Sylvie. Il padre ha lavorato come esattore delle tasse a Orano sino al 1954, quando la famiglia si è trasferita a Parigi. (Tre fratelli e una sorella, tutti più grandi di M.H.S, erano già emigrati in Francia dove avevano messo su famiglia. Il maggiore abita in Israele.)

  M.H.S. ha frequentato il Lycée Voltaire sino al 1948, poi per due anni ha studiato letteratura francese alla Sorbona. Non ha finito l'università e non è fornito di diploma di laurea. In quel periodo egli si è avvicinato al circolo giovanile Betar di Parigi (su influenza del fratello maggiore) e ha cominciato a seguire uno stile di vita religioso (a quanto pare per influsso di un altro fratello convertitosi all'ortodossia, ancora attivo nell'educazione sionista-religiosa, a Parigi).

  M.H.S. ha gradualmente abbandonato gli studi alla Sorbona per dedicarsi all'ebraico e alle discipline inerenti all'ebraismo. Quando è emigrato in Israele aveva già un'ottima padronanza dell'ebraico. Nel 1960 si è trasferito qui, ha lavorato qualche mese come muratore per un impresario religioso di Petah Tikwa.

  Poi ha fatto domanda di ammissione, ed è stato accolto (a quanto pare per intercessione di un parente) alla scuola di polizia, interrompendo però i corsi (sui motivi non siamo riusciti ad appurare nulla, al momento), dopo di che è andato a studiare presso l'accademia religiosa "Lume Sacro" di Gerusalemme.

  Nemmeno qui è arrivato alla fine del corso, tanto che fra il 1962 e il 1964 lo troviamo come inserviente al cinema Orion, che tenta senza successo di finire gli studi al dipartimento di cultura francese presso l'università ebraica di Gerusalemme. In quel periodo egli abita in un locale lavanderia sul tetto del condominio dove vive suo cognato, al quartiere di Talpiyot. Nel 1964 M.H.S. è definitivamente riformato dal servizio militare (servizi di riserva nell'unità dell'ufficiale di zona) a causa di una malattia renale con complicazioni.

  Dal 1964 lavora, dapprima come assistente e poi come insegnante fisso (senza diploma) di francese, nella scuola superiore maschile statale di Gerusalemme denominata "Tenda di Isacco". Dal suo matrimonio nel 1970 con Ilana (Halina) Gideon nata Brandstetter, abita in un appartamento di una stanza e mezza in via Tarnaz 7 a Gerusalemme. La casa è stata acquistata con l'aiuto di parenti che vivono in Israele e in Francia, con un mutuo mensile decennale di cui è stata liquidata sino a ora più o meno una meta.

   

  "Situazione finanziaria".

  M.H.S. ha uno stipendio di 2550 lire israeliane al mese. La moglie non lavora. Ulteriori fonti di guadagno: lezioni private (circa 400 lire israeliane al mese) più un sostegno fisso da parte dei genitori a Parigi (500 lire israeliane al mese). Uscite principali: 1200 lire israeliane mensili di mutuo per la casa. 500 lire israeliane al mese per tenere il figlio della moglie, Boaz Brandstetter, presso la scuola agricola Telamim (fino a tre settimane fa). Donazione mensile, su bonifico fisso presso l'agenzia di Talpiyot della Bank Leumi alla "Fratellanza d'Israele", pari a 600 lire israeliane al mese. Spesso è in ritardo con i pagamenti delle bollette (corrente, acqua, tasse), ma in compenso sempre puntuale con il mutuo, le spese scolastiche e la donazione.

   

  "Ambiente familiare".

  Sposato (dal 1971) con figlia di tre anni (Madeleine Yifat). La moglie è divorziata dal celebre professor A. Gideon (attualmente negli Stati Uniti). In conformità alla sentenza del tribunale rabbinico e in seguito a un processo civile fra le parti risalente al 1968, non sussiste alcun onere finanziario da entrambe le parti suddette. La vita matrimoniale di M.H.S. e sua moglie è regolare. La famiglia osserva il sabato, le regole alimentari e altro, conduce una vita che si può definire tradizionale o moderatamente religiosa (non si astengono dall'andare al cinema, per esempio).

  Non abbiamo riscontrato notizia alcuna su avventure romantiche extramatrimoniali, né da parte di M.H.S né da parte di sua moglie. Disponiamo peraltro di informazioni (che pure esulano dal contesto di cui ci è stato richiesto di occuparci) su presumibili tresche da parte di Ilana Gideon-Sommo all'epoca del suo primo matrimonio. Vi è altresì notizia del fermo del figlio di lei Boaz, risalente al maggio 1975 (si veda il rapporto del nostro agente A. Maimon a voi sottoposto su vostra richiesta insieme a questo). I rapporti del giovane Boaz con M.H.S. e sua moglie sono pessimi (da anni si rifiuta di andarli a trovare a Gerusalemme). Per altro verso i rapporti di M.H.S con la sua famiglia estesa (zii, cognati e cugini) sono molto stretti.

   

  "Vita politica".

  Qui abbiamo facilmente reperito molto materiale. M.H.S è vicino alla destra. Suo fratello maggiore e altri parenti sono noti attivisti nel gruppo Herut (alcuni militano nel Partito nazionale religioso). M.H.S. è stato in diverse circostanze iscritto ufficialmente ai due partiti sopra menzionati a intermittenza. Nel 1964 è stato fra gli organizzatori di un gruppo di intellettuali e universitari nordafricani a Gerusalemme, dal nome "Patria". Il gruppo si è sciolto per contrasti di ordine finanziario e ideologico già nel 1964. Alla vigilia della guerra dei Sei Giorni M.H.S. è stato molto attivo nella propaganda e nella raccolta di firme contro la strategia attendista del governo Eshkol e in favore di una iniziativa militare contro l'Egitto e tutto il fronte arabo.

  Subito dopo la guerra dei Sei Giorni M.H.S. ha iniziato a militare nel movimento per la Grande Israele, occupandosi di propaganda e dimostrazioni. Nel 1971 ha improvvisamente lasciato il movimento. Poco dopo ha teatralmente reso il suo tesserino al partito. Nel 1972 è tra i fondatori del gruppo denominato "Solidarietà d'Israele", formato per lo più da nuovi immigrati dagli Stati Uniti e dalla Russia. M.H.S. è tuttora membro del comitato centrale di questo gruppo. Dopo la guerra del Kippur questo gruppo ha partecipato a manifestazioni contro la smobilitazione delle truppe nel Sinai e nel Golan, nonché a tentativi di acquisti illegali di terreni dagli arabi nelle vicinanze di Betlemme. M.H.S. è stato due volte interrogato dalla polizia a proposito della sua attività nella suddetta organizzazione (nell'ottobre 1974 e nuovamente nell'aprile 1975) ma non è mai stato fermato. Per quanto siamo riusciti ad accertare, M.H.S. non è mai stato personalmente implicato in iniziative di violazione violenta della legge. Gli è stata pubblicata una decina di sue lettere dalla redazione (nei due giornali della sera), nelle quali caldeggiava un'iniziativa pubblica per invitare la popolazione araba del paese e dei territori occupati a emigrare pacificamente e sulla scorta di risarcimenti finanziari.

  In conclusione citeremo un particolare che ci pare alquanto significativo, che apre la strada verso una informazione rilevante ancora da sondare: nel dicembre dell'anno passato (quattro mesi fa dunque)

  M.H.S. si è rivolto all'ambasciata francese di Tel Aviv con una richiesta di reintegro della sua cittadinanza francese (cui aveva sua sponte rinunciato nel 1963), accanto alla cittadinanza israeliana. La sua richiesta è stata respinta. Subito dopo, e precisamente il 10 dicembre dell'anno passato, è andato a Parigi dove è rimasto per quattro giorni soltanto (!). Non è chiaro chi abbia finanziato il viaggio né quale ne fosse lo scopo. Poco dopo il suo ritorno la cittadinanza francese gli è stata nuovamente accordata, e per di più con una rapidità che attesta, fuori da ogni margine di dubbio, l'eccezionalità del caso. Non siamo riusciti a chiarire che cosa stia dietro questo episodio.

  Come già detto, consideriamo questo rapporto come assolutamente parziale e non esaustivo, in ragione dei rigidi limiti di tempo che ci sono stati imposti. Siamo lieti di considerarci a Vostra disposizione nel caso siate interessati a un proseguimento di questa indagine o per qualsivoglia altra richiesta.

  Shlomo Zand

  Zand Investigazioni Ltd., Tel Aviv.

   

   

  "Allegato B": rapporto di Albert Maimon (investigatore privato) per conto di Zand Investigazioni Ltd. sul caso del giovane Boaz Brandstetter. Stilato su richiesta del signor M. Zakheim di Zakheim & Di Modena studio legale, Gerusalemme, e consegnato al cliente in data 26.3.1976.

   

  Gentile Signore,

  Su Vostra richiesta abbiamo eseguito una rapida ricerca (un giorno di lavoro) donde risulta che il figlio della signora I. Brandstetter Sommo di Gerusalemme, padre ignoto, in data 19.2.76 ha lasciato sua sponte la scuola agricola Telamim in ragione dell'incapacità di ambientarsi e di ricorrenti e annosi problemi di disciplina, ed è partito per destinazione ignota. Due giorni dopo, il 21.2, è stato fermato presso la stazione centrale dei bus di Tel Aviv e interrogato in merito a merce rubata (prima di ciò risultano due incartamenti con casi simili, dal maggio 1975 è sotto sorveglianza dei servizi sociali).

  L'indomani, il 22.2, è stato liberato su cauzione pagata dal signor Michel Sommo di Gerusalemme (il marito della madre) e con tutta probabilità grazie a un appoggio interno presso la polizia. Da allora è stato assunto da un parente del signor Sommo ai mercati generali di Tel Aviv, in violazione della legge sul lavoro minorile. Al momento B.B. risiede nell'edificio del Planetario a Ramat Aviv, su invito di uno dei responsabili, ed è definito come "guardia notturna volontaria". B.B. non ha ancora sedici anni (è nato nel 1960) ma sembra molto più grande della sua età (la mia impressione personale è che dimostri almeno diciotto anni: è altissimo e dotato di una forza eccezionale). Per quanto sono riuscito ad appurare, non intrattiene al momento alcuna relazione sociale. Sui suoi rapporti sociali nel periodo in cui studiava al Telamim ho avuto informazioni contrastanti. Non ci sono altre notizie significative. Vi preghiamo di comunicarci se vi sono altre domande specifiche per le quali è richiesta un'indagine da parte nostra.

  A. Maimon, investigatore, Studio Zand Investigazioni private Ltd., Tel Aviv.

   

  "Allegato C": Le parti sottolineate in rosso dall'avvocato Zakheim nel materiale allegato alla sua lettera ad A. Gideon a Londra in data 28.3.76.

  1. Dalla sentenza del tribunale rabbinico nel processo di divorzio di A.A. Gideon contro Ilana Brandstetter Gideon, Gerusalemme 1968: "... ciò stante accertiamo che la postulante ha commesso adulterio contro il marito, per sua esplicita ammissione... perde dunque ogni alimento e diritto matrimoniale...".

  2. Dalla sentenza del tribunale distrettuale civile di Gerusalemme, 1968: "... quanto alla sua istanza di alimenti per sé e per il figlio minore... in seguito alla pretesa della parte in causa secondo cui non è il padre del minore... alla luce dei non univoci risultati degli esami del sangue... la corte ha proposto alle parti di sottoporsi a un esame dei tessuti... la moglie si è rifiutata di sottoporsi a questo esame... anche il marito si è pronunciato contro questo esame... ne risulta che la moglie ritira la sua richiesta di alimenti per sé e per il figlio minore... la corte accoglie questa mozione di ritiro e attesta che le parti hanno dichiarato che d'ora in poi non avanzeranno più reciproche richieste di sorta".

   

   

  Dr. Alexander Gideon

  Dipartimento di Scienze Politiche

  Università dell'Illinois

  Chicago, Ill., Stati Uniti.

  Gerusalemme, 19.4.1976.

   

  Lontano Alec,

  Ti scrivo anche questa volta al tuo indirizzo nell'Illinois sperando che qualche segretaria si prenda il disturbo di trasmetterti la mia lettera. Non so dove tu sia. La stanza in bianco e nero, la scrivania vuota, la bottiglia vuota anch'essa e il bicchiere pure ti circondano sempre nei miei pensieri come una navicella spaziale dentro la quale ti sposti incessantemente da un continente all'altro. Il fuoco che arde nel caminetto illuminando la tua figura ascetica e la tua grigia calvizie, i campi innevati che ti attorniano alla finestra fino a disperdersi nella nebbia, sono sempre lì. Tutto come in un intaglio nel legno. Sempre.

  Ovunque tu sia.

  Che cosa voglio, questa volta? Che cosa può ancora chiedere la moglie del pescatore al pesciolino d'oro? Altri centomila? O un palazzo di smeraldo?

  Nulla, Alec. Non ho alcuna richiesta. Scrivo solo per parlare con te. Benché conosca ormai tutte le risposte: perché hai delle orecchie così lunghe? E perché i tuoi occhi luccicano così davanti a me? E perché i tuoi denti sono così affilati?

  Niente di nuovo, Alec.

  A questo punto potresti accartocciare la lettera e buttarla nel camino. La carta s'infiammerà per un istante e poi svanirà in un altro mondo, una lingua di fuoco s'innalzerà prima di spegnersi, accesa da un nonnulla, una impalpabile striscia di cenere s'innalzerà in un vortice per la stanza e magari atterrerà ai tuoi piedi. Poi sarai nuovamente da solo. Potrai versarti un altro whisky e festeggiare il tuo trionfo: eccola di nuovo in ginocchio ai miei piedi. Stufa della sua trovata africana viene a implorare pietà.

  Giacché a parte la cattiveria e la gioia per la sventura altrui la tua vita non conosce altra felicità, solo un'empietà eburnea. Leggi dunque e ridi silenzioso alla luna là dove alla finestra la neve finisce.

  Questa volta ti scrivo all'insaputa di Michel. E non glielo dirò. Alle dieci e mezza ha spento la televisione, ha spento in ordine sistematico tutte le luci di casa, ha coperto la bambina, controllato la serratura della porta, mi ha messo un maglione sulle spalle, si è infilato sotto la coperta, ha dato un'occhiata al giornale della sera, mormorato qualcosa e si è addormentato. Ora i suoi occhiali e il mozzicone della sua sigaretta stanno posati sulla scrivania accanto a me, il respiro del suo sonno quieto accompagna il tic tac della pendola marrone che ci hanno regalato i suoi genitori. Io sono seduta alla sua scrivania che ti scrivo, e con ciò pecco verso di lui e verso la nostra bambina. Questa volta non posso nemmeno usare Boaz. Tuo figlio si è messo a posto. I tuoi soldi e la saggezza di Michel l'hanno tirato fuori dai guai. Alcuni amici della famiglia Sommo hanno liquidato il suo fascicolo alla polizia. Piano piano Michel ha trovato la strada verso Boaz, è stato come tagliare un sentiero nel bosco. Non ci crederai, ma è riuscito a portare Boaz da noi a Gerusalemme sabato scorso, io sono scoppiata a ridere non so quante volte alla vista del mio piccolo marito e del mio smisurato figlio che facevano a gara per conquistarsi il favore della bambina, che mi è parsa assai divertita da quella lotta, al punto da attizzarla persino. Alla fine del Sabato Michel ha preparato per tutti un'insalata con olive e peperoni piccanti, bistecca e patate fritte, ha chiamato il figlio dei vicini per guardare Yifat, e siamo andati al cinema con Boaz.

  Questo riavvicinamento ti rovina forse la strategia? Sono desolata. Hai perso un punto. Com'è che mi dicesti una volta? Quando la lotta è al culmine non ha più senso usare il manuale. Comunque il nemico non conosce il piano e non si comporta conformemente a esso. Così ti è andata che Boaz e Michel sono ora quasi amici, io guardo e sorrido: per esempio quando Michel si è arrampicato sulle spalle di Boaz per cambiare una lampadina sul balcone. O quando Yifat ha cercato di mettere a Boaz le pantofole di Michel.

  Perché ti racconto tutto ciò?

  In fondo, perché non tornare al perfetto silenzio che stava fra noi? Da ora sino alla fine della nostra vita.

  Prendere il tuo denaro e tacere. Se non che balugina ancora un miraggio vago eppure tenace sopra la palude, la notte, e nessuno di noi due riesce a distogliere lo sguardo.

  Se comunque per chissà quale ragione hai deciso di continuare a leggere queste pagine, se non le hai sparate verso il fuoco che arde nel camino, in questo istante non mancherai di indossare quell'espressione di sdegno e superiorità che ti conferisce un'aura di artica potenza. Essa irradiava quel gelo al contatto con il quale mi scioglievo come per incantesimo. Da allora. Mi sciolgo e ti odio. Mi sciolgo e mi voto a te.

  Lo so: dalla lettera che ora tieni fra le mani non ho via di scampo.

  In effetti ti basterebbero anche le due che l'hanno preceduta, qualora volessi distruggermi.

  Che ne hai fatto di quelle, a proposito? Nel fuoco o nella cassetta di sicurezza?

  In fondo non fa quasi differenza.

  Perché tu non calpesti, Alec: tu mordi. Con un veleno sottile e lento che non uccide subito, piuttosto mi spezza e distrugge con il passar degli anni.

  Il tuo prolungato silenzio, per sette anni ho cercato di sopportarlo e di zittirlo con le voci della mia nuova casa, ma nell'ottavo anno ho ceduto.

  Quando ti ho scritto in febbraio la mia prima e seconda lettera, non ti ho mentito. Tutti i dettagli di cui ti ho messo a conoscenza su Boaz erano inappuntabili, come Zakheim ti avrà certo confermato. Tuttavia, era tutto una menzogna. Ti ho ingannato. Ti ho teso una trappola. Dentro di me ero perfettamente sicura, sin dal primo momento, che sarebbe stato Michel a tirare fuori Boaz dai guai. Michel e non tu. In effetti è andata così. Sapevo pure, sin dal primo momento, che anche senza il tuo denaro lui avrebbe fatto la cosa giusta.

  Al momento giusto e nel modo giusto.

  Sapevo anche questo, Alec: che tu, quand'anche il demonio in persona ti avesse spinto a tentare di aiutare tuo figlio, non avresti saputo che cosa fare. Nemmeno da dove cominciare. In tutta la tua vita non sei mai stato capace di fare nulla da solo. Anche quando ti è saltato in mente di chiedere la mia mano, ti sei tirato indietro. L'ha fatto tuo padre al posto tuo. Tutta la tua olimpica saggezza e la tua forza titanica cominciano e finiscono sempre con un libretto di assegni. O una chiamata intercontinentale a Zakheim o a qualche ministro o generale della tua vecchia ghenga (che, a loro volta, ti telefonano quando tocca a loro sistemare qualche figlio in un college prestigioso od organizzarsi un delizioso anno sabbatico).

  Che cosa sai fare ancora? Incantare o incutere una paura algida con i tuoi modi distinti. Classificare fanatici nella storia. Lanciare nel deserto trenta carriarmati e calpestare arabi. Licenziare moglie e figlio con un freddo knockout. In tutta la tua vita sei mai riuscito a ispirare un solo sorriso di gioia sul volto di un uomo o una donna? Cancellare una lacrima da un occhio? Assegni e telefonate, Alec. Un piccolo Howard Hughes.

  Dunque non sei stato tu bensì Michel a prendere Boaz e trovargli il posto giusto.

  E allora, se sapevo sin dall'inizio che sarebbe andata così, perché ti ho scritto?

  Ora faresti meglio a fermarti. Concediti una piccola pausa. Accendi la pipa. Lascia che il tuo sguardo grigio spazi sulle distese innevate. Fa' sì che un vuoto incontri un altro vuoto. Dopo, cerca di concentrarti nella lettura delle cose che seguiranno con la stessa serietà chirurgica che usi per sceverare il testo di un nichilista russo del secolo scorso o la virulenta omelia di un Padre della chiesa.

  La vera ragione che mi ha condotto a scriverti la seconda lettera, in febbraio, era il desiderio di mettermi nelle tue mani. Non l'avevi capito? Certo, non è tua abitudine porre il nemico al centro del tuo bersaglio e dimenticare di premere il grilletto.

  O forse ti scrissi come una bella damigella delle favole che recapita al remoto cavaliere la spada con cui potrà uccidere il drago e liberarla. Ecco, adesso ti si spande sul viso quel tuo sorriso ferino: amaro e incantevole. Sai, Alec, mi piacerebbe una notte sola vestirti con una tunica nera e un cappuccio monacale in testa. Non te ne pentiresti, giacché questa immagine mi eccita molto.

  Forse, comunque, avevo in testa che in qualche modo avresti aiutato Boaz. Ma assai più di ciò desideravo che mi presentassi il conto. Ero ansiosa di pagare il prezzo completo.

  Perché non sei venuto? Hai già dimenticato quello che possiamo farci a vicenda? Amalgama di fuoco e ghiaccio?

  Ma anche questa era una bugia. Sapevo bene, infatti, che non saresti venuto. Ed ecco che sto per spogliarmi al tuo cospetto della mia ultima, sottile copertura: la pura verità è che anche nei miei lunatici vaneggiamenti mai ho dimenticato, per un solo istante quello che sei. E sapevo di non avere speranza alcuna di ricevere un colpo di tuo pugno né un ordine di adunata. Sapevo che non avrei avuto da te altro che una folata artica di mortale, trasparente silenzio. Al massimo, uno schizzo di tossico disprezzo. Non meno ma nemmeno di più. Sapevo che era tutto perduto.

  Comunque, ammetto che lo schizzo mi ha decisamente stordita. Mille cose, immaginavo, avresti potuto fare, ma non avrei mai detto che avresti scoperchiato il tombino della tua fognatura e sommerso Michel di denaro. Questa volta mi hai dato le vertigini. Proprio come ho sempre amato. Non c'è limite all'inventiva che il diavolo ti ha dato. E dalla pozzanghera in cui mi hai fatto sguazzare ti tendo me stessa sozza di fango. Proprio come hai sempre amato Alec. Proprio come entrambi amavamo.

  Dunque, non tutto è perduto?

  Non ho né mai avrò una via di scampo da questa lettera. Tradisco Michel come ho tradito te talmente tante volte in sei dei nove anni che è durato il nostro matrimonio.

  Una puttana nata.

  Sapevo che ora avresti detto ciò, e la tua oceanica empietà brillerà come un'aurora boreale negli abissi dei tuoi occhi grigi. Ma no, Alec. Ti sbagli. Questo tradimento è diverso: ogni volta che ti ho tradito con i tuoi amici, con i tuoi superiori nell'esercito, con i tuoi allievi, con l'elettricista e l'idraulico, era sempre per venirti incontro. Solo a te mi rivolgevo, persino quando urlavo. Soprattutto al momento dell'urlo. Come sta scritto in lettere d'oro sull'arca santa della sinagoga di Michel: ho posto il mio Signore davanti a me per sempre.

  Ecco: sono le due di notte a Gerusalemme, Michel è rannicchiato come un feto fra le lenzuola impregnate di sudore, l'odore del suo corpo peloso si mischia nell'aria calda con quello di urina che sale dal cumulo di biancheria della bimba in un angolo della stanza stipata, un vento secco e torrido viene dal deserto e passa dalla mia finestra aperta sferzandomi il viso con astio, mentre in camicia da notte siedo alla scrivania di Michel, accerchiata dai quaderni dei suoi allievi e ti scrivo alla luce di una lampada gobba, con una zanzara ammattita che mi ronza sulla testa e delle luci arabe in lontananza che si riflettono su di me dall'altro versante del uadi; ti scrivo de profundis e così facendo tradisco Michel e anche mia figlia, con un tradimento affatto diverso. In un modo in cui non ho mai tradito te. E proprio con te lo tradisco.

  Tradisco dopo anni in cui nemmeno un'ombra di inganno è passata fra me e lui.

  Sono davvero impazzita? Sono davvero impazzita come te?

  Mio marito Michel è una persona rara. Non ho mai conosciuto nessuno come lui. Lo chiamo papà ancora da prima che nascesse Yifat. A volte lo chiamo figlio e stringo a me il suo corpo esile e caloroso, come fossi sua madre. Benché Michel sia non solo mio padre e mio figlio ma soprattutto mio fratello. Se davvero abbiamo una vita dopo la morte, se davvero si arriva in qualche mondo dove non esiste la menzogna, Michel sarà mio fratello, laggiù.

  Mentre tu sei stato e resti mio marito. Il mio signore. Per sempre. Nella vita che verrà dopo la vita, Michel mi prenderà sottobraccio e mi condurrà ai baldacchino per la cerimonia nuziale con te. Tu sei il signore del mio odio e del mio spasimo. Il tiranno dei miei sogni notturni. Il dominatore dei miei capelli e della mia gola e dei miei piedi. Sovrano del mio seno del mio ventre del mio pube del mio utero. Come una schiava dipendo da te. Ho amato il mio signore, non voglio essere affrancata. Anche se tu mi licenziassi nell'onta esiliandomi ai confini del tuo regno, verso il deserto, come Agar e suo figlio Ismaele, a morire di sete: avrei sete ma di te, mio signore. Anche se mi respingessi a far da gingillo per i tuoi servi nelle cantine del palazzo.

  Ma tu non hai dimenticato, Alec empio asceta. Non puoi ingannarmi. Il tuo silenzio per me è trasparente come le tue lacrime. Il sortilegio che ho scagliato su di te ti sta smangiando sino alle ossa. Invano ti nascondi dentro una nuvola come una sterile divinità. Ci sono mille cose al mondo che sai fare mille volte meglio di me - ma non ingannare. Questo no. In questo non mi sei mai arrivato né mai mi arriverai nemmeno alla caviglia.

  "Vostro onore," così dicesti prima del verdetto con la tua voce assente, inerte, "Vostro onore. É ormai dimostrato qui al di là di ogni dubbio che questa signora è una bugiarda patologica. Persino quando sternutisce resta molto difficile crederle."

  Così dicesti, e allora fra il pubblico in sala passò una risatina sporca. Tu sorridesti in modo quasi impercettibile e non avevi affatto l'aria del marito tradito che cento corna avevano reso lo zimbello della città. Anzi, in quel momento mi sembrasti più alto degli avvocati, più alto del giudice in cattedra, più alto di te stesso. Sembravi proprio un cavaliere che aveva ucciso il drago.

  Ecco che anche adesso, sette anni dopo, verso le tre del mattino, mentre scrivo il ricordo di quel momento, il mio corpo ti cerca. Le lacrime mi riempiono gli occhi e sulla punta dei capezzoli sento un brivido.

  Hai letto, Alec? Due volte? Tre? Hai avuto un brivido di piacere? É finito? Sei davvero riuscito per un istante a far fiorire uno sprazzo di gioia nella desolazione della tua solitudine?

  Se è così, è arrivato il momento di versarti un altro whisky. Cambiare la pipa. Perché adesso, mister dio della vendetta, avrai eccome bisogno del tuo piccolo whisky.

  "Come un cavaliere che ha ucciso il drago" ho scritto un attimo fa. Ma non sdilinquirti troppo presto.

  Non c'è spazio per la vanagloria, signore: tu in fondo sei il cavaliere folle che prima ha ucciso il drago poi ha scuoiato la principessa e infine ha trafitto se stesso.

  A ben pensarci, il drago sei tu.

  E questo è per me l'ambìto momento di rivelarti che Michel Henri Sommo persino a letto è molto meglio di te. In tutto ciò che concerne il corpo, Michel è dotato di un orecchio assoluto sin dalla nascita. In ogni momento egli sa offrirmi, e generosamente, tutto quello che il mio corpo nemmeno ancora sa quanto desidera ricevere. Avvincermi per metà della notte in una scorribanda amorosa avanti e indietro fra le regioni del piacere come una foglia portata dal vento, attraverso distese di pazienza devota, attraverso l'astuzia e l'ansia, chiaroscuri boscosi, fragore di fiumi in piena e l'incalzare del mare aperto, sino alla perdizione.

  Hai mandato in pezzi il bicchiere di whisky? Saluti comunque da Ilana alla tua penna, alla pipa, e anche agli occhiali da lettura. Aspetta, Alec. Non ho ancora finito.

  A ben pensarci, non soltanto Michel. Quasi tutti potrebbero insegnarti qualcosa. Persino il ragazzotto albino che ti faceva da autista nell'esercito: vergine come un agnellino e forse nemmeno diciottenne, pieno di rimorso e spavento, più umile di un filo d'erba, tremava tutto, batteva i denti, quasi m'implorava che rinunciassi a lui, quasi piangeva, cominciò a sprizzare ancor prima di toccarmi e poi liberò un guaito da cucciolo. Tuttavia, Alec in quell'istante gli occhi atterriti di quel ragazzo mi regalarono un tale distillato di riconoscenza, di stupore, di meraviglia incredula, sembrava un canto angelico che mi fece tremare tutta, corpo e cuore, più di quanto tu non sia riuscito a fare lungo tutti i nostri anni.

  Devo dirti che cosa sei, Alec, al confronto con gli altri che ho avuto? Tu sei una pietraia nuda e scoscesa. Proprio come in quella canzone. Un igloo nella neve. Te la ricordi la morte nel film "Il Settimo Sigillo"? La morte che vince a scacchi? Quella sei tu.

  Adesso ti alzi e distruggi questi fogli. No, questa volta non li strappi metodicamente in pedanti quadratini, li getti invece nel fuoco. E forse dopo che tutto è finito torni a sederti alla scrivania e cominci a sbattere la testa grigia contro la tavola nera; il sangue colerà dai capelli sugli occhi. E così finalmente i tuoi occhi grigi goccioleranno. Ti abbraccio.

  Due settimane fa, consegnando a Michel il tuo sconcertante assegno, Zakheim ha ritenuto opportuno dirgli due parole di questo tenore: tenga conto, signore, che questo gioco lo si può fare anche in due.

  Questa breve frase mi è piaciuta, e mi induce a consegnarti infine la mia buonanotte. Non ti libererai di me, Alec. Non riuscirai a riscattarti con il denaro. Non puoi comprare la tua libertà. Non avrai nessuna pagina nuova.

  A proposito, i tuoi centomila: siamo riconoscenti. Questo denaro, non preoccuparti, si trova in buone mani. Anche tua moglie e tuo figlio si trovano in buone mani. Michel amplia la casa in modo che potremo abitarci tutti insieme. Boaz farà per Yifat in cortile uno scivolo e un recinto con la sabbia. Avrò una lavatrice. Un impianto stereo. A Yifat compreremo una bicicletta e Boaz avrà un telescopio.

  Ora concludo. Mi vesto ed esco sola per la strada buia e deserta. Mi dirigo alla buca della posta. Ti spedisco questa lettera. Poi torno a casa, mi spoglio, sveglio Michel e mi nascondo fra le sue braccia.

  Michel è un uomo candido e delicato.

  Di te non si può dire altrettanto. E nemmeno di me, amor mio. Siamo entrambi, lo sai, creature spregevoli. Marce. E questa è la ragione dell'abbraccio che ora la schiava manda al lontano drago di marmo.

  Ilana.

   

   

  Al signor Boaz Brandstetter c/o famiglia Fuchs via dei Limoni 4

  Ramat Hasharon.

  Per grazia di Dio

  Gerusalemme 2 di Yiiar 5736 (2.5.76).

   

  Salve Boaz, mulo ribelle e cattivo!

  Non pensare che ti apostrofi così perché mi è andato il sangue alla testa. Sta di fatto che ho tenuto a freno il mio istinto e ho rimandato questa lettera sino a quando stamattina sono riuscito a parlarti al telefono e ho sentito con le mie orecchie anche la tua versione dei fatti (non sono potuto venire da te proprio perché tua madre si è ammalata, e secondo me anche questo per colpa tua). Adesso che abbiamo parlato al telefono ti comunico, Boaz, che sei ancora infantile, non sei un uomo. E che comincio ad aver paura che da te non verrà mai fuori un uomo. Forse il tuo destino è quello di diventare un teppista, una testa calda. Forse lo schiaffo che hai dato a quell'insegnante del Telamim e la testa che hai spaccato al loro guardiano notturno non erano un caso fortuito ma un segno d'avvertimento che ci stava crescendo un mulo invece di un ragazzo. "Crescendo" non è certo la parola più adatta nel tuo caso, perché per te sarebbe meglio la smettessi di crescere come un cetriolo e cominciassi invece a maturare un po'.

  Dimmi una cosa per favore: doveva proprio succedere solo due giorni dopo che sei venuto a trascorrere il Sabato a casa mia? Dopo che tutti noi (e anche tu, sì) avevamo fatto tutti quegli sforzi e cominciavamo a sentirci una specie di famiglia? Quando tua sorella già si stava abituando a te e ci eravamo così commossi per l'orsacchiotto che le avevi portato? Proprio quando avevi dato a tua madre un poco di speranza dopo la sofferenza che le hai causato? Insomma, sei matto?

  Non ti nascondo, Boaz, che se fossi figlio mio non ti avrei risparmiato la mia bacchetta sulla faccia e anche sul sedere. Anche se, a ben pensarci, nel tuo caso non sono sicuro. Perché tu saresti capace di alzare una cassetta della frutta anche contro di me.

  E così dopo tutto forse abbiamo sbagliato a risparmiarti il riformatorio. Forse quello è il posto migliore per un cliente della tua fatta. Capisco benissimo che quel che è successo è che Abraham Abudarham ti ha dato un piccolo calcio dopo che sei stato insolente con lui. E permettimi di scriverti che lo capisco eccome (benché personalmente non usi dare calci alla gente).

  Ma chi ti credi di essere? Me lo dici? Un marchese? Il figlio del re? Insomma, ti sei preso un piccolo calcio per colpa della tua bocca troppo larga, e allora? Sarebbe questa una ragione sufficiente per cominciare a buttare cassette addosso alla gente? Addosso a chi, poi? Ad Abraham Abudarham, un uomo di sessant'anni che, per tua informazione, soffre di pressione alta! E il tutto dopo che lui ti ha preso a lavorare malgrado i due fascicoli a tuo nome presso la polizia e un terzo che io e il commissario Almaliah siamo riusciti con fatica a chiudere?

  Dimmi un po', sei un arabo? Un cavallo?

  Sono quasi impazzito quando al telefono mi hai detto che hai alzato la cassa contro Abraham perché lui ti aveva dato un piccolo calcio per la tua faccia tosta. Sarai pure il figlio di mia moglie e il fratello di mia figlia ma non sei un essere umano, Boaz. Da noi sta scritto: Educa un ragazzo secondo la sua via. La mia interpretazione è che nel caso il ragazzo vada sulla retta via lo si educa con mano lieve, ma se il ragazzo si è guastato, allora ha quel che si merita! Che cosa credi, di essere superiore alla legge? Credi di essere il presidente, tu?

  Abraham Abudarham è stato il tuo benefattore, e tu gli hai reso del male per il bene che ti ha fatto. Lui ha investito molto su di te, tu hai deluso lui e hai deluso anche me e anche l'ispettore Almaliah, e tua madre sono tre giorni che è malata a letto per colpa tua: hai deluso chiunque si sia occupato di te. Come sta scritto da noi: "Aspettava che facesse uve e non fece che lambrusche".

  Perché hai fatto questo?

  Adesso taci. Perfetto. Allora te lo dico io perché: per superbia, Boaz. Perché sei nato grande e bello come un angelo e dal cielo hai ricevuto tanta forza ma tu, stupido che sei, credi che la forza serva per menare botte. La forza è per dominarsi, asino! Per soffocare l'istinto! Per prendersi in testa tutto quello che la vita ci butta e continuare ad andare avanti in silenzio con fermezza sulla via che abbiamo deciso di seguire, vale a dire la retta via. Questa io la chiamo forza. Spaccar la testa alla gente, quello può farlo qualunque asse di legno o sasso!

  Per questo poco sopra ti ho detto che non sei un essere umano. Meno che mai un ebreo. Forse davvero ti meriteresti di essere un arabo. O un gentile. Perché essere ebrei, Boaz, è anche sapere prendere e controllarsi e proseguire lungo la nostra antica via. Questa è tutta la Torah spiegata nel tempo in cui si riesce a stare su una gamba sola: autocontrollo. E anche capire perfettamente come mai la vita ti schiaffeggia, imparare la lezione e migliorare sempre, ma anche accogliere il verdetto del destino, Boaz.

  Abraham Abudarham, se ci pensi un momento, si è comportato con te come fossi suo figlio. Invero, un figlio ribelle e cocciuto. E tu Boaz invece di baciargli riconoscente la mano, quella mano da cui mangiavi l'hai presa e morsicata. Tienitelo bene a mente, Boaz: hai offeso tua madre e me, ma prima di tutto hai offeso te stesso. Evidentemente la lezione dell'umiltà non la imparerai mai. Sto solo sprecando parole con te. Figuriamoci.

  E vuoi che ti dica perché? Anche se ti farà male sentirlo? Bene, te lo dico. Perché no? É tutto perché ti sei fissato in testa di essere una specie di principe. Che del sangue d'alto lignaggio ti scorra nelle vene.

  Nato delfino. Allora sentimi bene, Boaz, parlandoci fra uomini, malgrado tu sia ancora lontano mille miglia dall'essere un uomo, tuttavia voglio essere sincero sino in fondo con te.

  Il tuo caro e famoso padre non ho il piacere di conoscerlo, ma rinuncio a questo piacere. Però questo posso dirtelo con cognizione di causa, tuo padre non è un marchese né un re se non forse il re dei mascalzoni. Se solo sapessi in quale stato di vergogna e miseria ha ridotto tua madre, quanto l'ha fatta impallidire mettendola alla gogna e rifiutando te come fossi un essere ripugnante!

  É pur vero che adesso si è ricordato che ha qualcosa da pagare per risarcire la sofferenza e l'onta. É pur vero che io ho deciso di soprassedere al nostro onore e prendere il suo denaro. Ti sarai chiesto perché io abbia deciso di prendere quel denaro impuro, immagino. Per te, pezzo d'asino che non sei altro! Per provare a riportarti sulla retta via!

  Adesso ascolta bene perché ti dico tutto questo. Non per inculcarti l'odio verso tuo padre, per carità. ma nella speranza che tu decida di prendere esempio da me e non da lui. Perché tu abbia a imparare che in me la fierezza e l'umanità si esprimono nel controllo dell'istinto. Ho accettato quel denaro da lui invece di ucciderlo. Questo è il mio onore, Boaz: ho dominato il senso d'umiliazione. Come sta scritto da noi: "Colui che passa sopra al suo onore, il suo onore mai si cancella".

  Continuo questa lettera alla sera, dopo l'interruzione per dare due lezioni private e preparare la cena e prendermi cura di tua madre che si è ammalata per colpa tua e dopo aver visto il telegiornale e "Secondo Sguardo" alla televisione. Ho pensato bene di aggiungere qui qualcosa sulla mia vita, a seguito delle cose che ti ho scritto sul dominio di sé e il controllo dell'istinto. Senza stare a ricordare, Boaz, tutto quello che ci siamo a suo tempo buscati in Algeria in quanto ebrei e in quanto "pieds-noirs" dai francesi, se per caso lo sai, vorrei parlarti soltanto di quel che io personalmente mi sono preso in testa qui in Israele e ancora continuo a beccarmi per i miei convincimenti e opinioni, per il mio aspetto e per le mie origini, se lo sapessi forse capiresti che prendersi un piccolo calcio da un brav'uomo come Abraham Abudarham è l'equivalente di una carezza. E allora? Te, la vita ti ha viziato. Comunque non capiresti. Io sin dall'inizio della mia vita mi sono abituato a buscare tre volte al giorno calci veri, senza per questo cominciare a gettare casse di verdura addosso a nessuno. E questo non solo perché osservo il precetto che dice ama il prossimo tuo come te stesso, ma in primo luogo perché ti dico che un uomo deve sapere accogliere le sofferenze con amore.

  Sei disposto a sentire ancora una cosa? Secondo me è meglio ricevere mille tormenti che, non sia mai, causarne uno soltanto. Certo, nel taccuino del Santo, sia Egli benedetto, ci sono sicuramente dei punti neri sul nome di Michael Sommo. Non dico di no. Ma fra i miei punti neri non troverai in nessun modo la voce "causa di sofferenze". Questo proprio no. Domanda pure a tua madre. Domanda ad Abraham, dopo che gli avrai chiesto per bene scusa e perdono. Domanda alla signora Janine Fuchs che mi conosce ancora dai tempi di Parigi. Mentre tu, Boaz, un ragazzo cui il Cielo ha dato misure e bellezza fisica e talento e aspetto regale, tu hai già cominciato a seguire le orme bacate di tuo padre: superbia cruenta ed empietà. Sei causa di sofferenze. Violento. Anche se non avevo in mente di ricordare le gravi sofferenze che causi a tua madre ormai da anni, tanto che adesso è ammalata per colpa tua - perché mi rendo conto che non sei ancora degno di sentir parlare di sofferenze. Evidentemente sei ancora troppo piccolo per questo. Almeno finché tu non abbia dimostrato, da uomo, che hai vergogna nel cuore.

  Se comunque hai già deciso di diventare la copia del tuo caro padre, allora vai pure a bruciare all'inferno. Scusa per queste parole. Non intendevo scriverle. Ma un uomo non va colto nell'ora del suo dolore, come si dice da noi. In realtà volevo dirti esattamente il contrario. Che prego perché tu non bruci all'inferno. Perché la verità è che ti sono affezionato, Boaz.

  Questa era l'introduzione, vengo ora al sodo della lettera.

  Quanto segue lo scrivo da parte mia e di tua madre. Da parte di tutti e due.

  1. Andrai subito da Abraham e gli chiederai scusa e perdono. Prima cosa.

  2. Finché la famiglia Fuchs, Bruno e Janine, è d'accordo a tenerti presso di sé nel magazzino del suo giardino - perché no, resta pure da loro. Ma d'ora in poi pagherò loro un affitto. Con il risarcimento che ha versato tuo padre. Non puoi vivere lì gratis. Non sei un accattone e io non sono un caso sociale.

  3. La mia prima istanza è che tu vada adesso a studiare la Torah e un mestiere in un collegio nei territori liberati (scrivi come un bambino di seconda elementare). Ma a questo non è nostra intenzione costringerti. Vuoi? Ti sistemiamo. Non vuoi? Non se ne parla. Sulla Torah da noi diciamo: le sue vie sono vie di delizia. Non di costrizione. Appena tua madre sta bene vengo da te a parlarne, poi vediamo, d'accordo? Magari ti convinci. Ma se quello che vuoi è studiare ottica, hai solo da dirmi quale corso o, meglio ancora, mostrami un prospetto, e io pago. Dal fondo che ti ho poc'anzi menzionato. E se per caso vuoi di nuovo trovare un lavoro, vieni qui a Gerusalemme, ti stabilisci in casa e vediamo come ti si può sistemare. Solo lascia perdere le cassette della frutta.

  4. Tutto questo con il presupposto che d'ora in poi tu ti comporti meglio.

  Con molto dolore e altrettanta preoccupazione

   

  Michel, Yifat e mamma

   

  P.S. Ti do la mia parola d'onore: se ci sarà ancora un minimo caso di violenza da parte tua, Boaz, con me non ti serviranno più a niente nemmeno le lacrime di tua madre. Dovrai andartene da solo per la tua strada perversa e fare i conti con il tuo destino senza di me.

   

   

  Famiglia Sommo

  Tarnaz 7

  Gerusalemme.

   

  Salve. Ho ricevuto la tua lunga lettera Michel e telefonato scusa ad Abram anche se io non sono sicuro chi doveva chiedere scusa a chi. Inoltre ho lasciato un biglietto con molte grazie a Bruno e Janin Fuchs prima di uscire. Quando questa lettera arriverà a voi io sono già salpato su una nave in mare. Per me dimenticatemi pure. E questo anche se Yifat davvero gli voglio bene per le due volte che sono stato da voi e te Michel piuttosto ti stimo anche se ogni tanto stufi. Te Ilana mi spiace perché per te era meglio se non mi facevi nascere. Con grazie

   

  Boaz.

   

   

  A Ilana e Michel Sommo

  Tarnaz 7

  Gerusalemme.

  8.5.76.

   

  Michel e Ilana: ieri quando Michel ha telefonato per chiedere se Boaz era venuto da noi, ero evidentemente troppo confusa per capire quello che era successo. E la linea funzionava così male che non riuscivo quasi a sentire. Non ho capito la storia del litigio in cui Boaz è stato coinvolto (?). Questa mattina ho provato a telefonare alla tua scuola, Michel, ma non si riusciva a parlare. Perciò scrivo queste righe, che vi mando per mano del tesoriere del kibbutz, il quale domani parte per Gerusalemme.

  Naturalmente vi avverto immediatamente se Boaz dovesse arrivare da noi. Ma la verità è che non penso che verrà qui. Sono ottimista e credo che riceverete presto da lui un segno di vita. Mi sembra che il suo bisogno di scomparire e tagliare i ponti non nasca da quell'incidente a Tel Aviv. Anzi, quest'ultima complicazione, così come i pasticci precedenti, nasce forse dall'impulso di allontanarsi da voi due. Da tutti noi. Ovvio che non scrivo questo biglietto solo per calmarvi e invitarvi a essere sereni: bisogna continuare a cercarlo in tutti i modi possibili. Tuttavia vorrei mettervi a parte della mia sensazione - sarà magari solo una congettura, un'intuizione - che Boaz si metterà in riga e alla fine troverà la sua dimensione di vita. Naturalmente finirà ancora nei pasticci e combinerà qualche piccolo guaio, ma negli anni che è stato qui con noi al kibbutz ho avuto modo di notare l'altra sua parte, quella stabile: di fondo è un'anima decorosa e ragionevole. Con una ragionevolezza sia pure diversa dalla vostra e dalla mia.

  Dunque, credetemi: non lo scrivo solo per confortarvi in un brutto momento, ma perché sono convinta che Boaz non sia capace di fare alcunché di veramente negativo né agli altri né a se stesso. Fatemi subito sapere tramite il tesoriere che Vi porterà questo messaggio, se volete che Yoash o io ci prendiamo qualche giorno di vacanza e veniamo da voi.

   

  Rahel.

   

   

  Spettabile Professor Gideon

  Tramite l'avvocato signor Zakheim

  King George 36

  Città.

  Per grazia di Dio

  Gerusalemme, 9 di Yiiar 5736 (9.5.76).

   

  Spettabile Signore,

  Il sottoscritto ha fatto voto di non avere più nulla a che fare con Lei per nulla al mondo, né in questo mondo né nel mondo a venire, in conformità a quanto sta scritto nel libro dei Salmi, capitolo 1 versetto 1: "Felice l'uomo che non procede su consiglio degli empi e nella via dei peccatori non si pone, né al posto dei buffoni si siede".

  La ragione per cui violo questo mio voto è che si tratta di una questione di vita o di morte, e anche, non sia mai, questione di due vite.

  1. Suo figlio Boaz. Come le è noto dalle lettere di sua madre, già alcune volte è accaduto che il ragazzo abbia deviato dal binario e io ho faticato per riportarlo sulla retta via. L'altro ieri abbiamo ricevuto una telefonata dalla cara famiglia presso la quale abita Boaz: lui è scomparso. Sono subito andato là più in fretta che ho potuto, ma che cosa potevo fare? Quand'ecco che questa mattina è arrivato un segno di vita da parte sua, una breve lettera per comunicarci che questa volta scappa per andare a lavorare su una nave. E questo dopo che era nuovamente finito nei pasticci.

  Per ragioni che una persona della sua fatta, signore, non sarebbe in grado di capire, ho deciso di non abbandonare la mia sorveglianza su di lui e ho immediatamente attivato i miei contatti perché lo si cercasse su ogni nave israeliana o straniera in procinto di lasciare il paese. Purtroppo non ho certezza che le ricerche diano un risultato positivo: può anche darsi che il ragazzo non sia affatto per mare e sia invece in terraferma, chissà dove a spasso per il paese. Per questo ho deciso di rivolgermi a Lei malgrado tutto, per chiederle di fare anche Lei qualcosa in direzione di un aiuto, a causa del grave torto inflitto al ragazzo e a sua madre. Per un dotto come Lei mi auguro che basti questo larvato accenno, ma vorrei capisse che non Le stiamo chiedendo del denaro, Le chiediamo che si attivi urgentemente (magari nell'ambito dei circoli che Lei frequenta). Mi spiego in questo modo affinché non si ripeta il recente, sgradevole equivoco, quando mia moglie Le ha chiesto aiuto per i guai del ragazzo e Lei non ha mosso un dito per aiutare e invece ha tentato forse di mettere a tacere la Sua coscienza con il denaro che ci ha mandato senza che lo avessimo chiesto. Tutto ciò parte dal presupposto che la gente come Lei una coscienza ce l'abbia. Ma forse pecco di ingenuità.

  2. Mia moglie Ilana Sommo. Le bravate di Boaz l'hanno ridotta a letto. Ieri mi ha confessato di averLe mandato a mia insaputa un'altra lettera personale a seguito del suo pagamento. Potrà immaginare che la cosa mi ha mandato su tutte le furie, ma ho subito respinto la rabbia e l'ho perdonata perché ha confessato e soprattutto perché le sofferenze espiano i peccati. La signora Sommo è assai avvezza alle sofferenze, soprattutto per merito Suo, signor professore.

  Naturalmente non mi salta in testa di indagare sul contenuto delle sue lettere a Lei (una cosa del genere offenderebbe la mia dignità), ma Ilana sua sponte mi ha riferito che Lei non ha risposto. Secondo me il Suo silenzio aggiunge peccato al crimine. Non si preoccupi, non leggerò quello che Lei le scriverà, e non solo perché i nostri maestri hanno proibito una tal cosa, ma anche perché Lei è ai miei occhi impregnato di corruzione, signore. Ma può darsi che riesca a stemperare un sessantesimo delle sofferenze che le ha causato, scrivendole una lettera e spiegando perché le ha fatto tanto male e scusandosi per i Suoi peccati.

  Senza tutto ciò il denaro che ha versato è come se non esistesse.

  3. Il denaro. Lei signore mi ha inviato da Ginevra il sette di marzo una lettera dal tono arrogante e persino sfacciato, per dirmi di prendere la somma e tapparmi la bocca senza ringraziare. Ebbene, tenga conto che non mi è passata per l'anticamera del cervello l'idea di dirLe grazie! Grazie di che? Del fatto d'essersi degnato di ricordare con grave ritardo di pagare una minima parte di quel che, secondo la giustizia e la rettitudine, avrebbe dovuto dare a Boaz e alla signora Sommo, e in fondo anche alla bambina piccola? Evidentemente la Sua spocchia, signore, è senza fine. Come sta scritto da noi: faccia di bronzo.

  Stando all'entità della somma che Lei ha ritenuto opportuno mandare (centosettemila dollari americani in lire israeliane in tre rate di diversa misura), mi rendo conto che la donazione per il riscatto della casa Alkalai a Hebron è stata accantonata. Tuttavia colgo questa triste occasione per invitarLa nuovamente a contribuire quanto prima con centoventimila dollari americani a questo santo scopo: anche qui si tratta forse di una questione di vita o di morte, come ai due paragrafi precedenti, seppure in un senso più generico. Come sopra detto, se non si fosse trattato di una questione di vita o di morte non mi sarei mai rivolto a Lei, nel bene e nel male. Ora mi spiego. Secondo la nostra fede c'è un legame fra le azioni perverse e i guai di Boaz e i tormenti inflitti a sua madre. Può darsi che il Suo pentimento e la Sua donazione portino al ragazzo una misura di compassione e così lui torni sano e salvo. Al mondo ci sono il castigo e la retribuzione, c'è la giustizia, benché io sia troppo piccolo per provare a misurarmi con i meccanismi che in Cielo la regolano e con il perché i Suoi peccati debbano ritorcersi in sofferenze sulla donna e il ragazzo. Chissà. Può darsi che proprio Suo figlio un giorno o l'altro avrà il privilegio di andare a risiedere a Hebron sotto quel tetto che vogliamo redimere da mani straniere per mezzo della Sua donazione, e così la giustizia sarà ristabilita e colui che siede in cielo se la riderà... Come sta scritto da noi, gira gira il vento, e, come sta scritto "getta il tuo pane nell'acqua ché nel compimento dei giorni lo ritroverai". E forse questa donazione Le servirà per bilanciare i Suoi peccati quando verrà il giorno di presentarsi al cospetto del Giudice di fronte al quale non c'è risata o leggerezza. Si ricordi comunque, signore, che lassù non avrà nessun avvocato, e Lei non è in una bella situazione.

  Il che mi conduce a sottolineare a mo' di conclusione che questa lettera sono costretto a farGliela recapitare tramite il signor avvocato Zakheim, per ragioni che non dipendono da me, dal momento che il signor Zakheim si rifiuta categoricamente di darmi il Suo indirizzo, e a mia moglie non lo chiedo perché non ho piacere di dirle della lettera - ha già i nervi a pezzi, senza bisogno anche di questo.

  Ho buone ragioni, del resto, per lamentarmi del signor Zakheim. Evidentemente si è fatto l'idea di un giallo scalcagnato pieno di ricatti ed estorsioni, con un certo Michael Sommo in veste di Don Corleone della Mafia o qualcosa di simile. Se una cosa del genere arrivasse da qualcun altro, non la lascerei passare impunita. Ma il signor Zakheim, dal nome capisco che lui o la sua famiglia può essere che siano venuti da noi dalla Shoah. E agli ebrei venuti dalla Shoah io perdono tutto: forse il signor Zakheim ha vissuto delle esperienze che gli hanno fatto venire una diffidenza morbosa, e soprattutto verso le persone come me che hanno opinioni politiche come le mie e della mia origine, e più che mai nel caso siano osservanti. Come sta scritto da noi, vede l'ombra dei monti come fossero i monti stessi.

  Ho deciso comunque di perdonare il Suo avvocato.

  Ma non Lei, signore. Lei non La perdono. Forse, se eseguisse fedelmente quanto esposto in ognuno di questi punti - la ricerca del ragazzo, le scuse alla signora e la donazione per il riscatto della nostra Terra -, forse il Cielo userà con Lei una misura di compassione. Quanto meno qualche cosa andrà finalmente a Suo credito.

  Con i miei migliori auspici per la festa dell'Indipendenza

   

  Michael Sommo.

   

  Allegato.

  9.5.76.

   

  Caro Alex,

  Solo qualche rigo. Con ciò ti trasmetto la busta sigillata dal tuo successore in miniatura. Scommetto che ti chiede altro denaro. Si sarà convinto d'essere riuscito tramite il terminale automatico a entrare in contatto diretto con il tipografo della zecca di stato. Qualora avessi deciso, questa volta, di finanziare la ricostruzione del Tempio o anche soltanto di regalare un bonus all'asino del Messia, fallo ti prego senza di me. Io mi converto all'islam e così chiudiamo la faccenda.

  Da Sommo sono riuscito a capire che il colosso bambino s'è nuovamente dato alla macchia a gambe levate: non mi capacito di come un obelisco di quelle misure riesca ogni volta a dileguarsi. Ma non c'è di che preoccuparsi, nel giro di un giorno o due vedrai che lo ritrovano alla stazione dei bus che spaccia merce di contrabbando, come è successo la volta prima.

  Fra parentesi, ho incontrato per caso la tua reietta qualche giorno fa in via Ben Yehuda. Pare proprio che il gentleman non le faccia mancare nulla, anzi: sembra in piena forma, calcolato il suo chilometraggio, e soprattutto se si tiene conto di quante mani ha già passato.

  Lo stesso non si può dire di te, Alex: il tuo aspetto mi ha sgomentato quando ci siamo visti a Londra.

  Prendi la tua situazione in pugno e piantala di cercare guai.

   

  Il tuo fedele Manfred.

   

   

  SOMMO TARNAZ 7 GERUSALEMME.

  ZAKHEIM RICEVUTO ISTRUZIONE TROVARE RAGAZZO. LETTERA RICHIESTA ARRIVERA' PRONTAMENTE SIGNORA. ANCORA CINQUANTAMILA SE ACCORDATE ESAME ISTOLOGICO RAGAZZO. ESEGUO SIMULTANEAMENTE TEST SUDDETTO QUI LONDRA. ALEXANDER GIDEON.

   

   

  Spettabile Signor Manfred Zakheim

  Studio Legale Zakheim & Di Modena

  King George 36

  Gerusalemme.

  14.3.76.

   

  Caro Signor Zakheim, Il mio ex marito ci ha informati con un telegramma che Le ha chiesto di aiutarmi a trovare mio figlio scappato per andare a lavorare su una nave, a quanto risulta. La prego di fare il possibile e appena sa qualcosa, di chiamare. Il mio ex marito menziona nel telegramma un esame dei tessuti per Boaz al fine di accertarne la paternità. Come Le ho detto questa mattina al telefono (e lei mi ha pregato di farle avere una richiesta scritta) non mi oppongo più a questo esame come ho fatto per i sette anni trascorsi. L'unico problema è adesso quello di trovare il ragazzo e convincerlo a dare il suo consenso all'esame che suo padre vuole. E non sarà facile. La prego, signor Zakheim, spieghi al mio precedente marito che la mia decisione di non oppormi più all'esame non ha alcun nesso con la donazione che egli menziona nel telegramma. In parole povere, non è tenuto a versarci più nulla. Anzi, sono felice che da lui venga ora la richiesta di questo esame. Al tempo del nostro processo, come Lei signor Zakheim ricorderà, mi ero opposta - ma nemmeno lui si era detto d'accordo, del resto.

  Se egli vuole fare un'offerta per lo scopo che il mio attuale marito ha esposto, la faccia per favore, ma senza alcun nesso con l'esame in questione. Gli dica dunque soltanto che da parte mia adesso va benissimo. E soprattutto, signor Zakheim, la prego appena ha una anche vaga notizia di dove sia il ragazzo, me lo dica foss'anche in piena notte.

  Con riconoscenza,

   

  Sua Ilana Sommo (Gideon).

   

   

  Alla signora Sommo, Personale, tramite l'avvocato signor Zakheim.

  Hampstead, London, 16.5.76.

   

  Signora Sommo,

  Zakheim sta lavorando alacremente per trovare il vostro oggetto smarrito. Benché io supponga che non sia facile per lui confrontarsi con tutta la tribù dei Sommo, presumibilmente mobilitata per la caccia con gran rullo di tamburi. In un modo o nell'altro, immagino che ora che questa lettera giungerà a destinazione, sarà già arrivato un segnale da Boaz. Fra l'altro, quasi mi dispiace: chi di noi non ha mai sognato una volta di sparire senza lasciare traccia?

  Ieri mi è giunta una lettera da parte di Suo marito. Deve aver avuto una illuminazione divina, una voce dev'essere scesa dal cielo a comandargli di ricostruire, precisamente a mie spese, le piramidi d'Egitto. E nell'ambito del suo piano generale di restauro della Gerusalemme celeste, mi ha ordinato di ravvedermi immediatamente e di cominciare con il porgere le mie scuse a Lei. Poi verrà comunque il momento delle afflizioni e delle mortificazioni.

  E io che ingenuamente pensavo che fra noi tutto fosse già stato chiarito nei due dibattimenti rabbinici e nel processo civile, a scanso di ulteriori spiacevoli incidenti. In fondo avevo l'impressione che fosse Lei a dovermi una spiegazione. E in effetti nelle Sue lettere si riconosceva vagamente un tentativo di esporre la Sua situazione, con dovizia di particolari sulle prestazioni coniugali del signor Sommo. La faccenda non mi interessa (benché la Sua descrizione sia composta niente affatto male; forse un po' troppo letteraria per i miei gusti). Del resto, i sentimenti che la mia figura continua o meno a suscitare in Lei non mi cambiano di una virgola. Mi piacerebbe assai che la si smettesse di chiedermi donativi con tale impeto: non sono né la banca d'Inghilterra e nemmeno una banca di sperma. Al contrario, Lei non ha nemmeno sfiorato l'unica questione che mi turba: perché a suo tempo ha deciso di opporsi con tale virulenza all'esame dei tessuti? Se si fosse accertato che sono il padre biologico, sarebbe stato per me molto più difficile, forse impossibile, vincere la causa contro di Lei. Ancor oggi non mi capacito: temeva forse che si dimostrasse che non sono suo padre? Temeva che saltasse fuori che sono suo padre? C'è anche solo un'ombra di dubbio su chi sia suo padre, Ilana?

  E cosa La porta ora a cambiare improvvisamente idea e a dirsi d'accordo a eseguire finalmente questo esame? Cioè, se veramente ha cambiato opinione. E se nel frattempo non l'ha cambiata di nuovo.

  Davvero è solo questione di soldi? Ma anche allora era in gioco il denaro. E anche allora Lei ha lottato per il denaro. E ha perduto. Giustamente ha perduto.

  Ripeto la mia proposta: prendete ancora cinquantamila dollari (e non m'importa a che scopo; sia pure al fine di convertire il Papa) una volta eseguito il test, e senza alcuna relazione con i suoi risultati. Anche se Zakheim è convinto che io sia ammattito: secondo la sua logica irrefutabile, nel momento in cui vi ho promesso nel telegramma che riceverete il denaro a prescindere dai risultati dell'esame, le carte sono ormai tutte in mano vostra, e io con le mie stesse mani vi porgo la mia testa su un vassoio d'oro. Così parlò Zakheim.

  Avrà ragione?

  E lei, avrà la cortesia di spiegarmi, adesso, perché si è rovinata con le Sue stesse mani, Lei e Boaz, al processo opponendosi all esame invece di pretenderlo? Che cosa aveva ancora da perdere che non aveva comunque già perduto? Aveva davvero un minimo dubbio sui risultati dell'esame? O piuttosto ha preferito perversamente perdere tutto e finire per la strada con il bambino, soltanto per insinuare in me un'ombra di dubbio?

  E adesso ha l'ardire di scrivermi che "non calpesto, ma mordo".

  Che cosa sarebbe, umorismo macabro?

  Ecco qui una nuova proposta da parte del drago in pensione: se mi darà una risposta diretta al perché si è opposta nell'anno 1968 all'esame per accertare la paternità e al perché adesso invece si dichiara favorevole, per parte mia mi impegno a nominare Boaz mio erede. E anche a mandarvi altri cinquantamila dollari con ricevuta di ritorno. In fondo, se Lei mi fornirà una risposta il test diventerà superfluo. Vi rinuncio in cambio di una risposta convincente alla mia unica domanda.

  D'altro canto, se invece decidesse di tessere ancora menzogna su menzogna, è meglio se tronchiamo nuovamente i nostri rapporti. E questa volta per sempre. Di menzogne me ne ha già propinate in dose tale da nutrire una truppa intera di mariti gabbati. Non riuscirebbe a mentirmi di nuovo. Fra l'altro, che razza di spiegazioni si aspetta da me Suo marito, dal momento che Lei stessa ha ammesso al cospetto di tre rabbini che negli anni del nostro matrimonio è riuscita ad andare a letto con uno stadio intero?

  É comunque meglio se interrompiamo i nostri rapporti. Che cosa vuole ancora da me? Che cosa ho da darLe all'infuori del denaro? Le è venuta improvvisamente voglia di ingozzarsi di bistecca di drago con patatine? Perché mai è venuta a far baccano nel nostro cimitero, dopo sette anni?

  Mi lasci in pace. Vivo solo e in pace. Vado a letto ogni sera alle dieci e dormo senza sogni. Mi alzo ogni mattina alle quattro per lavorare a un articolo o una conferenza. Le mie passioni si sono spente tutte. Mi sono persino comprato un bastone da passeggio in un negozio di antiquariato a Bruxelles. Donne e uomini, denaro, potere e celebrità, tutto mi ispira squallore. Solo ogni tanto vado a fare quattro passi fra concetti e idee. Leggo trecento pagine al giorno. Mi chino e raccolgo qua e là una citazione o una nota a margine. Ecco tutto, Ilana. E visto che si sta parlando della mia vita, ecco, le Sue poetiche descrizioni della navicella spaziale, della neve, eccetera eccetera sono davvero graziose (è stato sempre il Suo forte, certo), ma si dà il caso, è giusto che sappia, che nella mia stanza c'è il riscaldamento centrale, niente camino. E alla mia finestra niente neve (siamo a maggio, ormai) ma solo un pezzo di giardino, prato all'inglese ben tenuto con qualche panchina vuota, un salice piangente e un cielo color grigio. Presto tornerò a Chicago. Quanto alla mia pipa e al whisky, da un anno e più mi è proibito bere e fumare. Se davvero Le sta a cuore che il mio testamento venga girato a Boaz, se Suo marito è ancora ansioso di qualche decina di migliaia di dollari, provi a rispondere sinceramente all'unica domanda che Le ho posto.

  Solo rammenti: ancora una bugia, e voi non avrete più da me né una risposta né un centesimo. Mai più.

  Ora mi firmerò con il nuovo soprannome che mi ha affibbiato:

   

  Alec l'empio asceta.

   

   

  Dr. A. Gideon c/o Mister M. Zakheim.

  Gerusalemme, 21.5.76.

   

  Caro empio asceta,

  Oggi è arrivata una cartolina da Boaz. Si trova da qualche parte nel Sinai, non ci dice dove, ma stando a quel che dice "lavora e guadagna del buon denaro". Per il momento non siamo riusciti a localizzarlo. Del resto non ci è ancora riuscito nemmeno il tuo onnipotente Zakheim. In compenso tu con la tua lettera sei riuscito ad addolorarmi e financo a spaventarmi. E non con i tuoi bocconi avvelenati, ma perché mi scrivi che ti è proibito bere e fumare. Per favore, dimmi quel che è successo. Che operazioni hai subito.

  Scrivimi tutta la verità.

  Mi formuli inoltre due domande: perché al processo che intentasti contro di me mi opposi all'idea di sottoporci tutti e tre all'esame dei tessuti? E mi oppongo ancora adesso, a questo esame? La risposta alla seconda domanda è che ora sono d'accordo a farlo. Solo che adesso è una faccenda che riguarda esclusivamente te e Boaz. Se davvero è importante per te, cerca di convincerlo a sottoporsi all'esame.

  Ma prima dovresti trovarlo. Vacci tu, a cercarlo, non mandare al tuo posto Zakheim con i suoi detective.

  Parole inutili. Stai nascosto nella tua tana e figuriamoci se ne vieni fuori.

  La risposta alla prima domanda è che sette anni fa avevo davvero una gran voglia di farti tirare fuori gli alimenti e anche una parte di beni, ma non al prezzo di consegnarti Boaz. E mi stupisco che tu con il tuo cervello internazionale non lo abbia capito subito.

  Anche se in fondo non mi stupisco affatto.

  Quel che mi spinse a oppormi all'esame dei tessuti fu che il mio avvocato mi spiegò che in caso l'esame avesse accertato la tua paternità, dopo che mi avevi costretto ad ammettere la colpa di adulterio, tanto la corte rabbinica quanto il tribunale civile avrebbero affidato il bambino a te. Ero convinta che tu con il tuo odio verso di noi non avresti esitato a portarmi via Boaz e lasciarmi in cambio un pugno di soldi. E all'epoca Boaz aveva soltanto otto anni.

  Il segreto è tutto qui, mio signore.

  La pura verità è che non mi andava di vincere il processo perdendo mio figlio, piuttosto il contrario. É vero che comunque speravo di ottenere un po' di sostegno da te perché non avevo un centesimo, ma non al costo di dover rinunciare a Boaz. Questa è la ragione per la quale usai il mio diritto di oppormi all'esame, il quale avrebbe dimostrato che tuo figlio era tuo.

  La verità è che abbiamo perso entrambi. Boaz appartiene solo a se stesso e forse anche per se stesso è un estraneo. Proprio come te. Mi stringe il cuore quando penso alla tragica rassomiglianza fra te e tuo figlio.

  Se mi avessi concesso soltanto un decimo del denaro che hai iniziato a riversare su di noi, avrei potuto crescere Boaz con me. E da quel giorno in poi avremmo avuto una vita meno difficile. Ma questo è in fondo il motivo che ti ha spinto a negarmi tutto. E nemmeno adesso ci avresti dato un centesimo se non ti fossi spaventato a morte quando ti ho raccontato che Michel stava facendo breccia nel ragazzo e che Boaz, in quel suo modo indecifrabile, si sta affezionando a Michel. Fra parentesi, non mi importa se Michel continua ingenuamente a credere che tu ti sia pentito e abbia avviato il cammino del ravvedimento, per usare il suo frasario. Quanto a me, non mi freghi, Alec: ci hai versato quei soldi non per riparare alle tue malefatte ma per distruggere. Povero Alec: invano hai cercato di fuggire. Invano ti sei atteggiato a remota divinità. Invano ti sei nascosto in una nuvola e hai tentato di aprire una pagina nuova. Ci sei riuscito ancor meno di me. Invano abbiamo entrambi taciuto per sette anni. Ti sei avvolto nella tonaca nera? Ti sei coperto il capo con il cappuccio? Andiamo pure avanti. Sono pronta.

  Solo scrivimi tutta la verità sullo stato della tua salute. Il salice piangente e il cielo grigio alla finestra della tua stanza mi tormentano.

  Aspetta ancora un istante, Alec. Dopo tutto si tratta di un gioco a due. É arrivato il mio turno di porti una domanda: perché hai accettato il mio rifiuto? E perché anche tu allora ti rifiutasti di fare l'esame dei tessuti? Perché non hai lottato per Boaz almeno quanto hai lottato per distruggermi, in tribunale? Perché non hai lottato per lui sì da distruggermi sino in fondo? E perché proprio adesso ti viene in mente di offrirmi una fortuna purché si esegua finalmente questo esame? É il tuo turno di non mentire. Attendo una risposta.

  Ilana.

   

   

   

  A Ilana Sommo, personale,

  Per mano dell'avvocato signor Zakheim.

  Londra, 2.6. 76.

   

  Perché non potevo, non volevo, portarmi via Boaz. Non sapevo che farmene. Se avessi dato il consenso all'esame, la sentenza della corte mi avrebbe appiccicato addosso il bambino. E cosa mai ne sarebbe venuto fuori, crescendo con me?

  Questa è la risposta alla tua domanda.

  Come sta scritto alla fine del nostro verbale? "D'ora in poi non avanzeranno più reciproche richieste di sorta."

  Intanto Zakheim e gli investigatori sono riusciti a trovare Boaz. In altre parole, io e non Sommo. Com'è che dice il tuo sant'uomo? "Mi faccia il favore di prendersi nota." É saltato fuori che lavora su una barca per turisti con il fondo di vetro a Sharm al-Sheikh e guadagna davvero non male. Ho dato istruzione a Zakheim per telefono di lasciarlo in pace. Confido che anche tuo marito abbia l'intelligenza di non tentare di immischiarsi. Potresti suggerirgli di inserire Boaz nel conto della mia donazione per il riscatto dei Territori liberati e mandarmi una ricevuta per posta?

  Davvero gli hai lasciato leggere le mie lettere? Suppongo che rivendichi il suo diritto di leggerle prima di te e magari di censurare qua e là. É altresì possibile che il suo onore gli impedisca anche soltanto di sbirciare fra le lettere di sua moglie e di frugare di nascosto nei suoi cassetti. La terza eventualità è che legga ogni parola a tua insaputa e in tua assenza e poi vada a giurare sulla Bibbia che è sicuro che sua moglie non cova, Dio non voglia, alcun pensiero peccaminoso e le sue lettere sono per lui sacrosante.

  Una quarta ipotesi è che tu mi assicuri che lui non legge le mie lettere, benché tu glielo consenta. O che mi dica che sì, lo fa e invece non glielo permetti. Tradire lui con me, me con lui, entrambi l'un con l'altro, o entrambi con il lattaio. Da te ci si può aspettare di tutto. Tutto è possibile, Ilana, fuorché una cosa: che io possa arrivare a sapere chi sei tu veramente. Avrei dato tutto quello che ho per saperlo. Ma possiedo soltanto del denaro e il denaro, come mi hai scritto tu, non serve. Scacco matto.

  Ma visto che ho menzionato il denaro, dimmi quanto te ne serve ancora. Vuoi davvero che faccia una donazione per il riscatto di Hebron? La cosa mi è indifferente. Gli compro anche Hebron. E poi Nablus.

  Quand'è il suo compleanno? In cambio ti chiedo, dimmi, qual è il segreto di questa perla rara di marito?

  Come ha fatto a stregarti? Ho un attendibile rapporto di due investigatori privati, secondo il quale tu non l'hai a quanto pare mai tradito (senza tenere conto, beninteso, del buono copula che mi hai mandato in cambio di centomila dollari, grazie al quale entreremo entrambi a buon diritto nel Guinness dei primati per il prezzo più alto mai pagato per una scopata mai avvenuta). Fra parentesi, nel suo ultimo (provvisoriamente) sollecito di pagamento che mi ha fatto pervenire, il tuo prendisoldiescappa mi lascia intendere che io ti avrei "indotto al peccato". Fandonie di questo genere sono a quanto pare comuni nell'ambiente da cui proviene. Non mi è difficile immaginare che cosa tu gli abbia raccontato della nostra vita insieme. La Bella e la Bestia.

  Che hai trovato in lui? Che cosa ci trova Boaz in lui?

  "Un bambino scostante e selvaggio," mi hai scritto, "cui l'odio ha infuso una forza fisica stupefacente." Ricordo il modo in cui dormiva la notte: tutto raccolto in fondo al letto con la coperta pesante fin sopra la testa bionda, come un cucciolo rincantucciato dentro la tana. E la dolcezza del risveglio la mattina; affiorava dal sonno sbarrando gli occhi di colpo, chiedendo se la tartaruga era già sveglia. Ricordo l'aiuola di caramelle in giardino. Il cimitero delle farfalle. Il labirinto e il luna-park che aveva fatto per la tartaruga. Le sue manine sul volante della mia macchina. I battaglioni di carriarmati sul tappeto e la pipa che mi lavava con acqua e sapone. E quando è scappato al uadi dopo uno dei tuoi suicidi. E quella volta che tornai di notte e trovai sul tavolo della cucina un accendino verde non mio e ti colpii con i pugni, quando d'un tratto spuntò lui con il suo pigiama da astronauta per pregarmi sottovoce di smetterla perché tu eri più debole. Quando gli dissi di filare a letto e ripresi a picchiarti, mi gettò addosso una piantina di cactus graffiandomi la faccia; allora ti lasciai e presi lui, selvaggiamente, per sbattergli la testa bionda contro il muro. Avevo la pistola in tasca e avrei potuto sparare a tutti e due, quella notte, poi piantarmi in testa una pallottola. In fondo l'ho fatto, e da allora noi tre siamo un sogno.

  Voglio che tu sappia che in tutti questi anni non è passato un solo mese senza ch'io abbia ricevuto da Zakheim e dagli investigatori un rapporto su te e Boaz. E tutto quel che ho saputo, compresa la sua violenza, mi è assai piaciuto: quell'albero sta crescendo ben lontano dalle mele marce. Noi non siamo degni di lui. Nessuno di noi due è degno di niente, oltre a una pallottola in testa. Forse solo il tuo diavolo nero è degno di qualcosa. Di stare sepolto nella sua grotta di Macpela. E prima possibile.

  Che hai trovato in lui, Ilana? Che cosa ci trova Boaz, in lui?

  Se mi darai una risposta convincente riceverete l'assegno promesso.

  La tua ansia improvvisa per la mia salute (o forse la tua smania di eredità) è commovente, come al solito.

  Ma ti prego, non esagerare: non sono ancora defunto. Malgrado quelle operazioni. D'accordo, senza whisky e senza pipa, così nel tuo arsenale poetico restano soltanto la penna e gli occhiali che davvero ogni tanto sposto di un centimetro a sinistra o tre a destra, sulla scrivania. Proprio come hai descritto nella tua lettera. Benché non mi dia a spaccare oggetti di vetro né a gettare cose nel fuoco. Invece delle tue nevi e del bicchiere e della bottiglia vuota, puoi sempre usare il salice piangente alla mia finestra. Il bianco e nero ci sta benissimo, purché lo usi con moderazione e non con la tua usuale ridondanza.

  Tuttavia mi verso un poco di whisky prima di tentare la ricetta che mi hai suggerito, sbattere la testa contro l'angolo della scrivania sinché il dolore non si estingue.

   

  Il drago.

   

   

  GIDEON NICFOR LONDRA. BOAZ VENUTO DA ME. VUOLE DA TE CINQUEMILA DOLLARI ACQUISTO NAVE VETRO AVVIARE AFFARE IN PROPRIO SHARM ALTRI MILLE COSTRUIRE TELESCOPIO PER TURISTI. DATO RISPOSTA NEGATIVA. PER TUA CONOSCENZA MANFRED.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE. DAGLIELI IDIOTA. ALEX.

   

   

  GIDEON NICFOR LONDRA. ADESSO VUOLE CINQUEMILA PER CASA OPHIRA. STUDIO ZAND SCOPERTO PER ME CHE VIVE PRESSO STAZIONE BENZINA CON DUE SVEDESI UNA FRANCESE E BEDUINO. NON DATO CENTESIMO. NON HAI CONTANTI NÉ SONO RIUSCITO A REALIZZARE. VA DA PSICHIATRA. MANFRED.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE. MANFRED FAMMI UN FAVORE. PRENDI PRESTITO IN CAMBIO PODERE ZIKHRON E DAGLI QUANTO VUOLE. DIGLI É ULTIMA VOLTA. ALEX.

   

  GIDEON NICFOR LONDRA. PRESTITO NON CONCESSO A TE. MANFRED.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE. SEI LICENZIATO. ALEX.

   

   

  GIDEON NICFOR LONDRA. GRAZIE A DIO SONO LICENZIATO. A CHI TRASFERIRE DOCUMENTI. ZAKHEIM.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE. TUE DIMISSIONI RESPINTE. SEI UNA BESTIA. ALEX.

   

   

  GIDEON NICFOR LONDRA. CONTINUO A CONDIZIONE SMETTI SUBITO DEFINITIVAMENTE ASSISTENZA SOCIALE AI POVERI DELLA GRANDE ISRAELE COMPRESA RISPOSTA NEGATIVA PER BARCHE CASE SHARM. SEI DIMITRI KARAMAZOV O RE LEAR. MANFRED.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME. O.K. RASPUTIN CALMATI M'ARRENDO PER ORA. ALEX.

   

   

  Signor M.H. Sommo

  Tarnaz 7

  Gerusalemme.

  Raccomandata.

   

  Egregio Signor Sommo,

  Con la presente La invitiamo ufficialmente a non presentare al mio cliente, il dottor A.A. Gideon, vuoi direttamente vuoi tramite la Sua coniuge vuoi tramite il di lei figlio ulteriori richieste/rivendicazioni di ordine finanziario, oltre a quel che ha già ricevuto da lui in qualità di donativi. Mi permetta di farLe presente che il mio cliente mi ha ordinato via telegramma di porre d'ora in poi il veto assoluto al trasferimento di denaro richiestogli in futuro con pressioni di qualunque ordine, emotivo o altro. In parole povere, è meglio se si ficca in testa che se vuole ancora qualcosa, non ha alcun senso continuare a molestare, lei personalmente o tramite i suoi parenti, il dottor Gideon. Provi a rivolgersi a me e se si comporta bene troverà in me un orecchio attento. Per il suo interesse, signore, le consiglio di tener conto che disponiamo di tutte le informazioni che ci servono nel caso dovessero insorgere delle questioni da parte sua, in futuro.

  Mi consideri sempre a sua disposizione.

   

  M. Zakheim avvocato e dirigente aziendale.

   

   

  Avvocato Signor Zakheim

  Studio legale signor Zakheim & signor Di Modena

  King George 36

  Città.

  Per grazia di Dio Gerusalemme 13 di Sivan 5736 (10.6.76).

   

  Stimatissimo signor avvocato Zakheim, felice festa di Pentecoste!

  Non sia mai che Lei abbia a pensare che avrei alcuna lamentela o rimostranza nei Suoi confronti. Come sta scritto da noi, "Colui che custodisce i semplici mi trattenga dal sospettare i giusti o dal gettare denigrazione, per carità!". Anzi, ritengo che Lei faccia il Suo mestiere di agire per conto del professor Gideon nel modo migliore possibile. Parimenti apprezzo i Suoi sforzi di ristabilire per noi il contatto con Boaz, e mi dispiace per il disagio spirituale che tutto ciò le ha causato, oltre a ringraziarLa per il disturbo ed esprimerLe la mia fiducia che la Sua buona azione andrà a Suo merito.

  Insieme a tutto ciò, e con il dovuto rispetto, mi perdonerà se mi trovo costretto a rilevare che Lei non è autorizzato ad agire come intermediario fra me, la mia famiglia e il professor Gideon. Ciò per la semplice ragione che Lei è assolutamente immedesimato nella controparte, e così deve essere dal momento che la controparte la paga per il disturbo. Dunque come sta scritto da noi, "Non dal tuo pungiglione e non dal tuo miele", signor Zakheim. Nel caso che il professor Gideon decida per il suo bene di offrire una donazione per la ricostruzione della Terra, Lei, con tutto il rispetto, non ha alcun diritto di veto e nemmeno alcun diritto di opinione, non fa parte del contesto e farebbe meglio a uscirne.

  D'altro canto, qualora anche Lei decidesse di offrire qualcosa per il nostro santo scopo, la sua donazione sarebbe accolta con favorevole apprezzamento, senza andare troppo per il sottile.

  Parimenti mi sono marcato la sua circostanziata allusione al materiale che mi dice aver raccolto contro di noi. La cosa non mi impressiona, per la semplice ragione che noi non abbiamo niente da nascondere.

  Come sta scritto da noi, "Chi sale al monte del Signore e chi sta sul luogo della Sua santità? Colui che ha le mani pulite e un cuore sano. che non ha alzato l'anima invano" eccetera eccetera. La sua circostanziata allusione fa vergognare soltanto Lei, signor Zakheim. Io per parte mia, in ottemperanza al precetto che dice: "Non vendicarti e non serbare rancore", ho deciso di ignorarla e fare come se non essi stesse.

  Stimato signor Zakheim. Come uno che viene a noi dalla Shoah mi sarei aspettato che proprio una persona come lei fosse fra i primi ad aspirare al rafforzamento dello stato e al consolidamento dei suoi confini. Il tutto, non sia mai, senza intaccare l'onore né la proprietà degli abitanti arabi. Pertanto mi auguro che voglia aderire alla nostra organizzazione "movimento per la fratellanza di Israele" (allego un prospetto con tutti i dettagli). Inoltre, signor Zakheim, in ragione della competenza legale di cui ha dato prova al servizio del professor Gideon, ho l'onore di proporle con la presente il ruolo di procuratore del movimento, vuoi come atto volontario vuoi in cambio di un ragionevole compenso.

  Parimenti le chiedo di accettare il ruolo di amministratore personale mio e dei miei famigliari, alla luce del fatto che con l'aiuto di Dio, nonche presumibilmente con il suo auspicato aiuto, una parte della refurtiva ci è già stata restituita e confido che anche il resto arriverà.

  Sono disposto a pagarle per il disturbo la consueta commissione e qualcosa in più. Si potrebbe operare anche sulla base di una società fra di noi, signor Zakheim, dal momento che mi propongo di investire tramite la nostra organizzazione - molto di quel denaro in iniziative finanziarie legate al riscatto dei territori liberati. La società fra noi potrebbe risultare di gran profitto per entrambi, oltre al vantaggio che procurerebbe al popolo d'Israele e allo stato. Come sta scritto da noi, "Come cammineranno due insieme senza essersi accordati?". La mia proposta è dunque che Lei passi dalla nostra parte senza, per carità, abbandonare il suo cliente il professor Gideon. La prego di prendere seriamente in considerazione questa proposta. Non abbia fretta di rispondermi. Siamo abituati ad aspettare e non siamo avvezzi alla precipitazione.

  Può infine darsi che il professor Gideon rappresenti i risultati del passato, ma sono convinto che il futuro appartiene a noi. Pensi al futuro, signor Zakheim '

  Con stima e amore d'Israele

  Michael (Michel-Henri) Sommo.

   

   

  Rahel Morag

  Kibbutz Beit Abraham posta mobile, Bassa Galilea

  11.6.76.

   

  Ciao, Rahel la normale,

  Ti devo comunque qualche parola. Non ti ho risposto prima perché ero immersa fino al collo nei guai di Boaz. Adesso assumerai quell'espressione da Rahel-comprensiva-indulgente e con il tono della sorella maggiore commenterai fra te e te che come al solito pensavo a me e non a Boaz. In fondo tu, sin da quando eravamo bambine, hai provveduto a salvarmi dalle mie ossessioni. "I miei drammi" per usare il tuo frasario. E ora mi propineresti la tua solfa di psicologia spicciola che hai imparato al corso per assistenti della prima infanzia. Finché non uscirei dai gangheri per urlare: lasciami in pace. E allora mi sorrideresti malinconicamente, guardandoti bene dall'offenderti, e taceresti dandomi modo di concludere da me che i miei sfoghi non fanno che dimostrare la tua saggia diagnosi. Quella tua saggezza paziente, didattica, per tutti questi anni mi ha fatto infuriare, al punto che quasi soffoco per la rabbia ed esplodo e ti insulto, dandoti con ciò una splendida occasione per perdonarmi e attizzare la tua perenne preoccupazione per il mio stato. Ce la caviamo non male, noi due, non è vero? Lo vedi, dopo tutto avevo in mente soltanto di scriverti qualche parola di ringraziamento per la vostra disponibilità, tua e di Yoash, a mollare tutto e venire a Gerusalemme a dare una mano. E guarda che cosa è venuto fuori.

  Scusami. Per quanto, se non fosse per i miei drammi, che legame ci sarebbe più fra di noi? E quale destinazione avresti per le tue infallibili scariche di buon cuore?

  Come ben sai, Boaz si è sistemato. E io sto cercando di calmarmi. L'avvocato di Alec ha assoldato degli investigatori che hanno scoperto che lavora su una barca per turisti sulla costa del Sinai e non ha nessun bisogno di noi. Sono riuscita a convincere Michel a non andare da lui, per ora. Lo vedi, ho accolto il tuo consiglio di lasciarlo vivere. Quanto all'altra tua raccomandazione, di dimenticare per sempre Alec e rifiutare il denaro che mi offre, non prendertela se ti dico che non capisci niente. Saluti a tutti, grazie a Yoash e un bacio ai bambini

  Dall'insopportabile Ilana.

  Saluti a tutti da Michel. Sta iniziando i lavori di ampliamento in casa con i soldi che abbiamo ricevuto da Alec. Ha già ottenuto la licenza edilizia per le due stanze in più verso il cortile. La prossima estate potrete venire a stare da noi, e io farò la brava.

   

   

  Estratti di recensioni apparse sulla stampa mondiale per "La violenza disperata: studio sul fanatismo comparativo" di Alexander A. Gideon (1976).

   

  "L'opera monumentale dello studioso israeliano getta una luce affatto nuova - o piuttosto un'ombra pesante - sulla psicopatologia che soggiace a fedi e ideologie diverse, dalla remota antichità sino ai nostri giorni..."

  "Times Literary Supplement".

   

  "Un libro indispensabile... Un'analisi fredda come ghiaccio del fenomeno del fervore messianico nelle sue manifestazioni religiose e anche laiche..."

  "New York Times".

   

  "Una lettura affascinante... vitale per la comprensione dei movimenti che hanno scosso e ancora scuotono il nostro secolo... il professor Gideon descrive il fenomeno della fede... di qualunque fede... non in quanto fonte di moralità bensì esattamente all'opposto..."

  "Frankfurter Allgemeine Zeitung"

   

  Lo studioso israeliano sostiene che tutti i riformatori del mondo sin dall'alba della storia hanno di fatto venduto l'anima al dia volo del fanatismo... La latente aspirazione del fanatico è. secondo l'autore, quella di andare incontro a una morte santa sull'altare della propria idea, e ciò gli consente di sacrificare senza batter ciglio la vita degli altri e, a volte, la vita di milioni di persone... nell'anima del fanatico violenza, salvezza e morte si fondono in un unico insieme... il professor Gideon basa questa conclusione non su speculazioni psicologiche, bensì su un'impeccabile disamina linguistica del lessico tipico di tutti i fanatici in epoche diverse e nelle più svariate collocazioni in ambito religioso e ideologico... Abbiamo di fronte uno di quei rari libri che costringono il lettore a un riesame completo di se stesso e del proprio contesto, in cerca, dentro se stesso e ciò che lo circonda, dei sintomi di un morbo latente.."

  "New Statesman", Londra

   

   

  "Denuda impietosamente il vero volto del feudalesimo e del capitalismo... denuncia con grande talento la Chiesa, il fascismo, il nazionalismo, il sionismo, il razzismo, il militarismo e l'estrema destra...".

  "Literaturnaya Pravda"

   

  "Leggendo si ha l'impressione di contemplare un quadro di Hieronymus Bosch..."

  "Die Zeit"

   

   

  Dr. A. Gideon.

  Tramite signor Zakheim.

  Gerusalemme, 13.6.76.

   

  Caro il mio asceta,

  Se solo, sette anni fa, mi avessi dato un cenno che non intendevi approfittare della mia confessione di adulterio per portarmi via Boaz, non avrei avuto alcun motivo per oppormi all'accertamento della paternità, di cui comunque non c'era alcun bisogno. E quanta sofferenza si sarebbe risparmiata, se solo avessi pronunciato due parole, allora. Ma che senso ha chiedere a un vampiro come fa a bere sangue fresco?

  Ti sto facendo un torto. In fondo tu hai rinunciato a tuo figlio per proteggerlo. In fondo gli avresti persino donato un rene. Del resto anche adesso potresti fotocopiare e spedire a Michel quelle lettere. Ma qualcosa turba il tuo odio. Qualcosa in te bisbiglia come la brezza fra l'erba secca. Spezzando l'artico mutismo. Ti rammento fra i tuoi amici durante la consueta discussione sabbatica: le gambe allungate sotto il tavolino. Gli occhi socchiusi. La pelle delle braccia ruvida e abbronzata. Le dita pensierose che circondavano lentamente un invisibile oggetto. Tutto il resto, un fossile immobile. Una lucertola in agguato di un insetto. Sul bracciolo della poltrona stava posato in precario equilibrio il tuo bicchiere. Il marasma di voci nella stanza, gli argomenti, le confutazioni il fumo delle sigarette, tutto avveniva come molto al di sotto di te. La camicia bianca inamidata, stirata alla perfezione. Il tuo volto impassibile in contemplazione.

  E d'improvviso, come una vipera ti drizzavi per schizzare dentro la conversazione: "Solo un momento.

  Scusate. Non ho capito una cosa". La confusione cessava immediatamente. E tu, con una frase o due troncavi la discussione confutavi le diverse posizioni da una prospettiva inattesa. particolarmente acuta, demolendo così il punto di partenza e concludendo con uno: "Scusate. Continuate pure". Poi tornavi allo schienale della poltrona, in quella tua postura sconnessa. Indifferente al silenzio che avevi provocato.

  Lasciando ad altri il compito di formulare in nome tuo la conseguenza presumibilmente deducibile dalla questione che avevi posto. Pian piano, dolcemente, la discussione riprendeva. Senza di te. Tu eri ormai immerso nello studio dei cubetti di ghiaccio dentro il tuo bicchiere. Sino alla interruzione successiva. Chi ti ha devastato l'anima al punto che consideri la pietà una debolezza, la gentilezza e la sensibilità un'onta, l'amore segno di effeminatezza, per un uomo? Chi ti ha esiliato, verso steppe di neve? Chi ha corrotto un uomo come te inducendolo ad annientare la traccia dell'affetto per suo figlio e la vergogna della nostalgia per sua moglie? Che orrore Alec. E il peccato diventa il castigo. Le tue mostruose sofferenze sono come una tempesta di tuoni dietro le montagne, all'alba. Ti abbraccio.

  Nel frattempo l'edizione ebraica del tuo libro è qui sulla bocca di tutti. La tua immagine torna a me dalle pagine di tutti i giornali. Peccato che sia vecchia di almeno dieci anni. Il viso è magro e l'espressione assorta, il tuo piglio militare teso lungo le labbra. come se stessi per dare l'ordine di sparare. É la foto scattata quando lasciasti l'esercito regolare e tornasti all'università per finire il dottorato? La guardo e lo splendore artico balugina verso di me dalla nuvola grigia. Come un tizzone intrappolato in un iceberg.

  Dieci anni fa. Ancor prima che finissi di costruire quella villa simile a una fortezza a Yefe Nof, con il denaro che Zakheim era riuscito a estorcere per te a tuo padre. Ormai lontano nelle steppe della sua melanconia, come un vecchio indiano che s'incammina verso i campi eterni.

  Abitavamo ancora nella vecchia casa di Abu Tor con il giardino di pietra e i pini. Ricordo in particolare i sabati di pioggia, in inverno. Ci alzavamo alle dieci, sfiniti dalle crudeltà della nostra notte, quasi tolleranti l'uno con l'altra come due pugili fra un round e l'altro. Quasi ci sostenevamo a vicenda, barcollanti.

  Uscivamo dalla stanza da letto e trovavamo Boaz sveglio.

  Già vestito da due ore (con la camicia abbottonata male e le calze spaiate), seduto compìto alla tua scrivania, la luce accesa, la tua pipa ficcata in bocca, disegnava su un foglio dopo l'altro cruscotti di astronavi. O un aereo che precipita in fiamme. A volte ritagliava per te mucchi di piccoli cartoncini bianchi incredibilmente precisi nel tratto - contributo al tuo dottorato. O per le truppe corazzate. Era ancora prima che iniziasse il periodo degli aeroplanini in legno di balsa.

  Fuori scendeva una pioggia mesta, testarda, che il vento sferzava contro le chiome dei pini e sulle imposte di ferro arrugginito. Oltre la finestra gocciolante il giardino sembrava tratteggiato con un pennello giapponese: aghi di pino tremolanti nella nebbia con stille di acqua intrappolate in punta. E in lontananza, fra i grumi di nuvole, flottavano i minareti e le cupole con una specie d'ansia a partecipare alla carovana in viaggio con i tuoni verso oriente, verso il deserto.

  Andavo in cucina a preparare la colazione e scoprivo che Boaz aveva già apparecchiato la tavola per tre. Con gli occhi arrossati tu e io evitavamo di incrociare gli sguardi. A volte però ti fissavo come inchiodata a te, solo perché tu non potessi più guardarmi. E il bambino, a mo' di assistente sociale, ci faceva da intermediario, chiedendomi di servirti un altro caffè o a te di passarmi il formaggio.

  Dopo colazione indossavo il vestito di lana blu, mi pettinavo, mi truccavo e mi sedevo in poltrona con un libro. Solo che il libro restava per lo più aperto e girato sulle mie ginocchia: non riuscivo a staccare lo sguardo da te e tuo figlio. Stavate alla scrivania a ritagliare, classificare e incollare fotografie tratte dal tuo "Geographical Magazine". Lavoravate quasi in silenzio, il bambino indovinava con destrezza i tuoi desideri. Ti porgeva al momento giusto le forbici, la colla, il temperino, ancora prima che tu glieli chiedessi. Sembravate intenti a una specie di cerimonia. Tutto con profonda serietà. Oltre al brusio della stufa a kerosene non si udiva nessun rumore in casa. E ogni tanto, senza rendertene conto, posavi la tua mano forte sulla sua chioma bionda, imbrattandola di colla. Quanto diverso era quel silenzio operoso, maschile, in quelle mattine sabbatiche dal mutismo disperato che calava su di me e su di te nell'istante in cui l'ultimo spasimo di desiderio ci abbandonava. E che tremore mi prendeva alla vista di quel contatto fra le tue dita e il suo capo, con alle spalle il furore della notte che appena qualche ora prima esse mi avevano procurato. Quand'è che vedemmo la Morte che vince a scacchi nel "Settimo Sigillo"? Dov'erano quelle tundre ghiacciate donde traesti la forza perversa di rinnegare quel bambino? Dove hai attinto la gelida potenza di costringere le tue dita a scrivere "tuo figlio"?

  E alla fine di quei sabati, in quei crepuscoli fra un acquazzone e l'altro, prima di mettere a letto Boaz, tu ti alzavi di scatto, con una collera debordante ti versavi un rapido cognac che tracannavi d'un sorso senza cambiare espressione, assestavi due colpi cruenti sulla schiena di tuo figlio quasi fosse stato un cavallo, indossavi brutalmente il tuo cappotto e dalla porta sbottavi verso di me: "Torno martedì sera. Per quel momento vedi di sgombrare il campo, se è possibile". E uscivi chiudendo la porta con un autocontrollo disperato che andava al di là di ogni impulso a sbatterla. Dalla finestra scorgevo la tua schiena che s'allontanava verso l'oscurità. Non puoi avere dimenticato quell'inverno. In te continua, sempre più grigio, coperto di issopo affonda sempre più profondo nella terra, come una vecchia lapide. Se puoi, prova a credermi quando ti dico che Michel non legge le tue lettere. Tuttavia gli ho detto della nostra corrispondenza con l'intermediazione di Zakheim. Non temere. O forse dovrei scrivere: non sperare?

  Malgrado la tua smentita, continuo a vederti seduto alla finestra a guardare campi innevati, algide pianure senza nemmeno un albero, un dosso, un uccello, che si dispiegano sino a fumare tra cumuli di nebbia grigia, tutto come in una xilografia. Tutto nel cuore dell'inverno.

  Da noi, invece, nel frattempo è arrivata l'estate. Le notti sono brevi e fresche. Le giornate torride, accecanti come acciaio fuso. Dalla finestra della mia stanza vedo i tre muratori arabi che ha assoldato Michel, stanno scavando le fondamenta dell'ampliamento che lui fa con il tuo denaro. Michel stesso lavora insieme a questi muratori ogni giorno quando torna da scuola. Non ha bisogno di nessun impresario perché in passato, il primo anno dopo il suo arrivo in Israele, ha lavorato nell'edilizia. Ogni due ore offre loro un caffè e si scambiano qualche battuta e chiacchiera. Il nipote di suo cognato, funzionario del municipio di Gerusalemme, ci ha procurato in breve tempo il permesso di costruzione. Il cugino della sua amica Janine ci ha promesso di occuparsi dell'impianto elettrico e di farci pagare soltanto il materiale.

  Dietro la cinta ci sono due fichi e un olivo. Dopo comincia il pendio scosceso che porta al uadi. Sull'altra sponda del uadi si trova il quartiere arabo, vuoi un sobborgo vuoi un villaggio: una schiera di casette di pietra strette intorno al minareto. Verso mattina i galli laggiù mi chiamano testardamente, come per sviarmi. Le capre belano quando giunge l'alba, a volte riesco a sentire i campanelli del gregge che va a brucare sul ciglio del deserto. Un branco di cani s'avventa di tanto in tanto su un ululato che la distanza mi offusca. Come ceneri di un'antica passione. La notte l'ululato si fa un lamento stretto. Il muezzin per parte sua ricambia con un suono gutturale, sfrenato, roso da una nostalgia inconfessabile. Estate a Gerusalemme, Alec. L'estate è arrivata e tu invece no.

  Boaz invece è comparso l'altro ieri. Come se non fosse successo nulla. Ed era di umore quasi scherzoso: "Hallo Michel. Ilana. Sono venuto per mangiarvi Yifat. Ma prima tieni, piccolina, mangia questi bon bon così mi diventi più gustosa". Un vichingo beduino scottato dal sole, che emana odore di mare e terra, con i capelli sin sulle spalle sbiancati come oro bruciato. Ormai deve piegarsi per passare sotto la porta. A Michel si rivolge e parla piegandosi tutto, con una deferenza che pare un cerimoniale. Per Yifat invece si è messo a quattro zampe e lei, scimmietta nera, si è arrampicata sulle spalle ed è andata a toccare il soffitto. Spalmandogli fra i capelli la bava delle caramelle che le aveva appena dato.

  Boaz ha portato con sé una ragazza esile, né bella né brutta. Una studentessa di matematica, francese, che ha almeno quattro anni più di lui. Michel, dopo aver appurato che viene da una famiglia ebraica, si è calmato e ha proposto loro di fermarsi a dormire da noi sul tappeto davanti al televisore. Per maggior sicurezza ha lasciato accesa la luce in bagno e ha spalancato la porta fra noi e loro, sì da essere sicuro "che in casa mia Boaz non faccia delle stupidaggini con lei".

  Che cosa ha condotto Boaz da noi? É venuto fuori che si è rivolto a Zakheim e gli ha chiesto una somma di denaro per scopi a te noti. Zakheim ha deciso chissà perché di dirgli dei centomila che hai versato a Michel, ma si è rifiutato di dare a Boaz persino un po' di "argent de poche". Un'astuta macchinazione che non riesco ad afferrare si trama dentro quella testa pelata e demoniaca, che ha suggerito a Boaz di venire da Michel "a chiedergli quel che gli spetta".

  Forse anche tu collabori a questa congiura? Forse è frutto della tua testa? E io che sono così scema da non capire quale sarà la tua prossima mossa, anche quando sta per arrivare. Del resto Zakheim è soltanto la marionetta danzante che a volte assoldi per coprire il tuo pugno severo.

  Boaz è venuto a proporre a Michel nientemeno che di entrare in società con lui in un affare di barche da turisti sul Mar Rosso. Per questo è venuto a Gerusalemme. Ha bisogno, dice, di un primo investimento, che è sicuro renderà entro i prossimi mesi. Mentre parlava ha aperto una scatola di fiammiferi e ha fatto per Yifat una specie di cammello con zampe di gallina. Quel bambino sei tu: rimiravo incantata le sue dita che elargivano fiumi di energia solo per evitare di rompere un fiammifero. Quello spreco vertiginoso alla cui vista mi ha preso una esagerata invidia, fisica, per quella francese.

  Di fronte alla proposta di Boaz Michel si è alzato e, come suo solito, ha fatto la cosa giusta e adatta nel momento migliore. Vale a dire, si è arrampicato sul davanzale della finestra e ha aperto la cassa della tapparella, ha smontato e rimesso la vite sì da liberare la persiana che era rimasta bloccata. Poi è rimasto in piedi sul davanzale, per poter parlare a tuo figlio dall'alto verso il basso, come sopra il ponte di una nave. Michel ha detto a Boaz, senza alcuna irritazione ma anche senza alcun cedimento, che non se ne parlava nemmeno, né di prestiti né di investimenti, e quand'anche Boaz "fosse stato un pozzo di sapienza com'era stato a suo tempo re Salomone, la famiglia Sommo non avrebbe mai finanziato né il palazzo né la flotta di Tarsis". E ha aggiunto, a mo' di chiosa, il versetto "con il sudore della tua fronte".

  Ma subito dopo è sceso dalla sua rampa di lancio ed è andato in cucina a preparare per Boaz e la sua amica delle sontuose bistecche con patatine e un'insalata virtuosistica. La sera ha di nuovo chiamato il figlio dei vicini a guardare Yifat e ha portato loro due e me al cinema e poi a prendere il gelato. Solo al nostro ritorno a casa, verso mezzanotte, Boaz ha trovato il coraggio di chiedere a Michel di chi era, in fondo, "quel denaro dall'America." Michel, che sotto il profilo simbolico non era sceso un solo istante dal suo piedestallo, ha risposto con calma: "Quel denaro è di tua madre e tua sorella e tuo in tre parti eguali.

  Ma per intanto tu e Yifat siete minorenni sia dal punto di vista della legge sia ovviamente anche del mio.

  Vostra madre è dunque responsabile di voi due e io sono responsabile per lei, il che dovresti farmi il favore di andare a dirlo al signor Zakheim, e che la pianti di scocciarti. Tu, Boaz, quand'anche superassi in altezza la torre Eiffel, per me resti una torre Eiffel minorenne. Se vuoi studiare, però, la faccenda cambia: hai solo da dirlo, e il portafoglio si apre. Ma sprecare il denaro che non hai guadagnato tu in pesci e turisti e ragazze? Questo non lo finanzio anche se ha luogo nel Sinai liberato. Questo denaro è destinato a fare di te una persona per bene. E se in questo momento ti scappa di tirarmi addosso una cassetta prego Boaz ce n'è una disponibile sotto il letto di Yifat".

  Boaz ha ascoltato in silenzio, limitandosi a sfoderare il suo sorriso meditabondo, e la sua bellezza sovrana, tragica, ha riempito la stanza come un aroma; ha continuato a sorridere anche quando Michel è passato al francese e si è lanciato in una conversazione con la studentessa. Mi affascina il modo in cui mio marito e tuo figlio, dai meandri del disprezzo e dell'umiliazione, traggono questo affetto silenzioso che li unisce. Attento signore: le tue vittime potrebbero fare combutta contro di te. Quanto a me, mi crogiolo nella tua gelosia che sicuramente in questo istante ti fa stringere le labbra sino a renderle un filo di ferro. A ridurre a tre o quattro centimetri lo spazio fra gli occhiali e la penna sulla scrivania. Solo non toccare di nuovo il whisky: la tua malattia non è contemplata fra le regole del gioco.

  Questa mattina sono arrivati con un furgone alcuni amici di Michel, russi e americani con la papalina in testa, per portare Michel, Boaz e la sua amica a fare un giro nei dintorni di Betlemme. Così mi ritrovo sola in casa, a scriverti su pagine strappate da un quaderno. Yifat è al nido. Questa bambina assomiglia a Michel con un'esagerazione che risulta comica, come fosse stata fatta apposta per fungergli da parodia: magra, riccioluta, un poco strabica, ubbidiente, benché capace di stizza. Ma quasi sempre elargisce intorno a sé una gentilezza timida, che riserva indiscriminatamente a oggetti, animali e persone, come se il mondo si aspettasse di ricevere dalle sue manine soltanto bontà e compassione. Più o meno da quando è nata Michel la chiama "mademoiselle Sommo", con l'enfasi su "mademoiselle", e lei ingenuamente risponde con un "mamzer", bastardo.

  Lo sai, Alec, che Michel ha deciso di lasciare alla fine dell'anno il suo posto di insegnante di francese?

  Licenziarsi dalla scuola e smettere anche di dare lezioni private? Sogna di fare investimenti immobiliari nei Territori, di lanciarsi nella vita politica sulle orme di un fratello che venera, benché non mi racconti molto.

  Il tuo denaro gli ha cambiato la vita. Immagino che ciò non rientrasse nei tuoi propositi, ma a volte capita che anche un drago possa fare qualcosa di nobile, fertilizzare un fazzoletto di terra che prima o poi germinerà.

  Alle undici devo andare al Caffè Savyon per dare questa lettera a Zakheim, abbiamo un appuntamento segreto. Come hai ordinato tu. Michel tuttavia è al corrente. E Zakheim? Raggiante. Si presenta a questi appuntamenti altezzoso, elegante e tossico. Indossa una giacchetta sportiva con un fazzoletto di seta bohémien intorno al collo, il cranio tataro che luccica e profuma, le unghie ben curate, dal naso e dalle orecchie spunta qualche pelo nero. Ogni volta vince la mia resistenza e mi costringe a prendere un caffè e una fetta di torta. A quel punto sfodera i suoi complimenti da operetta, i suoi motti a doppio senso, a volte incidentalmente mi sfiora e subito si scusa con gli occhi velati. L'ultima volta è arrivato allo stadio dei fiori. Non un vero e proprio mazzo, ovviamente, bensì un unico garofano. Sono stata costretta a sorridere e ad annusare il fiore, che invece del suo mi ha mandato il profumo di Zakheim.

  Come ne fosse stato impregnato.

  Mi chiedi che cosa ho trovato in Michel. Ammetto: ti ho di nuovo mentito. E ritratto la storia che ti ho narrato sulle prodezze amorose di mio marito. Così intanto ti acquieti. Michel a letto è a posto, ce la mette tutta per migliorare. Pensa che ho trovato un opuscolo istruttivo in francese che mi tiene nascosto nella sua cassetta degli attrezzi. Mi dispiace con ciò di averti tolto uno dei tuoi strumenti di mortificazione.

  Ne avrai prontamente degli altri, persino più cattivi. Michel e io ci siamo conosciuti circa un anno dopo il divorzio. Lui veniva ogni sera alla libreria dove lavoravo e mi aspettava, sfogliando riviste, sino alla chiusura. Poi mi portava a mangiare in ristoranti da poco, al cinema, a dibattiti pubblici. Dopo un film a volte facevamo chilometri per le strade notturne, deserte della Gerusalemme sud - non osava invitarmi a salire in camera sua. Forse si vergognava del fatto di abitare dentro il locale lavanderia sul tetto di casa di alcuni suoi parenti. Invece mi descriveva con parole timide le sue idee e i suoi progetti. Riesci a immaginarti un egocentrismo ritroso? Non riusciva a trovare il coraggio neppure di prendermi a braccetto.

  Io ho atteso pazientemente quasi tre mesi, finché ne ho avuto abbastanza di quegli sguardi da cane famelico ma beneducato che mi lanciava di sottecchi. Un giorno in un vicolo l'ho preso per la testa e l'ho baciato. Così abbiamo cominciato a baciarci, ogni tanto. E lui nutriva ancora paure in previsione del mio incontro con la sua famiglia e della mia reazione alla loro parziale ortodossia.

  Mi affezionai a quella sua tenerezza. Cercavo di non accelerare i tempi. Passò ancora qualche mese, e il freddo dell'inverno trasformò le nostre passeggiate in martirio: lo portai nella mia stanza, lo spogliai come fosse un bambino, e lo cinsi fra le mie braccia. Ci volle quasi un'ora prima che riuscisse a calmarsi un poco. Poi dovetti lottare un bel po' prima che desse segni di vita. Ebbene, quel poco che sapeva doveva averlo imparato quand'era ragazzo a Parigi, da giovani donne spaventate almeno quanto lui. E forse, malgrado lo neghi, in qualche bordello per poveri. Quando mi lasciai scappare un piccolo gemito, fu colto dal terrore e iniziò a mormorare: pardon. Poi si vestì, calò solennemente in ginocchio e chiese quasi con disperazione la mia mano.

  Rimasi incinta dopo il matrimonio. Passò ancora un anno dopo la nascita di Yifat prima di riuscire a insegnargli ad aspettarmi. A evitare di comportarsi come un ladro di biciclette, quando faceva l'amore.

  Quando finalmente riuscì per la prima volta ad attingere da me quel suono che tu mi strappi persino per posta, Michel sembrava il primo astronauta sulla Luna: quella fierezza composta, estatica, fece tremare d'amore il mio cuore. L'indomani, in preda all'entusiasmo, Michel non andò al lavoro e chiese mille lire in prestito al fratello per comprarmi un vestito estivo. Oltre a quello mi regalò anche un piccolo mixer elettrico. E la sera mi preparò una cena sontuosa, quattro portate e una bottiglia di vino. E non ha più smesso di prodigarmi queste modiche delizie. Da allora si è a poco a poco perfezionato e a volte ottiene da me un suono limpido, sai.

  Ti sei calmato, Alec? Il sorriso da vampiro schiude le labbra di una fessura appena? I tuoi canini sbiancano alla luce ondeggiante del caminetto? La malizia grigia fa già capolino dietro l'algido sguardo?

  Aspetta. Non abbiamo ancora finito. Tu infatti non sei mai arrivato né mai arriverai nemmeno alle caviglie di Michel. Il rispetto silenzioso, Alec, il fervore di timida riconoscenza che rivolge deferente al mio corpo prima e dopo l'amore, lo splendore sognante che la notte gli si diffonde sul viso: come un violinista di strada cui è permesso toccare uno Stradivari. E ogni notte, come fosse la sua prima volta, le sue dita esplorano il mio corpo, sorprese perché non arriva su di loro la sferzata. E sotto la luce del comodino, quando si alza per porgermi la camicia, gli occhi miopi che mi dicono in fervido silenzio che le mie grazie sono troppe per lui, che gli ho prodigato più di quanto non meriti. Una luce ritrosa, spirituale una specie di preghiera, gli si irradia sulla fronte, da dentro.

  Ma cosa può capire un drago squamoso come te, un drago coriaceo, di tanta gentilezza? Nulla hai mai avuto e nulla avrai, oltre ai tuoi sotterranei da tortura. Per i quali la mia carne spasima. Il tuo inferno tropicale. Giungla marcia che fermenta una calda decomposizione. Che allucina nella luce del fogliame; una pioggia densa risale dalla terra che ribolle di un midollo grasso, resta imprigionata fra le fronde fitte e torna a colare dalle chiome degli alberi verso il fango e le radici putrescenti. Del resto non sono stata io a scappare via. Tu, hai rovinato tutto. Io ero e sono ancora disposta a continuare. Perché mi hai ripudiato?

  Perché mi hai portato nel cuore della tenebra, mi hai lasciato lì e sei fuggito? Ancora ti nascondi da me nella tua stanza in bianco e nero. Non tornerai. La paura ti paralizza. Maschio sfinito, sfiancato ti nascondi e tremi nella tua tana. É davvero così logoro il drago? Così spennato e arreso? Un vampiro imbottito di stracci? Scrivimi dove sei. Scrivimi che fai. E come stai veramente.

  Il salice piangente.

   

   

  Procuratore Signor M. Zakheim

  Studio legale Zakheim & Di Modena

  King George 36

  Gerusalemme.

  Personale - Per il diretto destinatario.

  Tel Aviv, 18.6.1976.

   

  Gentile Signor Zakheim,

  A seguito della nostra conversazione telefonica dell'inizio di questa settimana sono volato per qualche ora a Sharm al-Sheikh per verificare la faccenda. Parimenti il mio assistente, Albert Maimon, è riuscito a rintracciare il ragazzo là dove si trovava sino a due giorni fa. Segue il rapporto.

  La notte fra il 10 e l'11 giugno è stata rubata dal porto turistico di Ophira la barca per turisti dove ultimamente lavorava B.B. Quella stessa notte, alle due, la barca è stata ritrovata abbandonata non lontano da Ras Muhammad, dopo che dei contrabbandieri beduini l'avevano evidentemente usata per il trasporto di droga (hashish) dalla costa egiziana. Trovata l'imbarcazione, la motovedetta si è messa sulle tracce dei contrabbandieri. Alle cinque del mattino (alba dell'11 giugno) è stato arrestato un giovane beduino di nome Hamed Mutani, che abitava alla stazione di servizio insieme a B.B. E insieme a tre ragazze straniere. Il beduino ha opposto resistenza all'arresto (nega) e ho buoni motivi per ritenere che sia stato malmenato sul posto da poliziotti e soldati (negano). B.B. si è immischiato nella faccenda e usando un copertone legato a una fune ha ferito nove soldati e cinque uomini della polizia di Ophira, prima che finalmente riuscissero ad avere la meglio su di lui. É stato arrestato con l'accusa di resistenza violenta a un pubblico ufficiale nell'esercizio della legge. La versione di B.B., verbalizzata presso la stazione di polizia, è che sono stati gli esecutori dell'arresto a usare la violenza con il ragazzo beduino, il quale, insieme a B.B. avrebbe agito per legittima difesa. Il beduino è stato rilasciato dopo qualche ora, quando l'interrogatorio ha accertato che non ha alcun rapporto con il furto della barca né con il contrabbando.

  Dopo nemmeno un giorno, la notte fra l'11 e il 12 giugno, B.B. è riuscito a demolire la parete prefabbricata della stazione di polizia e a fuggire. L'ufficiale responsabile ritiene che il giovane sia ancora in giro per il deserto e che forse ha trovato rifugio presso i beduini. Il commissariato di Ophira continua le ricerche in questa direzione. Come sopra detto, l'agente Albert Maimon del nostro studio (che a suo tempo Le ha fatto pervenire un breve rapporto su B.B.) sta indagando su una pista completamente diversa (M.H.S.) e in verità ha ottenuto assai rapidamente ottimi risultati: il ragazzo B.B. si trovava sino a due giorni fa in una casa in affitto a Kiriat Arba, dove risiede una comunità di cinque scapoli religiosi di origine russa e americana. Quei giovani sono collegati a un piccolo gruppo politico di destra che si definisce come "Fratellanza d'Israele". Come Lei saprà, M.H.S. è anch'egli associato a tale causa.

  In ottemperanza alle nostre responsabilità legali, abbiamo passato tali informazioni alla polizia nazionale.

  Ma nel frattempo il ragazzo si è dato nuovamente alla macchia. Questo è tutto ciò che sappiamo. (In allegato: la fattura.) La prego di comunicarci al più presto se desidera che si prosegua nelle indagini su questo caso.

  Shlomo Zand

  Zand Investigazioni Ltd., Tel Aviv.

   

   

  A. GIDEON HILTON AMSTERDAM. ANCORA INTERESSATO VENDITA PROPRIETA' ZIKHRON CLIENTE OTTIME CONDIZIONI. CONVIENE SBRIGARSI. ASPETTO ISTRUZIONI. MANFRED.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.

  NEGATIVO ALEX.

   

   

  GIDEON GRAND HOTEL STOCCOLMA. TENTATO RAGGIUNGERTI TELEFONO. TRATTASI OFFERTA IRRIPETIBILE. TELEFONA SUBITO PER DETTAGLI. POCO FA PREMEVI VENDERE CHE HAI. MANFRED.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.

  HO DETTO NO. ALEX.

   

   

  GIDEON NICFOR LONDRA. BOAZ ANCORA NEI GUAI. POLIZIA LO CERCA. PROSPETTASI PER TE NECESSITA' CONTANTI URGENTI. ACQUIRENTE DISPOSTO DARTI SUBITO NOVECENTO SULL'UNGHIA VERSATI TUO CONTO MONTAGNA INCANTATA. PENSACI BENE. MANFRED.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.

  DAI BOAZ MIO INDIRIZZO RIVOLGASI DIRETTAMENTE. PIANTALA ROMPERE. ALEX.

   

   

  GIDEON NICFOR LONDRA. CHI DIAVOLO SA DOV'É BOAZ, PROPRIETA' ZIKHRON? PIANTALA CAMBIARE IDEA

  DUE VOLTE AL GIORNO SENNO' FINISCI COME TUO PADRE. MANFRED.

   

   

  PERSONALE ZAKHEIM GERUSALEMME ISRAELE.

  LASCIAMI IN PACE. ALEX.

   

   

  SOMMO TARNAZ 7 GERUSALEMME ISRAELE. DITEMI IMMEDIATAMENTE CHE É DI BOAZ. SE AVETE BISOGNO DI ME MANDATE TELEGRAMMA A INDIRIZZO NICFOR LONDRA. ALEXANDER GIDEON.

   

   

  DOTTOR GIDEON PRESSO NICFOR LONDRA. GIA' TUTTO SISTEMATO. GLI ABBIAMO CHIUSO ANCHE NUOVA PRATICA IN POLIZIA DOPO CHE S'É IMPEGNATO A STUDIARE E LAVORARE A KIRIAT ARBA. NESSUN BISOGNO FAVORI. CHE NE É SUA DONAZIONE. MICHAEL SOMMO.

   

   

  A Ilana, personale tramite avvocato M. Zakheim.

  Chicago, 28.6.76.

   

  Salice piangente,

  Questa mattina sono tornato qui alla fine del mio semestre a Londra e dopo qualche conferenza in Olanda e Svezia. Appena prima di lasciare Londra mi è giunta la tua lunga lettera che Zakheim mi ha trasmesso. Quella con gli umori e la giungla. L'ho letta in aereo più o meno sopra l'isola di Terranova.

  Perché ti ho ripudiato, è la domanda di stavolta. Provvediamo subito.

  Per intanto mi risulta che Boaz ha di nuovo morso il freno. E che Sommo l'ha di nuovo salvato.

  Incomincia a piacermi, questo schema. L'unico mio timore è il conto che per certo mi presenterà prontamente, non senza interessi.

  Boaz si sta già facendo crescere i cernecchi? Va a vivere con gli ultraortodossi in Cisgiordania? Sommo l'ha costretto a scegliere fra i coloni e il riformatorio? Va tutto bene. Per quel che conosco Boaz non passerà molto tempo e i coloni malediranno tanto Sommo quanto il momento in cui hanno acconsentito a prendere il nostro sfasciateste.

  La mia risposta alla tua domanda è: no. Non verrò da te se non forse nei sogni. Se tu mi avessi pregato di restare lontano da te, di aver pietà di te e non avvicinarmi alla tua nuova e candida vita in compagnia di un violinista di strada che ti suona il tuo Stradivari, può darsi che sarei corso leggero da te. Ma tu mi implori, Ilana. L'odore denso della tua passione, odore di fichi raccolti troppo tempo fa, giunge a me fin qui. Benché non possa negare che mi sorprendono i tuoi sforzi per sfuggire alla vecchia abitudine e comporre una lettera senza bugie. É bello questo tuo impegno. Per un po' si può continuare.

  Ti debbo ancora una risposta alla tua domanda, semplice e astuta: perché ti ho ripudiato, sette anni e mezzo fa.

  Ottimo, Ilana. Due punti per il solo fatto di aver formulato la domanda. Potrei farlo scrivere sui giornali, mandarlo persino in televisione: "Rahab di nuovo in sella giace con tre battaglioni e si domanda il perché del ripudio. Sostiene: in fondo volevo chiudere in pace".
  Sto divagando. Ora cerco di trovarti una risposta. Il guaio è che il mio odio sta sbiadendo. Diventa sempre più debole e grigio, proprio come i miei capelli. E oltre all'odio, che cosa mi resta? Solo il denaro. E anche quello viene risucchiato dalle mie vene dentro l'autobotte di Sommo. Non interferire con la morte, Ilana. Per sette anni sono andato spegnendomi in pace dentro la nebbia, e ora ti salta in testa di distruggere anche la mia morte. Hai attaccato di sorpresa con le tue truppe fresche i miei corazzati stanchi e muti, ormai senza combustibile né munizioni. Forse cominciavano persino ad arrugginire.
  E nel mezzo di questi scontri tu osi scrivermi che al mondo ancora esistono la pietà, la dolcezza e la compassione. L'assassina intona inni per la sublimazione dell'anima della sua vittima?
 Chissà se hai fatto caso a quel motto che ho scelto come epigrafe del mio libro. É un versetto dei Vangeli. L'ho preso in prestito direttamente da Gesù, che l'ha detto in un momento di ispirazione: "Chi di spada ferisce di spada perisce". Il che non ha impedito a quel delizioso fanatico di alzare la voce in un altro capitolo, e ruggire: "Non pensiate che sia venuto a portare la pace in terra, non sono venuto per dare la pace bensì la spada". E la spada ha divorato anche lui.
  Che farai tu con la tua spada, dopo che il drago sarà caduto? La donerai al Gush Emunim, il fodero a Makeret Gideon e la lama a Tel Alexander, i due insediamenti che saranno costruiti con i miei fondi?
  E invece la spada che mi hai strappato di mano ti si dissolverà fra le mani. La lancia si trasformerà in una medusa. E nella riserva strategica, fresca, ansiosa di battaglia, alimentata con odio mortale e armata sino ai denti con la mia artica cattiveria, ti aspetta Boaz Gideon. La tua tecnica di aggiramento, il tuo complotto per alleare Boaz a Sommo sì da accerchiarmi, finirà in un pianto amaro per te. Boaz si mangerà Sommo e tu resterai senza via di scampo, faccia a faccia con il mio bambino killer, capace di sterminare cento nemici con una mascella d'asino.
  Mi domando perché non mi sia comportato seguendo il tuo buon consiglio, perché non ho subito gettato via la tua prima lettera, come uno scorpione vivo, dritto dentro il camino, dopo aver letto la frase d'apertura. Adesso non mi resta nemmeno più il diritto di prendermela con te: in fondo tu, magnanima quale sei, ti eri premurata di formulare subito il modo per evitare la trappola che mi avevi teso. Ma nemmeno per un istante hai temuto che potessi sfuggire alla trama. Hai riconosciuto l'insetto ammattito dall'odore di una femmina in calore. Sin dall'inizio non avevo scampo. Le tue forze stanno alle mie come il sole alla neve. Hai mai sentito parlare delle piante carnivore? Sono piante femmine che sanno sprigionare a distanza odori sessuali, il povero insetto macina chilometri per finire tra le fauci che si chiudono sopra di lui. La faccenda è finita, Ilana. Scacco matto. Come dopo un incidente aereo, ci siamo messi a decifrare, per corrispondenza, il contenuto della scatola nera. D'ora in poi, come sta scritto nella nostra sentenza, non abbiamo più nulla da rivendicare a vicenda.
 Ma che cosa ti darà la tua vittoria?  Qualche migliaio d'anni fa un tizio di Efeso in Grecia guardò il fuoco che ardeva e sentenziò: "La sua vittoria sarà la sua distruzione". Che farai della spada dopo che mi avrai cancellato? Che farai di te stessa? Ti spegnerai piuttosto in fretta, signora Sommo. Invecchierai. Ingrasserai. I tuoi capelli chiari sbiadiranno. Sarai costretta a tingerli di un disgustoso biondo ossigenato. Sempre che tu non abbia a portare il capo coperto come una religiosa. Dovrai coprire con il deodorante il fetore del tuo corpo appassito. I tuoi seni si riempiranno di grasso e il tuo petto vertiginoso, come succede sempre alle matrone polacche, ti arriverà sino al mento. Il mento per parte sua si allungherà sino ad andare incontro al petto. I capezzoli si gonfieranno e si faranno pallidi come corpi affogati. Le gambe si gonfieranno anch'esse. Un reticolo di vene varicose si diffonderà dal ginocchio alla caviglia. I corsetti con cui sarai costretta ad arginare le cascate di carne si chiuderanno con un gemito soffocante. Il tuo sedere incomincerà a imbestialire. La tua vagina diventerà flaccida e putrida. Persino un soldatino vergine, persino un mentecatto sfuggirà alle tue grazie come dai furori di un'ippopotama in calore. Il tuo docile faccendiere, monsieur pardon piccino, scodinzolerà dietro di te come un cagnolino stordito dietro a una vacca finché non s'imbatterà in qualche lesta studentella che con un nonnulla lo porterà via ansimante e riconoscente, da sotto la cappa del monte. E così finalmente finirà il tuo bel carnevale. In compenso, un amante che non conosce né l'ilarità né la spensieratezza si avvicina. Forse in onor tuo indosserà la tunica nera e il cappuccio, proprio come volevi.  Ho smesso di scriverti e sono andato alla finestra (ventisettesimo piano di un grattacielo di uffici lungo il lago di Chicago, tutto di vetro e acciaio, sembra un po' un missile balistico). Per una mezz'ora sono stato alla finestra in cerca di una risposta vera e letale alla tua domanda: matto in tre mosse.
  Ora cerca, per favore, di immaginarmi, più magro di quel che ricordi e con molti meno capelli, pantaloni di fustagno blu e maglione di angora rosso. Benché per principio, come dici, dovrei essere in bianco e nero. Quest'uomo è alla finestra con la fronte contro la vetrata. Gli occhi in cui dici di trovare "una cattiveria artica" scrutano il mondo esterno che via via perde luce. Le mani in tasca. Strette. Ogni qualche momento alza le spalle, chissà perché, e libera un mormorio in stile britannico. Una specie di freddo gli passa per le ossa. Ha un brivido, tira fuori le mani dalle tasche e incrocia le braccia sulle spalle. É l'abbraccio di chi non ha nessuno da abbracciare. Con ciò, il fondamento animalesco, elastico ancora imprime a quella sua muta postura presso la finestra come una linea di tensione interiore: quasi fosse pronto a rimbalzare indietro per anticipare i suoi aggressori.

  Ma non c'è motivo per stare tesi. Il mondo è rossiccio e strano. Un vento molto forte soffia dal lago schizzando banchi di nuvole fra le ombre dei grattacieli. La luce del tramonto infonde alle nuvole, all'acqua, al fastello di torri, una qualità alchemica. Una sfumatura trasparente, violacea. Torbida eppure diafana. Dalla finestra non giunge a lui un solo segno di vita. A parte i milioni di frammenti di schiuma che tremolano sulla superficie del lago, come se l'acqua si fosse ribellata e volesse tramutarsi in un altro elemento: ardesia, per esempio. O granito. Ogni tanto il vento monta e le vetrate digrignano La morte ora gli sembra non una minaccia incombente bensì un evento ormai al suo culmine. Ecco anche uno strano uccello che palpita con una smorfia di ali, ora disegna nell'aria cerchi e anelli d'ogni tipo, come tentando di lasciare una qualche iscrizione nello spazio: forse la formula della risposta che sta cercando per te? Poi d'un tratto si è avvicinato precipitosamente al vetro e a momenti scoppia: ora capisce che non era nessun uccello, soltanto un pezzo di giornale intrappolato fra le grinfie del vento. Perché ci siamo separati, Ilana?

  Cosa mi è preso per saltar su e spegnere improvvisamente le fornaci del nostro inferno? Perché ci ho tradito? Una sera vuota e violenta sta calando su Chicago. Lampi di ferro incandescente recidono l'orizzonte da un estremo all'altro lungo il cielo come vampate, ed ecco già una carovana di tuoni che avanza da lontano, come se il suo battaglione corazzato lo stesse inseguendo dal Sinai fin qui. Ti è mai capitato di domandarti come porta il lutto un mostro? Le spalle saltellano con un ritmo lesto, forzato, la testa si tende energicamente in avanti e indietro. Come quando un cane tossisce. Nel ventre passano spasmi e crampi frequenti, il respiro diventa un ronfo rauco. Una specie di doglia maschile. Il mostro soffoca di rabbia per il fatto di essere un mostro e si contorce con smorfie mostruose. Non ho risposta, Ilana. Il mio odio sta morendo e la mia saggezza tira le cuoia con lui.
Ora sono tornato al mio tavolo per continuare a scriverti, ed ecco che è mancata la corrente. Guarda un po': l'America, e manca corrente! Dopo un secondo nero si è accesa la luce di emergenza: un neon pallido, scheletrico, che sembra il chiaro di luna fra il tufo del deserto. I momenti più elettrici della mia vita sono trascorsi nel deserto, travolgendo e pestando tutto ciò che incontravo per strada, fulminando con la mia mitragliatrice ogni minimo segno di vita, liberando colonne di fuoco e fumo, suscitando nuvoloni di polvere, facendo tremare il mondo con il ruggito di trenta motori, inspirando come un drogato l'odore di gomma bruciata, il lezzo della carne arrostita e del metallo incandescente, lasciandomi dietro uno strascico di distruzione e bossoli vuoti, e la notte chino sulla mappa a tramare piani sotto la luce di luna morta che spandeva il suo argento su morte colline di gesso. Certo, avrei potuto risponderti con una raffica di pallottole: avrei potuto dire, per esempio, che ti ho ripudiato perché incominciavi a marcire.

  Perché le tue esibizioni, persino con scimmie e capri, erano ormai monotone. Noiose. Avevo perso interesse.

  Ma ci siamo accordati per rinunciare alle bugie. In fondo in tutti questi anni solo con te ho potuto andare a letto. E in fondo per tutta la mia vita, giacché a te sono arrivato vergine. Quando mi porto a letto una piccola ammiratrice, una studentessa, una segretaria, un'intervistatrice, tu compari e ti intrufoli tra me e lei.

  Se qualche volta è capitato che ti sei scordata di comparire, la mia compagna di letto si è ritrovata costretta a cavarsela da sola. O ad accontentarsi di una serata metafisica. Se sono il genio cattivo, Ilana, tu sei la mia lampada magica. Non sono riuscito a scappare via.

  E nemmeno tu ci sei riuscita, Lady Sommo. Se il genio cattivo sei tu, in tal caso io sono la lampada.

  Ho trovato in Bernanos che l'infelicità dell'uomo è in fondo una fonte di benedizione. A questo nettare cattolico ho risposto nel mio libro che tutta la felicità è, per definizione, una banale trovata cristiana. La felicità, ho scritto, è kitsch. Non ha niente in comune con l'"eudaimonia" dei greci. Mentre nell'ebraismo non esiste proprio il concetto di felicità e nella Bibbia non si trova nemmeno una parola corrispondente.

  A parte, forse, nell'appagamento che dà l'approvazione, in una reazione positiva dal cielo o dal prossimo: "Beati i puri di strada", per esempio. Il giudaismo conosce solo la gioia. Come nel versetto: "Gioisci ragazzo nel tempo della tua gioventù": gioia passeggera come il fuoco dell'ostico Eraclito la cui vittoria è la propria distruzione, gioia il cui opposto è implicito in essa e in fondo la rende possibile.

  Che cosa resta di tutta la nostra, tua e mia, gioia, Ilana? Forse solo la gioia per le disgrazie altrui. I tizzoni dopo il fuoco. E su quei tizzoni soffiamo a distanza di mezzo mondo, nella speranza di accendere per un istante una lingua di fuoco maligna. Spreco inutile, Ilana. M'arrendo. Sono disposto a firmare subito la resa.

  E di me che farai? Ovviamente. Non c'è altra strada. La natura stessa vuole che il maschio sconfitto diventi schiavo. Castrato e addetto ai servizi. Destinato a ridursi alle misure di Sommo. Così ne avrai due: uno per prostrarsi e addolcirti le notti con religioso furore, e il secondo per finanziare il sant'uomo.
  Quanto devo scrivere sul prossimo assegno?
  Vi compro tutto quel che volete. Ramallah? Bab Allah? Baghdad? Il mio odio sta morendo e al suo posto mi governa la generosità vulcanica di mio padre che alla fine dei suoi giorni aveva in mente di donare la sua fortuna per la costruzione di sanatori per poeti tubercolotici in cima al Monte Tabor e Gilboa. Userò il mio denaro per armare i due fronti della battaglia prossima a scoppiare fra Boaz e Sommo.