sabato 14 gennaio 2017






REDDITO DI CITTADINANZA.
Occorre capire se il "reddito di cittadinanza" possa diventare un modo per garantire agli individui ‘socialmente inutili’ il diritto alla sopravvivenza, e non uno strumento nè per integrarli né renderli eguali. Si tratterebbe di carità in buona sostanza. Il leader dei metalmeccanici della Cisl, Marco Bentivogli, fa anche un passo oltre: “Se abbandoniamo la battaglia del lavoro e della crescita sostenibile per puntare sull’assistenza, mi chiedo con quali risorse si pensa di poter pagare il reddito di cittadinanza”. Dobbiamo capirci: parliamo di dare un reddito a tutti o di dare un aiuto solo a chi ne ha bisogno? Vecchia storia che va avanti da almeno due secoli. Quello che non condivido è che si parli un reddito di cittadinanza che possa agire come disincentivo all’accumulazione di capitale umano e riduca l’etica del lavoro (come disse John Rawls, perché pagare un reddito anche ai surfisti di Malibù che hanno scelto di oziare tutto il giorno?). Inoltre bisogna anche evitare di fare fantasie irrealizzabili. Ad esempio e soprattutto ponendoci la domanda: chi paga il reddito di cittadinanza?. Attualmente in Italia l’aliquota media Irpef per una persona che guadagna 25.000 euro l’anno è circa del 20%, 36 per cento per chi ne guadagna 100.000. Nemmeno raddoppiando le aliquote dell’imposta sul reddito attuali si riuscirebbero a raccogliere entrate a sufficienza per pagare un reddito di base a tutti i cittadini che li faccia uscire dalla povertà(7000Euro). Ma allora di cosa parliamo...fantasie para-grilline. Parliamo di cose serie, cioè idi “reddito minimo”, che è previsto da tutti o quasi i sistemi di welfare per combattere la povertà estrema. Questo però non è "reddito universale" ma, per definizione, sottoposto alla verifica della condizione economica di colui che lo richiede e del suo nucleo familiare e presuppone la disponibilità a lavorare o a partecipare ad attività di reinserimento sociale e/o lavorativo.
Invece noi spendiamo senza criterio con bonus e interventi per gli esodati. Il  Presidente dell’Inps Tito Boeri ha detto al Sole 24 Ore che le salvaguardie degli esodati sono già costate più di 11 miliardi, erodendo circa il 15 per cento dei risparmi di spesa attesi dalla riforma del 2011. “Con quei soldi si potevano finanziare dieci anni di reddito minimo per chi perde il lavoro fra i 55 e i 65 anni”, dice Boeri.