sabato 7 gennaio 2017

RICORDI. LA BICICLETTA.



RICORDI. LA BICICLETTA.
Avevo sette anni. Andavo a scuola ogni mattina a piedi facendo circa 1,5 km nella campagna. D'inverno non avevo i pantaloni lunghi. Non si usavano allora. Vedo ancora le mie ginocchia rosso/blu dal freddo. Avevo una paura tremenda ad andare in bicicletta. Nessuno me lo aveva insegnato. I miei fratelli se ne guardavano bene dal farlo. A primavera di quell'anno mi feci coraggio e un giorno, nel primo pomeriggio mentre tutti riposavano, andai in cantina e portai fuori la bicicletta di mia madre. Ogni mattina la usava per andare a messa. Dopo alcuni tentativi e relative cadute, con sbucciature di ginocchia, riuscii ad andare. A zig zag, incerto. Ma poi mi accorsi che potevo pedalare con scioltezza e non mi volli più fermare. Ebrezza di poter fare ciò che fino a qualche momento prima mi sembrava impossibile. E andai in strada verso il paese. Pedalavo e mi guardavo intorno felice ed eccitato. I prati di quel giorno di primavera mi sembravano più belli , l'erba mi sembrava luccicasse al sole. Per arrivare in paese però bisognava salire sull'argine del Po, subito dopo attraversata la ferrovia. Una salita che mi spaventava. Non potevo fermarmi. Girai e imboccai il viottolo che fiancheggiavs i binari. Rischiai molte volte di finire nel fosso, che costeggiava il viottolo. Ero sudato ed eccitato. Avevo paura che arrivasse il treno: la Littorina che veniva da Suzzara e andavs a Ferrara. Finalmente fui alla stazione. Mi fermai per tirare fiato. Oramai era fatta. Proseguii per il centro del paese. Dovevo andare a trovare gli amici, per dimostrare la mia prodezza. Dopo un paio d'ore ritornai. Mentre mi avvicinavo a casa vidi in lontananza il segno del dramma incombente. Realizzai che ero scomparso senza dire niente a nessuno. Mia madre mi aspettava con "il frustino" (intreccio a nodi di quattro rametti di salice). Nessuna parola salvo: " a tsé an sgracià" e due belle frustate sul retro delle gambe nude. Nessun lamento da parte mia. Guai dire qualcosa per difendere l'indefindibile.