martedì 19 gennaio 2021


IL VOTO DELLA PAURA E IRRAZIONALITÀ
La crisi ha distrutto una immagine confortevole, carica di promesse e di futuro, costruita sulla realtà del welfare e dei diritti, sul compromesso tra capitale e lavoro che ha contrassegnato il nostro continente nella seconda metà del Novecento. La crisi ha anche distrutto l'immagine di una Europa fatta di cittadinanza sociale, di redistribuzione della ricchezza, di partecipazione attiva. È stata anche la crisi della politica come messaggio visionario e al tempo stesso fatta di conflitti e negoziazioni, di soluzioni reali ai problemi. Adesso rimane il lamento, senza prospettare soluzioni, sulla "deriva liberista",  sulla forbice tra chi ha e chi non ha, sulla disoccupazione e precarietà, che sfocia in disorientamento, e infelicità senza desideri. Da tutto questo viene il rancore, la ribellione senza indirizzo, la irrazionalità delle scelte quando si è chiamati a votare.
 Basta accendere la Tv o aprire il giornale o andare su Internet, ogni mattina per sentirti già stanco delle brutte notizie. Sei inondato dalle immagini di guerre,terrorismo, terremoti, omicidi. Perchè ritorna la paura (che in realtà non se ne mai andata)?Da una parte la civiltà occidentale si libera di ciò che non è conforme alla ragione, mentre dall’altra però non elimina la paura stessa dell’ignoto, anche se lo lascia fuori dalla sua organizzazione sociale e scientifica, la quale viene a poggiare su criteri di ‘uguaglianza’, omologazione e dominio che, al dunque, annullano ogni libertà essenziale dell’individuo. Quando la realtà si fa intimamente contraddittoria e irrazionale, il pensiero razionale sembra non avere il coraggio di criticarla e smascherarla. Così assistiamo a un regresso verso mitologia (irrazionalità delle interpretazioni che individuano "il nemico" che di volta in volta sono i "poteri forti", gli immigrati, i vaccini, le scie chimiche,  etc.)  in quanto il pensiero razionale si paralizza e mette in atto una condanna alla cecità e all’incapacità di intervenire criticamente sulla realtà.
Ma noi ci illudiamo di esserci liberati dalla irrazionalità." Il Sé a cui è pervenuta la civiltà europea, dicono Horkheimer ed Adorno (M. Horkheimer, T.W. Adorno, Dialettica dell'Illuminismo, Einaudi, Torino 1966), è in realtà schiacciato e non emancipato dall’irrazionalità, in una società che si presenta fondata sul rapporto di dominio del collettivo sull’individuale, della quantità indifferente sulle differenze qualitative, della giustizia livellatrice sulla libertà personale, ecc.  "L’uomo si illude di essersi liberato dalla paura quando non c’è più nulla di ignoto. Ciò determina il corso della demitizzazione dell’Illuminismo [...]." Ma la paura in realtà resta, nella misura in cui l’ignoto diventa per eccellenza il tabù della scienza positivistica (ultimo prodotto dell’Illuminismo). Non c’è un rapporto di inclusione fra la ragione e ciò che ragione non è, c’è al contrario un rapporto di esclusione messo in atto dalla ragione stessa, la quale così facendo espelle da sé il mito (il mana, come lo chiamano gli autori), riproponendolo come ciò che rimane fuori, ma che pur sempre rimane.