UN MONDO "NUOVO"
Gianfranco Giudice
Quando pensiamo alla fine del mondo immaginiamo un cataclisma straordinario, la scomparsa di tutto, l’azzeramento di ogni cosa, magari il giudizio universale. Proviamo invece a pensare alla fine di “un” mondo, ovvero alla trasformazione profonda della nostra relazione con le cose e le persone che ci stanno attorno, al cambiamento essenziale di abitudini e esperienze familiari in seguito ad un lento e progressivo mutamento, oppure ad un evento più brusco. Ecco che allora tutto diventa meno strano da immaginare e pensare, come quello che viviamo tutti noi da quasi un anno, ovvero la fine di un mondo. Che stiamo entrando, o siamo già in un mondo nuovo cosa lo prova maggiormente della familiarità e abitudine che abbiamo preso a relazioni con cose e persone che solo pochi mesi fa ci sarebbero parse inaudite, impensabili e impossibili? Invece eccoci qui, dopo l’emergenza convulsa della novità, in un mondo nuovo. Il rimpianto del passato fa esso stesso parte del nuovo paesaggio.
Severina Alberti
Bellissima riflessione. Ormai il mondo geografico lo abbiamo visitato in lungo e in largo. Abbiamo nominato ogni angolo della terra e ogni specie, animale, vegetale...persino i virus che stanno a metà strada.
Il mondo è "finito", le parole sono finite. Ce ne accorgiamo ogni volta che si inizia una discussione, che si argomenta etc. Sembra che tutto sia già stato scritto. Eppure c'è ancora molto da scoprire dentro e fuori di noi. Lasciamo perdere tutti i nostri ricordi che usiamo spesso come abiti o maschere nelle esperienze che ci toccano ogni giorno e affidiamoci alla "fede"... a quel senso di finitudine che ci rende coscienti che siamo "finiti" appunto, ma che al di là del nostro orizzonte ce ne sono altri...