L'UOMO IMPOSSIBILE
(The Impossible Man, The Impossible Man,1966)
J.G. Ballard Tutti i racconti
Con la bassa marea, dopo aver finalmente sepolto le uova nella sabbia sotto le dune, le tartarughe cominciarono il loro viaggio di ritorno verso il mare. A Conrad Foster, che guardava la scena accanto a suo zio dalla balaustra del lungomare, sembrava che ci fossero poco più di cinquanta metri dall'acqua e quindi dalla salvezza. Le tartarughe procedevano a fatica, i dorsi scuri nascosti tra le bucce d'arancio e idetriti d'alghe portati dal mare. Conrad indicò lo stormo di gabbiani che riposavano sugli argini di sabbia sommersi all'imbocco dell'estuario. Gli uccelli erano rimasti immobili e rivolti verso il mare, come se non provassero alcun interesse per la riva deserta dove il vecchio e il ragazzo aspettavano accanto allo steccato, ma bastò quel piccolo movimento da parte di Conrad perché una dozzina di teste bianche si voltassero all'unisono.
«Le hanno viste...» Conrad lasciò ricadere il braccio sul corrimano. «Zio Theodore, credi...»
Suo zio indicò con il bastone un'auto che percorreva la strada a un cinquecento metri da lì. «Potrebbe essere stata la macchina.» Si tolse la pipa dalla bocca mentre un grido risuonavadall'argine sabbioso. Il primo gruppo di gabbiani si levò in volo e partì in formazione a mezzaluna verso la spiaggia. «Eccoli che arrivano.»
Le tartarughe erano emerse dal loro riparo di detriti lungo la battigia. Avanzarono sulla striscia di sabbia bagnata che scendeva verso il mare, mentre le strida dei gabbiani tagliavano l'aria sopra le loro teste.
Involontariamente, Conrad si allontanò verso la fila di chalet e il giardino deserto alla periferia della città. Suo zio lo trattenne per un braccio. Le tartarughe venivano afferrate nell'acqua bassa e gettate sulla sabbia, per poi finire smembrate da una dozzina di becchi.
A un minuto scarso dal loro arrivo, gli uccelli cominciarono a rialzarsi in volo dalla spiaggia. Conrad e suo zio non erano stati gli unici spettatori del rapido banchetto dei gabbiani. Un piccolo gruppo di una ventina di individui scese dal suo punto di osservazione tra le dune e invase la spiaggia, costringendo gli uccelli rimasti ad allontanarsi dalle tartarughe.
Gli uomini erano tutti anziani, tra i sessanta e i settant'anni, e indossavano camiciole e calzoni di cotone arrotolati alle ginocchia. Ciascuno di loro aveva una sacca di tela e un rampone di legno che
terminava in una lama d'acciaio. Raccoglievano i gusci pulendoli con movimenti rapidi ed esperti,
per poi gettarli nelle sacche. La sabbia bagnata era striata di sangue, e ben presto i piedi nudi e le braccia dei vecchi furono tutti macchiati di rosso.
«Direi che è ora di andare.» Lo zio Theodore guardò il cielo, seguendo il volo dei gabbiani verso l'estuario. «Tua zia ci avrà preparato qualcosa.» Conrad stava guardando i vecchi. Quando passarono davanti a loro, uno del gruppo alzò il rampone sporco di sangue in segno di saluto. «Chi sono?» chiese, vedendo che lo zio rispondeva.
«Raccoglitori di gusci... vengono qui durante la stagione. Con quei gusci possono farsi un bel gruzzolo.»
Ripartirono diretti al villaggio: zio Tehodore andava lento, appoggiandosi al bastone. Mentre lo aspettava, Conrad guardava indietro verso la spiaggia. Per qualche motivo la vistadi quei vecchi coperti del sangue delle tartarughe massacrate era molto più sgradevole della crudeltà dei gabbiani. Poi ricordò che era stato lui stesso, probabilmente, ad attirare l'attenzione degli uccelli.
Il rumore di un camion sovrastò le strida sempre più lontane dei gabbiani che tornavano a posarsi sull'argine sabbioso. I vecchi se n'erano andati, e la marea montante stava cominciando a ripulire le macchie di sangue dalla spiaggia. Raggiunsero l'incrocio oltreil primo degli chalet. Conrad guidò lo zio fino all'isola spartitraffico al centro della strada. Mentre aspettavano che il camion passasse disse: «Zio, hai notato che gli uccelli non hanno mai toccato terra?»
Il camion li superò con un rombo, oscurando il cielo con il suo alto
rimorchio. Conrad prese lo zio per un braccio e fece per completare l'attraversamento. Il vecchio lo seguì, affondando il bastone nel terreno sabbioso. Poi si ritrasse con un sussulto e la pipa gli cadde di bocca mentre sbraitava guardando l'auto sportiva che sbandava verso di loro sbucando dalla polvere sollevata dal camion. Conrad intravide le nocche bianche del guidatore sul bordo del volante e il volto impietrito dietro il parabrezza mentre la macchina, nell'impeto della frenata, cominciava a slittare di lato lungo la strada. Conrad fece per spingere indietro il vecchio ma la macchina gli era già addosso, e piombò sull'isola spartitraffico in un'esplosione di polvere.
L'ospedale era quasi vuoto. Durante i primi giorni Conrad era stato contento di giacere immobile nella corsia deserta, guardando i giochi di luce dei fiori sul davanzale che si riflettevano sulsoffitto e ascoltando i pochi rumori che arrivavano dalla stanza delle infermiere,dietro le porte a battente. Di tanto in tanto venivano a controllarlo. Unavolta, quando la donna si era chinata a sistemare la gabbia che gliproteggeva le gambe, aveva notato che non era giovane, anzi, era addiritturapiù anziana di sua zia, nonostante la figura snella e i capelli tinti. Ineffetti, tutte le infermiere e le inservienti che si occupavano di lui in quella corsia vuota erano anziane,e ovviamente consideravano Conrad più un bambino che non un ragazzo di diciassette anni, rivolgendosi a lui con una cantilena distratta e amabile mentre passavano lungo la corsia.
Più tardi, quando il dolore della gamba amputata lo risvegliò dal suo placido sonno, finalmente l'infermiera Sadie cominciò a guardarlo in faccia. Gli disse che la zia era venuta a trovarlo tutti i giorni dopo l'incidente, e che sarebbetornata il pomeriggio del giorno dopo.
«...Theodore... Zio Theodore...» Conrad cercò di alzarsi asedere ma una gamba invisibile, morta e pesante come quella di un mastodonte,lo teneva ancorato al letto. «Il signor Foster... mio zio. La macchina lo ha...»
«Lo ha mancato di parecchio, anzi, diciamo di un pochino.» L'infermiera Sadie gli toccò la fronte con una mano leggera come un uccellino congelato. «Ha solo un graffio al polso, provocato dal parabrezza. Invece non puoi immaginare i vetri che abbiamo dovuto togliere ate: sembrava quasi che avessi sfondato una serra!»
Conrad allontanò la testa da quelle dita. Percorse con lo sguardo la fila di letti vuoti nella corsia. «Dov'è? Qui?»
«A casa. Se ne sta occupando tua zia, ma tornerà come nuovo.»
Conrad si rilassò, aspettando che l'infermiera Sadie andasse via e lo
lasciasse solo con il suo dolore alla gamba scomparsa. La gabbia
chirurgica svettava sopra la sua testa come una montagna innevata.
Stranamente, la notizia che lo zio Theodore era uscito quasi illeso
dall'incidente non gli aveva dato nessun sollievo. Dall'età di cinque anni, quando la morte dei suoi genitori in un incidente aereo lo aveva reso orfano, il suo rapporto con gli zii era stato, sepossibile, ancora più stretto di quello che avrebbe avuto con la madre e il padre, perché il loro affetto e la loro devozione erano più consapevoli e costanti. Eppure si ritrovò a pensare non allo zio o a se stesso, ma all'auto che siavvicinava. Con le sue pinne aguzze e le sue rifiniture era piombata su di loro come i gabbiani sulle tartarughe, con la stessa esplosione di violenza. Steso sul letto con la gabbia sopra di sé, Conrad ripensava alle tartarughe che avanzavano a fatica sulla sabbia bagnata sotto i loro pesanti gusci, e ai vecchi che le aspettavano tra le dune.
Fuori, le fontane giocavano nei giardini dell'ospedale deserto, e le infermiere anziane passeggiavano avanti e indietro, in coppie, lungo i sentieri avvolti nell'ombra.
Il giorno dopo, prima della visita di sua zia, due dottori vennero a controllare Conrad. Il più anziano, il dottor Nathan, era un uomo magro
con i capelli grigi e mani delicate come quelle dell'infermiera Sadie.
Conrad l'aveva già visto e lo ricordava dalle prime,confuse ore del suo arrivo all'ospedale. C'era sempre un vago accenno di sorriso sulle labbra del dottor Nathan, come il fantasma di una facezia ormai dimenticata.
L'altro medico, il dottor Knight, era decisamente piùgiovane e al confronto sembrava quasi della stessa età di Conrad. Il suo viso dai lineamenti marcati e dalla mascella quadrata guardava Conrad con una sorta di scherzosa ostilità. Afferrò il polso del ragazzo come se volesse strapparlo dal letto egettarlo sul pavimento.
«E così questo sarebbe il giovane Foster?» Guardò Conradfisso negli occhi. «Be', Conrad, non ti chiederò come ti senti.»
«No...»Conrad annuì con fare incerto.
«No cosa?» Il dottor Knight sorrise a Nathan, che gravitava ai piedi del letto come un vecchio fenicottero in una pozza ormai secca.«Credevo che ildottor Nathan ti stesse curando molto bene.» Quando Conrad mormorò qualcosa, timoroso di prendersi un altro rimprovero, ildottor Knight ripartì
imperterrito: «Non è così? In ogni caso, Conrad, a meinteressa di più il
tuo futuro. È per questo che prenderò il posto del dottorNathan, quindi d'ora in poi, qualunque cosa dovesse andare male, potraiprendertela con me.»
Trascinò una sedia di metallo accanto al letto e vi sisedette a cavalcioni, scostando le code del camice con un gestoaffettato. «Non che succederà niente del genere. Allora?»
Conrad sentì i piedi del dottor Nathan che picchiettavano sulpavimento tirato a lucido. Si schiarì la voce. «Dove sono tutti gli altri?»
«Lo hai notato?» Il dottor Knight lanciò un'occhiata al suocollega. «Be',
era difficile che non te ne accorgessi.» Guardò dalla finestra il terreno deserto intorno all'ospedale. «È vero, qui non c'è quasi nessuno.»
«Per noi è un fatto decisamente lusinghiero, non trovi, Conrad?» Il dottor Nathan si era riavvicinato al letto. Il sorriso sulle sue labbra sembrava appartenere a un'altrapersona.
«Eh, già...» bofonchiò il dottor Knight. «Evidentementenessuno te l'ha spiegato, Conrad, ma questo non è un ospedale, non nel senso consueto del termine.»
«Cosa...» Conrad fece per alzarsi a sedere,appoggiandosi alla gabbia soprala sua gamba. «Che intende dire?»
Il dottor Knight alzò le mani. «Non mi fraintendere, Conrad.
Naturalmente è un ospedale, anzi, un'unità chirurgica altamente
specializzata, ma è anche qualcosa di più, come ho intenzione di
spiegarti.»
Conrad fissò il dottor Nathan. Il medico più anziano guardava dalla finestra, apparentemente concentrato sulle fontane, ma peruna volta il suo viso era inespressivo, senza l'ombra di un sorriso.
«Inche senso?» chiese Conrad guardingo. «Ha qualcosa a che fare con
me?»
Il dottor Knight allargò le mani in un gestoambiguo. «Per certi versi, sì. Ma ne parleremo domani. Ti abbiamo già affaticato anche troppo.»
Si alzò, continuando a esaminare Conrad con lo sguardo, e posò le mani sulla gabbia. «Abbiamo un sacco di lavoro da fare su questa gamba, ragazzo. E quando avremo finito sarai piacevolmentesorpreso da ciò che possiamo riuscire a combinare. In cambio, forsepotrai aiutarci - o almeno lo speriamo, non è vero, dottor Nathan?»
Il sorriso del dottor Nathan, ricomparso come uno spettro, si posò di nuovo sulle sue labbra sottili. «Sono sicuro che Conrad sarà disponibilissimo.»
Quandoraggiunsero la porta, Conrad li richiamò indietro.
«Che c'è, Conrad?» gli chiese il dottor Knight, fermandosidi fronte al letto accanto al suo.
«Il guidatore, l'uomo della macchina. Che gli è successo? È qui?»
«Sì, in effetti, ma...» Il dottor Knight esitò poi sembrò prendere una decisione.«In tutta onestà, Conrad, non potrai vederlo. So che l'incidente è statoquasi certamente colpa sua...»
«No!» Conrad scosse il capo. «Non voglio accusarlo dinulla... siamo sbucati da dietro un camion. Allora, è qui?»
«L'auto ha urtato contro il pilastro d'acciaio dell'isolaspartitraffico, poi
ha sfondato il muretto del lungomare. Il guidatore è stato sbalzato sulla spiaggiaed è morto. Non aveva molti anni più di te, Conrad, e sembra plausibile che abbia tentato di salvare la tua vita equella di tuo zio.»
Conrad annuì, ricordando il viso bianco come un urlo dietro il parabrezza.
Il dottor Knight si girò verso la porta. Quasi in unsussurro aggiunse: «E vedrai che potrà ancora esserti d'aiuto.»
Alletre di quel pomeriggio lo zio di Conrad venne a trovarlo. Seduto su
una sedia a rotelle e spinto da sua moglie edall'infermiera Sadie, salutò il nipote con un gesto allegro della mano sana, non appena entrato nella corsia. Ma stavolta vedere lo zio Theodore non risollevò il morale di Conrad. Aveva atteso quella visita con impazienza, ma suo zio era invecchiato di dieci anni dopo l'incidente e vedere quelle tre persone anziane, di cui una parzialmente disabile, che venivano verso di lui sorridendo non faceva che ricordargli il suo isolamento inquell'ospedale.
Mentre ascoltava suo zio, Conrad si rese conto chequell'isolamento non
era che una versione estremizzata della sua situazione e diquella di tutte le persone giovani fuori dalle mura dell'ospedale. Da bambino aveva conosciuto pochi coetanei, per il semplice motivo che i bambini erano rari quasi quanto un secolo prima lo erano stati gliultracentenari. Era nato in un mondo di mezza età, dove per giunta la mezza età non faceva che spostarsi sempre più lontano dal suo punto di partenza,come l'orizzonte di un universo in fuga. Sua zia e suo zio, entrambi quasi sessantenni, rappresentavano ormai la linea mediana. E oltre quella linea c'era l'immenso esercito carico d'anni degli anziani, che riempivano i negozi e le strade della città balneare, avvolgendo ogni cosa con ilvelo grigio dei loro
ritmi lenti e dei loro passi esitanti.
Per contrasto, la sicurezza di sé e l'aria disinvolta del dottor Knight,
benché brusche e aggressive, almeno gli facevano accelerarele pulsazioni.
Verso la fine della visita, quando sua zia si fu spostata in fondo alla
corsia con l'infermiera Sadie per guardare le fontane,Conrad disse allo zio,
«Il dottor Knight mi ha assicurato che possono farequalcosa per la mia
gamba.»
«Ne sono certo, Conrad.» Lo zio Theodore gli rivolse un sorriso incoraggiante, ma i suoi occhi rimasero fissi sul nipote senza mutare espressione. «Questi chirurghi sono gente molto abile; èstupefacente cosa riescano a fare.»
«E la tua mano, zio?» Conrad indicò la benda che copriva l'avambraccio sinistro di Theodore. L'accenno di ironia nella voce dello zio lo fece pensare alle calcolate ambiguità del dottor Knight.Aveva già la sensazione che le persone intorno a lui stessero scegliendoda che parte stare.
«Questa mano?» Lo zio si strinse nelle spalle. «Mi haservito per quasi sessant'anni, e un dito in meno non mi impedirà certo di riempirmi la pipa.»Prima che Conrad potesse replicare, proseguì: «Ma la tua gamba è un'altrafaccenda, e sta a te decidere cosa farne.»
Subito prima di andarsene sussurrò a Conrad, «Riposati,figliolo. Forse ti toccherà correre prima ancora di poter camminare.»
Due giorni dopo, alle nove in punto, il dottor Knight venne a visitare Conrad. Sbrigativo come sempre, andò subito al punto.
«Allora, ragazzo,» cominciò, sostituendo la gabbia dopo averla
esaminata «è passato un mese dalla tua ultima passeggiatasulla spiaggia,
ed è arrivato il momento di farti uscire da qui, di nuovosulle tue gambe.
Chene dici?»
«Gambe?» ripeté Conrad. Riuscì ad accennare unarisatina. «Lo dice in senso metaforico, vero?»
«No, in senso letterale.» Il dottor Knight trascinò unasedia accanto al
letto.«Dimmi, Conrad, hai mai sentito parlare di trapianti? Magari a scuola.»
«In biologia... trapianti di reni, cose del genere. Roba da persone anziane. È questo che volete fare con la mia gamba?»
«Ehi!Procediamo con calma. E chiariamo prima un punto o due. Come hai appena detto, i primi trapianti risalgono a cinquant'anni fa, quando sono partiti gliinterventi sui reni, anche se in realtà il trapianto di cornea era praticatogià da tempo. Se poi accettiamo che il sangue sia un tipo di tessuto, il principio del trapianto diventa ancora più antico - per esempio, hai ricevuto una massiccia trasfusione dopo l'incidente, e un'altra quando il dottor Nathan ti ha amputato il ginocchio e lo stinco. Non c'è nulla di sorprendente in tutto questo, non ti pare?»
Conrad aspettò prima di rispondere: per una volta il tono del dottor Knight si era fatto cauto, come se, per effetto di una sorta di estrapolazione, stesse già facendo le domande sulle qualitemeva che il suo parente avrebbe formulato delle obiezioni.
«No»rispose Conrad. «Assolutamente nulla.»
«Naturale, perché dovrebbe esserci qualcosa di sorprendente? Anche se
va tenutoa mente che molte persone hanno rifiutato una trasfusione pur sapendo che avrebbe significato una morte certa. Al di làdelle obiezioni di carattere religioso, molti di loro eranoconvinti che il sangue di un estraneo avrebbe inquinato il loro corpo.» Il dottor Knight si appoggiò allo schienale,imprecando tra sé. «Il loro punto di vista è comprensibile, ma va ricordato che i nostri corpi sono composti quasi completamente di materiali estranei. Non mi sembra che nessuno rinunci a mangiare per preservare la propria identità, giusto?» chiese sorridendo. «Sarebbe una forma di egoismo spinta alla follia. Non sei d'accordo?»
Quando il dottor Knight lo guardò, in attesa di una risposta, Conrad disse: «Piùo meno.»
«Bene. E anche nel passato molte persone la pensavano come te. La
sostituzionedi un rene malato con uno sano non sminuisce in alcun modo la nostra identità, specie se ci salva la vita. L'unica cosa che conta è la prosecuzione della propria identità. Per la loro stessastruttura, le singole parti del corpo sono al servizio dell'integritàfisiologica complessiva, e la coscienza umana è abbastanza grande da garantire un certogrado di unità.
«Ora, nessuno ha mai messo in discussione questo assunto, e
cinquant'anni fa un gruppo di uomini e di donne coraggiosi, per la maggior parte medici, hanno donato volontariamente i loro organi sani a chi ne aveva bisogno. Sfortunatamente, tutti questi tentativi sono falliti dopo
poche settimane per effetto della cosiddetta reazione dirigetto. Il corpo ricevente, benché prossimo alla morte, combatteva comunque contro il trapianto come avrebbe fatto contro un qualunque organismo estraneo.»
Conrad scosse il capo. «Credevo che avessero risolto il problema del rigetto.»
«Con il tempo, sì. Era una questione di biochimica, non una
conseguenza delle tecniche chirurgiche utilizzate. Alla fine si è trovata la soluzione e ogni anno sono state salvate decine di migliaia di vite - persone con disfunzioni degenerative del fegato, dei reni,dell'intestino, o addirittura di porzioni del cuore o del sistema nervoso, hanno usufruito di un trapianto. Il problema principale era come fare per ottenere gli organi - si può donare volontariamente un rene, ma non è possibiledonare il fegato
o la valvola mitralica. Fortunatamente molte persone hannodonato i loro organi in caso di morte - in effetti, ormai èespressamente previsto nella clausola di ammissione in un ospedale pubblico che, in caso di morte, qualunque parte del corpo del degente può essere utilizzata per un trapianto. In origine le banche di organi riguardavano solo le zone del torace edell'addome, ma oggi abbiamo riserve di qualunque tessuto del corpo umano, con il risultato che qualsiasi cosa il chirurgo richieda è sempredisponibile, che sia un polmone intero o il più piccolo brandello di tessutoepiteliale.»
Mentreil dottor Knight si concedeva una pausa, Conrad indicò la corsia intorno a sé.«Quest'ospedale... è qui che si fanno?»
«Esatto, Conrad. Questo è uno delle centinaia di istitutiche oggi sono interamente dediti ai trapianti. Come potrai capire, solo una minima percentuale dei pazienti ricoveratiqui rappresentano casi simili al tuo. La chirurgia dei trapianti èstata applicata soprattutto a livello geriatrico, cioè per prolungare la vitaagli anziani.»
Annuì deciso mentre Conrad si alzava a sedere sul letto.«Ora capisci, Conrad, perché ci sono sempre state tante persone anziane intornoa te? Il motivo è semplice: grazie aitrapianti siamo in grado di offrire a persone che normalmente morirebbero tra i sessanta e i settant'anni una maggiore longevità. La durata media di vita è salita daisessantacinque anni di mezzo secolo fa ai novantacinque attuali.»
«Dottore... il guidatore della macchina. Non so il suonome. Ha detto che avrebbe potuto aiutarmi ancora.»
«Dicevo sul serio, Conrad. Uno dei problemi dei trapianti è la
disponibilità di scorte. Nel caso delle persone anziane non ci sono
difficoltà, anzi, c'è semmai un eccesso di materiali dirimpiazzo rispetto
alla domanda. A parte una condizione degenerativa generalizzata, la
maggior parte delle persone anziane sono afflitte ingenerale da disfunzioni
diun solo organo, e ogni morte fornisce una riserva di tessuti che possono
tenere in vita altre venti persone per altrettanti anni. Ma nel caso dei
giovani, in particolare se hanno la tua età, la domanda è cento volte
superiore all'offerta. Dimmi, Conrad, lasciando da parteil guidatore della
macchina, come ti sentì in linea di principio all'idea di ricevere un
trapianto?»
Conradguardò le lenzuola. Nonostante la gabbia, l'asimmetria tra i suoi
arti era troppo vistosa per poterla ignorare. «È difficiledirlo. Immagino
che...»
«La scelta spetta a te, Conrad. O accetti una gamba artificiale - un supporto di metallo che ti procurerà infiniti disagi per ilresto della tua vita e ti impedirà di correre, nuotare e fare tuttii movimenti che sarebbero normali per unapersona della tua età -, oppure potrai avere una gamba vera,fatta di carne, sangue e ossa.»
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Conrad esitò. Tutto ciò che aveva detto il dottor Knightcoincideva con
quanto aveva sentito in quegli anni sui trapianti - nonera un argomento
tabù,ma se ne parlava di rado, specie in presenza dei bambini. Eppure era
certo che quella articolata sintesi era solo il prologo auna decisione ben
più difficile che sarebbe stato chiamato a prendere. «Quando intende
intervenire- domani?»
«Santo cielo, no!» Il dottor Knight si lasciò sfuggire una risata, poi
riprese a parlare, per sciogliere la tensione. «Ci vorrannoalmeno due mesi,
e parecchio lavoro. Dobbiamo identificare e segnare tutti inervi e i tendini,
poi preparare un'inserzione ossea molto complessa. Peralmeno un mese
dovrai metterti un arto artificiale - credimi, alla finenon vedrai l'ora di
tornare a camminare su una gamba vera. Ora, Conrad, possoarguire che in
lineagenerale sei favorevole? Ci servono sia il tuo permesso che quello di
tuozio.»
«Credo di sì. Vorrei parlare con mio zio, ma so bene dinon avere altra
scelta.»
«Unaposizione molto sensata.» Il dottor Knight stese la mano. Quando Conrad si allungò per stringerla si accorse che il dottore gli stava deliberatamente mostrando una sottile cicatrice che correva intorno alla base del pollice e sparivasul palmo. Il pollice sembrava totalmente parte della mano e al tempostesso staccato da essa.
«Proprio così» gli disse Knight. «Un piccolo esempio ditrapianto che
risale a quando ero ancora uno studente. Ho perso la falange superiore
dopo essermela infettata nella sala di anatomia. È statosostituito tutto il
pollice. E ha funzionato alla perfezione: non avrei certopotuto diventare
chirurgo,senza un dito.» Poi voltò la mano per mostrare a Conrad il resto
della cicatrice. «Ovviamente ci sono alcune differenze, in primo luogo
nell'articolazione- questa è lievemente destrorsa rispetto allamia, e
l'unghia ha una forma diversa, ma per il resto lo sento perfettamente
integrato. E c'è anche un certo piacere altruisticonell'idea di tener viva una
partedi un altro essere umano.»
«Dottor Knight... il guidatore della macchina. Vuoleinnestarmi la sua gamba?»
«Esatto, Conrad. Avrei dovuto dirtelo in ogni caso: il paziente deve dichiararsi soddisfatto del suo donatore... la gente non gradisce molto l'idea difarsi trapiantare un organo di un criminale o di uno psicopatico. Come ti ho spiegato, per una persona della tua età non èfacile trovare un donatore appropriato...»
«Ma, dottore...» Stavolta, le parole di Knight avevano disorientato Conrad. «Dev'esserci qualcun altro. Non che abbia del risentimento nei suoi confronti, ma... C'è un altro motivo, vero?»
Dopo un istante, il dottor Knight annuì. Si spostò dal letto e per un attimo Conrad si chiese se non stesse per rinunciareall'intervento. Poi girò sui tacchi e indicò la finestra.
«Conrad, mentre eri qui non ti è venuto da chiederti come mai quest'ospedale è vuoto?»
Conrad fece un gesto a includere le pareti distanti. «Forse è troppo grande. Quanti pazienti puòcontenere?»
«Più di duemila. In effetti è grande, ma quindici anni fa, prima che
venissi a lavorarci, non bastava quasi a gestire il flusso di pazienti. Si
trattava perlopiù di casi geriatrici - uomini e donne tra i settanta e gli
ottant'anni che si facevano trapiantare uno o più organi. C'erano liste
d'attesa interminabili e molti pazienti erano disposti a pagare cifre
maggiorate- bustarelle, se preferisci - pur di essere ricoverati.»
«Edove sono finiti?»
«Una domanda interessante: la risposta che ti darò spiega almeno in
parte perché sei qui, e perché siamo particolarmenteinteressati al tuo caso.
Vedi, Conrad, una decina o una dozzina di anni fa le amministrazioni
ospedaliere di tutto il paese hanno notato che le richieste di ricovero
cominciavano a calare. All'inizio si sono sentitesollevate, ma il calo si è
ripetuto di anno in anno, fino alle cifre, attuali, chesono scese all'un per
cento rispetto al passato. E la maggior parte dei pazientisono chirurghi,
medicio infermieri.»
«Ma, dottore, se non vengono qui...» Conrad sitrovò a pensare ai suoi zii. «Se non vengono qui vuol dire che stanno scegliendo di...»
Ildottor Knight annuì. «Esatto, Conrad. Scelgono di morire.»
Unasettimana dopo, quando suo zio tornò a trovarlo, Conrad gli spiegò
la proposta del dottor Knight. Erano seduti sulla terrazzafuori della corsia,
guardando l'ospedale deserto oltre le fontane. Suo zio aveva ancora la
manofasciata, ma per il resto si era ripreso dall'incidente. Ascoltò Conrad
insilenzio.
«Le persone anziane non si fanno più ricoverare: se siammalano restano a casa e aspettano la morte. Il dottor Knightdice che non c'è nessun motivo per cui, in diversi casi, la chirurgia dei trapianti non dovrebbe riuscire a prolungare la vita più o meno all'infinito.»
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«Una specie di vita, diciamo. E come crede che potresti aiutarli, Conrad?»
«Be', è convinto che sia necessario un esempio da imitare,o un simbolo, se preferisci. Qualcuno come me, che è stato ferito gravemente in un incidente quando la sua vita era ancora in fiore, potrebbeconvincerli ad accettare i veri benefici di un trapianto.»
«Ma i due casi sono tutto fuorché simili» mormorò suo zio. «Comunque...tu che ne pensi?»
«Il dottor Knight è stato assolutamente franco. Mi haparlato dei primi casi, quando la gente che aveva nuovi organi e arti cadevaletteralmente a pezzi non appena le suture cedevano. Immagino abbia ragione. La vita dovrebbe essere preservata - se trovassi un uomomoribondo su un marciapiede lo aiuteresti, quindi perché non farlo anchein altri casi? Solo perché il cancro o la bronchite sono meno drammatici...»
«Ti capisco, Conrad.» Lo zio alzò una mano per interromperlo. «Ma perché crede che le personeanziane rifiutino i trapianti?»
«Ammettedi non saperlo. Ha la sensazione che con l'aumentare dell'età media della popolazione, le persone anziane tendanoa dominare la società e a imporre lapropria mentalità. Invece di vedersi intorno una maggioranza di giovani si trovano circondati solo da persone anziane come loro.L'unica via di fuga diventa la morte.»
«È una teoria come un'altra. Ma c'è un'altra cosa: vuoledarti la gamba del guidatore della macchina che ci hainvestiti. Mi sembra un po' strano: morboso, direi.»
«No, è proprio lì il punto, sta cercando di dirmi che unvolta trapiantata la gamba diventa parte di me.» Conrad indicò la fasciatura dellozio. «Zio Theodore, quella mano. Hai perso due dita. Me l'ha detto il dottorKnight. Hai intenzione di fartele innestare?»
Suozio scoppiò a ridere. «Vuoi trasformarmi nel tuo primo convertito, Conrad?»
Due mesi dopo Conrad rientrò in ospedale per sottoporsi altrapianto che
aveva tanto atteso durante tutta la convalescenza. Ilgiorno prima aveva
accompagnato lo zio a trovare degli amici che vivevanonelle case di
riposodella zona nordoccidentale della città. Quelle gradevoli costruzioni
a un piano in stile chalet, costruite dal comune e ceduteai loro inquilini
con affitti molto bassi, occupavano una percentuale notevole dell'area
urbana. Nelle tre settimane trascorse da quando era stato in grado di
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camminare,a Conrad sembrava di averle visitate tutte. La gamba artificiale
della quale era stato dotato era tutt'altro checonfortevole, ma su richiesta
del dottor Knight suo zio lo aveva accompagnato da tuttele persone che
conosceva.
Benché lo scopo di quelle visite fosse renderericonoscibile Conrad per
il maggior numero possibile di anziani prima cherientrasse in ospedale -
lo sforzo per convertirli sarebbe cominciato in seguito,quando la nuova
gamba fosse stata funzionante - Conrad aveva giàcominciato a dubitare
delsuccesso dei piani del dottor Knight. Ben lungi dal suscitare ostilità, la
presenza di Conrad era accolta dagli anziani inquilinidelle case di riposo e
dei bungalow con simpatia e disponibilità. Ovunque andasse i vecchi
venivano al cancello di casa e gli parlavano, facendogligli auguri per la
sua operazione. A volte, mentre ricambiava i sorrisi e i cenni di saluto
degli uomini e delle donne dai capelli grigi affacciati aibalconi o al lavoro
in giardino, gli sembrava di essere la sola persona giovanein tutta la città.
«Zio, come spieghi il paradosso?» chiese facendo leva sulle grucce,
mentre proseguivano zoppicando il loro giro di saluti.«Sono d'accordo che
io abbia una gamba nuova, ma non intendono andare inospedale a loro
volta.»
«Ma tu sei giovane, Conrad, un bambino, ai loro occhi. Ti viene
restituito qualcosa che ti spetta di diritto: la possibilità di camminare,
correre, ballare. Non ti stanno prolungando la vita oltre i suoi limiti
naturali.»
«Limiti naturali?» Conrad ripeté la frase in tono stanco,strofinandosi il punto d'innesto della gamba artificiale attraverso i pantaloni. «Esistono parti del mondo in cui l'aspettativa di vita non supera iquarant'anni. Non è un concetto relativo?»
«Non del tutto, Conrad. Non oltre un certo punto.» Benché avesse guidato fedelmente Conrad per tutta la città, suo ziosembrava riluttante a proseguire la discussione.
Raggiunsero l'ingresso di un altro quartiere residenziale. Uno dei numerosi impresari di pompe funebri aveva aperto un nuovo ufficio, e nella penombra dietro le finestre oscurate Conrad intravide un libro di preghiere su un leggio di mogano e foto discrete difunerali e mausolei. Per quanto non ostentata, la vicinanza dell'ufficio allecase di riposo disturbava Conrad come se unafila di bare appena costruite fosse stata allineata sul marciapiedeper un'ispezione.
Quando Conrad glielo fece notare, suo zio si strinse nellespalle. «Gli
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anzianisviluppano una visione più realistica delle cose. Non temono la morte enon si esaltano parlandone, come fanno i giovani. In effetti, non hannoun interesse particolarmente vivo per l'argomento.»
Sifermarono davanti a uno degli chalet e lo zio lo prese per un braccio. «Devometterti sull'avviso, Conrad. Non voglio provocarti uno shock, ma stai per conoscere una persona che intende opporsiin modo concreto al dottor Knight. Forse ti dirà più cose in cinqueminuti di quante potremmo metterne insieme ildottor Knight o io in dieci anni. A proposito, si chiama Matthews:dottor James Matthews.»
«Dottore?Vuoi dire medico?»
«Esatto.Uno dei pochi. Comunque, aspetta di conoscerlo.»
Siavvicinarono allo chalet, un modesto appartamento di due stanze con
un piccolo giardino trascurato, dominato da un altocipresso. La porta si
aprì non appena sfiorarono il campanello. Un'anziana suora con
un'uniforme da infermiera li fece passare con un brevecenno di saluto.
Una seconda suora, le maniche arrotolate, passò lorodavanti, entrando in
cucinacon una bacinella di porcellana. Nonostante i loro sforzi, nella casa
c'era un odore sgradevole che l'uso abbondante didisinfettanti non riusciva
anascondere.
«SignorFoster, le dispiacerebbe attendere qualche minuto? Buongiorno, Conrad.»
Aspettarononello squallido salottino. Conrad studiò le foto incorniciate sul rialzo della scrivania. Una era un ritratto diuna donna anziana con i capelli grigie il volto da uccello, che immaginò fosse la defunta signora Matthews.L'altra era il ritratto di un gruppo di matricole.
Furono finalmente introdotti nella piccola stanza da lettosul retro della
casa. La seconda suora aveva coperto con un lenzuolo leattrezzature
mediche sul comodino accanto al letto. Sistemò la copertae poi uscì in
corridoio.
Appoggiandosialle grucce, Conrad restò accanto allo zio che si chinava a scrutare l'occupante del letto. L'odore acido siera fatto più pungente e sembravavenire direttamente dal letto. Quando suo zio gli fece segno di farsi avanti, lui faticò a scorgere il voltoincartapecorito tra le lenzuola. Nellapenombra creata dalle tende accostate, le guance e i capelli grigi si eranofusi con il bianco sporco della federa.
«James, ti presento Conrad, il figlio di Elizabeth.» Lozio accostò una
sedia di legno al letto e gli fece segno di sedersi. «Il dottor Matthews,
Conrad.»
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Conrad mormorò qualcosa, conscio degli occhi azzurri che si erano sollevati a guardarlo. La cosa che più lo sorprese nella persona che occupavail letto fu la sua età relativamente giovane. Pur avendo passato da poco la sessantina, il dottor Matthews era più giovane di vent'anni rispetto alla maggioranzadei residenti in quel quartiere.
«È diventato un ragazzo bello robusto, non ti pare, James?»sottolineò lo zio Theodore.
Ildottor Matthews annuì, come se non fosse particolarmente interessato alla loro visita. I suoi occhi erano fissi sul cipresso scuro in giardino. «Infatti» disse alla fine.
Conrad aspettava, a disagio. La passeggiata lo avevastancato, e la coscia
aveva ripreso a fargli male. Si chiese se fosse possibilechiamare un taxi da
quellacasa.
Il dottor Matthews si voltò. Sembrava potesse guardare contemporaneamente Conrad e lo zio, fissando un occhio azzurro su ciascunodei due. «Chi si occupa del ragazzo?» chiese, in tono stridulo. «Nathandovrebbe essere ancora lì...»
«Uno dei medici giovani, James. Probabilmente non loconosci, ma è una brava persona. Knight.»
«Knight?»Il nome venne ripetuto con una lieve sfumatura di commento. «E quando loricoverano?»
«Domani,vero, Conrad?»
Conrad stava per rispondere quando si accorse del lieve tremito che scuoteva l'uomo sul letto. Sentendosi all'improvviso stancodi quella scena bizzarra e convinto che l'umorismo macabro del medico moribondofosse rivolto direttamente a lui, si alzò dalla sedia, raccogliendo le grucce.«Zio, posso aspettare fuori?»
«Aspetta, ragazzo...» Il dottor Matthews aveva sollevato lamano destra,
liberandola dalle lenzuola. «Stavo ridendo di tuo zio, nondi te. Ha sempre
avuto un gran senso dell'umorismo. O forse non ne avevaaffatto. Qual è la
verità,Theo?»
«Non ci trovo nulla di divertente, James. Mi staisuggerendo che non avrei dovuto portarlo qui?»
Il dottor Matthews si lasciò ricadere sul letto. «Niente affatto. Ero presente quando è nato, è giusto che ora lui assista alla mia fine...» Sirivolse nuovamente a Conrad. «Ti auguro ogni bene, ragazzo. Ti chiederai perchénon ti accompagno personalmente all'ospedale.»
«Be',io...» accennò Conrad, ma suo zio lo strinse per una spalla.
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«James, è ora che andiamo. Penso che si possa lasciare la cosa sottintesa.»
«Assolutamente no.» Il dottor Matthews alzò di nuovo una mano, accigliandosi nell'udire unlieve rumore. «Ci vorrà un istante, Theo, ma se non gliene parlo io non lo farànessuno, e certamente non il dottor Knight. Allora, ragazzo, hai diciassetteanni?»
Conrad annuì e il dottor Matthews continuò: «A quell'età, se ricordo
bene, sembra che la vita sia destinata a durare in eterno.Ci si sente quasi
in una condizione di immortalità. Man mano cheinvecchi, però, scoprì
semprepiù che tutto ciò per cui vale la pena di vivere ha una natura finita,
dalle cose più ordinarie a quelle più importanti, ilmatrimonio, i figli, la
vita stessa. Sono proprio le linee nette tracciate intorno alle cose che
conferiscono loro un'identità. E infatti non c'è nulla dipiù splendente di un
diamante.»
«James,ti sei stancato a sufficienza...»
«Sta' tranquillo, Theo.» Il dottorMatthews sollevò la testa, riuscendo quasi ad alzarsi a sedere. «Forse, Conrad, potrestispiegare al dottor Knight che è proprio perchédiamo tanto valore alla nostra vita che rifiutiamo di vederla impoverita. Ci sono migliaia di linee nettetracciate fra te e me, Conrad: differenze di età, carattere ed esperienza, differenze di tempo. Ma dovrai conquistarti da te queste distinzioni. Non puoiprenderle in prestito da qualcun altro, tanto meno dai morti.»
Conradsi guardò intorno mentre la porta si apriva. La più anziana delle
due suore era in piedi nel corridoio. Fece un cenno a suo zio. Conrad
sistemò la gamba artificiale preparandosi al rientro a casae aspettando che
lo zio Theodore completasse i suoi saluti al dottorMatthews. Quando la
suorasi avvicinò al letto, il ragazzo vide una striatura di sangue sul bordo
dellagonna inamidata.
Usciti, arrancarono oltre il negozio di pompe funebri; Conrad si appoggiavapesantemente alle grucce. Mentre gli anziani li salutavano con la mano dai giardini, lo zio Theodore disse, «Mi dispiacese hai creduto che ridesse di te. Non aveva intenzione di offenderti.»
«Eradavvero presente quando sono nato?»
«Ha assistito tua madre. Ho pensato fosse giusto che lovedessi prima
dellasua morte. Perché abbia trovato l'idea tanto buffa, non riesco proprio
acapirlo.»
Quasi sei mesi dopo, Conrad Foster camminava lungo ilmare, diretto
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allaspiaggia. Nel riverbero del sole, vedeva le alte dune sopra la riva e, più in là, i gabbiani appollaiati sul banco di sabbia sommersoall'imboccatura dell'estuario. Il traffico sul lungomare era più intenso di quanto non ricordasse dalla sua precedente visita, e la sabbia raccolta dalle gomme delle auto e dei camion sispostava come nuvole sui campi.
Conrad avanzava di buon passo lungo la strada, mettendoalla prova la sua nuova gamba. Durante i quattro mesiprecedenti le giunture si erano consolidatequasi senza dolore e la gamba era, se possibile, ancora più forte e resistente della sua. A volte, quando camminava senza pensarci, sembrava procedere di forzapropria.
Manonostante i buoni servigi e la piena realizzazione di tutto ciò che il
dottor Knight gli aveva promesso, Conrad non era riuscitoad accettare la
gamba. La riga sottile della sutura che circondava lacoscia proprio sopra il
ginocchio era una frontiera che separava le due parti più nettamente di
qualunque barriera fisica. Come aveva anticipato il dottorMatthews, la sua
presenza sembrava impoverirlo, sottraendo qualcosa al suo senso di
identità, anziché aggiungerla. Questa sensazione si era rafforzata di
settimana in settimana, man mano che la gamba riacquistava forza. La
notte giacevano insieme come compagni silenziosi in un matrimonio
difficile.
Nel primo mese seguito alla guarigione Conrad avevaaccettato di
aiutare il dottor Knight e la direzione dell'ospedale nellaseconda fase della
loro campagna per persuadere gli anziani ad accettare itrapianti anziché
gettar via le loro vite, ma dopo la morte del dottorMatthews decise di
ritirarsi dal programma. A differenza del dottor Knight,aveva capito che
non esistevano mezzi di persuasione efficaci e che solo chiera già sul letto
di morte, come il dottor Matthews, era disposto adiscutere la questione.
Glialtri si limitavano a sorridere e a salutare con la mano dai loro giardini
silenziosi.
Per giunta, Conrad sapeva che le sue crescenti perplessitàsulla nuova gamba non avrebbero tardato a divenire palesi ai loro occhiesperti. La pelle sopra lo stinco erasfigurata da una vasta cicatrice, e i motivi erano evidenti. Si era procurato quella ferita usando la falciatrice dello zio e aveva lasciato che suppurasse, come se quell'atto di automutilazione potesse simboleggiare l'amputazione della sua gamba. Ma il nuovo arto sembrava quasi prosperare per effetto di quell'infortunio.
Cento metri più in là c'era l'incrocio con la strada cheportava alla
spiaggia,e la sabbia sottile si sollevava sopra l'asfalto, spinta dalla brezza. A mezzo chilometro di distanza una fila di veicoli si avvicinava a gran velocità,e i guidatori delle auto tentavano in tutti i modi di sorpassare due grossi camion. In lontananza, verso l'estuario, ungrido si levò dal mare. Benché fossestanco, Conrad si trovò a correre. Una convergenza di eventi familiarilo stava guidando di nuovo verso il luogo dell'incidente.
Quando arrivò all'angolo il primo dei camion si stavaavvicinando, e il
guidatore fece lampeggiare i fari mentre Conrad esitavasul marciapiede, ansioso di spostarsi sull'isola spartitraffico con il suopilone ridipinto di
fresco.
Al di sopra del fragore vide i gabbiani che si alzavano in volo sopra la spiaggia e sentì le loro strida quando si disposero in formazione, come una bianca spada. E quando la spada si lanciò in picchiata sulla spiaggia, i vecchi con i loro uncini di metallo si spostarono dalla strada verso i loro nascondigli tra le dune.
Il camion gli passò accanto in un frastuono, e la polvere grigia sollevata dalle correnti ascensionali lo colpì in pieno viso. Una pesante berlina sfrecciò via sorpassando il camion, seguita a breve distanza dalle altre macchine. I gabbiani cominciarono ad abbattersi sulla spiaggia, lanciando strida, e Conrad scattò in mezzo alla polvere verso il centro della strada e corse incontro alle auto che sbandavano verso di lui.