venerdì 16 febbraio 2018




LA STANZA ERA BUIA
In quel momento Lei sentì un rumore. Tese l’orecchio, captando un rumore di passi e un lieve fruscio. Poi la maniglia  venne abbassata e la porta si aprì. Trattenne il fiato, mentre la figura di un uomo varcava la soglia.  Accidenti, lei pensò. Le si seccò la gola. Non riuscì a parlare.
-  Sono io, non mi riconosci? -  disse lui sottovoce. 
Capì chi era. 
- Cosa fai qui? Non eravamo d’accordo che mi avresti chiamato?
Lei si tirò su a sedere, in tensione
 - Non hai risposto alla mia domanda.
- C’è bisogno di una risposta?
- L'altra notte ho sognato che mi saresti venuto a trovare - disse Lei - ma non pensavo che sarebbe successo davvero, dopo tutto questo tempo.
 La stanza era buia e la sua sagoma era illuminata da dietro dalla luce delle scale. Avanzò verso il letto, le sembrò che fosse teso, imbarazzato. Pensò che poteva dirgli di andarsene, perché da troppo tempo aveva atteso quell'incontro, ma la sua voce si rifiutò di collaborare. Sentì che il cuore accelerava i battiti. Lui si sedette sul bordo del letto e accese la lampada sul comodino.
-  Voglio vederti, disse, mentre si chinò su di lei, catturandole le labbra in un bacio. 
Il fuoco, già acceso, la avvampò.
 Lui riflettè sul fatto che,  senza esserne consapevole, si era ritrovato all’improvviso davanti a quella porta. Sentì un brivido per il desiderio di toccarla mentre il bacio diventava sempre più intenso.
- Tu mi stai sconvolgendo – le disse. Sentì che  il suo corpo aderiva mentre lei ricambiava il bacio con sempre maggiore eccitazione.
- Ti voglio. Ora.
I suoi occhi lo guardarono incerti, ma lui iniziò ad accarezzarle il collo e poi scese scostando la stoffa sottile della camicia da notte.
- Anche tu lo vuoi. Lo so. ...
La strinse dolcemente e lei emise un gemito  mentre gettava la testa all’indietro.
-  Non posso aspettare.
- Cosa aspetti, vieni.
Lei sollevò  la camicia da notte e si distese supina. Lui si chinò  su di lei e tornò a baciarla sulla bocca, sul mento, sul collo, e, mentre la baciava la sentiva calda e tremante. 
- Di' lo sai - disse lei staccandosi - che lo stiamo facendo da giorni, anche senza stare insieme, senza vederci?  Ogni giorno il mio corpo ruba le parole dall'aria e si accarezza, con le tue mani, mentre mi sento aprire per ricevere fin nel profondo la tua voce lontana, che diventa spasmo. Ho voglia da morire. Rileggo tutte le nostre conversazioni di tanti anni fa, quando voglio risentire ogni tua carezza. Sento la tua voce che mi parla. Sento che ti  voglio come sei, un po' sbiadito dagli anni, nel tuo tramonto, sempre impegnato, non in una esibizione manifesta, ma in una dolce melodia che richiama la vita nel suo senso più intenso.
- Non abbiamo più tanta energia -disse lui- però si può seguire il ritmo del corpo. Il tuo. Il mio. Credo  proprio che non abbiamo nulla da invidiare del nostro passato, nel nostro lasciarci andare ora, dentro le sensazioni intense, uniche e irripetibili. 
- Fermati qui con me - lei disse, accarezzandogli il volto -, mi piace vederti d'estate , nella frescura del tuo giardino. Mi piace vederti nelle foto e immaginarti che, rilassato, ti godi la natura, una lettura, e la tranquillità della tua casa. Mi piace soprattutto vederti con il giornale che leggi tranquillo nel silenzio...mi ecciti anche così. Ma ora sei qui con me. 
Si cercarono in un abbraccio sempre più appassionato. Quel ritmo era il loro, lento e profondo definitivo.